2 Competizione e asimmetrie fiscali
2.8 Il Leviatano fiscale
Il dibattito teorico, inerente la competizione fiscale, è costituito da due principali scuole di pensiero. La prima, detta scuola welfare-enhancing, che vede la com- petizione come fenomeno che influisce positivamente sul benessere complessi- vo, poiché capace di diminuire il potere dei policy-maker nello stabilire le aliquo- te e nell’utilizzare il denaro pubblico. Questa scuola di pensiero ipotizza che la competizione sia in grado di ridimensionare detti atteggiamenti che impedisco- no di utilizzare in maniera corretta i soldi pubblici mentre i detrattori di questa corrente di pensiero sostengono che, in un processo di taglio delle aliquote e conseguente riduzione della spesa pubblica, i policy-maker siano maggiormen- te orientati a tagliare fondi nei settori in cui hanno minori rendite, piuttosto che nei settori meno efficienti.
Per la seconda scuola di pensiero, invece, tale processo è visto come dannoso, poiché spinge i vari sistemi economici verso una tassazione e una spesa pub- blica troppo bassa. Questo provoca un calo del benessere collettivo raggiunto. In questo contesto si situa lo studio effettuato da Keen e Edwards (1995), il quale cerca di riconciliare questa visione mediando verso una figura del policy- maker, attenta sia al benessere collettivo che agli interessi personali.
Quello che ci si propone di capire è se la coordinazione fiscale possa portare dei benefici/malefici rispetto al livello di benessere raggiunto nell’equilibrio non cooperativo. Le due visioni che si fronteggiano all’interno del dibattito accade- mico sono le seguenti:
La prima vede la competizione fiscale come un processo mediante il quale si raggiungeranno risultati d’inefficienza (da un punto di vista del benessere collettivo). Come visto nel precedente capitolo alcuni autori come Kanbur e Keen propongono di imporre un livello minimo di tassazione per evitare che l’equilibrio raggiunto mediante il processo competitivo sia deleterio per la collettività, con l’obiettivo di migliorare il benessere sociale. Questa visione
73
concepisce i policy-maker come soggetti che cercano di massimizzare il be- nessere collettivo, lavorando nell’interesse della comunità di appartenenza. Il secondo punto di vista, invece, guarda alla competizione fiscale come un
processo volto a limitare il potere del legislatore e a diminuire l’eccessiva tassazione imposta. Questo punto di vista parte dal presupposto che i po- licy-maker impongano elevate tassazioni per un tornaconto personale, è quindi interesse della comunità quello di ridurre al minimo il loro potere, per questo la competizione fiscale è vista come uno strumento volto a questo scopo. Alcuni autori, tra cui Brennan and Buchanan (1980), affermano che questo processo di competizione tra stati sia qualcosa di auspicabile per il benessere collettivo.
Edwards e Keen, nel loro testo, attraverso lo sviluppo di un modello cercano di verificare gli effetti del passaggio tra la libera scelta di tassazione di basi impo- nibili mobili e il coordinamento fiscale con gli altri stati. Il risultato a cui giungono è che si assiste ad un aumento del benessere sia del policy-maker sia dei citta- dini, il primo risultato è determinato dal fatto che l’aumento delle tasse comporta un ammontare maggiore di spesa pubblica da gestire, determinato da uno spo- stamento di ricchezza dai cittadini alle casse dello stato, il che rende di conse- guenza gli abitanti più poveri. Tuttavia l’extra-gettito raccolto sarà distribuito alla popolazione attraverso la riduzione di alcune tasse e/o l’aumento di servizi pub- blici forniti, che sono contemplati nella funzione di utilità del cittadino, questo avviene perché si suppone che il bene pubblico sia un bene normale nella fun- zione di utilità del policy-maker. Inoltre l’aumentata fornitura di bene pubblico tenta di compensare l’utilità persa dal cittadino derivante dalla diminuzione di consumo privato. L’aumentata fornitura di bene pubblico spinge i cittadini a di- minuire la valutazione del bene stesso, spingendo il policy-maker a dirottare, più volentieri, risorse pubbliche a proprio uso e consumo. Più elevato sarà que- sto fenomeno e più vi sarà incentivo da parte degli amministratori a spendere risorse a proprio vantaggio. Quindi abbiamo un effetto reddito e un effetto prez- zo, la coordinazione sarà positiva qualora il primo effetto superi il secondo. La coordinazione produrrà effetti negativi quanto più i policy-maker percepiranno che la volontà marginale a pagare dei cittadini, per il bene pubblico, decresce
74
con il livello di bene pubblico fornito. L’effetto reddito sarà invece superiore quanto più grande sarà l’elasticità della reddito del policy-maker per il bene pubblico e quanto più grande è il costo marginale dei fondi pubblici, nell’equilibrio non cooperativo, che rappresenta la perdita sostenuta dalla collet- tività qualora si aumentasse l’ammontare di denaro destinato alla spesa pubbli- ca. Tale processo, e la valutazione di convenienza può essere ridotta al con- fronto tra l’elasticità della base imponibile e la propensione marginale dei policy-
maker a sprecare. Qualora la prima superi la seconda allora la coordinazione
diventa positiva.
C’è da sottolineare come nel testo si prenda a riferimento un processo di coor- dinazione fiscale a livello globale dove tutti i paesi sono dotati di dimensioni i- dentiche, tuttavia nella realtà queste condizioni non sono rispettate, questo sia perché alcuni paesi avranno un incentivo a stabilire un livello arbitrario di tassa- zione, sia perché i paesi non sono di dimensioni uguali, rendendo i paesi più piccoli maggiormente avvezzi a stabilire aliquote inferiori.
Secondo il modello del Leviatano proposto da Brennan e Buchanan (1980), il governo viene visto come meramente interessato all’aumento del proprio be- nessere politico tramite la massimizzazione del gettito raccolto. Per fare questo, in un’economia chiusa, la tassazione dovrebbe essere superiore all’aliquota ot- timale per i cittadini, precisamente dovrebbe collocarsi nel punto in cui l'elastici- tà del gettito all’aliquota d’imposta è pari all'unità ( "curva di Laffer"). La presen- za di economie terze verso le quali investire limitando il potere politico e l’imposizione, migliorando di conseguenza il benessere sociale. A tal proposito il CNR nella pubblicazione “L’Italia in Europa: Governance e politiche per lo svi- luppo economico-sociale” dice:
“In pratica, aprendo le frontiere e consentendo la mobilità dei capitali, è come se si passasse da un modello con un unico monopolista ad uno con molti oligo- polisti in concorrenza tra di loro, sostituendo cioè ad un Leviatano, tanti Levia- tani.”
75
In questo modo viene ridotto il potere del Leviatano, mettendolo in competizione con gli altri per l’acquisizione di base imponibile e di gettito, apportando un be- neficio per i cittadini che approfittano di corse al ribasso da parte dei policy- maker.