4 Armonizzazione fiscale
4.3 Nuove proposte di armonizzazione
I benefici derivanti dal coordinamento fiscale sono numerosi e si possono enun- ciare nella semplificazione in materia di redazione e controllo, poiché riduce le divergenze tra stati e permette attraverso delle procedure affini di pervenire alla
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determinazione dell’imponibile. Detto coordinamento comporterebbe la riduzio- ne della competizione fiscale attuata dalla profit-shifting delle imprese, questo ha riflessi importanti sul benessere complessivo poiché la competizione fiscale produce delle esternalità negative che si riverberano sui cittadini. A questo pro- posito c’è da sottolineare la riduzione del gettito a disposizione delle ammini- strazioni pubbliche che non sono più in grado di fornire adeguati livelli di servizi pubblici alla popolazione. Tuttavia la competizione fiscale, secondo varie teorie economiche, come quella del Leviatano, consente di ridurre i fallimenti del go- verno riducendo il suo potere nei confronti della popolazione.
L’obiettivo ottimale sarebbe quindi quello di trovare un equilibrio tra la totale co- ordinazione e la sua assenza, in maniera tale da bilanciare benefici e perdite. A tal proposito si sono sviluppate una serie di proposte atte ad armonizzare l’attività fiscale all’interno della Comunità Europea. Alcune di queste proposte, presentate in Gorter-de Mooij (2001), sono qui di seguito esposte ai fini di capi- re la reale direzione degli interventi, queste sono tre e si basano su:
1. Armonizzazione della base imponibile; 2. Armonizzazione dell’aliquota fiscale; 3. Armonizzazione di entrambe.
L’armonizzazione della base imponibile è una proposta a lungo discussa all’interno del dibattito Europeo che permetterebbe, esclusivamente alle impre- se multinazionali, di semplificare enormemente gli adempimenti fiscali, mentre per le imprese nazionali, secondo le varie proposte, dovrebbe rimanere immuta- to il principio fiscale. Questa proposta, tuttavia, riscontra reticenze all’interno di alcuni stati della Comunità, fermando la proposta agli stadi iniziali. Un’alternativa, che va nella direzione della semplificazione, è quella della home state taxation, essa prevede che l’imponibile di un’impresa multinazionale ven- ga calcolato secondo codice tributario dello stato di residenza, in questo modo la stessa impresa sarebbe soggetta ad un solo principio fiscale. A questi proce- dimenti può essere aggiunto il principio secondo il quale imprese appartenenti al medesimo gruppo consolidino i bilanci, e paghino le relative tasse, secondo il principio della fonte, nel paese in cui esercitano l’attività. Dividendo attività este-
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re o interne secondo una formula semplice che tenga conto dei fattori di produ- zione principali quali: vendite, lavoratori o struttura finanziaria. Il livello di tassa- zione rimane a discrezione del paese in cui si opera, che è libero di determinare l’aliquota impositiva. Questo metodo permette la riduzione dei costi di com- pliance e la possibilità di consolidare i risultati delle società, tuttavia costringe- rebbe le varie amministrazioni tributarie alla conoscenza delle leggi degli altri sistemi, il che renderebbe i processi di accertamento estremamente complessi e laboriosi. Accanto alla proposta sopra menzionata c’è la possibilità di proce- dere all’adozione di una Common Consolidated Tax Base, ovvero alla determi- nazione di un medesimo principio per la definizione dell’imponibile, la successi- va distribuzione, tra le varie legislazioni tributarie avverrebbe secondo una for- mula condivisa. La determinazione dell’aliquota rimarrebbe a discrezione dei singoli stati, con l’eventuale definizione di un’aliquota minima comune. La defi- nizione di un’aliquota comune ha indotto alcuni ricercatori a sostenere che il co- ordinamento della tassazione, provocherebbe un’eccessiva rigidità che non ter- rebbe in considerazione le differenze strutturali presenti nei diversi paesi. Allo stesso modo una determinazione omogenea della base imponibile impedirebbe di modulare la tassazione secondo le esigenze del tessuto sociale dei diversi paesi, essendo la base imponibile, tramite le deduzioni, strumento fiscale sem- pre più importante.
Utilizzare un’armonizzazione fiscale da un punto di vista delle aliquote ridurreb- be enormemente le attività di profit-shifting, procedimento che è alla base dell’arbitraggio fiscale, il quale a sua volta innesca la competizione tra stati; allo stesso tempo la decisione di imporre un’aliquota minimia d’imposta, ha deter- minato numerosi veti tra gli stati, i quali non hanno voluto una limitazione della loro libertà impositiva. In linea con questa tipologia d’imposta minima è la mini- mum asset tax (MAT) che viene applicata, con alcune varianti, in Brasile e Messico, e basa la tassazione su una aliquota minima calcolata sulla base im- ponibile. Se il rapporto tra ammontare pagato e imponibile risulta inferiore al va- lore calcolato con la MAT allora quest’ultimo viene applicato, evitando cosi che tramite operazioni di profit-shifting si riduca l’ammontare di tasse pagato.
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Infine l’armonizzazione sia della base imponibile che delle aliquote prevede due diverse formulazioni. La prima propone una suddivisione del gettito complessi- vamente raccolto, secondo un principio di separazione, basato su criteri quali l’ammontare di fattori produttivi, esso richiede che la base imponibile sia definita o tramite la home state taxation o tramite la definizione di una base imponibile comune, mentre l’aliquota è armonizzata. La seconda proposta prevede un’armonizzazione ancora più spinta, dando il potere, ad un organismo sovra- nazionale, di tassare e recuperare il gettito dai diversi paesi, sostituendo la par- te spettante di ogni stato con il contributo che i vari membri versano ogni anno agli organismi sovranazionali. Questa ipotesi procede verso una profonda inte- grazione dei sistemi fiscali.