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Il New York Times racconta: le dispute commerciali 115

IV.  CAPITOLO QUARTO 90

4.5   Il New York Times racconta: il piano di dissoluzione degli Zaibatsu 111

4.5.2   Il New York Times racconta: le dispute commerciali 115

Nella trattazione delle dispute commerciali tra Giappone e Stati Uniti il New York Times rileva sempre tre elementi principali: il primo è la possibilità che la disputa in corso metta in serio pericolo non solo le relazioni economiche ma soprattutto quelle politiche. Il secondo è dato dalla convinzione che il deficit nella bilancia commerciale statunitense dipenda dal surplus commerciale giapponese e di conseguenza si richiedono misure protezioniste. Il terzo è che mette sempre davanti gli interessi dei settori americani che in varie guise sono coinvolti nelle dispute.

L’argomento delle dispute commerciali è un crescendo. In molti articoli è legato alle forti limitazioni alle importazioni messe in atto dal governo giapponese. In un articolo del 1968 il NYT segnala che rispetto agli accordi previsti nel GATT il Giappone stia compiendo 121 violazioni proprio nei limiti alle importazioni. Si esortano i giapponesi a “wake up and find out they are living in the modern world”. 159

“Are the United States and Japan destined to come to blows, this time not with Zero fighters or B-29[…] but brandishing table knives, television tubes, and possibly integrated circuits?” Questa domanda posta con evidente ironia appare in un articolo del 7 Settembre 1970 che riassume le dispute in atto. L’articolo riguarda la disputa sulle televisioni. I giapponesi sono stati accusati di attuare politiche di dumping vendendo i televisori negli Stati Uniti a un prezzo

159 P. Shebecoff, “U.S. Ties With Japan Face Growing Strain as Economic Conflicts Multiply”, The New

inferiore rispetto al mercato interno. I giapponesi si sono difesi spiegando che la differenza nei prezzi è dovuta a una maggiore difficoltà di distribuzione dei mercato interno rispetto a quella americana che è più efficienti. L’autore dell’articolo non sembra convinto di questa spiegazione e la sua opinione varia dall’appellarsi al GATT per risolvere la controversia a una “vendetta” utilizzando la tecnica del dumping nei circuiti integrati esportati in Giappone. 160

Nel Settembre del ’70 la discussione sembra essere particolarmente accesa in quanto troviamo quasi ogni giorno un articolo dedicato alla questione. Il 12 Settembre 161un articolo annuncia l’inizio di negoziati tra la Toyota e la Texas Instrument, leader nel settore americano dell’elettronica, per la produzione di automobili non inquinanti. Il giornale rileva che la pratica dei giapponesi di impadronirsi dei know-how americani tramite investimenti diretti o attraverso la formazione di joint-venture è diventata ormai comune ma che alla base ci sia un previo controllo di costi-benefici e che l’accettazione di investimenti da parte delle grandi compagnie americane in Giappone sia visionata caso per caso nonostante sia in corso la liberalizzazione del commercio e degli investimenti tra i due paesi. Con questo probabilmente si vuole affermare che tutte queste restrizioni siano proprio parte dell’atteggiamento giapponese di gestire gli affari commerciali in generale.

Ma il NYT è anche interessato a raccontare all’opinione pubblica quali siano le visioni giapponesi sulle ripetute frizioni commerciali tra i due paesi. Per questo nell’Agosto del ’72 viene pubblicata un’intervista162 a Yasuhiro Nakasone, Ministro del Commercio e dell’Industria, proprio sulle relazioni commerciali tra i due stati con particolare riferimento alle dispute nel settore tessile e al rapporto deficit-surplus. Si riportano alcuni stralci dell’intervista. Nakasone sostiene che senza l’apporto degli Stati Uniti non ci sarebbe potuta essere in Giappone la crescita post bellica, e che le relazioni tra i due paesi siano importanti e prevede che la loro natura non debba cambiare. Tuttavia è al contempo preoccupato poiché le frizioni commerciali stanno dando vita anche a frizioni di tipo

160 “U.S. Charge of TV Dumping Dismays Japanese”, The New York Times, 7 Settembre 1970, pp. 28,29 161 “Japanese Seek U.S. Know-How And Fear Anti-Dumping Steps”, The New York Times, 12 Settembre

1970, p. 41

psicologico che sono esacerbate dalle recenti discussioni sul settore tessile e sulla bilancia commerciale. Nakasone sul primo punto spiega che i giapponesi si sono sentiti forzati dall’applicazione lo scorso autunno, da parte del Presidente Nixon, di restrizioni alle esportazioni giapponesi sui mercati americani dei prodotti tessili. Mentre sul secondo si dice convinto che il deficit americano sia causato più da difetti del sistema americano che da quello giapponese, in particolar modo il deficit e il surplus riflettono diversi livelli di crescita dell’inflazione e della produttività.

Nel 1973163 si insidia la paura di cadere in un ulteriore deficit commerciale, un articolo rileva i dati sottolineando che le importazioni hanno superato le esportazioni; è curioso rilevare che nella seconda parte di questo articolo si chiede al Giappone un cambiamento urgente delle sue politiche commerciali. Quindi non si dice esplicitamente che via sia una relazione tra il deficit americano e le politiche commerciali restrittive del Giappone ma in questo modo lo si fa intendere. Tale dichiarazione viene però esplicitata qualche anno dopo nel 1977 nell’articolo intitolato “U.S. Warns Japan Against Continuing Big Trade Surplus” dove si indica che la delegazione americana ha “suggerito fortemente” un impegno in tal senso entro 3 settimane. Questo è il primo tassello dell’ipotesi del Ever-Higher-Yen di cui abbiamo discusso precedentemente.

Per entrare nello specifico delle dispute relative al settore automobilistico e dei semiconduttori rileviamo sempre la presenza dei tre elementi accennati all’inizio del paragrafo con un nuovo elemento gli articoli dal 1980 in poi sono fortemente improntati sulla politica interna quindi quando si parla delle decisioni di un presidente piuttosto che di un altro le si riferisce alle idee politiche, quindi per esempio quando si parla della decisione del presidente Reagan di non intervenire sulle quote di esportazioni di auto giapponesi negli USA, la si giustifica col fatto che l’amministrazione avesse adottato una politica di libero-scambio. Oppure nel ’93 si spiega che la richiesta rapida di apertura dei mercati giapponesi ai prodotti stranieri e alla regolamentazione

generale del surplus commerciale viene giustificata dal fatto che Clinton è vicino a una campagna elettorale.