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Il modello

2. Modelli L-VaR

2.1 Bangia, Diebold, Shuermann e Stroughair

2.1.2 Il modello

L’approccio presentato da Bangia et al. parte dalla modellizzazione dell’incertezza circa il valore di mercato delle attività, considerando il rendimento giornaliero ( ) di un asset ottenuto dal rapporto fra i mid-price (P) in due date successive e moltiplicato per il logaritmo naturale:

16 Gli autori rimandano allo studio di DIEBOLD, HICKMAN, INOUE e SCHUERMANN, (1998), per

approfondire i motivi dell’inadeguatezza del metodo appena descritto.

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JARROW e SUBRAMANIAN, (1997). Il paper prevede l’incorporazione nei modelli VaR della misura di liquidity discount, intesa come differenza fra il valore di mercato di una posizione di grandi dimensioni e il valore ottenuto dalla liquidazione della stessa, tenendo conto anche del periodo necessario per la liquidazione della posizione (execution lag). Il modello presentato è stato perfezionato successivamente dagli stessi autori, SUBRAMANIAN e JARROW, (2001).

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( )

La variazione dei mid-price è considerata nell’orizzonte temporale di un giorno; assumendo che la distribuzione dei rendimenti giornalieri risulti Gaussiana, il peggior valore al 99%18 è dato da:

( )

dove E[ ] e rappresentano rispettivamente il valore atteso e la deviazione standard (primo e secondo momento) della distribuzione dei rendimenti, mentre il fattore 2,33 rappresenta il percentile della distribuzione normale al livello di confidenza prescelto. Si noti che la previsione dell’apice t per la volatilità indica che essa è stimata dagli autori tramite un modello EWMA (Exponentially Weighted Moving Average)19 per tenere conto del volatility clustering dei rendimenti20. Gli autori, come prassi, pongono pari a zero il valore atteso e pertanto il VaR parametrico (P-VaR) all’1% risulta pari a:

( )

L’assunzione di normalità della distribuzione è finalizzata alla semplicità della trattazione, ma gli stessi autori sottolineano come il modello non faccia affidamento in modo cruciale su tale ipotesi. Gli stessi prevedono infatti un aggiustamento per le “code grasse” mediante la stima di un fattore correttivo θ che modifica la formula precedente in tal senso:

18 Corrisponde al VaR parametrico all’1% di livello di confidenza.

19 Tale modello calcola la varianza dei rendimenti come una media ponderata in cui i pesi decrescono

esponenzialmente per le osservazioni meno recenti; in pratica è attribuita maggiore rilevanza alle osservazioni più recenti. Analiticamente:

( )

in cui rappresenta un fattore di decadimento delle osservazioni passate compreso fra 0 e 1, e il rendimento percentuale al quadrato. Per un approfondimento si veda HULL, (2009).

20 Letteralmente tradotto con “addensamento della volatilità”, identifica il comportamento assunto dalla

varianza dei rendimenti in una successione di periodi: si osserva infatti che periodi di bassa (alta) volatilità sono seguiti da periodi di alta (bassa) volatilità.

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( )

Il fattore correttivo θ è calcolato mediante la seguente formula:

( )

dove , stimato nell’esempio attraverso una regressione fra il P-VaR e il VaR storico di 14 tassi di cambio, rappresenta una costante basata sul livello di confidenza prescelto (1%, 2.5%, eccetera), e k è la curtosi (momento quarto) della distribuzione empirica dei rendimenti, utilizzata nella pratica proprio per definire lo spessore delle code. Naturalmente per la distribuzione normale non è previsto nessun aggiustamento in quanto k = 3 e dunque θ = 1; il fattore correttivo cresce pertanto al crescere della curtosi della distribuzione (in sostanza più ci si allontana dalla distribuzione Gaussiana, più θ risulta ampio)

Il VaR parametrico, come già chiarito, poiché ottenuto considerando solo il mid-

price, riflette esclusivamente il rischio di mercato in forma “pura”, sottostimando il

rischio complessivo. Come ormai ben noto, in presenza di costi di transazione, il

liquidation value è dato dal bid price, che differisce dal mid- price per una quantità pari

a mezzo bid-ask spread. Proprio per tener conto di tale situazione, gli autori definiscono, a partire dalla distribuzione dei bid-ask spread, l’exogenous cost of liquidity (COL) mediante tale formula:

( ̅ ̃)

dove rappresenta il mid-price al tempo t, ̅ il relative spread21, ̃ la volatilità del

relative spread e un valore di scala variabile in base al livello di confidenza prescelto,

tale da coprire il 99% delle probabilità della distribuzione (ovvero il valore critico all’1%

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Il relative spread è calcolato come [(Ask – Bid)/Mid] ed è utilizzato per permettere il confronto fra

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della distribuzione empirica dei relative spread). Tale previsione è dettata dal fatto che la distribuzione degli spread relativi è difficilmente approssimabile a una normale e pertanto, maggiore è la distanza della distribuzione empirica da quella Gaussiana, maggiore valore assume α22.

Il nuovo valore del VaR parametrico aggiustato per la liquidità (L-VaR) tiene pertanto conto, oltre che del percentile relativo alla distribuzione dei rendimenti, anche di quello relativo alla distribuzione dei relative spread, sempre per lo stesso livello di confidenza. Graficamente tale previsione è descritta dal grafico seguente:

FONTE: BANGIA et al., (1998).

Analiticamente l’unione dei due rischi (di mercato in forma “pura” e di liquidità esogena) è descritta dalla seguente formula:

( ) ( ̅ ̃)

Gli autori implementano il modello sul mercato Forex utilizzando come esempio i cambi Yen giapponese / dollaro USA e Bath thailandese / dollaro USA, considerando il primo tasso liquido e il secondo poco liquido. L-VaR è calcolato per il periodo temporale pre e post-crisi valutaria del 1997, prendendo come punto di riferimento marzo 1997. Lo

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Nell’esempio di Bangia et al. il valore ricade nell’intervallo compreso tra 2.0 e 4.5, a seconda del mercato e degli asset considerati.

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studio dimostra come nel periodo pre-crisi lo Yen presentasse una componente di liquidità sul rischio totale calcolato (ovvero COL / L-VaR) dell’1.50% mentre il Bath thailandese presentava una percentuale del 16%: tale risultato rifletteva bene la differenza di liquidità fra i due tassi di cambio. Se per il primo tasso dunque la componente di liquidità esogena può essere trascurata, lo stesso non si può dire per la il COL del secondo tasso poiché vale circa 1/5 del rischio di mercato totale. Gli autori sottolineano come due asset apparentemente simili dal punto di vista del rischio di mercato “puro” (calcolato sulla base del solo mid-price), presentino differenze sostanziali qualora si consideri anche la componente di liquidità esogena. Gli autori presentano poi anche le modalità per implementare il modello nell’ottica di portafoglio piuttosto che di singolo

asset.

Il semplice metodo presentato da Bangia et al. combina l’approccio parametrico, utilizzato per il calcolo della componente di rischio di mercato “puro”, con l’approccio della simulazione storica per la distribuzione dei bid-ask spread (componente di liquidità) permettendo di integrare preesistenti misure basate sulla distribuzione dei soli rendimenti con la componente di liquidità. L’approccio utilizzato presenta inoltre il vantaggio di considerare per l’implementazione dati osservabili per la maggior parte dei mercati, anche quelli Over the Counter (OTC).