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5. LA PROPOSTA DEL PROMOTORE

5.1. I VINCOLI AL PROGETTO

Il progetto preliminare presentato dall’R.T.I., inquadrato nel carattere storico e strutturale del plesso visto nel capitolo 4.1, principalmente teneva conto dei vincoli edilizi e normativi quali il PRG (Piano Regolatore Generale Comunale) del centro storico di Venezia che non poneva sostanzialmente ostacoli agli interventi trasformativi nelle aree interessate dai padiglioni novecenteschi: chiedeva che tali interventi fossero inquadrati in un piano urbanistico attuativo che ne specifichi finalità e coerenze; anche sugli spazi scoperti erano possibili modifiche, integrazioni, e realizzazioni di percorsi coperti laddove le finalità ospedaliere lo richiedevano.

L’Ospedale Civile rientrava in un ambito soggetto a progetto unitario che prevedesse:

• interventi sugli edifici esistenti secondo le norme spettanti alle rispettive

categorie di appartenenza;

• possibilità di optare, riguardo agli edifici novecenteschi appartenenti alla

categoria Nr per la demolizione e la ricostruzione a parità di volume e di altezza;

• possibilità di incremento volumetrico esclusivamente per la realizzazione di

impianti tecnologici e di collegamenti orizzontali e verticali.

L’area era destinata ad attrezzature sanitarie ed erano consentiti gli adeguamenti volumetrici necessari per rispondere alle esigenze igienico-sanitarie e di

sicurezza degli edifici. Il padiglione Jona era identificato quale “unità edilizia di base non residenziale novecentesca”. L’aumento di volume previsto dal progetto violava le disposizioni del PRG e sarebbe stato necessario chiedere una variante specifica per l’intervento di nostro interesse.

La realizzazione di una copertura della zona circondata dai padiglioni ad uso sanitario (miglioramento del connettivo e punto di accoglienza dell’utenza proveniente dalla fermata del vaporetto dando l’idea di entrare in una piazza) doveva certamente seguire il medesimo percorso approvativo del Padiglione Jona con la probabile richiesta di deroga rispetto alla Legge Urbanistica.

I padiglioni ospedalieri circostanti lo Jona appartengono alla medesima categoria mentre gli edifici “storici” dell’ospedale, posti sul lato Nord-Ovest del complesso, appartenevano , e appartengono, alla categoria SU “unità edilizie speciali preottocentesche a struttura unitaria”, per i quali sono unicamente ammessi interventi di mantenimento e ripristino.

Rispetto ai vincoli artistici si rimandava alla pratica iniziata dall’Azienda ULSS 12 Veneziana presso la Soprintendenza per i Beni Culturali e Architettonici di Venezia, la quale inviò nota (al momento della proposta ancora priva di risposta), al Ministero per i Beni e le Attività Culturali comunicando che “nell’edificio di cui trattasi non si sono rilevati importanti caratteristiche storico-artistiche tali da giustificare un dispositivo di tutela ai sensi del D. Lgs. 490/1999”.

Ulteriori vincoli erano rappresentati dai sottoservizi, dai punti di ricezione di energia primaria e secondaria, dagli impianti di accumulo e distribuzione dei gas medicinali presenti al piano terra insistenti in un’area oggetto di ampliamento del padiglione al piano terra.

In particolare questi vincoli impiantistici si possono riassumere nei seguenti punti:

• Contatore gas metano;

• Centrale di produzione gas medicali (compressori, evaporatore ossigeno

ecc.);

• Reti di scarico acque meteoriche e acque provenienti dal depuratore;

• Cavidotti elettrici;

• Cabina di ricezione dell’energia elettrica;

• Rete ad anello in media tensione per collegamento alle cabine esistenti.

Le modalità previste per la risoluzione dei menzionati vincoli prevedevano:

il contatore del gas metano veniva spostato in prossimità della centrale

termica o comunque nelle vicinanze dei locali tecnologici previa stesura di nuove tubazioni; i disagi per il cambio contatore sarebbero stati limitati in caso di stagione estiva.

per quanto riguarda la centrale gas medicali (ossigeno, aria compressa

medicale, vuoto, ecc) l’amministrazione nel frattempo aveva elaborato il progetto di spostamento della centrale gas medicinali in altra posizione; chiaramente la nuova centrale doveva essere realizzata prima di abbattere il vecchio edificio.

Per quanto riguarda le reti di scarico si prevedevano una serie di by-pass e

collegamenti rimandando ad una campagna di rilievi e scavi.

per le reti esistenti quali acqua refrigerata, acqua calda di riscaldamento,

collegamenti idraulici alla sottocentrale termofrigorifera secondo modalità tali da non bloccare la fornitura del servizi agli altri padiglioni in funzione.

Come per la centrale di produzione dei gas medicinali, anche la cabina di

ricezione ENEL, in media tensione, insisteva in un locale che sarebbe stato incluso dal nuovo padiglione; inoltre le apparecchiature e le dimensioni del locale non potevano garantire la conformità alle norme di pertinenza (p.e. la DK5600) e l’adeguatezza degli interventi delle protezioni MT in caso di guasto (propagazione di disturbi nella rete ENEL). Il progetto prevedeva una nuova cabina nel fabbricato monasteriale denominato Santa Maria del Pianto e più precisamente in alcuni locali posti nel lato nord del fabbricato. Sotto il padiglione transitava parte dell’anello MT dell’Ospedale e sarebbe stato quindi necessario l’esecuzione di un nuovo cavidotto interrato in percorso alternativo nel quale posare nuove linee di media garantendo il ripristino dell’anello. Era prevista un’interruzione abbastanza breve grazie alla predisposizione di tutte le “teste” dei nuovi conduttori e al funzionamento dei gruppi elettrogeni di sostegno alle utenze critiche come le terapie intensive ed i gruppi operatori.

Figura 5.1 – Stadi fatto cavidotti MT e BT

L’area di progetto, totalmente gravitante all’interno del perimetro dell’Ospedale SS. Giovanni e Paolo dell’Azienda ULSS 12 Veneziana, era quindi priva di altri vincoli di proprietà.

L’unico elemento che poteva presentare criticità in tal senso risultava essere la cabina di consegna dell’Enel in quanto tale ente richiede l’accesso diretto dall’esterno del perimetro ospedaliero e quindi dalle Fondamenta Nuove: lo scioglimento di tale nodo progettuale, già visto, era propedeutico a qualsiasi attività da porre in essere sull’area in esame.

Lo Studio di Prefattibilità ambientale e le varie indagini eseguita su l’area in esame permettevano di verificare la coerenza della progettazione ipotizzata con le condizioni esistenti nel sito.