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IL LOCUS AMOENUS NELL‟ÉGLOGA

IL LOCUS AMOENUS NELLE TRE EGLOGHE DI GARCILASO DE LA VEGA

2.2 SIGNIFICATO DI EGLOGA

2.4.2 IL LOCUS AMOENUS NELL‟ÉGLOGA

In questo componimento un ruolo fondamentale viene svolto dalla natura. Garcilas vi descrive, infatti, la quiete delle valli, la chiarezza dell'acqua, la freschezza del vento e i rumori della foresta. I versi 13-15 racchiudono il motivo centrale:

El dulce murmurar deste ruïdo, el mover de los árboles al viento, el suave olor del prado florecido,

podrían tornar, de enfermo y descontento, cualquier pastor del mundo alegre y sano; Yo solo en tanto bien morir me siento91.

Il dramma umano ha come sfondo un paesaggio pieno di colore, suono, profumi e tenue auree. Alcune volte compare la simbiosi affettiva fra natura e individuo, altre, una sorta di personificazione mitica:

En mostrando el aurora sus mejillas de rosa, y sus cabellos de oro fino

humedeciendo ya las florecillas(vv. 203-205)92.

Per quanto riguarda la prima parte del componimento, Ines Macdonald93 passa in rassegna una serie di simboli tipici della poesia del secolo d‟oro: l'acqua, il vento, la caccia e la figura del Mago Severo. Per quanto riguarda l'elemento dell'acqua, il mare rappresenta molto spesso l'amore perché entrambi soggetti ad inaspettati cambiamenti paragonabili a forti tempeste e

91

Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 83. 92Ibidem, pag. 89.

93 I. Macdonald, La égloga II, in La poesía de Garcilaso, ed. E.Rivers, Editorial Ariel, Barcelona, 1981.

48 naufragi, emblemi della passione amorosa.

Nel caso dell'égloga II, come afferma Maria Rosso Gallo94, la fonte dell‟acqua svolge una funzione fondamentale fin dall'esordio del componimento, nel momento in cui Albanio posa lo sguardo sull'acqua, la quale viene raffigurata attraverso un ossimoro, calda d'inverno e fredda d'estate:

En medio del invierno está templada el agua dulce desta clara fuente, y en el verano más que nieve elada ¡Oh claras ondas, cómo veo presente, en vyéndoos, la memoria d'aquel día, de que el alma temblar y arder se siente! En vuestra claridad vi mi alegría

escurecerse toda y enturviarse:

quando os cobré, perdí mi compañía(vv. 1-10)95.

Già in questi primi versi si delinea un‟analogia con i vv. 57-59 della prima

égloga. Mentre in essa l‟aggettivo “freddo” era attribuito a Galatea, in questo

caso si riferisce all‟elemento dell‟acqua, come osserviamo nella frase “y en el verano más que nieve helada”:

¡Oh más dura que mármol a mis quejas y al encendido fuego en que me quemo más elada que nieve, Galatea!96.

Al contrario, il termine “acqua calda” in inverno, sembra indicare a livello metaforico la passione di Albanio per Camila, un sentimento che scalda l'animo di Albanio. Anche in questo caso è presente una corrispondenza con i vv. 394- 407 della prima égloga, dal momento che in entrambe vi è l‟idea del desiderio: nei versi della prima, Nemoroso sente nostalgia di Elisa e, di conseguenza, le chiede di accelerare il decorso del tempo affinché il pastore possa ricongiungersi con la sua amata; qui, invece, c'è il desiderio, da parte di

94 M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso de la Vega, cit.,pag. 58. 95 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit. pag. 83.

49 Albanio, di intraprendere una storia d'amore con la casta Camila. Inoltre, secondo la mia opinione, in questa strofa è evidente l'idea di acqua come elemento distruttore, come vediamo nei vv. 7-9:

[…]En vuestra claridad vi mi alegría escurecerse toda y enturviarse […]97.

Come asserisce M. Rosso Gallo98, la limpidezza della “clara fuente” svolge la funzione di specchio della memoria e diventa quindi causa dell‟ottenebramento mentale di Albanio il quale si accentua nel momento in cui il pastore, in compagnia di Camila, ricorda non solo l'episodio in cui egli le dichiara il proprio amore, ma anche le sensazioni suscitate dalla brezza primaverile, i colori e i profumi dei fiori, il riverbero della fonte:

[…] en aquel prado allí nos reclinamos, y del Zéphyro fresco recogiendo el agradable espíritu, respiramos. Las flores, a los ojos ofreciendo diversidad estraña de pintura, diversamente assíestavan oliendo; y en medio aquesta fuente clara y pura, que como de cristal resplandecía, mostrando abiertamente su hondura, el arena, que d'oro parecía,

de blancas pedrezuelas varïada,

por do manava el agua, se bullía […](vv. 438-448)99. A questo proposito, rilevo una stretta somiglianza fra i versi appena citati e i versi 239-251 della prima égloga: entrambe le strofe si riferiscono a un momento del passato, per cui anche per Albanio, cosí come per Nemoroso, il passato è esso stesso fonte di piacere.

Ritornando all'immagine dell'acqua, Albanio, spronato da Camila a rivelarle i motivi della sua tristezza, la invita a scoprire la propria identità nella fonte:

97 Ibidem, pag. 82.

98 M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso, cit., pag. 58. 99 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit. pag. 96.

50

[…] ella, que con cuydado diligente a conocer mi mal tenía el intento y a escodriñar el ánimo doliente, con nuevo ruego y firme juramento me conjuró y rogó que le contasse la causa de mi grave pensamiento, y si era amor, que no me recelasse de hazelle mi caso manifesto

y demostralle aquella que yo amasse; que me jurava que también en esto el verdadero amor que me tenía con pura voluntad estava presto Yo, que tanto callar ya no podía y claro descubrir menos osara lo que en el alma triste se sentía, le dixe que en aquella fuente clara vería d'aquella que yo tanto amava

abiertamente la hermosa cara […] (vv. 455-472)100.

Di conseguenza, come osserva la già citata studiosa M. Rosso Gallo101, l'acqua diventa un vero e proprio deus ex machina ed è attraverso il riflesso della sua immagine nella fonte che Camila capisce i sentimenti di Albanio, con la sua conseguente fuga. Successivamente, si assiste ad una personificazione dell'acqua. Camila, infatti, le parla come se la fonte fosse essa stessa una confidente della ninfa Camila:

¡Ay, dulce fuente mía y de quán alto, con sólo un sobresalto, m'arrojaste! ¿Sabes que me quitaste, fuente clara,

los ojos de la cara? […] (vv. 744-747)102.

Dagli ultimi due versi si potrebbe affermare che Camila attribuisca la colpa del proprio allontanamento alla fonte. Successivamente, quando Camila accusa Albanio di aver rovinato la loro amicizia, la fonte assume il ruolo di testimone:

100 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 96-97.

101 M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso, cit., pag. 59, 102 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 105.

51 … Esta fuente lo diga, que ha quedado

por un testigo de tu mal processo (vv. 827-828)103. Di fronte alla “claridad” della fonte, Albanio prende coscienza di aver perso per sempre Camila e ciò genera in lui il desiderio di morte:

Recibe tú, terreno y duro suelo este rebelde cuerpo que detiene del alma el espedido y presto buelo; yo me daré la muerte, y aun si viene alguno a resistirme… ¿a resistirme?; ¡él verá que a su vida no conviene! ¿No puedo yo morir, no puedo irme

por aquí, por allí, por do quisiere? (vv. 874-882)104. Tale impulso culmina nel momento in cui il pastore crede di aver perso il proprio corpo, momento che coincide con l'inizio della sua follia:

Ya caygo en ello: el cuerpo se m'áydo; solo el espíritu es este que ora mando ¿Ále hurtado alguno o escondido mientras mirando estava yo otra cosa? ¿O si quedó por caso allí dormido? Una figura de color de rosa

estava allí dormiendo: ¿si es aquélla

mi cuerpo? No, que aquélla es muy hermosa (vv. 890-896)105.

Tale pazzia, come appura Rosso Gallo106, volge al termine nel momento in cui egli pensa di ritrovare la propria identità fisica nel riflesso della fonte, dove, come invece attesta la già citata studiosa I. Macdonald107, si annidano tutti i ricordi e tutte le emozioni provate in passato, come vediamo nei seguenti versi grazie ai quali assistiamo all'ascesa di Albanio nell'abisso della pazzia:

103 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 107. 104

Ibidem, pag. 109.

105 Ivi.

106 M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso, cit., pag. 59. 107 I. Macdonald, La Égloga II, cit., pag. 229.

52 ¡Yo podré poco o hallaré testigo

de quién hurtó mi cuerpo. Aunque esté ausente,

yo le perseguiré como a enemigo! ¿Sabrásme decir d'él, mi clara fuente? Dímelo, si lo sabes; así Febo

nunca tus frescas ondas escaliente. Allá dentro en el fondo está un mancebo, de laurel coronado y en la mano

un palo, propio como yo, d'acebo.

¡Hola!, ¿quién está llá? Responde, hermano, o enemigo mortal del trato humano.

Espíritu soy, de carne ya desnudo,

que busco el cuerpo mío, que m'ha hurtado algún ladrón malvado, injusto y crudo. Callar que callarás. ¿Hazme'scuchado? ¡O santo Dios!, mi cuerpo mismo veo,

o yo tengo el sentido trastornado (vv. 907-924)108.

La sua furia cresce sempre di più e, di conseguenza, cerca di appropriarsi del proprio corpo, tentando di “abbracciare” la propria immagine riflessa nell‟acqua:

un poco d'agua clara nos detiene. Por ella no conviene lo que entramos con ansia deseamos, porque al punto que a ti me acerco y junto, no te apartas; antes nunca te hartas de mirarme

y de sinificarme en tu meneo que tienes gran deseo de juntarte con esta media parte. Daca, hermano, echam'acá esa mano, y como buenos amigos a lo menos nos juntemos y aquí nos abracemos. ¡Ah, burlaste! ¿Así te me 'scapaste? Yo te digo que no es obra d'amigo hacer eso; quedo yo, don travieso, remojado, y tú estás enojado? ¡Cuán apriesa mueves - ¿qué cosa es esa? - tu figura! ¿Aun esa desventura me quedaba? Ya yo me consolaba en ver serena tu imagen, y tan buena y amorosa;

no hay bien ni alegre cosa ya que dure. (vv. 962-981)109.

108 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 110. 109Ibidem, pagg. 111-112.

53 L'episodio dell‟insania di Albanio ripropone il tema di Narciso, il quale, per quanto concerne l‟égloga in questione, viene trattato in un importante saggio del 1973 del noto studioso inglese Elías L.Rivers110. Lo studioso propone di interpretare tale vicenda come una sorta di rivisitazione del mito tale e come viene illustrato nel De amore del filosofo Marsilio Ficino. Infatti, nel capitolo XVII della Oratio sexta, l‟autore dell‟opera parla delle quattro forme di bellezza di Dio, dell'Anima, del Corpo e dell'Angelo, sostenendo che l'anima, sebbene sia attratta da un qualcosa di superiore (Angelo, Dio), tende sempre ad unirsi con un qualcosa di inferiore a essa stessa:

L'anima, dico, sola, è tanto lusingata dalla forma corporale che manda in oblivione la propria spetie, e dimenticando sé medesima seguita ardentemente la forma del corpo, la quale è ombra della spetie dell'anima111.

L'azione di congiungimento dell'anima a un qualcosa di inferiore viene compiuta anche da Albanio il quale, oramai impazzito, si è inconsapevolmente innamorato della propria immagine riflessa nella fonte. La stessa cosa, secondo il mio punto di vista, si ritrova nella strofa 18 della prima égloga, quando vengono menzionati gli alberi che si riflettono nelle acque pure e cristalline, con la differenza che mentre nel primo caso si rappresenta un momento piacevole, qui ora ci troviamo davanti ad un momento di tristezza, come dimostrato precedentemente dai versi “alegría / escurecerse toda y enturviarse”. È questo il motivo che lo spinge a riflettersi nella fonte; a lui non rimane altro che amare la propria immagine perché è consapevole del fatto che il suo amore non sarà mai corrisposto da Camila.

110 E. L. Rivers, Albanio as Narcissus in Garcilaso's second eclogue, in Hispanic Review, 40 (1973), pagg. 297-304.

111 A. Gargano, Entre Imágenes y representación de la realidad, in La sombra de la teoría: ensayos de

hispanistica desde el Cid hasta Cien Años de soledad, ediciones Universidad de Salamanca, pag. 97-

54 Come osserviamo con M. Rosso Gallo112, proprio a causa di questo amore insano, Albanio è consapevole della bellezza del locus amoenus, ma se ne deve allontanare, esattamente come Salicio nei versi 221-224 dell'égloga I:

Quiçá aquí hallarás, pues yo m‟alexo Al que todo mi bien quitar me puede Que pues el bien le dexo,

No es mucho qu‟el lugar también le quede (vv. 221-224...)113.

Tale consapevolezza prende forma nei seguenti versi:

[…]

Quiero mudar lugar y a la partida quiçá me dexará parte del daño,

que tiene el alma casi consumida (vv. 25-27)114.

Questo allontanamento ricorda vagamente lo stesso desiderio che Nemoroso esprime nei vv. 394-407 della prima égloga:

Divina Elissa, pues agora el cielo con inmortales pies pisas y mides, y su mudança ves, estando queda,

¿por qué de mí te olvidas y no pides que se apresure el tiempo en que este velo rompa del cuerpo y verme libre pueda,

y en la tercera rueda, contigo mano a mano, busquemos otro llano,

busquemos otros montes y otros ríos, otros valles floridos y sombríos donde descanse y siempre pueda verte ante los ojos míos,

sin miedo y sobresalto de perderte?115.

112

M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso, cit., pag. 59. 113 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 76.

114 Ibidem, pag. 84.

55 In seguito, l'ingresso di Salicio, al ritorno da un lungo viaggio, stabilisce una nuova prospettiva: ora il pastore apprezza a pieno la “dulce soledad” del mondo pastorale e ciò lo induce, di conseguenza, a pronunciare un monologo basato sul motivo del Beatus Ille Oraziano:

¡Quán bienaventurado aquel puede llamarse

que con la dulce soledad s'abraça y bivedescuydado

y lexosd'empacharse

en lo que al alma impide y embaraça! (vv.38-43)116. Per quanto riguarda il discorso sul Beatus Ille, Garcilaso si ispira ai sei versi dell'Epodo II (vv. 23-28) in cui Orazio canta il tema del riposo, i suoni dell‟acqua e degli uccelli, permettendo al poeta toledano di incrementare i dettagli del locus amoenus, come l'inserimento di una nuova varietà di alberi all'interno del componimento garcilasiano e che vanno a sostituire l‟“antico leccio” presente all‟interno del componimento latino:

A la sombra holgando d'un alto pino o roble

o d'alguna robusta y verde enzina(vv. 51-53)117.

La presenza di articoli indeterminativi in questi tre versi è testimonianza, come osserviamo con M. Rosso Gallo118, del fatto che Salicio prefigura una situazione di quiete, la quale a mio intendere continua anche nei versi 64-76:

Combida a un sueño aquel manso rüido

del agua que la clara fuente embía, y las aves sin dueño,

con canto no aprendido,

hinchen el ayre de dulce armonía. Házeles compañía,

a la sombra bolando y entre varios flores,

116 Ibidem, pag. 84. 117 Ibidem, pag. 84.

56 la solícita abeja susurrando;

los árboles, el viento

al sueño ayudan con su movimiento(vv. 64-76)119. Nei versi 67-69 di questa strofa, vi ritrovo una corrispondenza con il verso 242 della prima égloga, giacché in entrambi sono presenti degli uccelli che diffondono il loro canto pacifico. Inoltre, come afferma M. Rosso Gallo120, pochi versi dopo il deittico “aquel” indica il contatto diretto che Salicio stabilisce con il luogo circostante, percepito soprattutto attraverso l'udito (“ruido”, “canto”, “dulce armonía” e “susurrando”) e l'olfatto (“olores”). Salicio quindi è partecipe di questa armonia della natura, tanto da rimanere meravigliato di fronte alle cose che quest'ultima ha creato:

¡Oh Natura, quán pocas obras coxas

en el mundo son hechas por tu mano! (vv. 80-81)121. Personalmente ritengo che egli sia partecipe di questa armonia, anche se non in maniera concreta. A parer mio, infatti, non vi sono elementi che testimoniano un contatto tra Salicio e la realtà stessa.

Più avanti Salicio riporterà l'attenzione sulle delizie del locus amoenus, il quale farà da sfondo al racconto di Nemoroso. Iniziando da una sensazione auditiva, Salicio posa successivamente lo sguardo su alcuni prati variopinti e infine ritorna al suono della “fuente clara”, la quale, come osserviamo con M. Rosso Gallo122, insieme alla doppia ricorrenza dell‟aggettivo “dulce”, contribuisce a connotare emotivamente lo spazio circostante:

Nuestro ganado pace, el viento espira, Filomena sospira en dulce canto y en amoroso llanto s'amanzilla; gime la tortolilla sobre l'olmo, preséntanos a colmo el prado flores y esmalta en mil colores su verdura; la fuente clara y pura, murmurando,

119

Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag., pag. 85.

120 M. Rosso Gallo, Elementi cosmici e paesaggio nella poesia di Garcilaso de la Vega, cit., pag. 60. 121 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 85.

57 nos está combinando a dulce trato (vv. 1146-1153)123.

Quindi la struttura del componimento, come sostiene Galiano124, è tutta imperniata sul gioco dei riflessi:

El arte (la égloga) refleja, representa la vida, la cual, a su vez, viene representada (reflejada)en un cofre artístico cuya descripción poética resume y esboza, desde el episodio de la sabiduría y el vaticinio, las otras dos partes de la obra que hemos dado en llamar los territorios de Venus y Marte125.

A metà del testo, ai versi 942-43:

[…] y rompiré su muro de diamante, como hizo el amante blandamente…126

.

e circa 160 versi dopo appare un episodio che ci trasporta da una parte all'altra del componimento:

- Dal racconto di Albanio a quello del duca d'Alba - Dal mondo idillico a quello epico

- Dall'ambito erotico a quello bellico:

Como cerca me vido, adevinando la causa y la razón de mi venida, suspenso un rato 'stuvo assí callando, y luego con boz clara y espedida soltó la rienda al verso numeroso en alabanças de la libre vida.

Yo estava embevecido y vergonçoso, atento al son y viéndome del todo

¡fuera de libertad y de reposo (vv. 1101-1109)127.

123 Garcilaso de la Vega, obrascompletas, cit., pag. 117.

124 Á. García Galiano, www.academia.edu/.../RELECTURA_DE_LA_ÉGLOGA_II, pagg. 1-31: ultima consultazione il 14/02/2017.

125 Ibidem, pag. 25.

126 Garcilaso de la Vega, Obras completas, cit., pag. 111. 127 Ibidem, pag. 116.

58 È in questo istante che si inserisce il racconto di Nemoroso sul mago Severo, figura mitologica che incarna sia la parte idillica del componimento sia la parte epica dal momento che il mago è il mentore del duca. Notiamo inoltre che, sempre in questo preciso momento, Albanio si riflette nella fonte-specchio riconoscendovi gli stessi attributi di Marte e di Mercurio: un alloro e il caduceo:

Allá dentro en el fondo está un mancebo de laurel coronado y en la mano

un palo, propio como yo, d‟azebo

¡Ola! ¿quién está „llá? Responde, hermano. ¡Válasme, Dios!, o tú eres sordo o mudo, O enemigo mortal del trato humano. Espíritu soy, de carne ya desnudo,

Que busco el cuerpo mío, que m‟á hurtado Algún ladrón malvado, injusto y crudo. Callar que callarás, ¿Asme „scuchado? ¡O santo Dios!, mi cuerpo mismo veo, O yo tengo el sentido trastornado. ¡O cuerpo, éte hallado y no lo creo! ¡Tanto sin ti me hallo descontento, Por fin ya a tu destierro y mi deseo!

NEM. Sospecho que‟l continuo pensamiento Que tuvo de morir antes d‟agora Le representa aqueste apartamiento SAL. Como del que velando siempre llora,

Quedan, durmiendo, las especies llenas Del dolor que en el alma triste mora ALB. Si no estás en cadenas, sal ya fuera a darme verdadera forma de hombre. Que agora solo el nombre me ha quedado; y si allá estás forzado en el suelo,

dímelo, que si al cielo me oyere con quejas no moviere y llanto tierno, convocaré el infierno y reino escuro y rompiré su muro de diamante, como hizo el amante blandamente por la consorte ausente(vv. 913 - 943)128.

59 Anche in questi versi è presente il tema di Narciso perché, riflettendosi nella fonte è convinto del fatto che, come Marte e Mercurio hanno trionfato nei loro campi di competenza, la stessa cosa succederà anche a lui.

Il racconto di Nemoroso, come afferma M. Rosso Gallo129, comincia con la descrizione del paesaggio che circonda la nobile tenuta dei duchi d'Alba, e che costituisce “uno de los primeros cuadros de paisaje real que ofrece la poesía española”130. Se Salicio rappresenta la voce bucolica e canta lo scenario in cui si svolge l'azione principale, Nemoroso è il rappresentante della voce di un narratore epico. Infatti la sua descrizione inizia parlando di un luogo dove regna l'eterna primavera a cui, in seguito, verranno aggiunti dettagli che si

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