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Capitolo 2 – La manutenzione in campo aeronautico

2.3. Il fenomeno del Bird Strike, l’impatto con volatil

Come detto in precedenza, una possibile causa del danneggiamento del bordo di attacco è l’impatto con volatili, il cosiddetto fenomeno del Bird Strike. Tale fenomeno ha accompagnato la storia dell’aviazione fin dal suo principio quando, nel 1908, a solo cinque anni dal volo del Flyer, è avvenuto il primo impatto tra un volatile e un velivolo. Da allora

numerosi sono stati gli incidenti dovuti al Bird Strike che ha portato alla distruzione di oltre quattrocento aerei tra aviazione civile e militare oltre naturalmente a numerose perdite di vite umane. Tutto questo senza contare gli enormi danni economici provocati in 95 anni: è stato stimato dalla Federal Aviation Administration [1] che ogni anno gli scontri tra velivoli e animali (di cui il 97% è dato da impatti con volatili) costino 300-500 milioni di dollari nei soli Stati Uniti e un ammontare complessivo tra uno e ben tre miliardi di dollari in tutto il mondo.

Il fenomeno è in costante e vertiginoso aumento, tanto che, nella sola Australia, ha subito un incremento dell’80,5% tra il 1991 e il 2001 [2-3] e percentuali ancora maggiori si possono evincere dal grafico di Figura 12, riportato in [4], relativo all’aviazione civile statunitense.

L’analisi del fenomeno non è semplice e interessa vari aspetti. Seguendo i dettami della

teoria del rischio, per cui esso è dato dalla moltiplicazione dell’esposizione per la probabilità per la severità di un pericolo, si può essere portati ad imputare i dati di cui sopra allo sviluppo dei volumi di traffico degli aeromobili. Negli Stati Uniti, secondo la Federal Aviation Administration, i passeggeri dell’aviazione sono passati dai 310 milioni del 1980 ai 643 milioni del 2003 (+2,1% all’anno), mentre il traffico aereo commerciale è passato da 17,8 milioni di partenze del 1980 a 28,1 milioni del 2003 (+2,1% all’anno) ed è addirittura cresciuto del 3% all’anno fra il 1985 e il 1997. Stessa percentuale, negli ultimi quindici anni, si è registrata in Canada. Per avere una stima dell’accrescimento nel mondo possiamo fare riferimento al grafico seguente illustrato in [5], relativo alle flotte commerciali del globo, che mostra un tasso annuale medio di aumento del 7,6%.

Figura 12. Numero dei reported strikes emessi

dall’aviazione civile statunitense tra il 1990 ed il 2003.

Se si osserva il fenomeno focalizzando sul rateo degli impatti, invece che sul loro numero totale, si nota che il ragionamento appena fatto è, quantomeno, superficiale, dato che la crescita delle collisioni per numero di decolli è comunque impressionante, come risulta anche dallo studio effettuato in [4] negli Stati Uniti dalla sola aviazione civile tra il 1990 e il 2003.

Questo significa che la crescita del fenomeno non può essere ricondotta semplicemente all’aumento di volume del traffico aereo. Un secondo aspetto su cui bisogna quindi spostare l’attenzione è l’altro elemento del Bird Strike, i volatili. Da recenti studi illustrati in [6] è stato osservato che alcune specie, come le oche canadesi, i pellicani del Nord America e i cormorani sui Grandi Laghi, hanno visto crescere, quasi esponenzialmente, la loro popolazione.

Estremamente importante è anche analizzare quale sia l’interazione tra i comportamenti dei volatili e quelli dell’uomo. Sebbene sia ampiamente accettato che la razza umana abbia un significativo impatto negativo sugli animali attraverso la distruzione degli habitat naturali, molte specie di uccelli si sono rivelate adattabili all’ambiente umano, anzi, proprio questo si è dimostrato capace di incrementare la disponibilità di luoghi per loro adatti a nidificare e nutrirsi. Tralasciando gli aeroporti di meno recente costruzione, sorti magari in siti poco idonei dal punto di vista del rapporto con l’ambiente od ormai inglobati nelle città, vediamo che quelli più moderni, costruiti a decine di chilometri di distanza dalle metropoli che servono, in aree ottimali scelte dopo accurati studi, diventano essi stessi poli di attrazione per attività industriali, agricole e di smaltimento rifiuti, che mal si conciliano con la presenza di una numerosa popolazione nelle vicinanze.

Proprio queste attività, e in particolar modo le ultime due citate, sono fortemente attrattive per i volatili. Poco importa, quindi, che sul suolo aeroportuale vengano attuati piani di controllo e mitigazione della fauna o che attorno alle piste di decollo vengano create più o meno ampie “bolle di sicurezza”, dal momento che gli uccelli percorrono

Figura 13. Numero di aeromobili delle flotte

tranquillamente cinquanta chilometri in un giorno per spostarsi dal luogo di nidificazione a quello dove si nutrono. Basta quindi che il tragitto che unisce zone boscose o con presenza di acqua ad una discarica o a luoghi di produzione, coltivazione o lavorazione di cereali incroci il sentiero di decollo o atterraggio di traffico aereo, per creare un potenziale di bird strike elevato.

Approfondendo ulteriormente l’analisi si può rilevare come anche alcuni fattori prettamente tecnici riguardanti la costruzione degli aeroplani contribuiscano ad aumentare la probabilità di impatti con volatili. Può risultare abbastanza intuitivo come il passaggio dagli aerei dotati di motori a pistoni, relativamente lenti e rumorosi, comuni negli anni ’50, a quelli con propulsione a getto, più veloci e silenziosi, abbia contribuito a rendere più facili gli scontri con avifauna.

Meno intuitivo è lo studio dei fattori che favoriscono il bird strike legati all’introduzione dei turbofan (Figura 14), in cui il flusso d’aria che entra nel motore è diviso in una parte “calda”, che viene compressa e passa nella camera di combustione, e una parte “fredda” che, attraversati gli stadi più esterni del compressore di bassa pressione (detti, appunto, fan), viene espulsa o miscelata nel cono di scarico con quella proveniente dalla turbina.

Figura 14. Vista in sezione di un turboreattore a doppio flusso comunemente detto

Ciò permette di avere un motore più efficiente, con consumi più bassi, con miglior rapporto peso- potenza, più silenzioso e meno inquinante. Più grande è il fan e, quindi, il rapporto tra aria “fredda” e “calda” (bypass ratio), più queste caratteristiche vengono esaltate. Ecco i motivi che hanno portato, dagli anni ’60, a raddoppiare il diametro della sezione frontale dei motori, aumentando la probabilità di un’ingestione.

Nella tabella seguente viene riportato il rapporto tra il diametro del fan e le performance dei motori dei velivoli a propulsione

Figura 16. Rapporto tra il diametro del fan e le performance dei motori degli aerei a

propulsione.

Figura 15. Segni di impatto con volatile nel

Tutte le considerazioni sopra effettuate portano a sottolineare quanto il problema degli impatti tra aeromobili e volatili sia complesso e difficilmente riconducibile, se non dopo un’analisi ampia, approfondita e accurata, ad indicazioni oggettive che possano contribuire fattivamente ad una sua soluzione o, perlomeno, mitigazione del fenomeno.