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IL PERSONAGGIO NELLA NARRATIVA CINEMATOGRAFICA

I personaggi nella letteratura cinematografica si possono definire come: “oggetti manovrati dallo scrittore/regista”.

In questi romanzi, come già detto, c’è infatti una limitata presenza di descrizioni astratte dei sentimenti che vengono resi piuttosto attraverso immagini oggettive e concrete: il personaggio è dunque un tassello fondamentale dell’intera trama, “necessario” alla costruzione scenica e allo svolgimento dell’azione, alla veicolazione di idee e messaggi, tramite la visualizzazione dei loro rapporti reciproci e della loro posizione rispetto all’azione principale.

Secondo Enrico Testa (“Eroi e Figuranti”) nella letteratura c’è la tendenza generale all’identificazione da parte del lettore con il personaggio, mentre, nella letteratura cinematografica, questo non accade: in questo tipo di narrativa lo scrittore ci presenta il suo personaggio creando volontariamente un distacco tra esso e il lettore, con l’obiettivo di far diventare quest’ultimo uno spettatore. Esso viene orientato a vedere la scena dove i personaggi operano, non viene ricercata l’immedesimazione nel personaggio ma l’oggettivazione della persona che agisce nella scena. Il lettore tende ad essere trasportato all’interno della scena ma non all’interno dell’attore, dunque viene ricercata la visibilità della figura, o meglio la “concretezza visiva” che necessita dello sguardo del spettatore.

In questi testi i personaggi esercitano un potere relativo: è lo scrittore che attraverso le sue creature, manovrate all’interno di una scena, riesce a catturare gli occhi del lettore. Non c’è una descrizione intima e psicologica del personaggio, e le singole caratteristiche emergono visivamente, viene focalizzata l’attenzione sulle caratteristiche peculiari al fine di creare un’immagine nitida e

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caratterizzante agli occhi del lettore: «… il personaggio viene ricostruito dal pubblico per mezzo di tracce esplicite o implicite, organizzate in un costrutto originale, che vengono comunicate dal discorso, attraverso qualsiasi medium»206.

Interpretando le parole di Chatman, il lettore è quindi partecipe alla costruzione dell’immagine del personaggio e, per attivare questo processo, l’autore attinge al bagaglio culturale del lettore; i protagonisti così si imprimono nella testa del lettore con le loro particolarità volute dall’autore. Come accade in questo esempio tratto da Io non ho paura di Ammaniti:

Primo era Antonio. Come sempre.

Antonio Natale, detto Teschio. Perché lo chiamavamo il Teschio non me lo ricordo. Forse perché una volta si era appiccicato sul braccio un teschio, una di quelle decalcomanie che si compravano dal tabaccaio e si attaccavano con l’acqua. Il teschio era il più grande della banda. Dodici anni. Ed era il capo. Gli piaceva comandare e se non gli obbedivi diventava cattivo. Non era una cima, ma era grosso, forte e coraggioso. E si arrampicava su per quella collina come una dannata ruspa.

Secondo era Salvatore.

Salvatore Scardaccione aveva nove anni, la mia stessa età. Eravamo in classe insieme. Era il mio migliore amico. Salvatore era più alto di me. Era un ragazzino solitario. A volte veniva con noi ma spesso se ne stava per i fatti suoi. Era più sveglio del Teschio, gli sarebbe stato facilissimo spodestarlo, ma non gli interessava diventare capo. Il padre, l’avvocato Emilio Scardaccione, era una persona importante a Roma. E aveva un sacco di soldi in Svizzera. Questo si diceva.

Poi ci sono io, Michele. Michele Amitrano. E anche questa volta ero terzo, stavo salendo bene, ma per colpa di mia sorella adesso ero fermo.

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Stavo decidendo di tornare indietro o lasciarla là, quando mi sono ritrovato quarto. Dall’altra parte del crinale quella schiappa di Remo Marzano mi aveva superato. E se non mi rimettevo subito ad arrampicarmi mi sorpassava pure Barbara Mura.

Sarebbe stato orribile. Sorpassato da una femmina. Cicciona.

Barbara Mura saliva a quattro zampe come una scrofa inferocita. Tutta sudata e coperta di terra.207

208 209

210 211

Lo scrittore ci presenta questo gruppo di ragazzini, uno ad uno, seguendoli durante una corsa su per una collina in campagna. Ammaniti ci dà una descrizione di base delle caratteristiche di questi personaggi i quali avranno maggiore importanza durante lo svolgimento del racconto; egli omette la

207 AMMANITI N., Io non ho paura, Torino, Giulio Einaudi, 2011, pagg.7-8. 208 Io non ho paura, G. Salvatores, 2003.

209 Idem. 210Idem. 211Idem.

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descrizione dei tratti somatici ma ci fornisce alcune particolarità fisiche associabili alle loro indoli caratteriali.

Si potrebbe ipotizzare che l’omissione delle caratteristiche somatiche sia un espediente voluto dall’autore per permettere una maggiore facilità della trasposizione cinematografica del romanzo, conferendo maggiore libertà all’immaginazione rispetto alle figure del racconto.

In Come Dio Comanda, Ammaniti ci dà invece una descrizione più particolareggiata del protagonista, Cristiano Zena:

Cristiano era un ragazzino esile, alto per i suoi tredici anni, con i polsi e le caviglie sottili, le mani lunghe e scheletriche e il quarantaquattro di piede. In testa gli crescevano un cespo ingarbugliato di capelli biondicci che non riuscivano a nascondere le orecchie a sventola e che proseguivano sulle guance con due basette poco curate. Gli occhi grandi e azzurri divisi da un nasino piccolo e all’insù, e una bocca troppo larga per quel viso smilzo.212

213 214

Se un riadattamento cinematografico ha lo scopo di essere la quanto più fedele riproduzione di un testo, la ricerca degli attori sarà fortemente condizionata dalla descrizione fatta dallo scrittore. Ed è

212 AMMANITI N., Come Dio comanda, Milano, Arnoldo Mondadori, 2006, pag.11. 213 Come Dio comanda, G. Salvatores, 2008.

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così che Salvatores è riuscito a rispecchiare fedelmente le parole di Ammaniti, e Cristiano Zena215

appare nel film come nel libro.

Come già citato in precedenza, il romanzo Io non ho paura è stato pensato da Ammaniti con il fine di essere trasportato in un film, ne deriva quindi il fatto che la descrizione dei personaggi sia stata influenzata a questo fine. In Come Dio comanda l’autore invece non aveva come obiettivo una successiva trasposizione cinematografica del proprio racconto.

Nella letteratura cinematografica, esiste dunque, oltre a una descrizione “diretta” del personaggio anche una “indiretta”.

Ammaniti, ad esempio, sfrutta spesso il bagaglio immaginifico del lettore proveniente, soprattutto, dal mondo del cinema; in Come Dio comanda, egli descrive Rino Zena in modo facilmente associabile al personaggio interpretato da Edward Norton in American History X :

Una striscia di luce s’infilava dal corridoio e disegnava la nuca rasata di Rino Zena, il naso a becco, i baffi e il pizzo, il collo e la spalla muscolosa. Al posto degli occhi aveva due buchi neri. Era a petto nudo. Sotto, i pantaloni militari e gli anfibi sporchi di vernice.216

L’uso delle associazioni a personaggi provenienti dal mondo cinematografico è piuttosto diffuso nella letteratura cinematografica; così come il riferimento a figure “standard” dalle appartenenze sociali. Come ne dà esempio Sandro Veronesi per descrivere il protagonista di Caos calmo:

Mi chiamo Pietro Palladini, ho quarantatré anni e sono vedovo. Per la legge quest’ultima affermazione non è corretta, perché io e Lara non eravamo sposati; ma poiché stavamo insieme da dodici anni, e vivevamo assieme

215 La scelta è stata orientata verso l’attore Alvaro Caleca che, appunto, assomiglia alla descrizione di Cristiano Zena fatta

dallo scrittore.

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da undici, e abbiamo una figlia che ora ne ha dieci, e se questo non bastasse avevamo per l’appunto avevamo deciso di sposarci (“finalmente”, hanno detto in tanti, e avevamo già cominciato a riceve i regali, e all’improvviso Lara è morta, e nel giorno in cui avrebbe dovuto essere celebrato il matrimonio c’è stato il suo funerale, la legge non è il punto di vista migliore per inquadrare questa faccenda. Sono abbastanza ricco, anche. Possiedo una bella casa nel centro di Milano, un bastardo di fox-terrier di nome Dylan, un’altra bella casa al mare, in Maremma, a metà con mio fratello Carlo, e un’Audi A6 3000 Avant nera piena di optional costosissimi che al momento sto guidando nel traffico milanese per accompagnare a scuola Claudia, mia figlia. Oggi, infatti, è il primo giorno di scuola, e Claudia entra in quinta elementare.

Sono frastornato, stupito; le ultime due settimane mi hanno sballottato in un continuo di visite, abbracci, lacrime, rassicurazioni, telefonate, consigli, dettagli macabri, coincidenze, telegrammi, necrologi, funzioni religiose, problemi pratici, regali di matrimonio che seguitavano ad arrivare, caffè, parole, comprensione – tanta comprensione; ma in tutto questo non soffro veramente.217

Lo scrittore accede qui all’immaginario universale, creando la figura di Pietro Palladini senza darne una minima descrizione fisica, ma soltanto citandone la provenienza sociale del personaggio. Si delinea dunque l’immagine di una persona di successo appartenente al mondo milanese benestante, uno stereotipo chiaro e diffuso. Una figura facilmente adattabile al cinema non avendo vincoli dati da una descrizione minuziosa delle caratteristiche fisiche.

Margaret Mazzantini presenta la figura fisica di Italia, protagonista femminile di Non ti muovere, ma sarà la descrizione del luogo e del modo in cui essa vive a descrivere il personaggio più profondamente:

…Mi voltai al suono di quella voce sfiatata come lo gnaulio di un gatto. Fu la prima volta che i nostri occhi s’incontrarono. Non era bella e nemmeno troppo giovane. I capelli decolorati malamente incorniciavano un viso magro ma robusto di ossa, al centro del quale brillavano due occhi rattristati dal trucco troppo marcato…

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Mi misi dietro ai suoi passi sotto il sole cocente. Indossava una maglietta viola e una gonna corta verde ramarro, ai piedi un paio di sandali di fettucce variopinte e tacco alto, sopra ai quali le sue gambe magre si affannavano sgraziate. Il latte lo aveva infilato in una borsa patchwork dalla tracolla lunghissima che le arrivava quasi al ginocchio. Non badava a me, camminava veloce senza voltarsi, trascinando i piedi sull’asfalto dissestato, troppo attaccata ai muri, fino a sfiorarli.218

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Italia vive in periferia, a ridosso di un cavalcavia, una zona umile e semi abbandonata. Elementi che immediatamente ne specificano le connotazioni specifiche. La trasposizione cinematografica di Castellitto riporta fedelmente la figura della donna emersa dal libro.

Il personaggio del testo letterario è dunque costruito col fine di delineare un’immagine familiare a tutti i lettori, come succede nel mondo cinematografico. In questi romanzi trattati vengono usati degli espedienti che facilitano la creazione della figura che opera dentro ad una scena: piccoli incipit caratterizzanti o richiami a figure note sono gli escamotage usati dagli scrittori per creare immagini pressoché universalmente riconoscibili. I personaggi sono presentati in modo staccato, vengono “visti”, nel testo, dal lettore che diventa sempre più uno spettatore del racconto.

218 MAZZANTINI M.,Non ti muovere, Milano, Arnoldo Mondadori, 2001, pagg.25-26. 219 Non ti muovere, S. Castellitto, 2004.

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LA STRUTTURA DEL ROMANZO