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IL MODELLO DI GOVERNANCE DEI GRUPPI FAMILIARI

4. LE HOLDING DI FAMIGLIA

4.5 IL MODELLO DI GOVERNANCE DEI GRUPPI FAMILIARI

Oltre alla scelta della forma giuridica, diviene fondamentale per la costituzione di una Holding di famiglia, l'individuazione del più appropriato modello di governance dell'intero gruppo familiare.

Come abbiamo ribadito nei capitoli precedenti, ogni soluzione di governance deve tener conto oltre che della presenza di soci terzi non familiari, del grado di concentrazione della proprietà, dell'eventuale presenza di diverse categorie di soci familiari (soci gestori e soci non gestori), della dimensione dell'azienda, anche della presenza o meno di società Holding all'interno del gruppo. In altre parole, ogni soluzione di governance deve essere adattata alle condizioni strutturali della proprietà e dell'azienda.

Il consiglio di amministrazione della holding ha il potere di svolgere i seguenti compiti di governo dell'impresa124:

 approvare la proposta di bilancio da sottoporre ai soci;

 approvare le altre proposte da sottoporre ai soci (aumenti di capitale, costituzione, acquisizione e cessione di società, ecc.);

 esercitare il ruolo di proprietario nelle imprese controllate;

 nominare i consiglieri di amministrazione e i collegi sindacali delle società operative;

 approvare annualmente i piani e i budget del gruppo  verificare periodicamente i risultati del gruppo

 adempiere ad ogni altro obbligo previsto dalle norme di legge o statutarie Tutto ciò che è stato già detto in relazione al CdA delle aziende familiari nel capitolo dedicato alla corporate governance delle aziende familiari (vedi capitolo 2) vale anche per l'organo di governo della Holding di famiglia e non occorre ripetersi. Questa volta però la Holding essendo di famiglia non prevede soci esterni e quindi potremmo associarla ad un "modello di proprietà familiare chiusa allargata", in cui il capitale è posseduto da più soci che però sono tutti familiari. Ci si aspetta un CdA a livello di Holding prettamente familiare, ma dove sicuramente non manca la componente esterna, necessaria per equilibrare i numerosi interessi coinvolti oltre che per esigenze di professionalità richiesta. In questi casi in cui i

124 D. Montemerlo, Il governo delle imprese familiari: modelli e strumenti per gestire i rapporti tra

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ruoli di vertice nella gestione dell'azienda sono interpretati da più persone che sono anche proprietarie della totalità del capitale dell'impresa, il CdA ha un ruolo essenzialmente "di governo" e quindi strategico ed è necessario che tale organo sia ben funzionante e che "costringa" in un certo senso a dedicare alcuni giorni all'anno a confrontarsi, innanzitutto tra i proprietari impegnati nella gestione.

La nota da aggiungere è che proprio grazie alla costituzione della Holding, il rapporto impresa famiglia non rappresenta una forte minaccia per la gestione del gruppo proprio perché in tal modo si garantisce una minor interferenza delle vicissitudini familiari sull'impresa. E questo è un aspetto da non sottovalutare, essendo tale rapporto la maggior preoccupazione nel momento in cui si associa la parola famiglia a quella di business imprenditoriale.

E' come se si andassero a neutralizzare, in parte, le criticità che sono proprie di un assetto proprietario familiare. Ciò che a questo punto potrebbe diventare critico e che diventa interessante da analizzare sono le relazioni che ci possono essere tra proprietà (Assemblea dei soci), CdA della holding di famiglia e CdA delle società capogruppo. In particolar modo diviene interessante analizzare la composizione degli organi di governo o meglio del CdA a livello non solo di holding ma soprattutto a livello di società capogruppo o delle società operative controllate per verificare in che modo l'assetto proprietario familiare riesca a dominare il gruppo nel suo complesso, intervenendo direttamente o indirettamente nell'attività di gestione e di coordinamento del gruppo stesso, soffermandoci quindi sul rapporto esistente tra proprietà e controllo.

Partiremo da uno studio effettuato nel 2012125, i cui risultati ci saranno di grande

aiuto per effettuare le nostre considerazioni a riguardo. Dall'Osservatorio Aub giungono i seguenti dati di sintesi: delle 2672 aziende familiari con fatturato superiore a 50 milioni di euro, circa il 49% ha (almeno) una holding di controllo al vertice, intendendo con ciò una persona giuridica che controlla una società, e che quindi possiede una percentuale di azioni (vedi figura 4.4):

-superiore al 50% in società non quotate; -superiore al 25% in società quotate. Di queste:

-quasi il 78% sono controllate da un solo livello di holding (struttura semplice); -quasi il 18% sono controllate da due livelli di holding (struttura articolata);

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-il restante sono controllate da più di due livelli di holding (struttura complessa).

Figura 4.4: Il dettaglio delle strutture di controllo

Lo studio fa riferimento ai gruppi familiari da noi indicati con la denominazione di "quasi gruppi", "gruppi chiusi" e "gruppi aperti", considerando però aggregazioni che presentano anche più di due holding e attribuendo ad essi una denominazione diversa: gruppi con una struttura semplice, articolata e complessa.

La struttura semplice del gruppo prevale rispetto a quelle più complesse e ciò denota una maggiore propensione per i gruppi familiare a favorire strategie di integrazione orizzontale e a sfavorire rapporti partecipativi indiretti. La struttura semplice infatti, caratterizza una composizione del gruppo estremamente lineare con esclusivi rapporti di controllo diretto da parte della società capogruppo su una o più società controllate e tale configurazione comporta uno "sviluppo orizzontale" del gruppo, mettendo le diverse controllate, tra loro, sullo stesso piano rispetto alla capogruppo. Pertanto il fenomeno della cosiddetta "leva azionaria" attraverso cui si può arrivare a costituire un gruppo di notevoli dimensioni con un investimento estremamente ridotto di capitale, una caratteristica che è propria dei gruppi con struttura più articolata e complessa, sembra essere molto contenuto e la spiegazione sembra da ricercare nella maggiore efficienza delle strutture di controllo semplici, oltre che nella richiesta di maggiore trasparenza espressa da vari stakeholders. Questo ad indicare che in molti casi la holding è uno strumento per garantire un maggiore allineamento di interessi all'interno della famiglia.

È stata poi svolta un’analisi126 più approfondita sui primi 100 gruppi industriali di

maggiori dimensioni in termini di fatturato (da Exor a Edelweiss Energy Holding)

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e risulta essere interessante in quanto rivolge l'attenzione al leader della Holding e di come questo sia anche presente nella/e società capogruppo: a quanto pare è sempre presente fatta eccezione per una percentuale non altissima del 24%, inoltre si osserva che la probabilità che sia presente anche nel CdA della capogruppo aumenta se il leader della holding è un familiare; poi che sia presente come leader o come consigliere dipende dalle differenti situazioni e nella figura abbiamo una stima delle relative percentuali.

Infine si rileva che la presenza di familiari all'interno del CdA diminuisce passando dalla holding alla società capogruppo, in particolar modo considerando un numero medio di consiglieri per il CdA della holding pari a 5,1 e quello per il CdA della società capogruppo pari a 6,9, i familiari sono presenti con una percentuale che supera il 50% nel primo e nel secondo con una percentuale più bassa pari a 27% circa. Nell'ultimo grafico si evidenza che il 57% delle società capogruppo ha un CdA composto per almeno 1/3 dei suoi membri da consiglieri comuni al CdA della holding e la % si riduce al 47% se si considerano i consiglieri familiari in comune tra holding e capogruppo.

Alla luce di quanto detto è possibile dare spazio ad un'ulteriore considerazione: il fatto che il più delle volte il familiare, leader nella Holding, ricopra una posizione di vertice anche nella società capogruppo o caposettore indica l'altra grande funzione della Holding di famiglia: la funzione di controllo. Tale funzione è rimarcata dalla presenza nel CdA, basti pensare che nel 60% dei casi almeno un terzo del CdA della caposettore è rappresentato da consiglieri della Holding e nel 32% dei casi lo è più della metà.

132 Figura 4.5: I primi 100 gruppi con una holding

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CONCLUSIONI

L’ipotesi principale desunta dalla letteratura, è che dietro alla forma organizzativa del gruppo d’imprese si “nasconda” spesso una forma di controllo personale o familiare. Se l’impresa ha dimensioni limitate prevalgono modalità di controllo familiare o assoluto, mentre al crescere delle dimensioni aziendali “le famiglie modificano le modalità di esercizio del controllo passando da forme dirette a forme mediate da strutture di gruppo”, in cui la presenza di una holding al vertice diventa una costante di cui non si può fare a meno.

La convenienza ad adottare forme organizzative di gruppo con all'interno una Holding di famiglia deriva da alcune considerazioni che, arrivati a questo punto, è necessario presentare, riguardanti la proprietà e il controllo, due elementi che si influenzano vicendevolmente, soprattutto nel caso delle aziende familiari, in cui l'assetto proprietario è concentrato in una o poche famiglie, solitamente coinvolte nella gestione.

Soffermandoci sulla proprietà, osserviamo che la creazione di una Holding all'interno di un gruppo familiare risiede nel risolvere i problemi, soprattutto, di conflittualità della compagine proprietaria.

La distinzione giuridica infatti, tra la holding e società di produzione di beni e servizi, consente innanzitutto di risolvere le tensioni di famiglia e di stabilire un accordo sulla formazione degli organi di governo (i cui compiti sono affidati alle holding), e di direzione delle società operative, alle quali sono demandate le scelte imprenditoriali e manageriali. La Holding di famiglia costituisce quindi una modalità che tutela e preserva maggiormente da conflitti.

Le divergenze potrebbero, infatti, causare blocchi decisionali e soprattutto minare l'immagine di unitarietà della leadership alla guida dell'impresa, generando una condizione di ambiguità e incertezza che si ripercuoterebbe negativamente sui manager dell'organizzazione e nelle relazioni con l'esterno.

Questo aspetto, nell'analisi effettuata dall'osservatorio Aub, è rimarcato dal fatto che i componenti familiari diminuiscono nel CdA man mano che si passa dalla Holding ai livelli successivi. Il problema della conflittualità proprietaria nasce man mano che l'azienda cresce di dimensioni, in quanto con il passare delle generazioni aumenta il numero di familiari coinvolti e quindi maggiori saranno gli interessi da contemperare. Nel momento in cui si passa, infatti, da un'azienda familiare in senso

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stretto ad un'azienda familiare in senso allargato si avranno maggiori complicazioni relative proprio alla gestione delle numerose relazioni esistenti. La soluzione del gruppo familiare permette di gestire più unità organizzative attraverso una direzione unitaria, dando vita ad una migliore razionalizzazione del controllo societario: con la Holding si crea un gruppo stabile di soci che controlla indirettamente tutte le società del gruppo.

Non a caso, in relazione al controllo vi è da sottolineare che nonostante la creazione del gruppo tramite una capogruppo comporti in teoria una sorta di separazione tra proprietà e controllo, perché appunto si presume che in parte la gestione venga anche delegata a terzi - soprattutto man mano che si scende da un livello societario all'altro – la compagine familiare non rinuncia al controllo dell'intero gruppo e questo lo si desume dal fatto che il leader familiare della Holding, la maggior parte delle volte, assume una posizione di vertice anche nella società operativa o ancora perché i consiglieri comuni tra un livello societario e l'altro possono diminuire ma sono senz'altro presenti. L'esercizio del controllo infatti, avviene attraverso la possibilità per il soggetto economico di esercitare il proprio potere, non solo mediante un controllo pressoché totalitario dell’organo amministrativo della società controllante ma anche, e soprattutto grazie a:

- l’assunzione di cariche negli organi amministrativi delle partecipate;

- la nomina dei membri della famiglia negli organi amministrativi delle società del gruppo;

- la nomina di consiglieri o manager "di fiducia" nelle diverse società del gruppo. La possibilità di nominare i membri degli organi esecutivi favorisce la presenza diretta dell’azionista di controllo nelle società del gruppo, e quindi non solo nella holding ma anche nelle società ai primi posti della catena di controllo. E' pratica frequente, inoltre, che l’azionista di controllo nomini quali consiglieri delle società del gruppo persone di propria fiducia. Pertanto negli organi delle partecipate sono spesso presenti alcuni membri della famiglia dell’azionista di controllo i quali, unitamente ai cosiddetti “consiglieri di fiducia”, contribuiranno ad autorizzare l’adozione, nella società che gestiscono, di:

- strumenti di indirizzo, coordinamento e controllo;

- flussi informativi che consentano alla società capogruppo di poter svolgere un’efficace attività di direzione e coordinamento.

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La fiducia, la stima, che caratterizza il rapporto di agenzia che ci può essere tra azionisti e manager ha grande valore, in quanto rappresenta la modalità più sicura per avere la garanzia che le strategie individuate a livello di capogruppo abbiano nelle controllate adeguata esecuzione.Gli azionisti inoltre, detenendo una quota di capitale elevata saranno notevolmente incentivati ad esercitare uno stretto monitoraggio sull’operato dei manager e i manager saranno incentivati ad operare bene non solo per il rapporto di fiducia, ma soprattutto perché il soggetto economico avrà sempre la possibilità di revocare il potere conferitogli. Ovviamente maggiore sarà la coesione all'interno del soggetto economico e quindi all'interno dell'assetto proprietario e più i manager saranno incentivati ad operare in maniera "fedele". E' chiaro che in questo modo di fronte al timore della perdita del controllo, associato ad un'espansione dell'azienda, paradossalmente il gruppo familiare diviene uno strumento per il mantenimento dello stesso. I due fenomeni (controllo e gruppo) non sono necessariamente assimilabili, in quanto empiricamente le aggregazioni societarie possono assumere differenti gradi di integrazione. L'invadenza della società controllante, infatti, può arrestarsi al livello delle decisioni assembleari o può estendersi ed investire, in forme più o meno ampie la gestione della controllata. Per questo motivo si rende necessario verificare a quale livello e con quale grado di profondità si esplichi l'influenza della società dominante familiare, ma appare ragionevole presumere un'ingerenza sistematica nell'attività dell'organo amministrativo delle partecipate, definendone gestione ed obiettivi strategici.

Ecco che, se nelle imprese di minori dimensioni, l'imprenditorialità individuale o comunque una proprietà assoluta riesce a stare al passo con la gestione dell'impresa, con il tempo sarà necessaria una riorganizzazione dell'assetto proprietario e di controllo, in modo da garantire un' isolamento delle questioni familiari: l'interposizione di una Holding di famiglia permette proprio di ridimensionare tali interferenze, realizzando maggioranze assembleari e con la possibilità di esprimere un voto concorde a livello familiare, frutto di precedenti decisioni maturate nell'assemblea della capogruppo, con il vantaggio di non paralizzare l'attività delle società operative se la compagine familiare, nel corso degli anni, si è allargata e, all'interno di essa, viene a mancare la completa uniformità di vedute.

Dall'inizio del nostro lavoro, abbiamo presentato la governance come quello strumento, che con il progressivo distacco della componente familiare da quella

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imprenditoriale, riesce ad assicurare una maggiore coesione tra i tre sottosistemi individuati nel three circle model, "proprietà, famiglia e impresa", e in generale a garantire la continuità dell'impresa; essa però è pur sempre, un riflesso della composizione della compagine proprietaria, anche quando si parla di aziende familiari aperte, in cui capitale si presenta diviso tra componenti della famiglia e altri soci.

Ed ecco quindi, che la creazione di un forte equilibrio all'interno dell'assetto proprietario diventa una vera e propria necessità, se si considera che da esso partono le direttive strategiche, o le deleghe decisionali, per tutte le controllate. Una famiglia poco coesa, infatti, rischia di ostacolare il processo decisionale, perdendo la possibilità di effettuare scelte strategiche e strutturali che potrebbero essere indispensabili per lo sviluppo dell'impresa.

Tale modo di operare permette alla proprietà quindi, di assecondare maggiormente l'impresa e favorire lo sviluppo delle sue condizioni di funzionamento:

-efficacia -efficienza -redditività

I vantaggi apportati da un gruppo familiare con al vertice una Holding di famiglia toccano infatti, in maniera diversa, aspetti gestionali, di controllo, fiscali e così via che contribuiscono alla massimizzazione del valore dell'impresa: accanto ai concetti ribaditi più volte, di migliore razionalizzazione del controllo e di

semplificazione dei processi decisionali si sommano agevolazioni di carattere

fiscale e perché no, riduzioni dei costi di gestione a seguito dell'accentramento di alcune funzioni comuni a tutte le società del gruppo (amministrazione, gestione ordini e paghe), una maggiore razionalizzazione della distribuzione degli utili, una elasticità nella distribuzione di risorse finanziarie tra le società del gruppo, tutti aspetti collegati essenzialmente alla particolare configurazione del gruppo aziendale.

In conclusione attraverso una Holding di famiglia sembra essere possibile raggiungere quell'armonia dell'assetto proprietario che, il tempo mette a dura prova, facendo sì che la concentrazione proprietaria non riguardi più solo le piccole imprese ma anche le medio-grandi (al crescere delle dimensioni, aumenta anche la

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quota di proprietà dell'azionista principale e si riduce la compagine sociale), con conseguenze positive a livello organizzativo, di governo e in generale per l'impresa.

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