LA DIDATTICA UNIVERSITARIA: UN PERCORSO DI INNOVAZIONE NELLA SOCIETA’ MODERNA
3.3 IL NUOVO PROFILO DEL DOCENTE UNIVERSITARIO
Il Processo di Bologna del 1999 (Crosier & Parveva, 2013; Reinalda & Kulesza, 2006) ha richiesto ai docenti universitari di assumere un profilo del tutto nuovo implicando con ciò una revisione strutturale delle proprie pratiche al fine di garantire migliori risultati di apprendimento degli studenti. Successivamente nel 2006 l’avvento dell’ANVUR (Agenzia Nazionale sulla Valutazione dell’Università e della Ricerca) ha sancito la nascita dei processi di accreditamento e di valutazione delle università comportando una modifica della visione dell’insegnamento da parte degli Atenei che iniziano a considerare la qualificazione didattica come un’opportunità di investimento finanziario e progettuale (Fantoni, 2015). Le università italiane hanno dunque iniziato a programmare azioni volte allo sviluppo delle competenze didattiche dei docenti
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attraverso politiche accademiche centrate sul ripensamento del processo di apprendimento-insegnamento (Felisatti & Serbati, 2015). A livello europeo è già da più tempo che la formazione del docente universitario viene raccomandata come evidenziano i report del 2007 “European standards and guidelines for internal quality assurance within higher education institutions” (Tovar & Carrillo, 2008) e del 2013 “European Commission Improving the Quality of Teaching and Learning in Europe’s Higher Education Institutions” (Education, 2013) che evidenziano la necessità di una formazione pedagogico-didattica dei docenti universitari ed una conseguente valutazione e certificazione delle competenze così acquisite (Vinci & Perla, 2018). In merito alla certificazione delle competenze didattiche dei docenti universitari, nel 2015 in Italia su proposta del Direttivo ANVUR è nato un gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Ettore Felisatti denominato QUARC-docente (Qualificazione e Riconoscimento delle Competenze didattiche del docente nel sistema universitario) (Felisatti & Serbati, 2017).
L’attuale attenzione per la qualità della didattica universitaria ha catalizzato quindi parte dell’interesse del dibattito scientifico in merito al processo di insegnamento-apprendimento sulle pratiche di insegnamento e quindi sulla nuova figura del docente universitario. Le università oggi devono abbracciare la sfida di ripensare il ruolo del docente e le sue competenze pedagogico-didattiche. Per il docente universitario progettare un corso implica oggi abbandonare il proprio status professionale di centralità nel processo e le proprie pratiche didattiche, spesso consolidate, per avvalersi al contrario di nuovi strumenti, contesti, paradigmi e linguaggi che danno nuova forma ed identità agli studenti in formazione (Limone et al., 2016). L’insegnamento diventa scienza della progettazione (Laurillard, 2015) centrata sulla ricerca e sulla riformulazione pedagogica fondata sui risultati di apprendimento dello studente. Il nuovo docente è un designer dell’apprendimento che progetta e sostiene percorsi personalizzati di
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formazione condividendo con gli studenti spazi sociali e multimediali oltre che la responsabilità del buon esito del processo di insegnamento-apprendimento promuovendo un costruttivo e continuo confronto con gli studenti e i pari (Dipace et al., 2017). Il nuovo docente universitario si configura così come un professionista innovativo che facilita l’apprendimento dello studente ed è disponibile a permanere in una dimensione di continua indagine di soluzioni creative basate sulla collaborazione con i propri colleghi e studenti (Dipace & Scarinci, 2019). Lo studente quindi ricopre ora il ruolo di produttore di conoscenza all’interno di un processo partecipato e cooperativo a cui segue il processo di rielaborazione ed attuazione.
La formazione del nuovo docente universitario, tuttavia, non può essere confinata a interventi occasionali e individualizzati, non coordinati, ma deve essere formalizzata come “il risultato di un processo che comprende la valutazione dei bisogni, la pianificazione delle attività, lo sviluppo del programma formativo, la valutazione degli esiti in termini di risultato, processo e impatto. Essa non è realizzabile senza il diretto coinvolgimento e la partecipazione attiva del corpo docente, perché è attraverso lo scambio e la valorizzazione delle conoscenze maturate, la messa in comune delle buone pratiche sperimentate consolidate, che si può pensare di innovare la didattica e innalzare la qualità della formazione. La formazione dei docenti non può essere, dunque, un’azione eterodiretta e avulsa dalle problematiche di contesto” (ANVUR, 2018, pp. 31-32). Affinché venga realizzata una formazione strutturata dei nuovi docenti universitari sono necessari alcuni fattori imprescindibili tra i quali uno spirito di adattamento dei docenti stessi, delle strutturate azioni di governance accademica e un monitoraggio e aggiornamento continuo delle competenze apprese (Limone, 2017). Il tutto è realizzabile solo all’interno di un innovativo processo di Faculty Development. Lotti (2011, pp. 2019) ha definito il Faculty Development come un “programma pianificato mirato a preparare i membri di un’istituzione o di una Facoltà per i vari ruoli e per migliorare le conoscenze e le
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abilità di un individuo nelle aree dell’insegnamento, della ricerca e della gestione amministrativa”.
L’interesse per il Faculty Development (FD) è accresciuto nell’ultimo decennio sia a livello nazionale che internazionale (Steinert et al., 2016). A testimonianza di ciò, stanno nascendo sempre più Teaching Learning Center, poli formativi finalizzati allo sviluppo delle competenze didattiche dei docenti universitari (nuove tecnologie dell’apprendimento, pianificazione e sviluppo del curriculum, metodologie didattiche e valutative etc.) di tutti gli ambiti disciplinari (Scarinci & Dipace, 2019). Il primo Center for Research in Teaching and Learning è stato istituito presso la Michigan University e il suo obiettivo era proprio quello di diffondere la cultura dell’insegnare ad insegnare anche all’interno del contesto universitario (Lotti, 2017). Infatti, i docenti universitari tradizionalmente insegnano sulla base dei modelli di insegnamento ai quali sono stati esposti nel corso della loro carriera formativa, senza che questi modelli vengano messi in discussione o siano esito di processi formativi mirati, come se la didattica non fosse una scienza con un proprio statuto epistemologico da apprendere (Bonaiuti et al., 2016; Halpern & Hakel, 2002). L’avanzamento di carriera di un docente universitario è prevalentemente associato alla sua attività di ricerca scientifica relegando così la didattica ad un livello di minore interesse (Peretti & Tore, 2018). In alcune realtà per esercitare il ruolo di docente è propedeutica una formazione pedagogica con il conseguente rilascio di certificazione che abilita all’insegnamento. Tuttavia, quest’ultime realtà sono sporadiche, al contrario è più frequente che questo tipo di formazione avvenga su base volontaria da parte di docenti particolarmente sensibili al tema che ricevono al massimo un riconoscimento di partecipazione (Felisatti & Serbati, 2015). Anche per ciò si assiste oggi a docenti che mostrano importanti resistenze al cambiamento e all’innovazione a fronte di altri che promuovono lo sviluppo
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didattico. Il dibattito educativo è così caratterizzato da significativi impulsi di innovazione ed importati ostilità (Scarinci & Dipace, 2019).