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Capitolo 5 – Descrizione delle operazioni necessarie per la realizzazione della riparazione

3) Difetto (defect), una discontinuità ritenuta “non accettabile” dalle specifiche in cui si opera, in quanto interferisce con l’utilizzo del particolare.

5.1.3.2. Metodo radiografico

Mediante le tecniche radiografiche risulta possibile evidenziare un gran numero di discontinuità presenti in manufatti industriali, getti o saldature, quali ad esempio porosità, inclusioni, soffiature o cricche. Il principio di funzionamento di tale tecnica si basa sulle alterazioni che radiazioni elettromagnetiche subiscono quando incontrano un difetto nel loro percorso all’interno del materiale. Quando un fascio di onde elettromagnetiche di elevatissima energia fotonica (elevata frequenza) e fortemente ionizzanti (raggi X), passa attraverso l’oggetto da esaminare, viene assorbito con legge esponenziale in funzione dello spessore e della densità della materia attraversata.

I raggi X passanti e variamente attenuati impressionano una lastra fotografica posta dietro l’oggetto da esaminare. Lo sviluppo della pellicola produce un’immagine bidimensionale dell’oggetto radiografato. In questa immagine le variazioni di spessore, densità, composizione dell’elemento vengono visualizzate come variazioni di densità dell’immagine (in pratica variazioni in una scala di grigio). La valutazione viene eseguita per confronto della densità radiografica con le caratteristiche conosciute dell’oggetto stesso o con standard radiografici prodotti dallo stesso oggetto di qualità accettabile. Quindi gli elementi essenziali del controllo radiografico sono tre: la sorgente di radiazione, il pezzo da controllare e la lastra radiografica, rappresentati nella seguente figura.

Figura 83. Rappresentazione del controllo radiografico.

Come detto una radiografia è una rappresentazione bidimensionale di un oggetto tridimensionale, ne consegue che l’immagine radiografica della maggior parte degli oggetti ne risulta distorta sia nelle dimensioni che nella forma.

Nella radiografia convenzionale la posizione di un difetto presente nel volume del pezzo non può essere determinata mediante una singola esposizione: la profondità nella direzione dei raggi non può essere determinata esattamente. A volte qualche indicazione può essere dedotta dalla definizione dell’immagine: immagini di difetti situati nella parte del pezzo posta in prossimità della pellicola risultano meglio definite delle immagini di difetti posizionati vicino alla superficie dal lato della sorgente.

Per ottenere informazioni più precise circa la localizzazione del difetto all’interno del volume del pezzo sono state eseguite, per ogni estruso, due esposizioni. Le figure seguenti mostrano rispettivamente l’unità a raggi X utilizzata nella prova radiografica e le due posizioni in cui è stato “fotografato” il pezzo.

Figura 84. Unità a raggi X impiegata per il controllo non distruttivo con tecnica radiografica.

Figura 85. Prima posizione in cui è stato “fotografato” il pezzo.

Le buste gialle della Figura 85 e Figura 86 contengono le pellicole radiografiche (volgarmente dette lastre) che costituiscono il supporto di rilevazione e registrazione della radiografia. Le immagini seguenti mostrano la pellicola prima di essere impressionata e la rappresentazione schematica della sua sezione.

Figura 87. Pellicola radiografica prima di essere impressionata e schematizzazione della sua sezione.

La pellicola radiografica è composta da sette strati:

─ un supporto in triacetato di cellulosa o in poliestere (d); ─ su ambo le facce del supporto si trovano:

─ uno strato di gelatina indurita che protegge l’emulsione (a);

─ uno strato di emulsione (b) composta essenzialmente da cristalli di alogenuro d’argento sospesi in gelatina;

─ uno strato sottilissimo, detto substrato, (c) che assicura l’aderenza tra lo strato dell’emulsione e il supporto.

L’intensità di un fascio di raggi X si attenua localmente allorché attraversa un oggetto. Questa attenuazione risulta dall’assorbimento e dalla diffusione della radiazione a opera dello stesso pezzo esaminato. Il fascio che impressiona la pellicola, dopo aver

attraversato il pezzo, determina zone di intensità differenti che globalmente costituiscono l’immagine radiante.

Quando la luce o i raggi X colpiscono uno strato fotosensibile, le zone di quest’ultimo che ricevono una quantità sufficiente di radiazione subiscono un cambiamento dovuto alla conversione delle finissime particelle dei cristalli di alogenuro d’argento in argento metallico. Queste tracce d’argento sono cosí esigue che a occhio nudo lo strato fotosensibile rimane immutato. La formazione di queste particelle d’argento è più o meno elevata a seconda della quantità di radiazione che ha colpito i diversi punti della pellicola. Al termine dell’esposizione, nello strato fotosensibile si è formata un’immagine completa, ma sempre invisibile. E’ questa l’immagine latente.

Il trattamento che permette di trasformare l’immagine latente in immagine visibile è lo sviluppo. Si ottiene questo risultato riducendo selettivamente in argento nero i cristalli dell’emulsione contenente le tracce d’argento che compongono l’immagine latente. Esistono diversi prodotti chimici in grado di ridurre gli alogenuri d’argento in argento metallico. Questi prodotti sono detti sviluppatori.

I rivelatori sono soluzioni acquose che, oltre agli sviluppatori, contengono altre sostanze aventi ciascuna una funzione determinata. Tutti i rivelatori normali contengono lo

sviluppatore che trasforma in argento metallico i cristalli di alogenuro d’argento

impressionati, un agente acceleratore che aumenta la velocità dello sviluppo, un agente

conservatore che protegge lo sviluppatore dall’ossidazione e impedisce la formazione di

prodotti d’ossidazione colorati all’atto della preparazione e dell’utilizzo del rivelatore e un

agente antivelo ritardante. Anche se in misura esigua, infatti, il rivelatore agisce anche sui

cristalli d’alogenuro d’argento non esposti. Ne risulta una velatura grigia detta velo di sviluppo. Grazie all’azione del ritardante il velo si forma molto meno rapidamente dell’immagine fotografica, in modo che la densità del velo non sia di disturbo.

La Figura 88 mostra la vasca contenente il rivelatore che consente lo sviluppo della pellicola radiografica.

Figura 88. Vasca contenente il rivelatore che consente lo sviluppo pellicola radiografica.

In funzione dello spessore del pezzo, e di conseguenza dell’assorbimento e diffusione della radiazione, è necessario anche variare la potenza dell’unità a raggi X per ottenere un immagine nitida. Partendo da una potenza di 100 KVolt, che causava immagini troppo scure, si sono eseguite varie prove riducendo progressivamente tale valore fino al raggiungimento della potenza ottimale di 70 KVolt

La Figura 89 e Figura 90 mostrano le pellicole radiografiche impressionate posizionando rispettivamente l’estruso a “T” come mostrato in Figura 85 e Figura 86. La zona impressionata è relativa alla parte più sollecitata e quindi più critica degli estrusi, cioè quella con minor raggio di curvatura. Da entrambe le immagini si può notare la completa assenza di difetti all’interno del pezzo.

Attraverso quindi l’esame radiografico e il controllo non distruttivo mediante liquidi penetranti si è accertata sia l’assenza di difetti volumetrici che superficiali su tutti e quattro i pezzi lavorati, che sono stati così sottoposti a trattamento termico, ultima fase della loro lavorazione prima dell’installazione nel bordo d’attacco.

Figura 89. Radiografia relativa all’estruso posizionato come in Figura 85.