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IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PAESISTICO DELLA LIGURIA

8. I PIANI PAESAGGISTICI REGIONALI

8.6. IL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PAESISTICO DELLA LIGURIA

Lo strumento di pianificazione paesaggistica della Regione Liguria è stato adottato nel 1986 e approvato nel 1990, dunque è stato redatto in osservanza della legge n. 431 del 1985.

Il piano individua tre diversi livelli (territoriale, locale e puntuale) e tre assetti del territorio: assetto insediativo, geomorfologico e vegetazionale.

Le colture agricole sono menzionate all’interno dell’assetto insediativo, ma il piano, anche se nella relazione generale riconosce le problematiche legate all’abbandono delle colture tradizionali, non disciplina le modalità di esercizio delle attività agricole. Le uniche indicazioni riguardano l’edificazione nelle aree agricole e gli impianti di serre.

L’assetto vegetazionale considerato dal piano a “livello territoriale” prende in considerazione i boschi e le praterie per i quali gli indirizzi proposti sono di mantenimento, consolidamento e modificabilità.

Anche in questo caso per i boschi prevale una impostazione di tipo ecologico. Infatti l’indirizzo generale di mantenimento viene applicato ai casi in cui la copertura vegetale appare in condizioni soddisfacenti sia come estensione sia sul piano ecologico. Tale indirizzo è applicato ai boschi prossimi al climax per i quali l’obiettivo indicato è conseguire condizioni di stabilità ecologica. La pianificazione dovrà quindi rispettare l'evoluzione naturale del manto vegetale, fatte salve le normali pratiche selvicolturali, evitando l'insorgenza di fattori negativi, con particolare riferimento agli incendi, che determinino un'involuzione degli ecosistemi con ritorno a stadi dinamici precoci.

L’indirizzo di consolidamento dei boschi viene applicato invece nei casi in cui i soprassuoli, anche se presentano caratteri di sufficiente pregio estetico paesaggistico e ecologico, devono esseri modificati per acquisire una maggiore estensione o un miglior livello qualitativo, come ad esempio nel caso di boschi ridotti come superficie o che hanno subito uno sfruttamento intenso determinato in passato da necessità economiche attualmente superate. L’obiettivo è quello di aumentare la superficie e/o la qualità dei boschi sotto l’aspetto produttivo, estetico- paesistico ed ecologico. Per fare ciò la pianificazione dovrà definire interventi volti all’accelerazione del processo dinamico che in natura avverrebbe in tempi più lunghi o favorire il ritorno di un tipo di vegetazione più evoluto e in equilibrio con l’ambiente.

L’indirizzo che riguarda la modificabilità dei boschi viene applicato nelle situazioni che non presentano pregi estetici e non sono in condizioni idonee per un utilizzo a scopo produttivistico e che occupano superfici estese. In questa tipologia sono considerati i boschi “generati e conservati per intervento diretto o indiretto dell’uomo, che sono in varia misura

inidonei sul piano ecologico, fino a configurarsi come ostacoli che si oppongono al naturale evolversi della vegetazione spontanea”. L’obiettivo proposto è quindi di recuperare gli ecosistemi troppo semplificati che generano paesaggi inseriti in maniera artificiale nel contesto ligure. A tale scopo la pianificazione dovrà basarsi sui criteri della selvicoltura naturalistica.

Nel caso delle praterie il mantenimento è rivolto alle aree prative, utilizzate o utilizzabili come pascolo, situate nel piano montano, con una presenza soddisfacente di specie buone foraggere e con una superficie idonea che permetta di garantire la protezione idrogeologica e di assicurare una adeguata produzione. Questo indirizzo prevede quindi che la pianificazione garantisca la difesa dal ritorno delle specie legnose e il miglioramento del cotico erboso “disponendo forme d’intervento ecologicamente correte”.

L’indirizzo di “consolidamento” è invece previsto nei casi in cui oltre alle specie buone foraggere siano diffuse specie arbustive o erbacee rifiutate dal bestiame. L’obiettivo di questo indirizzo è di recuperare le potenzialità di tale aree per le quali la pianificazione dovrà prevedere l’eliminazione delle specie erbacee indesiderate, l’arricchimento di buone foraggere e la difesa dal ritorno delle specie legnose.

Le praterie tipiche del piano basale, prive di pregi estetico-paesistici, lontane dal climax e artificiali che sono mantenute libere dagli arbusti e dal ritorno dal bosco tramite la pratica dell’incendio e conseguente scomparsa delle specie buone foraggere sono considerate nell’indirizzo generale di “modificabilità”. In tali situazioni l’obiettivo del piano di agevolare il ritorno del bosco per la salvaguardia idrogeologica dei versanti e del fondovalle.

Il piano identifica 100 ambiti territoriali. Per ognuno sono descritti in modo estremamente sintetico i caratteri del paesaggio articolati in: morfologia, insediamenti e vegetazione e colture. Questo ultimo argomento è incentrato prevalentemente sulla vegetazione forestale, mentre gli aspetti colturali sono accennati talvolta in maniera estremamente generica. Anche i terrazzamenti, che rappresentano un elemento importante dell’agricoltura ligure, sono soltanto accennati, riportando che in alcuni ambiti la presenza di colture terrazzate costituite prevalentemente da vigneti e oliveti.

Manca del tutto una sezione dedicata all’identificazione delle criticità e delle dinamiche paesaggistiche.

La parte dedicata agli indirizzi per la pianificazione prende in considerazione gli assetti insediativo, morfologico e vegetazionale. In questo ultimo caso vengono considerati

esclusivamente i boschi e le praterie per i quali sono indicati, a seconda dei casi, gli indirizzi di mantenimento, consolidamento e modificabilità.

La tendenza generale è quella di favorire l’estensione dei boschi anche a scapito di coltivi abbandonati e di praterie caratterizzate dalla scarsa presenza di specie buone foraggere. Un esempio di ciò si ritrova nella scheda dell’ambito delle Cinque Terre dove viene specificato che la superficie dei boschi può essere incrementata accelerando le tendenze evolutive in atto su superfici agricole abbandonate. Questo indirizzo merita forse una maggiore attenzione da parte dell’amministrazione regionale. Il favorire l’estensione del bosco nelle aree abbandonate oltre a cancellare gli aspetti caratteristici del paesaggio creato dall’uomo può determinare rischi per quanto riguarda gli assetti idrogeologici dovuti alla presenza di un peso eccessivo su aree che erano state destinate a sostenere un tipo diverso di vegetazione. Come emerso da uno studio effettuato nel 2011 dal DEISTAF dell’Università di Firenze in collaborazione con il Fondo Ambiente Italiano, molte delle frane che si sono verificate alle Cinque Terre in occasione dell’alluvione del 25 ottobre 2011 sono state registrate in concomitanza di terrazzamenti abbandonati dove spesso si era insediata la vegetazione forestale (Agnoletti, 2011).

Le schede degli ambiti territoriali riportano anche delle “azioni” per la pianificazione che, data l’importanza attribuita ai valori ambientali, riguardano essenzialmente la realizzazione di sentieri. Oltre alle percorrenze pedonali le “azioni” considerano anche quelle storico- etnografiche e la viabilità in generale attestando quindi una grande attenzione per la fruibilità dell’area.

Né gli indirizzi né le azioni prendono invece in considerazione gli aspetti legati all’agricoltura.

9. LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELLA REGIONE

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