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Il Piano d’Azione per l’Energia sostenibile, PAES, è il documento che ciascun comune aderente al Patto dei Sindaci deve presentare al fine di illustrare come sarà la città nel futuro in termini di energia, mobilità e politica per far fronte ai cambiamenti climatici. Tale visione deve essere concretamente definita nel PAES attraverso azioni reali che possano tradursi nella riduzione del 20% delle emissioni di CO2 a livello locale. L'Europa ha scelto di concentrare i propri sforzi nella riduzione di questo gas poichè è il più abbondante tra i gas serra in atmosfera e perciò quello che maggiormente influenza i processi di cambiamento climatico.

Figura 3.2: Percentuali di gas serra in Europa e in Italia (European Environmental Agency, 2013)

L'analisi sull'origine delle emissioni deve evidenziare il settore energetico che contribuisce maggiormente all'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera e deve mirare alla riduzione dei consumi delle attività produttive, dell'edilizia residenziale e pubblica e dei trasporti.

Figura 3.3: Emissioni di CO2 per settore (European Environmental Agency, 2013)

Nel PAES vengono identificati i settori d’azione e le opportunità più idonee per ciascuna amministrazione locale; gli interventi devono riguardare l’efficienza energetica (edilizia pubblica e privata), la mobilità urbana, la produzione di energia da fonti rinnovabili e il coinvolgimento degli stakeholders locali nelle politiche urbane per la sostenibilità. Si tratta di uno strumento di pianificazione dinamico, perché prevede che ciascuna amministrazione possa integrare nel tempo nuove azioni o modificarne altre, aggiornare i dati e inserirne di nuovi in corso d’opera. Il PAES inoltre è un mezzo di gestione del patrimonio e del territorio, permette, infatti, di censire le strutture comunali e organizzare il proprio territorio attraverso l’inventario delle emissioni.

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3.3.1 Fasi di sviluppo del PAES

Il piano è suddiviso in diverse tappe operative. La prima condizione necessaria alla realizzazione è l’adesione del comune al Patto dei Sindaci, quindi si procede con la creazione di una struttura amministrativa atta a realizzare il PAES e a seguirlo in tutte le sue fasi.

Si procede alla realizzazione dell’IBE, la contabilizzazione dei gas serra emessi da diverse sorgenti e attori presenti nel territorio in un certo periodo di tempo. Questa fase è la più critica del processo, poichè richiede impegno nel raccogliere tutti i valori relativi alla produzione di CO2, possibilmente partendo dai dati del 1990, ma c'è la possibilità di scegliere un anno diverso.

I settori considerati nell'indagine possono variare a seconda del tipo di territorio in studio, ma generalmente sono relativi a:

1. Consumo energetico finale in edifici, attrezzature/impianti e industrie - settore comunale (edifici, impianti, illuminazione)

- settore terziario - settore residenziale

2. Consumo finale di energia nei trasporti41 - parco auto comunale

- trasporti pubblici (su strada, ferroviario, traghetti) - trasporti privati e commerciali

3. Produzione di energia

- consumo di energia per produzione di calore - consumo di energia per produzione elettrica

Figura 3.4: Schema delle fasi di realizzazione del PAES

La raccolta dei consumi energetici può essere fatta in modo diretto dalla lettura delle bollette, con indagini sotto forma di questionari rivolti a gestori dell'energia o ai cittadini, oppure in modo indiretto tramite opportune formule di conversione. La ricerca richiede molto tempo e necessita dell’interfacciamento con figure e enti molto diversi tra loro, spesso non preparati al controllo dei flussi energetici dei propri edifici e infrastrutture. In questo senso il PAES ha diversi scopi: permette un’analisi quantitativa, la più possibile Fase 0: Adesione al Patto dei Sindaci Fase 1: Creazione di una struttura d'amministrazion e e gestione del PAES Fase 2: Realizzazione dell'Inventario base delle emissioni (IBE) Fase 3: Confronto con gli stakeholders Fase 4: implementazione del PAES Fase 5: monitoraggio e redazione del report (dopo 2 anni dalla creazione del PAES) Obiettivo -20% CO2 al#2020#

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realistica, delle emissioni e dell’energia consumata e inoltre cerca di stimolare e coinvolgere tutti gli stakeholders sul tema energetico e ambientale. La suddivisione dell’analisi in diversi settori consente di individuare quelli con maggiore influenza sulle emissioni totali e i relativi attori interessati, allo scopo di focalizzare su di essi i futuri interventi di riduzione delle emissioni.

La terza fase consiste nel relazionarsi con gli stakeholders per individuare quali possono essere le azioni da intraprendere a livello locale. Stabilita una visione condivisa e a lungo termine del territorio in campo energetico, è possibile redigere il PAES, inserendovi tutte le azioni già realizzate e quelle future in direzione dell’obiettivo 2020. Questi progetti possono avere diversa rilevanza ambientale e contribuire in modo più o meno efficace alla riduzione della CO2, ma è necessario che abbiano una valenza di concretezza e di realizzabilità. In questo senso la somma delle singole riduzioni, seppur piccola per se stessa, permetterà il raggiungimento degli obiettivi al 2020. Il PAES, una volta redatto, deve essere approvato dal consiglio comunale, in modo da garantire un sostegno politico a lungo termine del piano.

La quarta fase riguarda l’implementazione del piano, cioè l’attuazione delle azioni programmate. Anche in questo stadio è necessario il coinvolgimento di tutti i portatori d’interesse perché le azioni possano essere assimilate da tutta la cittadinanza e contribuire allo sviluppo di una nuova mentalità urbana.

L’ultima fase è il monitoraggio dell’attività svolta e la valutazione degli obiettivi che sono stati portati a termine. Ciascun firmatario del Patto, due anni dopo la presentazione del PAES, deve redigere un documento relativo allo stato dei lavori e alla riduzione della CO2 (Monitoring Emissions Inventory, MEI).

3.3.2 Settori d’intervento del PAES

Edilizia

L’edilizia è responsabile del 40% del consumo energetico in Europa ed è perciò uno dei settori in cui le città concentrano numerosi interventi.

La complessità delle azioni dipende dalle caratteristiche degli edifici presenti sul territorio (tipologia, destinazione d’uso, proprietà privata o pubblica, anno di realizzazione o di ristrutturazione, tipologia di impianti), informazioni che si ottengono per mezzo dell’IBE.

Gli interventi devono garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici, attuabile con azioni a livello costruttivo (cappotto, posizionamento delle finestre e loro struttura, orientazione degli immobili) e interventi nei sistemi di riscaldamento e condizionamento (tipologia caldaie, utilizzo di impianti a fonti rinnovabili). Le amministrazioni possono vincolare i residenti sul territorio alla costruzione di edifici che rispondano a standard di efficienza energetica definiti per legge42 e possono richiedere il rispetto di vincoli locali più restrittivi, se necessario. È essenziale stabilire forme di controllo che verifichino il rispetto egli standard sia per gli immobili esistenti che per quelli in costruzione. Inoltre, quando le amministrazioni ne hanno la possibilità, possono stanziare fondi per incentivi e riduzioni fiscali per il rinnovo degli impianti e la ristrutturazione edilizia.

L’amministrazione deve svolgere un forte ruolo informativo mettendo a conoscenza di tutti i portatori d’interesse locale degli standard richiesti a livello edilizio e degli strumenti tecnologici e finanziari di cui possono usufruire. La promozione di azioni di efficientamento energetico inizia spesso con gli edifici pubblici, e diventa uno stimolo per comprendere i benefici associati al miglioramento della qualità edilizia e per attuare tali iniziative anche nel settore privato. I comuni possono pubblicizzare gli interventi di efficientamento promuovendo delle visite agli edifici pubblici, in modo da visualizzare concretamente quali interventi possono essere realizzati, i relativi costi e vantaggi.

Trasporti

Il settore dei trasporti ricopre un’altra importante fetta delle emissioni, circa il 30%, di cui l’80% è dovuto alla circolazione delle automobili. Per ridurre i movimenti connessi al settore del trasporto privato e favorire quello pubblico deve attuarsi una diversa gestione degli spazi e una nuova connessione tra i centri urbani che

42Il decreto legge n.63 del 4 giugno 2013, recepisce la Direttiva europea 2010/31/UE e pone l'obbligo entro il 2018 per il pubblico ed

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favorisca gli spostamenti con mezzi pubblici, biciclette e a piedi. La mobilità sostenibile, perché possa radicarsi sul territorio italiano, deve diventare una forma di spostamento più attrattiva, comoda e conveniente del trasporto privato e questo accade quanto l'amministrazione della città valuta le necessità dei suoi abitanti e degli utenti esterni, pendolari e turisti, e adotta misure nel rispetto delle loro esigenze.

Un sistema di trasporto urbano pubblico necessita di una rete efficiente, pratica, ricca di punti di collegamento, attrezzata di servizi d’informazioni, ricca di mezzi di trasporto a diversa tipologia (tram, bus, treno) che ricoprano tutte le fasce orarie e abbiano costi competitivi.

Il trasporto ciclabile, ad esempio, deve essere pensato non solo come una forma di sport, ma anche come un vero mezzo di trasporto. Perché questo sia reale, deve essere garantita maggiore sicurezza e attrezzature adeguate ai ciclisti, come piste ciclabili, parcheggi, punti di informazione e collegamenti con i trasporti pubblici. Per quanto riguarda, invece, gli spostamenti a piedi, essi possono essere favoriti dalla presenza di percorsi organizzati nelle zone residenziali e storiche e con la realizzazione di punti di collegamenti con i trasporti pubblici. Può essere incoraggiato l'uso di nuovi mezzi a basse emissioni, soprattutto nel caso della flotta comunale: auto elettriche, a metano, biometano o altri biocombustibili. Al tempo stesso si possono tassare i veicoli privati che entrano negli agglomerati urbani, favorire con sconti i veicoli a basse emissioni o chi si muove con trasporti pubblici o in bicicletta.

Energie rinnovabili

Un altro settore che può essere potenziato localmente è quello delle energie da fonti rinnovabili. Si può incoraggiare la cogenerazione energetica, cioè la produzione combinata di energia elettrica e termica, riducendo lo spreco energetico43 e favorendo il recupero del calore da forme di produzione (ad esempio calore dei fumi di scarico di produzioni industriali o da trattamento rifiuti). Al fine di aumentare l’autosufficienza energetica e sfruttare le risorse locali, si possono sviluppare impianti di microgenerazione che utilizzano energia solare, vento e biomassa. Tali iniziative non vengono sovvenzionate direttamente dalle amministrazioni locali, ma mediante incentivi nazionali. Le amministrazioni possono però promuovere questo settore mediante gruppi d'acquisto, consorzi pubblico/privati e supporto tecnico nell'espletamento delle pratiche necessarie (ad esempio quelle per il GSE).

I governi locali possono inoltre scegliere di installare impianti per la produzione di energia su strutture comunali, come impianti fotovoltaici o minieolici sui tetti o impianti di cogenerazione. In questi casi gli interventi sono realizzati con un supporto finanziario esterno, come fondi europei, o mediante collaborazioni con privati, ad esempio affittando i tetti pubblici in cambio della produzione di energia pulita.

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