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Il libero mandato popolare attraverso la democrazia partecipativa

Fin qui si è osservato come il divieto di mandato imperativo sia un istituto ambivalente, che da un lato favorisce il contatto con l’elettorato, in quanto rafforza l’organo rappresentativo, dall’altro – se non adeguatamente bilanciato da altri dispositivi – può essere lo strumento con cui il Parlamento si allontana anche dell’elettorato stesso. È per questo che l’art. 67 Cost. è da più parti contestato, a partire da diversi punti di vista.

172 M. Luciani, osservando le forme di autoregolazione e concertazioni esistenti in circuiti diversi da

quelli rappresentativi, scrive che «l'intermediazione partitica (sebbene non possa venir meno, non foss'altro in riferimento alla competizione elettorale) non è più così necessaria per attivare e portare a compimento il farsi Stato della società civile, poiché questa ha un'immediatezza statuale precedentemente sconosciuta»: M. Luciani, voce Governo (forme di), in Enciclopedia del diritto, Annali III, Milano, Giuffrè, 2010, p. 563. Cfr. A. Poggi, La democrazia nei partiti, in RivistaAic.it, n. 4/2015, in http://www.rivistaaic.it/la-democrazia-nei-

partiti.html, pp. 22-23.

173 F. Scuto, I pericoli derivanti da uno svuotamento dell’art. 67 Cost. unito ad un “irrigidimento”

50 Questa ricerca non intende proporre un superamento del divieto del mandato imperativo, bensì una sua interpretazione in chiave di uguaglianza sostanziale, volta a rafforzare la relazione rappresentanti-rappresentati e quindi a rivitalizzare l’organo parlamentare. A tal fine, ci si confronterà dapprima con le proposte che intendono derogare o superare l’art. 67 Cost. Da questo confronto emergerà l’idea che il rapporto rappresentativo vada rafforzato non tanto attraverso l’introduzione del mandato imperativo, quanto con istituti di democrazia partecipativa capaci di agire in corso di mandato. Questi ultimi, infatti, con la loro flessibilità consentono di compensare le rigidità del giudizio politico elettorale, il quale si svolge solo ex post e oggi rischia di trasformarsi in un mero ‘referendum’ sull’operato della maggioranza uscente.

Paradossalmente, in questa fase di crisi delle mediazioni tradizionali, «se ci si pone alla ricerca di un rapporto di effettiva rappresentanza – alla ricerca del “rappresentato assente” – il divieto di mandato imperativo può costituire un utile strumento, può rappresentare un’apertura possibile di collegamento con le istanze vive del pluralismo sociale e conflittuale»174. Queste misure sicuramente richiederebbero iniezioni di tempi e garanzie procedurali, in controtendenza rispetto al trend attuale appena descritto. Tuttavia, non si tratterebbe di porre ostacoli irrazionali alla decisione, bensì di restituire al Parlamento la sua funzione, sostituendo la retorica della ‘democrazia immediata’ con una democrazia partecipativa effettiva e dialogica.

Per comprendere appieno questo discorso, occorre partire da alcuni esperimenti già messi in campo, che ruotano attorno a un superamento del divieto di mandato imperativo.

Alcuni tentativi sono stati retorici, più che giuridici, ma comunque interessanti per la riflessione in quanto hanno un’influenza sul dibattito riguardante le riforme istituzionali. In particolare, talune forze politiche hanno fatto ricorso alla metafora del ‘contratto’ con gli elettori, in termini e momenti diversi, ma sempre con lo spirito di rievocare l’idea di un patto solenne tra il rappresentante e il suo elettorato.

Questo meccanismo è stato inizialmente utilizzato dal Popolo delle Libertà, in cui il candidato premier ha steso e firmato in diretta sulla televisione nazionale un Contratto con

gli italiani175, impegnandosi al suo rispetto in caso di elezione176. In questo caso, si tratta di

174 G. Azzariti, Il rapporto partito-eletto, cit., pp. 289-290.

175 Il primo Contratto con gli italiani è stato siglato l’8 maggio 2001 nel corso della trasmissione “Porta a

porta”: https://www.youtube.com/watch?v=JIcSlkWWCtg (l’immagine del contratto è in

http://3.bp.blogspot.com/-tLt6KRsHFX8/TefZn0GpUJI/AAAAAAAADnE/QB42DGEEhMU/s1600/contratto- con-gli-italiani.jpg). In seguito, l’iniziativa è stata ripetuta in occasione delle ultime elezioni, il 14 febbraio

2018: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Berlusconi-contratto-con-gli-Italiani-video-Porta-a-Porta- Bruno-Vespa-patto-di-San-Valentino-2018-8a255694-fdbc-4b6c-a6d2-1fe7fa89c764.html.

51 un gesto politico legato all’idea di ‘democrazia immediata’ descritta in precedenza: il capo del partito chiede al popolo di ‘investirlo’ come capo di Governo, in cambio dell’attuazione di un certo indirizzo attraverso la ‘propria’ maggioranza parlamentare. Quindi, l’ordine di idee sottostante è che con le elezioni il Primo Ministro possa ricevere una legittimazione diretta dal popolo e conseguentemente assumersi la responsabilità di alcune politiche.

Questa azione è chiaramente figlia della crisi della forma partitica: il capo di una coalizione prende atto della sfiducia dilagante e risponde attraendo consensi su se stesso, attraverso il personale – e personalistico – impegno su alcuni punti. L’iniziativa strizza l’occhio alla tradizione del mandato imperativo, in cui il rappresentante riceve istruzioni vincolanti dal rappresentato. Tuttavia, realizza qualcosa di ben diverso, in quanto i punti programmatici non provengono dagli elettori, ma sono predisposti unilateralmente dal candidato: volendo restare nella metafora del contratto, si tratta di un accordo concluso ‘mediante formulari’. Un’altra ovvia differenza sta nel fatto che in questo caso il patto, in virtù dell’art. 67 Cost., può intendersi solo come impegno politico, totalmente incapace di creare, modificare o estinguere situazioni giuridiche.

Nell’attuale legislatura, la forma contrattuale è stata impiegata dalla coalizione di maggioranza nel Contratto per il governo del cambiamento177. In questo caso, però, cambiano la struttura e la collocazione temporale rispetto alle elezioni: si tratta non di una promessa elettorale, ma di un accordo sul programma di governo, siglato dai leader della Lega e del Movimento 5 stelle178, ma aperto all’adesione di altri partiti – anche se nessuno di essi ha effettivamente aderito – e sottoposto alla ratifica degli elettori di ciascuna delle forze firmatarie. Chiaramente l’atto – rispetto al precedente – porta i segni di un mutato contesto istituzionale, dove il partito personalistico non è scomparso, ma deve confrontarsi con un sistema a esito prevalentemente proporzionale. In questo quadro, il contratto è

176 P. Caretti, Principio maggioritario e democraticità del sistema costituzionale, cit., p. 5; M. Carducci,

Le dimensioni di interferenza del «contratto» di governo e l'art. 67 Cost., in Federalismi.it, n. 13/2018, p. 7.

177 Contratto per il governo del cambiamento, sottoscritto dal Signor Luigi Di Maio, Capo Politico del

“MoVimento 5 Stelle”, e dal Signor Matteo Salvini, Segretario Federale della Lega, 2018, in http://espresso.repubblica.it/palazzo/2018/05/18/news/contratto-di-governo-lega-m5s-ecco-il-testo-

definitivo-1.322214.

178 Sul contratto di governo, anche in comparazione con quello tedesco: S. Prisco, Elogio della

mediazione. Statuti dei gruppi parlamentari e libertà di mandato politico nelle democrazie rappresentative. Brevi annotazioni, in Federalismi.it, n. 13/2018, in http://www.federalismi.it/nv14/articolo- documento.cfm?Artid=36455, p. 20; M. Carducci, Le dimensioni di interferenza del «contratto» di governo e l'art. 67 Cost., cit., pp. 2-9; G. Zagrebelsky, Il contratto è un patto di potere ma il Colle non è un notaio,

52 espressione di un «cartello di governo»179, cioè è frutto di un negoziato tra due forze che costruiscono insieme una maggioranza, ma non hanno la sostanza politica di una coalizione.

Anche in questo caso, da parte degli elettori vi è più l’illusione di un consenso che un consenso reale, in quanto la base ha potuto solo ratificare il testo redatto dai leader, ma non ha avuto la possibilità di modificarlo o integrarlo180.

Inoltre, a Costituzione vigente, anche questo ‘contratto’ può avere solo un effetto politico, e non è idoneo a costituire vincoli giuridici181. In prospettiva, però, la Lega e il Movimento 5 stelle dichiarano di voler «introdurre forme di vincolo di mandato per i parlamentari, per contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo». A seguire, non descrivono la specifica riforma che hanno in mente; tuttavia, citano dei riferimenti comparatistici dai quali traspare che la volontà è di rafforzare il ‘mandato di partito’, più che realizzare un mandato direttamente popolare182. Non riprendono, quindi, l’istituto di democrazia diretta del recall, ma realizzano uno strumento partecipativo interno al partito, che solo per il tramite del partito stesso esplica le sue conseguenze giuridiche. Infatti, l’articolo 160 della Costituzione portoghese, cui il testo dichiara di ispirarsi, prevede il Parlamentare perda il seggio se si iscrive a un partito diverso da quello con cui è stato eletto. Quindi, «non va nella direzione di un maggior controllo dei rappresentati sui rappresentanti, ma, al contrario, in quella opposta di un controllo dei partiti (e delle loro

179 L’espressione parafrasa quella usata per le coalizioni in fase di candidatura in: S. Staiano, L’incertezza

(anche) delle regole sull’incarico, cit., p. 8. Cfr. V. Forlenza, Il “contratto di governo”: quando la retorica politica supera diritto pubblico e diritto civile, in LaCostituzione.info, 20/5/2018.

180 «Anche nella richiesta di una consultazione popolare su un quesito, un influencer decisivo esiste ed è

chi formula il tenore letterale della domanda cui rispondere e stabilisce il momento in cui sottoporla a chi è chiamato a rispondervi»: S. Prisco, Elogio della mediazione. Statuti dei gruppi parlamentari e libertà di

mandato politico nelle democrazie rappresentative. Brevi annotazioni, cit., p. 24.

181 V. Baldini, Il contratto di governo: più che una figura nuova della giuspubblicistica italiana, un

(semplice…) accordo di coalizione, in Dirittifondamentali.it, fasc. 1/2018, p. 5.

182 Il testo aggiunge che «altri ordinamenti, anche europei, contengono previsioni volte a impedire le

defezioni e a far sì che i gruppi parlamentari siano sempre espressione di forze politiche presentatesi dinanzi agli elettori»: Contratto per il governo del cambiamento, cit., p. 35. In effetti, in questo senso sembra andare anche il disegno di legge costituzionale N. 2759, Comunicato alla Presidenza del Senato il 23/3/2017, recante

Modifica all’articolo 67 della Costituzione, concernente il vincolo di mandato dei parlamentari, in

http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01021649.pdf. Infatti, esso in linea di principio introduca il «mandato imperativo popolare», laddove in realtà dalla relazione al Disegno di legge traspare che essa sia in realtà una norma sul vincolo di partito volta a combattere il transfughismo parlamentare: cfr. Relazione al Disegno di legge N. 2759 del 23/3/2017, p. 2. Del resto, lo stesso Disegno di legge propone di introdurre una norma per cui «i deputati e i senatori che nel corso della legislatura si iscrivono ad un gruppo parlamentare diverso da quello per cui sono stati eletti sono dichiarati decaduti ed incandidabili».

53 strutture gerarchiche) sugli eletti»183. Altrettanto fa la disciplina dei Gruppi in Spagna, che essenzialmente consiste in misure che non comportano la decadenza dal mandato e comunque sono volte principalmente a scoraggiare la moltiplicazione dei Gruppi, più che a creare un mandato imperativo popolare184.

Da questo particolare si può notare che il Contratto per il governo del cambiamento, come quello elaborato in precedenza dal leader del centro-destra, ha la funzione di cristallizzare al momento del voto il rapporto elettore-eletto. Esso – in continuità con la ‘democrazia dell’investitura’ – rinvia «all’esigenza di riferirsi sempre e comunque alla maggioranza uscita dalle elezioni. Quasi che queste fissassero un punto fermo immodificabile, congelando nel tempo la volontà popolare, senza considerazione alcuna per le situazioni reali e il dinamismo della politica»185. In queste ipotesi, si ostenta la ‘fotografia’ del voto come surrogato di una responsività che in realtà è assente, sia nell’elaborazione sia nell’attuazione del programma di governo: il partito utilizza il voto ricevuto non come presupposto per un dialogo costantemente in fieri con gli elettori, ma come una legittimazione a decidere per conto del popolo, in cambio di alcune promesse programmatiche.

Nel primo caso, quello del Contratto con gli italiani, questa visione ha portato ad affermare che il premier dovesse restare quello ‘scelto’ dagli elettori, e le maggioranze parlamentari dovessero mantenersi uguali a se stesse in corso di legislatura, nella loro identità e consistenza numerica. Infatti, la proposta – presentata anche in sede di discorso programmatico al Senato186 – era quella di un ‘neoparlamentarismo a Costituzione

183 G. Damele, Vincoli di mandato dei parlamentari e carattere democratico dei partiti, cit., p. 1. Questo

al di là del fatto che secondo la maggior parte della dottrina la previsione della Costituzione portoghese è dovuta a peculiarità di quel contesto ed è compensata da obblighi molto stringenti di democrazia interna ai partiti, nonché dal fatto che la Costituzione non prevede il vincolo di mandato, e quindi la previsione è facilmente aggirabile, in quanto per evitare la decadenza dal mandato è sufficiente – anche in caso di dissenso – non iscriversi a un altro partito: Ibidem, pp. 5-8; L. Ciaurro, Articolo 67, in R. Bifulco – A. Celotto – M. Olivetti (a cura di), Commentario alla Costituzione, vol. II, UTET, Torino, 2006, p. 1294; R. Orrù,

Divieto di mandato imperativo e anti-defection laws: spunti di diritto comparato, in Diritto pubblico comparato ed europeo, fasc. 4/2015, pp. 1103-1104; A. Morelli, Mandato parlamentare alla portoghese? Il “contratto di governo” non è chiaro, in LaCostituzione.info, 17/5/2018, in

http://www.lacostituzione.info/index.php/2018/05/17/il-vincolo-di-mandato-popolare-alla-portoghese-il- contratto-di-governo-non-e-chiaro/.

184 Servizio studi del Senato della Repubblica, Dai competitori elettorali ai gruppi parlamentari,

Elaborazione dal dossier del Servizio Studi del Senato su regole e risultati in 11 Paesi, Gennaio 2008, in http://leg16.senato.it/notizie/136525/150549/150563/genpagina.htm. Cfr. A. Ciancio, I gruppi parlamentari.

Studio intorno a una manifestazione del pluralismo politico, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 59-60.

185 L. Carlassare, Sovranità popolare e Stato di diritto, cit., pp. 188-192.

186 Cfr. il discorso programmatico di Berlusconi al Senato della Repubblica, XII legislatura, del

54 invariata’: si sosteneva che in caso di sfiducia verso il Governo – che era quello ‘investito’ dagli elettori – sarebbe stato illegittimo creare un Esecutivo diverso senza andare nuovamente al voto. Al limite, si teorizzava che un nuovo Governo potesse formarsi solo se avesse avuto la fiducia esattamente della stessa maggioranza, così come si era coalizzata per le elezioni. Così si voleva realizzare un vincolo di dipendenza del Parlamento rispetto al Governo, nonostante la nostra Costituzione preveda una forma di governo a tutti gli effetti parlamentare.

Nel secondo caso, quello del Contratto per il governo del cambiamento, vi è un chiaro sacrificio della «rappresentanza della Nazione» al fine di tenere insieme la maggioranza di Governo, come è evidente dalla dichiarazione di Matteo Salvini, attuale vice-premier e co- firmatario dell’accordo: «quello che non è scritto nel contratto Cinquestelle-Lega non sarà preso in discussione, così eviteremo di litigare»187. In altri termini, il «cartello» richiede che l’accordo fissi pro futuro gli interventi oggetto della legislatura, selezionando a monte del dibattito parlamentare gli specifici interessi da prendere in carico188. Viene da chiedersi, a questo punto, quale debba essere il ruolo dell’Assemblea rappresentativa, se non quello di mera esecutrice dei trenta punti del Contratto189. E a tal proposito è appena il caso di precisare che in questi punti manca non solo la forma giuridica, ma anche la sostanza politica di un mandato popolare vincolante, se non altro perché la base ha solo ratificato quanto deciso dai leader, senza aver dato alcun contributo alla stesura. Quindi, il contratto non fa altro che assoggettare la maggioranza parlamentare a quanto deciso dai capi dei rispettivi partiti.

Sicché, oggi si è arrivati a una forma leggermente diversa di «mandato imperativo di governo», mediata dalle strutture apparentemente democratiche del partito. Questa idea si comprende solo a partire dalle regole interne del Movimento 5 Stelle, che è stato probabilmente il principale ispiratore del punto contrattuale sul mandato, in quanto da sempre fa della democrazia diretta il fulcro della sua azione politica. Ebbene, tali regole interne – come afferma il Tribunale di Genova – «si preoccupano di raggiungere un punto di equilibrio tra il momento assemblear/movimentista (incarnato dal secondo comma dell’art. 4 del Non Statuto e realizzato con originali forme telematiche) e l’istanza dirigista

187 Redazione ANSA, Migranti: Salvini: 'L’Italia non può essere un campo profughi', 4/6/2018, in

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/06/03/governo-salvini-vale-solo-contratto-evitiamo- litigi_969fb15e-da2a-41c0-b757-e7a488d6e69a.html.

188 G. Zagrebelsky, Il contratto è un patto di potere ma il Colle non è un notaio, cit.

189 In effetti, il Contratto copre anche il potere di iniziativa dei Parlamentari, prevedendo che «la loro

richiesta di calendarizzazione deve essere oggetto di accordo tra i presidenti dei gruppi parlamentari delle due forze politiche»: Contratto per il governo del cambiamento, cit., p. 7.

55 che viene riconosciuta ed associata a figura di particolare carisma e peso politico per il Movimento»190.

Quindi, replicando il ragionamento già svolto sul nuovo Regolamento Senato, si può affermare che la proposta contenuta nel Contratto per il governo del cambiamento si basi su una fictio: cioè, essa postula che la fedeltà al partito equivalga alla fedeltà agli elettori. In questo caso, però, vi è una diversa impostazione teorica alle spalle: «ciò che viene messo in discussione è la funzione di integrazione delle minoranze nella maggioranza svolta dal libero mandato parlamentare, più che la sua giustificazione democratico – liberale, tesa a dimostrare che la volontà della maggioranza costituisce la volontà della nazione»191. Quindi, il Movimento – in virtù dei propri meccanismi di democrazia interna – sostiene di essere in grado di dare voce alle minoranze e ai non privilegiati più dell’Assemblea rappresentativa stessa192. Da questo nascerebbe il corollario che il Parlamentare debba farsi mero strumento con cui il Movimento e la sua base fanno ascoltare la propria voce193.

190 Tribunale di Genova, Ordinanza, 17 marzo 2017, RG n. 4036/2017.

191 G.L. Conti, Sfera pubblica e sfera privata della rappresentanza. La giustiziabilità dell’art. 67, Cost.

nella sua attuazione da parte dello statuto di un gruppo parlamentare, in Federalismi.it, n. 13/2018, p. 5, pp.

13-14 (la citazione è a p. 5. Così si spiega che «un po’ paradossalmente, proprio il diritto dei partiti di una formazione politica che, nel suo (non) statuto, afferma di non essere un partito politico (e di non voler diventare in futuro un partito politico, come recita l’art. 4 del non statuto), ha riproposto, anche con esiti innovativi rispetto al passato, la questione antica e mai risolta dei limiti che incontra il sindacato giurisdizionale sulla libertà di associazioni, come i partiti che, pur svolgendo fondamentali funzioni di rilevanza pubblicistica, anzi di rilievo costituzionale, continuano a trovare la fonte essenziale della loro regolamentazione nella disciplina codicistica delle associazioni non riconosciute»: G. Grasso, La «cifra

democratica» del MoVimento 5 Stelle alla prova dell’art. 49 della Costituzione, in Quaderni costituzionali,

n. 3/2017, pp. 616-617. A mero titolo di esempio, rispetto al modo paradossale con cui si identificano base e partito, è stato ricordato che lo strumento dello ‘Scudo della rete’ nato per aiutare blogger e cittadini a difendersi dalle querele per diffamazione, oggi ha come obiettivo «la difesa di iscritti ed eletti del M5s dalle cause legali intentate contro di loro, spesso a scopo intimidatorio»: cfr. L. Capone, La democrazia

oligarchica e ratificante di Davide Casaleggio, in Il Foglio, 12/5/2018.

192 F. Scuto, I pericoli derivanti da uno svuotamento dell’art. 67 Cost. unito ad un “irrigidimento”

dell’art. 49 Cost., cit., p. 11; S. Curreri, Gruppi politici, libertà di mandato e norme anti-transfughismo, in

Federalismi.it, 6/2017, in

http://www.federalismi.it/nv14/editoriale.cfm?eid=435&content=Gruppi+politici,+libert%C3%A0+di+man dato+e+norme+anti-transfughismo&content_auth=%3Cb%3ESalvatore+Curreri%3C/b%3E, pp. 14-15; G.

Savoia, Vincolo di mandato e regolazione dei partiti: il caso delle “multe a cinque stelle”, in Forum di

Quaderni Costituzionali, 19/2/2016, in http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp- content/uploads/2008/01/savoia.pdf, p. 2; N. Zanon, Il libero mandato parlamentare, cit., p. 253.

193 In questo senso – e con idee forse anche più radicali – va anche l’esperimento francese di #MaVoix,

che intende «hackerare la democrazia» attraverso i propri eletti, che agirebbero come ‘grimaldello’ per iniettare la democrazia diretta negli organi rappresentativi. Infatti, le liste sono formate per sorteggio e i candidati si impegnano (politicamente) a non dare alcun indirizzo valoriale alle proprie votazioni, ma di sottoporre ogni scelta alla votazione degli elettori, attraverso una piattaforma in rete:

56 Ulteriore differenza rispetto alla modifica regolamentare del 2017 sta chiaramente nella conseguenza che sembra prefigurarsi, e cioè la decadenza dal mandato. Cioè, il Contratto

per il Governo del cambiamento ipotizza una vera e propria sanzione, e non semplici

disincentivi. Una riforma simile evidentemente non potrebbe avvenire a Costituzione