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5. LA PROPOSTA DEL PROMOTORE

5.4. IL NUOVO PADIGLIONE

Intervenire sul tessuto edilizio veneziano ed inserire un nuovo elemento all’interno di un sistema così particolare ed assolutamente unico comportava riflessioni in almeno due scale diverse: la prima relativa alla qualità intrinseca dell’edificio e la seconda relativa all’impatto che questo avrà nei confronti del paesaggio lagunare.

Verificare e risolvere tali premesse significava realizzare un edificio che riuscisse ad inserirsi in modo non dissonante o autonomo all’interno della realtà

veneziana, assumendone invece e facendole proprie le leggi compositive e le possibilità offerte.

La scelta fu di progettare un edificio dalla forma semplice in modo da non aggiungere un ulteriore linguaggio compositivo in un sistema reso già complesso dalla stratificazione storica: si optava per la finezza di un linguaggio formale composto più da scelte di materie e trasparenze che dall’uso di strumenti propri della composizione architettonica.

Figura 5.4- Vista dalla laguna del nuovo padiglione Jona (a sinistra la chiesa del Canal al Pianto, a destra i padiglioni esistenti ed in secondo piano la cupola della chiesa di SS. Giovanni e Paolo)

L’edificio proponeva un involucro realizzato in vetro stampato e colorato proprio per dare alle facciate non l’aspetto piatto e monolitico delle classiche pareti vetrate ma quello, molto più interessante e coerente, permesso da una trama decorata con lo stesso principio delle tessiture marmoree veneziane. Un modulo piccolo avrebbe creato una densa trama all’interno della quale si possono trovare zone trasparenti e zone opache.

La composizione della facciata, sui lati nord, est ed ovest, prevedeva un sistema strutturale con vetrocamera a cui andava sovrapposto un terzo vetro stampato e colorato che avrebbe dato all’insieme quella percezione di vibrazione che le normali facciate vetrata non riescono ad ottenere.

Nella proposta lo stesso modulo rivestiva tutte le superfici e, al piano terra, diventava un basamento in metallo realizzato con pannelli, anch’essi stampati, che davano continuità alla trama.

La stessa trama avrebbe trovato vita nella copertura della nuova piazza per sottolineare come l’edificio e la stessa fossero la medesima cosa – un unicuum – trattata con la stessa qualità formale.

All’interno della trama si sarebbero alternate quindi superfici vetrate, superfici metalliche e griglie aperte. Sul lato sud, per controllare ed utilizzare l’esposizione solare, si ipotizzava, su tutti i livelli, un balcone protetto da frangisole

orizzontale in vetro stampato in modo da ottimizzare la luce naturale all’interno delle degenze.

Una piccola frattura all’interno dell’edificio creava un’imperfezione nella regolarità del blocco a significare ed esibire la complessità delle funzioni interne.

L’edificio sarebbe stato una presenza leggera, di giorno, giocata con i riflessi e la trasparenza e una presenza luminosa notturna.

Figura 5.5- Modello del padiglione Jona –vista dalla laguna-

L’edificio proposto conservava le medesime caratteristiche tipologiche dello schema organizzativo indicato nello studio di fattibilità e declinava in modo diverso le destinazioni d’uso dei vari piani e proponendo alcune lievi variazioni volumetriche.

Il corpo di fabbrica era quindi risolto con quattro piani fuori terra, oltre al piano terra ed al quinto livello che presenta una superficie minore.

Totalmente condivisa e perseguita era l’impostazione tipologica, indicata nella Relazione Tecnica, che prevedeva l’utilizzo del corpo quintuplo in modo da ottimizzare la gestione organizzativa del reparto aumentando la compattezza del sistema.

La richiesta espressa nelle Linee Guida prevedeva l’ottenimento della massima flessibilità nell’utilizzo delle aree, sia a livello dimensionale che di specialità, inoltre bisognava prevedere un alto livello tecnologico, sia per gli aspetti legati direttamente alla sanità che quelli riguardanti le comunicazioni e l’informatica.

La tipologia delle degenze sarebbe stata, quindi, assolutamente omogenea e risolta con locali aventi un massimo di due posti letto con proprio servizio igienico

Il nuovo fabbricato era previsto in forma trapezoidale in pianta con una larghezza di circa 28 m, una lunghezza dei due lati maggiori di 73 metri e 80 metri,

ed un'altezza di 22.44 metri. I 6 piani fuori terra sono destinati a vani tecnici , spogliatoi e degenze.

L'intervento prevedeva la demolizione del fabbricato esistente fino alla platea di fondazione che verrebbe mantenuta, dato il notevole spessore della stessa , e che non avrebbe avuto più funzioni statiche. Sopra di essa, ed indipendenti, erano previste le strutture in appoggio su plinti e pali del diametro di 40 cm e 18 m di lunghezza eseguiti forando la platea esistente. In base alla stratigrafia del terreno si stimava una portata dei pali in 50 t cadauno.

Data la regolarità del fabbricato ma anche la sua notevole lunghezza (80.66 m) si prevedeva un giunto, realizzato per motivi di distribuzione interna e di prospetti esterni a circa 1/3 della sua lunghezza, in corrispondenza di una discontinuità nella parete vetrata.

Da un punto di vista strutturale si sarebbe trattato di un classico edificio intelaiato realizzato con solai predalles antincendio da 46 cm (4+34+6) sostenuti da 4 file di travi realizzate in spessore e disposte parallelamente ai lati più lunghi, poggianti esternamente su pilastri, e internamente su setti, vani scala ed ascensore.

Le varie strutture erano dimensionate per sopportare un carico complessivo di 1400 daN/mq , di cui 900daN/mq dovuto al peso proprio ed ai carichi permanenti, e 500 daN/mq dovuto al carico accidentale: valore maggiore di quello previsto dal DM 16 gennaio 1996, "Criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi", che imporrebbe un sovraccarico minimo di 300 daN/mq.

L'edificio era inoltre dimensionato secondo i carichi, i rapporti dimensionali e gli accorgimenti imposti dalla recente normativa antisismica in zona sismica 4, vista la sua importanza ai fini della protezione civile durante un eventuale terremoto.