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2. La scultura arcaica in marmo nelle colonie greche orientali: Mégara Hybláia,

2.1. Contesto socio – politico

2.2.4 Il kouros di Mégara Hybláia confronti

Il rinvenimento del sema del medico Sombrotidas, per le sue forti caratteristiche nassie ha permesso di far risalire alla metà del VI secolo le importazioni di marmo dalle isole greche alla Sicilia. Ha inoltre contribuito ad avvalorare la tesi secondo la quale l’arte siceliota in marmo è per gran parte frutto di importazione dalla madre- patria. Si tratta del pezzo arcaico maggiormente integro, tuttavia non è il più antico: abbiamo già parlato del ritrovamento di una testa, probabilmente non finita o estre- mamente danneggiata, e databile agli inizi del VI sec a.C.109: il pezzo è stato rinve- nuto ad Akragas; il volto allungato, di forma ovale, l’orecchio, la modellazione abba- stanza morbida richiamano la scultura rodia e samia del periodo. Grazie alle analisi effettuate da L. Lazzarini è emerso che il kouros di Sombrotidas è costituito di marmo 107 SHEPHERD 1995, p. 59.

108 Thuc. I 25. 4; I.38.2-4. 109 Da Sikanie.

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bianco di Nasso. In esso sono ancora evidenti i forti influssi egizi che stanno alla base della nascita di questi giovinetti stanti, chiamati anticamente “Apollo arcaici”, e co- stituenti la prima forma di scultura monumentale greca. La statua rappresenta una

figura maschile stante, rigida, con le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno. Seb- bene acefala, sulla schiena presenta delle tracce di capigliatura (figg. 5 - 6) che ci dicono qualcosa riguardo la conformazione della testa del kouros. Il torso fa emergere con più evi- denza la stilizzazione arcaica della figura: esso è sottile e ristretto nella zona della vita. L’ar- cata epigastrica è ad ogiva, i pettorali ampi sono distinti dalla depressione sternale, la zona addominale non è modellata.110 La gamba sinistra è leggermente protesa in avanti, quella destra reca l’iscrizione: entrambe sono prive dei polpacci e dei piedi. I glutei sono pieni e sporgenti, quasi contrastanti se con- frontati con la rigidità del resto del corpo (fig.7). Subito dopo il suo rinvenimento, editio

princeps fu la pubblicazione di L. Bernabò

Brea,111 che ne diede un’attribuzione a scultori locali. Tuttavia successivamente que- sta proposta vide un consenso in Cl. Rolley, il quale da una parte sembra appoggiare l’idea di una certa autonomia locale: «[…] les couroi ont presque tous une allure assez originale pour suggèrer que leurs auteurs sont occidentaux»112, dall’altra però nota i caratteri nassi della scultura «la raideur gènèrale, la forme de l'arc thoracique, les clavicules haut placées feraient penser à des oeuvres naxiennes du deuxième quart du VI siècle».113

110 CIURCINA 2006, p. 204.

111 BERNABÒ BREA 1946 – 48, p. 66. 112 ROLLEY 1994, p. 299.

113 ROLLEY 1994, p. 300.

Figg. 5 - 6. Particolari delle tracce di capi-

gliatura del kouros di Sombrotidas. Siracusa, Museo Archeologico. (Per gentile conces- sione della Soprintendenza BB. CC. AA. Di Siracusa).

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Nel corso degli anni sono stati proposti alcuni confronti con l’hinterland, dal momento che il kouros megarese sem- bra essere l’unico esempio della sua tipo- logia nell’arte siceliota e magno greca. Una testa in marmo probabilmente attri- buibile ad un kouros e rinvenuta a Sira- cusa non presenta altri confronti tipolo- gici. In effetti se si guarda verso la Grecia si nota come il kouros di Naxos sia molto simile nella rigidezza, nel posiziona- mento delle gambe e delle braccia, nella resa dell’arcata epigastrica e verosimil- mente anche nel tipo di marmo.114 Per questa analogia, quasi l’unanimità degli studiosi ha attribuito tale manufatto alla scuola di Naxos115, e tale ipotesi ha tro-

vato conferma nell’analisi del marmo effettuata recentemente.116 Una volta appro- dato in Sicilia, il kouros poi sarebbe stato ultimato in loco forse da uno scultore di formazione corinzia.117

La pratica della connoisseurship ha portato alla definizione di quella che è chia- mata la “scuola” di scultura arcaica di Nasso. Proprio E. Langlotz definì lo “stile nassio” attraverso alcune caratteristiche comuni, che vedono proporzioni abbastanza snelle (che rendono le figure allungate), pochi dettagli anatomici e un corpo magro, asciutto.118 Una lettura che fu poi appoggiata anche da G. Kokkorou e E. Alewras119, che in un catalogo propose un corpus di statue individuate come della stessa produ- zione scultorea.

114 Per questo confronto vedere tutta la bibliografia citata. 115 LANGLOTZ 1963, p. 57; KOKKOROU – ALEWRAS 1995. 116 LAZZARINI 2012, p. 12.

117 PORTALE 2005, p. 79. 118 MARCONI 2010

119 KOKKOROU – ALEWRAS 1995.

Fig. 7. Particolare dei glutei del kouros di Som-

brotidas. Siracusa, Museo Archeologico. (Per

gentile concessione della Soprintendenza BB. CC. AA. Di Siracusa).

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G. Richter dal canto suo ritiene che il kouros insieme ad una sfinge di marmo dello stesso periodo «suggests close contact with the development of sculpture in the Greek homeland». Continuiamo con altri confronti in ambito attico: la resa dell’ar- cata epigastrica, la generale posizione delle braccia lungo il corpo e l’incedere in avanti della gamba sinistra accomuna il kouros a due statue del cosiddetto gruppo Sounion, costituito dai kouroi di New York120 e di Atene121. Qui i muscoli grandi pet- torali appaiono più schiacciati rispetto al nostro kouros, mentre il solco iliaco e la cresta inguinale sono molto accentuati nei due kouroi di Sounion. Il gruppo di Thera, del quale fa parte un kouros conservato a Parigi122, si presenta simile in questo contra- sto tra la forte sporgenza dei glutei e la parte più piatta del petto; inoltre la resa dei grandi pettorali è appena accennata in entrambi i casi, il solco eliaco e la cresta in- guinale molto poco accentuati. Appartiene al gruppo individuato come di Melos un

kouros proveniente dal santuario di Ptoan Apollo e conservato a Tebe123: dello stesso periodo dell’esemplare megarese, in generale i due pezzi condividono questo contra- sto tra il dorso e il petto; anche in questo caso la posizione stante sembra analoga, e così la curva dell’arcata epigastrica e la poca accentuazione dei muscoli grandi pet- torali. Differente è la resa del bacino, più troncoconica nell’esemplare di Melos, più triangolare in quello megarese. Alcuni kouroi del gruppo di Melos individuato da G. Richter presentano più in generale una maggiore robustezza, non in linea con il no- stro kouros. Differente è il caso del torso di Berlino124 appartenente sempre a questo gruppo, ma proveniente da Naxos: è un esemplare, secondo E. Langlotz, frutto della cosiddetta “scuola nassia”. In effetti, le caratteristiche sembrano molto simili: resa della curva dell’arcata epigastrica, muscoli dei grandi pettorali poco accentuati, posi- zione identica. Anche se le forme del kouros megarese sembrano meno piene, glutei e cosce più magri, esso sembra il prodotto di una influenza nassia. Mentre per il corpo non mancano confronti ed esso appare piuttosto standardizzato, per quello che con- cerne la testa la situazione appare alquanto differente. Innanzitutto, essendo man-

120 RICHTER 1960, fig 25 -32; 33-39. 121 RICHTER 1960, fig. 33-39. 122 RICHTER 1960, fig. 154-156. 123 RICHTER 1960, fig. 302-305. 124 RICHTER 1960, fig. 353-355.

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cante, perdiamo delle informazioni importantissime. L’unico dato che potrebbe aiu- tare è il residuo di capigliatura presente sulle spalle (figg. 5-6). La capigliatura doveva essere raccolta sulla nuca da un nastro, le ciocche di capelli rese a piccoli grani. Essa non trova confronti nell’hinterland: qui i capelli dei kouroi arcaici arrivano fino alle spalle. Che sia un tratto distintivo locale è probabile ma non certo.

Il kouros di Sombrotidas è entrato a pieno titolo nella vexata quaestio delle im- portazioni marmoree dalla Grecia. Ad avvalorare tale tesi, vi è anche il dettaglio della mano lungo il fianco non del tutto scolpita (fig. 8). Questa massa di marmo grezzo è servita agli studiosi come prova della sua importazione, a partire da E. Langlotz.125 In tal modo si ovviava al grosso problema di delicatezza del pezzo e possibile rottura durante il viaggio per mare. Secondo C. Marconi il riporto potrebbe essere stato la- sciato per timore, durante il lavoro di rifinitura, di perfezionare troppo la statua e accidentalmente danneggiarla: con la fonte di marmo lontana, sarebbe stato un pro- blema non da poco.126 L’uso del riporto nelle statue è attestato nel secondo quarto del V sec a.C. anche in zone inconsuete, come la

testa o i capelli: per C. Marconi questo con- ferma l’idea che le sculture non fossero più spedite in parte già lavorate a destinazione.127 Si potrebbe avanzare l’ipotesi che questo ri- porto sia stato lasciato per velocizzare e sem- plificare la realizzazione della scultura; tutta- via se si osservano i particolari delle mani dei

kouroi attici come illustrati da G. Richter,128 si nota come l’accorgimento del lasciare del marmo non sbozzato tra il fianco e la mano sia adottato per la realizzazione dei kouroi del gruppo Sounion. Qui la volontà di semplifi-

125 LANGLOTZ 1963, p. 57. 126 MARCONI 2010, p. 347.

127 MARCONI 2010, p. 347. Uno degli esempi che l’autore definisce “esasperanti” è la mano

destra della dea di Morgantina, che mostra quattro delle cinque dita di riporto.

128 RICHTER 1960, fig. 60 -68.

Fig. 8. Particolare del riporto tra il braccio e

il fianco del kouros. (Per gentile conces- sione della Soprintendenza BB. CC. AA. Di Siracusa).

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care non avrebbe senso, dato il grosso impegno per la resa della mano, delle dita, del polso in torsione. È dunque evidente come la questione sia abbastanza complessa.

Il kouros di Mégara Hybláia è sicuramente stato oggetto di un lavoro di rifini- tura, verosimilmente operato da scultori in loco: l’iscrizione infatti, come abbiamo visto prima, risulta opera di un lapicida locale, che ha usato il dialetto dorico mega- rese su commissione dello stesso medico o della famiglia di Sombrotidas. Con il kouros si apre a pieno titolo l’analisi dell’arte siceliota in marmo dall’età arcaica all’età se- vera.

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