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Il principio di indeterminazione di Heisenberg

Nel documento Chimica Generale (pagine 85-88)

4) Se tuttavia ci accontentiamo di una probabilità inferiore, ad esempio del 95% o del 98%, possiamo

5.4.1 Il principio di indeterminazione di Heisenberg

5.4 La meccanica matriciale di Heisenberg

Nello stesso periodo in cui Schrödinger metteva a punto la sua equazione, apparve un lavoro teorico sulla teoria dei quanti di un giovane fisico tedesco, Werner Heisenberg.

Secondo Heisenberg le variabili meccaniche delle particelle. quali la posizione, la quantità di moto, la forza etc potevano essere rappresentate non da numeri ordinari, ma attraverso strutture matematiche complesse, dette matrici. L'algebra delle matrici è molto simile all'algebra ordinaria con la notevole eccezione che la moltiplicazione non gode della proprietà commutativa. Nell'algebra delle matrici il prodotto A x B non è necessariamente uguale al prodotto B x A.

Heisenberg dimostrò che se si rappresentano tutte le grandezze che compaiono nelle equazioni della meccanica classica come matrici e si introduce la condizione aggiuntiva che la differenza tra il prodotto della quantità di moto (p) per la posizione della particella (x) e il prodotto della posizione per la quantità di moto sia uguale ad

i

, con h costante di Planck ed i unità immaginaria, si ottiene una teoria che permette di descrivere tutti i fenomeni quantistici noti.

p×x-x×p=h×i

Se vivessimo in un mondo in cui h = 0, il prodotto px sarebbe uguale al prodotto xp, varrebbe la proprietà commutativa e tutte le relazioni quantistiche si ridurrebbero alla formulazione classica. La realtà del mondo delle particelle non sarebbe governata da fenomeni di tipo discreto, ma di tipo continuo.

Heisenberg pose inizialmente la sua meccanica matriciale in alternativa alla meccanica ondulatoria di Schrödinger. Ma quando Paul Maurice Adrien Dirac venne a conoscenza della meccanica delle matrici pubblicò un articolo nel quale dimostrò che la formulazione di Schrödinger e di Heisenberg erano equivalenti sul piano matematico. Le matrici di Heisenberg rappresentavano infatti le soluzioni tabulate dell'equazione di Schrödinger e nella soluzione di qualsiasi problema quantistico si può usare indifferentemente la meccanica ondulatoria o la meccanica delle matrici.

5.4.1 Il principio di indeterminazione di Heisenberg

Sebbene oggi venga prevalentemente utilizzato l'approccio ondulatorio di Schrödinger, la meccanica matriciale di Heisenberg ha prodotto un risultato teorico di enorme portata, che ci costringe a mettere in discussione dalle radici il nostro modo di concepire la realtà.

Posto che in meccanica quantistica si dicono coniugate coppie di grandezze il cui prodotto ha le dimensioni di un momento angolare, Heisenberg dimostrò che non è possibile misurare simultaneamente con una precisione grande a piacere due variabili coniugate.

- posizione x di una particella rispetto all’origine di un sistema di riferimento nella direzione x - quantità di moto p = mv della medesima particella

le indeterminazioni o incertezze nelle loro misure Dx e Dp devono soddisfare la relazione h 2 1 ³ D × Dx p nota come principio di indeterminazione.

In pratica se misuriamo contemporaneamente la posizione e la quantità di moto di una particella, esisterà necessariamente una indeterminazione (incertezza) nella misura delle due variabili, tale che il loro prodotto è sempre maggiore o uguale ad un mezzo acca tagliato.

Una relazione analoga vale anche per altre coppie di variabili coniugate, come ad esempio per l'energia di una particella ed il tempo necessario per misurare tale energia.

h 2 1 ³ D × Dt E

Si noti che Heisenberg ricavò tali relazioni direttamente dal formalismo matematico della teoria quantistica ed il principio risulta pertanto valido nella misura in cui vale la descrizione quantistica della realtà.

Il principio di indeterminazione non deriva dunque da una carenza nelle nostre tecniche di misurazione, ma è una conseguenza della teoria e, se questa è esatta, delle leggi di natura che la teoria descrive.

Il principio di indeterminazione condiziona evidentemente il livello di precisione delle nostre misurazioni e pone in definitiva dei limiti alla nostra capacità di conoscere la realtà. Infatti il miglior risultato che possiamo ottenere è quello in cui il prodotto delle indeterminazioni sia uguale ad un mezzo acca tagliato.

h 2 1 = D × Dx p

In questa caso le indeterminazioni sono inversamente proporzionali. Se dunque poniamo Dx ® 0, allora Dp ® ¥ il che significa che se tentiamo di rendere assolutamente precisa la misura della posizione di una particella (annullando l'incertezza insita nella sua determinazione), non possiamo più avere alcuna informazione riguardo alla sua quantità di moto, visto che l'indeterminazione ad essa associata diventa infinita e viceversa.

Si tratta di un'ulteriore conferma che in meccanica quantistica non è più possibile parlare di traiettorie determinate e quindi di orbite.

Certamente quando si ha a che fare con misurazioni di oggetti macroscopici è possibile trascurare il principio di indeterminazione senza incorrere in errori importanti.

Ad esempio per un corpo di massa 1 kg, tenendo conto che h presenta un ordine di grandezza di 10

-34 J s, possiamo in linea di principio determinare la sua posizione con un'indeterminazione di 10-15 m (con una precisione dell’ordine delle dimensioni di un nucleo atomico) e contemporaneamente la sua velocità con un'indeterminazione di 10-16 m/s, pari a 0,3 mm al secolo!

Ma nel caso di atomi e particelle subatomiche l’indeterminazione diviene ineludibile. Prendiamo ad esempio l’elettrone che viaggia intorno al suo nucleo. Esso possiede una velocità dell’ordine di un centesimo della velocità della luce.

v ke mr = 2 dove m » 10-30 kg è la massa dell’elettrone, e » 10-19 C è la carica dell’elettrone, k » 10-9 è la costante di Coulomb

r » 10-10 m sono le dimensioni tipiche di un atomo.

Sostituendo opportunamente si ottengono valori dell’ordine di 106 m/s (circa un centesimo della velocità della luce).

Se ora ci proponiamo di misurare la velocità effettiva dell’elettrone con un’incertezza dell’1% pari a 104 m/s (1% di 106 m/s) dovremmo accontentarci di misurare la sua posizione con un errore di 10-8 m circa l’1% delle dimensioni atomiche.

m v m p x 30 4 8 34 10 10 10 10 -= = D = D » D h h

Possiamo dunque in un certo senso affermare che tanto più grande (massiccio) è un oggetto, tanto minori sono le sue caratteristiche ondulatorie (infatti l = h/mv) e tanto minore è la sua indeterminazione, cosicché gli oggetti macroscopici sono ‘in pratica’ perfettamente localizzabili.

I minuscoli elettroni presentano invece uno spiccato carattere ondulatorio ed una forte indeterminazione relativa, rendendo perciò necessario tutto lo spazio in più che noi osserviamo intorno al nucleo e che noi chiamiamo orbitale. Se cercassimo di confinare l’elettrone in una regione più piccola la sua lunghezza d'onda sarebbe costretta a diminuire ed è facile verificare che in tal caso l'elettrone vedrebbe aumentata la sua quantità di moto e quindi la sua energia cinetica.

Lo stesso ragionamento fu utilizzato per escludere la presenza di elettroni nel nucleo quando fu accertata l'emissione di radiazione beta da nuclei radioattivi. Infatti un elettrone confinato nella piccolissima regione nucleare (10-15 m) avrebbe un'energia troppo grande e verrebbe subito espulso. Gli elettroni che formano la radiazione beta devono quindi formarsi al momento del decadimento e non essere preesistenti ad esso.

5.5 L'equazione relativistica di Dirac

La meccanica ondulatoria di Schrödinger e tutti gli sviluppi fino al 1927 non sono relativistici. Tutti i tentativi fino ad allora compiuti per integrare la relatività ristretta alle equazioni quantistiche avevano portato a risultati assurdi o in netto contrasto con i dati sperimentali.

Nel 1928 finalmente Dirac trovò una equazione quantistico relativistica in grado di descrivere l'elettrone. Essa si riduce naturalmente per piccole velocità all'equazione di Schrödinger.

L'equazione di Dirac porta però un risultato notevole. Essa dà infatti automaticamente lo spin ed il momento magnetico dell'elettrone. Mentre queste proprietà in approssimazione non relativistica devono essere aggiunte e postulate separatamente, esse derivano direttamente dal formalismo matematico di Dirac.

L'equazione di Dirac descrive in realtà non solo il moto degli elettroni, ma anche di particelle di massa uguale, ma di carica positiva, del tutto sconosciute al tempo di Dirac. Ciò fu considerato da Dirac un grave difetto della teoria, tanto che egli tentò inutilmente di verificare se esse potevano essere identificate con i protoni.

In realtà Dirac aveva postulato l'esistenza dell'antiparticella dell'elettrone, il positrone, scoperto poi da C.D. Anderson nei raggi cosmici solo nel 1932.

5.6 Meccanica quantistica: interpretazioni

La nuova meccanica dei quanti pose notevoli problemi non solo nell’interpretazione fisica del formalismo matematico, ma accese un importante dibattito di natura filosofica ed epistemologica sulle sue implicazioni gnoseologiche.

Nel documento Chimica Generale (pagine 85-88)