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Il pluralismo in filosofia

Del femminile in filosofia

4. Il pluralismo in filosofia

Alla donna, infatti, sostiene Irigaray nel suo lavoro filosofico, è dato identificarsi nelle immagini che il logos e la storia hanno dato di lei, si trova così in condizione di assoluta estraneità, priva di una propria lingua, di genealogie proprie, di un comune ordine di riconoscimento. Connotata solo al negativo, solo in condizione di mancanza, di assoggettamento; così è pensata la donna e così è costretta a pensarsi, in un pensarsi che corrisponde da sempre ad un essere già pensata. Le donne vivono, infatti, l’esperienza di esser dette e allo stesso tempo negate; la loro consistenza ontologica, il loro esserci, risulta scisso tra la rispondenza al discorso che le dice e uno stare presso di sé senza parole e senza un linguaggio proprio. Affinché le donne possano uscire dall’alienazione di pensarsi già pensate, sostiene Irigaray è necessaria una riappropriazione del femminile; ed è necessario volgere lo sguardo altrove per affermare un femminile positivo e nuovo, rivolgendosi a coloro che del femminile hanno esaltato la potenza creativa e che alla materia hanno riconosciuto vita propria. Lo sforzo

di Irigaray infatti è tracciare una linea differente nel pensiero, nel discorso metafisico risuonano strane voci, voci dissonanti, differenti, inaudite, intonazioni eretiche del pensiero: di materia si dirà essere potenza affermativa. Preludi di un’ispirazione nuova del pensiero, preannuncio di un femminile altro, voci.

Voci che le donne dovrebbero riascoltare, voci di cui le donne dovrebbero riappropriarsi per intonare il loro canto, per venire al mondo con melodie gioiose, per infrangere definitivamente quel silenzio a cui sembravano destinate. Ricostruire una storia altra delle donne, creare una genealogia che renda conto della potenza femminile, è l’obbiettivo critico creativo di Luce Irigaray; per ciò, sostiene, è opportuno rivolgersi a quelle voci della metafisica spesso passate inosservate. Perché se si pensa che la storia della filosofia sia un blocco monolitico e compatto si sbaglia, in esso abitano forze dissidenti attraverso cui la materia-femmina ha trovato voce ed espressione per se stessa, non più in sottordine all’uomo-forma, come accade nell’universo gerarchizzato del logocentrismo metafisico. Ad un tratto la materia sembra vivere di vita propria, come potenza in sé positiva.

Ricordiamo che l’itinerario fin qui seguito inizia con la physis pensata come origine femminile del nascere, perlomeno secondo la lettura che Irigaray dà della filosofia presocratica e di Empedocle in particolare, alla madre-materia (chora) stampo per le forme del logos/Padre che la nostra filosofa trova nella filosofia di Platone, Aristotele e Plotino. Ma il femminile di qui ci narra Irigaray si allontana dalla passiva materia di origine platonica, essa infatti sostiene un femminile affermativo e creativo.

Il femminile di Irigaray sembra avvicinarsi alla creatrice «materia- natura» di Lucrezio. Sebbene nelle sue opere Irigaray non citi mai direttamente Lucrezio, ci sembra possibile rinvenire in esse delle tracce di una concezione della natura come creatrice di vita, una natura femminile affermativa. In Passioni elementari Irigaray utilizza un linguaggio poetico-amoroso per ridare voce ad un femminile che sempre in movimento desidera dire di sé a partire da sé. Qui la natura ha nuova voce assume il linguaggio di una passione amorosa, una natura femminile sempre in divenire: «essa non è mai chiusa. Scorre sempre anche all’esterno. Non si estingue se non perché tu stesso la copri, la incarceri dentro di te per mezzo di te»162. È questa la descrizione di una natura che insegue sempre il divenire, descrizione di una madre, materia, terra, «alma Venus», principio di metamorfosi, leggera, fluttuante e piena di sé, rinasce alla vita. Natura che sia in Irigaray che in Lucrezio è pensata come produzione del diverso: ma qui la diversità è affermata, è diversità che incalza la potenza del divenire, è divenire come affermazione potente della totalità positiva dell’essere. La Natura di Lucrezio segue il modello del divenire, la sua forza è congiuntiva e non attributiva, “e” e non “è”, divenire puro senza modello. «Dunque è ancora più necessario che le particelle elementari delle sostanze, in quanto prodotte dalla natura e non formate da una mano sul modello definito di uno soltanto, volteggino distinte fra loro da una diversa figura»163. Con Lucrezio il divenire riluce dei colori della Terra, il suo naturalismo sembra annunciare la

primavera del femminile.

162 L. Irigaray, Passioni elementari, cit., p. 17. 163 Lucrezio, De rerum natura, II, 377-380.

La Natura appare come un «piano comune d’immanenza», in essa stanno i corpi, le anime, gli individui, le stagioni, su di essa scorre la vita, ogni elemento si intreccia con l’altro in un gioco dinamico di composizioni e scomposizioni, tessendo in divenire la trama dell’essere. Tutto ciò che viene alla luce non è né modello né copia, ma simulacri, differenze pure, espressioni di un divenire puro che afferma il molteplice, il nuovo, il differente. «Tutti i corpi si creano da semi specifici, (...) ciascuno dov’è la materia sua propria e i germi essenziali; ogni cosa non può nascere da ogni elemento, poiché in ognuna di esse è una forza segreta»164. Dirà a conferma Irigaray: «La mescolanza non è l’indistinto»165, la natura è perciò produzione del diverso. «La natura non ripete. Diventa continuamente. Anche nei suoi cicli esistono similitudini, essa non si ripete mai identica a sé. Cresce, diventa, unendo le sue radici e i suoi fiori. Informa in continuazione, con il suono e tutti i sensi»166. Si fanno sempre più evidenti i legami tra Lucrezio e Irigaray, per entrambi la materia afferma differenze, è produzione del diverso.

A questo proposito Deleuze, potrà dire: «Con Epicuro e Lucrezio cominciano i veri atti di nobiltà del pluralismo in filosofia. Non riscontreremo nessuna contraddizione tra l’inno alla Natura Venere e il pluralismo essenziale a tale filosofia della Natura. La Natura è precisamente la potenza, ma potenza in nome della quale le cose esistono una ad una, senza possibilità di radunarsi tutte nello stesso

tempo, né di unificarsi in una combinazione che sarebbe adeguata ad

essa o che l’esprimerebbe interamente in una volta sola»167. Lucrezio

164 Lucrezio, De rerum natura, I, 162-173. 165 L. Irigaray, L’oblio dell’aria, cit., p. 78. 166 L. Irigaray, Sessi e genealogie, cit., p. 126.

è espressione di un pluralismo che ha origini in Empedolcle, il quale afferma che non esiste una sola sostanza originaria, ma sono ben quattro gli dei-elementi che concorrono al nascere, tutti e quattro disposti secondo una posizione paritaria, c’è quindi un’uguaglianza di tutte le forze divine. Empedocle afferma con forza una filosofia pluralista, l’essere infatti qui non è monistico, come per Parmenide, ma plurale. E su questa linea del pluralismo in filosofia che troviamo Irigaray, nella sua teoria sul divenire e sul nascere delle cose i quattro elementi originari sono uguali per potenza, ma attraverso un gioco di mescolanza la natura è produttrice del diverso. Il pluralismo filosofico di Irigaray si inscrive all’interno del paradigma discorsivo della differenza sessuale, sostenere infatti l’origine plurale del venire al mondo significa per la nostra filosofa pensare la nascita come sessuato

generarsi. Il pluralismo quindi è alla base di una filosofia che pensa

l’essere come due e la differenza come sessuale.

Il pluralismo filosofico che riconosciamo al discorso di Irigaray è da addebitarsi all’idea della natura duale dell’essere, quello stesso che la filosofia ha sempre pensato come uno ed unico. Ed è proprio questa visione plurale dell’essere e del mondo che consente ad Irigaray di elaborare un discorso e un’etica che sappia render conto principalmente di due differenti soggettività168. Con Irigaray possiamo quindi afferma che filosofia significa porre la domanda sul due.

168 Ma riconoscere la differenza sessuale come primario elemento di differenziazione dell’umano significa aprire la strada verso un riconoscimento delle molteplici differenze (di genere, classe, religione, nazionalità e cultura). Il pluralismo inscritto nell’essere due dell’umano pone la questione della convivenza fra differenti, il messaggio etico di Irigaray è che: solo il rispetto della differenza sessuale apre la strada ad un nuovo discorso sul multiculturalismo. Cfr. L. Irigaray, La

Capitolo 3