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Le relazioni nippo-­‐statunitensi nell’economia: dispute commerciali 106

IV.  CAPITOLO QUARTO 90

4.4   Le relazioni nippo-­‐statunitensi nell’economia: dispute commerciali 106

In questo capitolo tratteremo in maniera diversa la tematica delle relazioni tra Stati Uniti e Giappone nell’ottica di dimostrare l’interdipendenza economica che intercorre tra i due Paesi sin dalla fine dell’occupazione alleata. Ciò che ha caratterizzato i rapporti economici negli ultimi 50 anni è sicuramente il tema delle dispute commerciali in settori importanti come quello tessile, quello automobilistico e quello elettrico e elettronico.

A partire dagli anni ’50 il Giappone era entrato nel sistema internazionale con una rinnovata indipendenza economica. Gli Stati Uniti avevano cercato di integrare l’economia giapponese in quella internazionale, obiettivo che sembrò essere raggiunto con l’ingresso nel GATT nel 1955, sebbene come rilevato in precedenza, qualche stato membro continuò a applicare delle restrizioni e il Giappone non ottenne pieni diritti. Inoltre furono gli stessi Stati Uniti a bloccare l’espansione del commercio giapponese limitando fortemente le relazioni con la Cina. Si possono comunque rilevare quattro elementi che contribuirono allo sviluppo economico del Giappone a partire dagli anni ’50. In primo luogo gli Stati Uniti non misero un freno alle restrizioni giapponesi in materia di importazioni e investimenti esteri perché ancora il mercato giapponese non era visto come attrattivo dagli uomini d’affari americani. In secondo luogo, gli USA facilitarono l’accesso dei prodotti giapponesi nei mercati americani rigettando le richieste di protezionismo di alcuni mercati interni. In terzo luogo furono le spese militari americane in Giappone e nel sudest asiatico a aiutare la crescita economica. Infine a differenza di quello che era avvenuto in passato il Giappone, con la sua Costituzione pacifista, aveva permesso di investire denaro in settori diversi da quello degli armamenti e della difesa. 141

Fu proprio a partire dagli anni ’50 che a fronte della tolleranza statunitense sulle importazioni, e della già rilevata facilitazione di ingresso dei prodotti nipponici negli USA, che iniziarono alcune dispute commerciali. La prima riguardò il settore tessile. Il Giappone iniziò a

141 J. Van Sant, P. Mauch, Y. Sugita, Hystorical Dictionary of US-Japan Relations, Maryland, Scarecrow

Press, 2007

esportare negli Stati Uniti prodotti tessili a basso costo spesso definiti “one-dollar blouse”. La protesta dell’industria tessile americana fortemente colpita portò il governo di Washington a domandare al Giappone di adottare volontariamente dei limiti alle quote delle esportazioni di prodotti tessili. Poi verso la fine degli anni ’60 gli Stati Uniti non poterono più lasciare i loro mercati aperti ai prodotti giapponesi e per questo iniziarono dei negoziati per limitare le importazioni tessili dal Giappone. 142

Tuttavia, a partire dagli anni ’70 le industrie giapponesi entrarono sempre di più in competizione con quelli americani. Dalle dispute del settore tessile si passò a quello dell’acciaio, alle televisioni, alle automobili e ai semiconduttori. Il problema alla base di queste frizioni, che continuarono anche durante gli anni ’80 e ’90, da economico divenne politico. Il Giappone verso la metà degli anni ’60 si ritrovò con un surplus commerciale. Questo era certamente positivo da un punto di vista economico, ma non lo era altrettanto da quello delle relazioni nippo-statunitensi. Il surplus infastidì infatti il governo americano che di anno in anno vedeva crescere il suo deficit commerciale. Quest’ultimo essendo simile per quantità al surplus giapponese finì per essere finanziato con denaro nipponico attraverso investimenti in titoli e obbligazioni, creando un enorme flusso finanziario tra le due economie. 143

Il legame di causa-effetto tra il surplus giapponese e il deficit americano non è considerato realistico da tutti gli economisti. McKennan e Ohno per esempio sostengono che eventuali negoziati tra i due Paesi non porterebbero a ristabilire l’ordine tra le bilance dei pagamenti ma causerebbero solo ulteriori problemi nell’ottica di quella che loro definiscono come la sindrome dell’Ever-Higher-Yen. Questa visione è abbracciata da molti economisti e uomini d’affari giapponesi. L’ipotesi funziona in questo modo: 144

142 ibidem

143 K. Ohno, The Economic Development of Japan: The Path Traveled by Japan as a Developing Country

Tokyo, Yuhikaku, 2005

a. Ogni cinque\sette anni il deficit diventa politicamente insostenibile per gli Stati Uniti che chiedono l’apprezzamento dello Yen, l’aumento di importazioni statunitensi in Giappone e la diminuzione delle esportazioni nel senso inverso. Questo avvenne nel 1971-73, nel 1977-78, nel 1985-87 e nel 1993-95.

b. Questo però non porta a una soluzione e tende a destabilizzare l’economia giapponese e quelle asiatiche senza risolvere il problema del deficit. Secondo i due economisti il deficit americano è un problema strutturale che non è conseguenza diretta del surplus giapponese. La soluzione deve arrivare dall’interno del governo statunitense.

c. Il Giappone dovrebbe aprire la sua economia maggiormente e accettare un flusso maggiore di importazioni dai paesi in via di sviluppo, non solo dagli USA. Questo avrebbe un impatto sulle riforme macroeconomiche e strutturali in Giappone ma non cambierebbe la bilancia commerciale giapponese. Giappone e Stati Uniti dovrebbero concludere degli accordi per risolvere le dispute commerciali e stabilizzare il tasso di cambio yen/dollaro a un livello coerente con il Purchasing Power Parity.

4.4.1 Dispute commerciali nel settore automobilistico

Le dispute nel settore automobilistico sono certamente le più famose. I settori automobilistici statunitense e giapponese sono molto importanti per entrambe le economie e hanno alti livelli di esportazione in tutto il mondo. È evidente che prima o poi dalla concorrenza pacifica si dovesse passare a uno scontro diretto.

I problemi del settore automobilistico furono di particolare rilievo per il governo americano durante gli anni ’90 quando circa due terzi del surplus commerciale giapponese potevano essere ricondotti alle vendite del comparto auto. Sin dal 1979 le dispute commerciali riguardanti le automobili caratterizzarono le relazioni economiche tra i due Paesi. Nel ’79 il leader della United Auto Workers chiese il boicottaggio delle macchine giapponesi in America. 145 Nel 1981, il governo statunitense, iniziò a chiedere restrizioni alle importazioni giapponesi del settore. Nissan e Toyota risposero aprendo le loro fabbriche negli Stati Uniti potendo così evitare le limitazioni imposte e beneficiando sia dall’apprezzamento dello yen sia dal costo del lavoro inferiore. 146

I conflitti più recenti, quelli degli anni ’90, durante l’amministrazione Bush vennero risolti pacificamente attraverso accordi bilaterali. Mentre è da rilevare come le frizioni durante l’amministrazione Clinton, siano state risolte a livello internazionale attraverso il WTO. Clinton all’epoca minacciò di imporre una tariffa del 100% sulle macchine giapponesi del settore di lusso esportate negli Stati Uniti. Il Giappone resistette alle pressioni e venne raggiunto un accordo di tipo numerico sulle esportazioni giapponesi.

145 G. D. Hook, Japan’s International Relations: Politcs Economics and Security, New York, Routledge,

2013

4.4.2 Il caso dei semiconduttori

147

La disputa commerciale sui semiconduttori segnala la competizione dei mercati dei due paesi anche nel settore dell’alta tecnologia. I semiconduttori infatti sono i componenti di base di tutte le apparecchiature elettroniche e microelettroniche. La disputa iniziò nel 1985 negli Stati Uniti quando il rappresentante dell’Associazione Industriale dei Semiconduttori presentò una mozione contro il Giappone. Questo portò alla stipula del primo accordo sui semiconduttori nel 1986. Il testo dell’accordo e anche di altri che poi seguirono ebbe come obiettivo quello di espandere l’accesso di prodotti stranieri (principalmente statunitensi) nei mercati giapponesi e evitare pratiche di dumping da parte del Giappone nella vendita dei semiconduttori all’estero. Gli accordi permisero agli Stati Uniti di contrattaccare quando i produttori giapponesi non si attennero alle linee guida dell’accordo. Nel 1987 quindi gli Usa imposero una tariffa del 100% contro i prodotti giapponesi nel settore dei personal computer e delle televisioni a colori. Il governo americano colpì i prodotti finiti e non i semiconduttori poiché le industrie americane che li utilizzavano nella produzione erano dipendenti per un’alta percentuale dalle esportazioni giapponesi del prodotto.

La disputa però fu sempre dietro l’angolo e nel 1996 ritornò in auge venendo nuovamente risolta con un accordo. Alla base di questo accordo, come nel caso precedentemente descritto del settore automobilistico, c’era la volontà di risolvere le controversie tramite forum multilaterali.

Questo ovviamente rilette il cambiamento delle relazioni tra i due Stati: mentre gli Stati Uniti hanno perso un po’ della loro influenza nei confronti del Giappone, quest’ultimo mostra la difficoltà nell’esercitare il potere latente che si è creato con il cambiamento della natura delle relazioni.

147 G. D. Hook, Japan’s International Relations: Politcs Economics and Security, New York, Routledge,