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La dissoluzione del sistema zaibatsu 93

IV.  CAPITOLO QUARTO 90

4.2   L’occupazione americana in Giappone 1945-­‐1952 90

4.2.1   La dissoluzione del sistema zaibatsu 93

Il processo di democratizzazione, che ebbe come obiettivo rendere più equo il mondo finanziario e industriale, si tradusse in pratica nel tentativo di dissoluzione dei grandi monopoli capitalistici che fino alla fine del conflitto avevano dominato l’economia giapponese. Poiché li riteneva in parte colpevoli delle decisioni prese durante il periodo bellico e considerati “risorse del militarismo”, lo SCAP pose la loro eliminazione come uno degli obiettivi fondamentali del periodo dell’occupazione.

120 K. Ohno, The Economic Development of Japan: The Path Traveled by Japan as a Developing Country”

Inizialmente come si evince dai documenti che pianificavano l’occupazione, gli Stati Uniti non avrebbero avuto nessuna responsabilità per la riabilitazione e il rafforzamento dell’economia giapponese: avrebbero cercato di prevenire il collasso e gestito eventuali crisi, ma l’impianto di base era di lasciare queste tematiche nelle mani giapponesi. Parallelamente la dichiarazione di Potsdam richiedeva la promozione di riforme che avrebbero garantito un reddito equo per tutti i cittadini e un’equa distribuzione dei mezzi di produzione e commercio. Per questo si rese necessario colpire i monopoli capitalistici che di fatto, come la storia aveva già dimostrato, avrebbero impedito l’insediamento di questi principi di equità. L’eliminazione ebbe come obiettivi sia i vecchi zaibatsu, quelli che avevano una storia millenaria alle spalle, sia i nuovi che si erano invece sviluppati durante i conflitti mondiali. 121

Il piano prese il nome di “dissolution of the large industrial and banking combinations which have exercised control of a great part of Japan’s trade and industry”. Secondo alcuni studiosi il piano procedette un po’ per tentativi commettendo errori per poi correggere il tiro in seguito. Allora in pochi sembravano convinti dell’importanza di ristabilire un’economia che avesse come cardine la libera concorrenza. Il programma seguì comunque tre direttrici di azione. La prima aveva come obiettivo la dissoluzione delle compagnie a capo dei network di imprese dette honsha. La seconda mirava a riorganizzare le imprese sussidiarie, e nel caso di quelle più grandi, a promuovere il loro smantellamento in unità più piccole. La terza definita anche “epurazione economica” mirava a formare una nuova classe di dirigenti evitando che i vecchi membri detenessero posizioni di potere. 122

121 J. Dower, Embracing Deafeat: Japan in the Wake of World War II, New York, W. W. Norton & Co, 2000 122 T. A. Bisson, “The Economic Purge in Japan”, The Far Eastern Quarterly, Vol. 12, N° 3, Maggio 1953,

In Giappone, la mancanza di leggi antitrust, e dell’intervento del governo avevano permesso la proliferazione dei monopoli capitalistici, anzi erano state proprio alcune politiche governative a facilitare il loro controllo capillare sull’economia. 123

L’occupazione americana aveva progettato nel suo piano di decentralizzare circa 253 imprese, ma alla fine soltanto venticinque vennero effettivamente sciolte. Durante la prima fase si ebbero i risultati maggiori: il mantenimento di una linea dura permise di rimuovere le grandi famiglie dalle loro poltrone, congelare i loro possedimenti e indebolire i legami tra le varie filiali. Si affiancò poi anche una legge antitrust che per certi riguardi fu più severa rispetto a quella americana.124 La legge, che venne promulgata nel 1947, era allora la più rigida al mondo, sebbene fossero pochi i Paesi che all’epoca avevano norme in materia. Sul modello americano dello

Sherman Act proibiva vincoli irragionevoli al commercio e il monopolio da parte di privati. Inoltre

vietava pratiche contro la libera competizione come boicottaggi, dumping, discriminazione nei prezzi. Gli americani preoccupati che il Giappone potesse interpretare liberamente questi divieti decisero di proibire totalmente la fusione o l’acquisizione tra concorrenti. Venne istituta la Japan Fair Trade Commission (JFTC), la sola e unica che poteva approvare fusioni e acquisizioni tra istituti indipendentemente dalla loro grandezza.125 Inoltre per bloccare la rinascita degli zaibatsu, la legge conteneva anche: “a blanket prohibition on holding companies as principal businesses: corporations were not allowed to hold shares in other corporations, and even non-holding companies could only hold shares in corporations after receiving the authorization of the JFTC”.126 Infine per evitare la formazione di cartelli, anche ogni accordo a livello internazionale dovette essere sottoposto all’approvazione della Commissione. Questa legge non venne promulgata per

123 E. Rotwein, “Economic Concentration and Monopoly in Japan”, Journal of Political Economy, Vol. 72,

n°3, Giugno 1964, pp. 262-277

124 Ibidem

125 M.W. Doodle, J. Gillespie, I. Maher (a cura di), Asian Capitalism and the Regulation of Competition:

Towards a Regulatory Geography of Global Competition Law , Cambridge, Cambridge University Press, 2013

motivi strettamente economici, ma sempre nell’ottica di evitare l’affermarsi di iniquità dovute alla concentrazione del potere economico nelle mani di singole società. 127

Il 3 Luglio 1947 le autorità americane ordinarono la dissoluzione della Mitsui e della Mitsubishi Trading Company. A dicembre dello stesso anno la Dieta giapponese promulgò la legge per l’Eliminazione dell’Eccessiva Concentrazione Economica dissolvendo diciotto grandi società e dividendo le loro industrie. La branca della Mitsui che controllava le miniere venne divisa in due società, stessa sorte toccò alle industrie pesanti della Mitsubishi. Il risultato di queste e di altre dissoluzioni ridusse fortemente il grado di concentrazione economica nelle industrie che estraevano materie prime quali il ferro e l’acciaio e nelle industrie del settore navale e della carta. 128

È da rilevare che almeno fino al 1948 il piano di dissoluzione degli zaibatsu sembrò aver avuto successo. Oltre alle azioni degli americani, contribuì all’avanzamento del piano la collaborazione degli stessi monopoli capitalistici che in alcuni casi iniziarono spontaneamente il loro decentramento.