Christina Katsiana
2. Il mufti nell’ordinamento greco
Lo Stato greco, basandosi prevalentemente sul sistema dei valori della Convenzione di Losanna, ma anche delle Convenzioni stipulate in precedenza, ha emanato delle leggi dirette a garantire la libertà di religione, di coscienza e di culto della minoranza musulmana che vive nella Tracia occidentale, in armonia con i fondamenti del diritto sciaraitico (20). Lo Stato greco ha mantenuto la validità di tutta la legislazione inerente la libertà religiosa di questa minoranza anche a prescindere dai propri obblighi internazionali (21): un esempio peculiare in questo senso è, appunto, il mantenimento dell’istituto del mufti che è, per l’ordinamento giuridico greco, sia un ministro di culto sia un organo giurisdizionale per certe questioni di diritto familiare e successorio che riguardano i musulmani cittadini greci del proprio distretto (22).
Si tratta di una giurisdizione speciale (a base religiosa e territoriale) posto che possono ricorrere al mufti soltanto i musulmani che vivono in Tracia (23). Essi godono di una sorta di doppia giurisdizione per le questioni di statuto personale: possono scegliere di ricorrere al mufti per essere giudicati in base alla legge islamica o decidere di ricorrere al giudice ordinario per sottoporsi alla legislazione greca. La giurisdizione del mufti è
concorrente a quella del giudice ordinario dunque opzionale e supplementare.
Nonostante ciò, i musulmani della Tracia occidentale si rivolgono con maggiore facilità al mufti e, preferendolo, rendono questa giurisdizione, di fatto, quella prevalente (24). A questo esito hanno contribuito spesso gli stessi giudici dei tribunali ordinari quando si sono rifiutati di esaminare i casi che coinvolgevano i musulmani di Tracia e di esercitare giustizia nei loro confronti perchè hanno ritenuto che quelle controversie rientrassero nella competenza del mufti (25).
L’istituto del mufti è regolato dalla legge n. 1920/1991. Secondo l’art. 5, par. 1, il mufti esercita tutti i doveri che derivano dalla sacra legge islamica e dunque nomina, controlla e dimette i ministri di culto musulmani (ulama e imam), celebra i matrimoni religiosi tra musulmani ed emette pareri non obbligatori in questioni inerenti la legge islamica (fatwa). Inoltre, amministra le moschee e il patrimonio vacuf (enti religiosi e fondazioni pie), controlla l’andamento delle scuole religiose islamiche e certifica le conversioni di religione all’Islam. La stessa disposizione (par. 2) introduce una norma di diritto processuale elencando le competenze giurisdizionali del mufti (26) che includono i matrimoni, i divorzi, il mantenimento familiare e gli alimenti (nefaka), la tutela e l’emancipazione dei minori (27), i testamenti islamici e le successioni dal momento in cui questi rapporti vengono regolati dalla legge islamica. La giurisdizione islamica prevede due gradi di giudizio e il mufti assume le sue decisioni in base alla sharî’a ma anche in base a norme consuetudinarie locali ed al suo buon senso (28). Non è prevista la presenza di avvocati e le parti del processo possono depositare, a sostegno delle proprie tesi, fatwa redatte da esperti della sacra legge islamica.
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Ai sensi dell’art. 5, par. 3, le decisioni del mufti relative a casi di dubbia giurisdizione non sono eseguibili né passano in giudicato se non ricevono l’approvazione del Tribunale statale competente per territorio. Se il pronunciamento del mufti rientra nei limiti della sua giurisdizione e non è contrario alla Costituzione, il Tribunale lo approva. Contro le decisioni del Tribunale Monocratico è previsto ricorso presso il Tribunale collegiale, chiamato ad accertare soltanto la competenza del mufti e privo del potere di controllare il merito della decisione da questi assunta. La pronuncia del Tribunale collegiale è inappellabile (29) e non sono ammessi altri rimedi, ordinari o straordinari. La verifica della conformità costituzionale delle decisioni del mufti costituisce una novità rilevante introdotta dalla legge n. 1920/91, sebbene come detto il controllo venga effettuato solo a livello di giudice del primo grado.
In questo modo, la Grecia adotta di fatto all’interno del proprio ordinamento giuridico la legge islamica e fa coesistere due sistemi giuridici paralleli: uno si struttura intorno all’applicazione della sharî’a e l’altro si sviluppa secondo quanto disposto dal Codice Civile greco. E ancora, ciò non vale per tutti i greci musulmani ma solo per quella minoranza storica che è rappresentata dagli islamici della Tracia (30).
La legge n. 1920/91 regola anche il procedimento di elezione e di nomina del mufti e prevede tre fasi: il consenso da parte dello Stato per i candidati definitivi, l’elezione di chi prevale durante la prima fase e l’insediamento politico (nomina e giuramento) del
mufti eletto. In particolare, l’art. 1 dispone che entro tre mesi da quando resta vacante il
posto di un mufti, il Prefetto del luogo invita formalmente gli aspiranti mufti a presentare domanda. Le persone idonee alla nomina sono musulmani cittadini greci, laureati all’università di teologia islamica (autoctona o straniera) o diplomati Izazet
name o imam da almeno dieci anni e si distinguono per i loro alti principi morali e per
un’appropriata conoscenza teologica. La domanda, opportunamente documentata, arriva al Prefetto locale. Egli la trasmette al Segretario Generale del distretto e quest’ultimo convoca una commissione di undici membri che si pronuncerà sui candidati (31). In base al rapporto, il Ministero dell’Istruzione e delle Religioni opera la scelta definitiva. Il mufti viene nominato con Decreto Presidenziale valevole per dieci anni rinnovabili. Chi viene nominato, prima di assumere i suoi compiti, presta il giuramento del pubblico impiegato davanti al Prefetto competente (art. 1, par. 7) (32).
La legge n. 2345/1920, precedentemente in vigore, prevedeva l’elezione del mufti da parte degli elettori musulmani dei vari distretti, in attuazione dell’art. 11 della Convenzione di Atene. In realtà questa disposizione non è stata mai applicata perchè nella prassi il mufti è stato sempre nominato dallo Stato, proprio in ragione della circostanza che le sue competenze non si esaurivano nell’adempimento di meri compiti religiosi. Il procedimento di nomina era simile a quello previsto dalla legge attualmente vigente, con la differenza che quest’ultima lo disciplina espressamente ed è stata emanata considerando che il mufti esercita anche una competenza giudiziaria: tutti i giudici in Grecia vengono nominati dallo Stato, e non sono eletti dal popolo, al fine di garantire la loro indipendenza e imparzialità (33). In realtà, l’emanazione della legge 1920/1991 ha dato origine a due ricorsi individuali alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con i quali la Grecia è stata accusata di violazione della libertà religiosa (art. 9 della Convenzione europea): si tratta dei casi Serif e Agga, eletti mufti delle città di
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Komotini e di Xanthi dai fedeli musulmani del loro distretto e, in seguito, processati e condannati dai tribunali penali della Grecia.