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Il problema specifico del ciclo economico e delle sue fasi

3. Considerazioni critiche: la genesi della riforma operata con la L cost n 1 del

3.2. Il problema specifico del ciclo economico e delle sue fasi

Si è visto che la definizione tecnica di equilibrio di bilancio presente nella legge organica risolve alcuni problemi di natura interpretativa posti dalla formulazione dell’art. 81 Cost. Va ora osservato che tale nozione è ‘complessa’, nella misura in cui deve tenere in considerazione tanto gli effetti del ciclo economico quanto di quelli delle misure una tantum e temporanee. Si pone, dunque, il problema della

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Criticamente in tal senso è stato osservato che la stratificazione di tre diversi vincoli finanziari può rivelarsi controproducente, e comunque tradire la ratio della riforma costituzionale. Nell’ordinamento interno, infatti, non è prevista alcuna soglia massima per il deficit pubblico; diversamente nell’ordinamento europeo tale vincolo è posto al livello più elevato, ossia nel Trattato di Maastricht (si fa riferimento al limite del 3% del PIL). Per ciò che concerne, poi le fonti sub-costituzionali dell’ordinamento italiano la legge n. 243 del 2012 pone delle definizioni prevalentemente de relato, senza stabilire in termini quantitativi una soglia massima di deficit ammissibile; nell’ordinamento europeo, è la fonte regolamentare, contenente le norme del Patto di Stabilità e Crescita, a definire un limite più stringente di quello contenuto nel Trattato (si limita il deficit alla soglia dell’1% del PIL). Il Fiscal Compact, infine, formalmente estraneo al diritto europeo, pone il criterio più stringente in assoluto, ammettendo un deficit nella misura massima dello 0,5% del PIL. L conseguenza della esposta stratificazione normativa comporta una derubricazione della regola dell’equilibrio dei bilanci, formalmente sancita ai livelli apicali degli ordinamenti nazionale ed europeo, ma sostanzialmente riempita di contenuti solo per mezzo di fonti subordinate. Cfr. in tal senso N. D’AMICO,S.SILEONI,

Dopo il pareggio, sparisce anche l’equilibrio di bilancio, in Astrid Rassegna, n. 3/2013, fortemente

definizione di detti elementi271.

Anche in questo caso, l’interpretazione di tali concetti deve rifarsi alle previsioni del diritto europeo, come indicano gli artt. 2 e 6 della l. n. 243 del 2012.

In particolare, due sono gli aspetti che devono essere evidenziati.

In primo luogo, va osservato che il diritto europeo assegna alla Commissione alcune specifiche funzioni di controllo sulle prestazioni di finanza pubblica degli Stati membri che adottano la moneta unica europea che si basano su analisi dello “scenario macroeconomico”. In particolare, ai sensi dell’art. 6, commi 2 e 3, del Reg. CE n. 472 del 2011, proprio «la valutazione della sostenibilità del debito pubblico» si basa sullo «scenario macroeconomico più probabile o su uno scenario più prudente e su previsioni di bilancio realizzate con l’ausilio delle informazioni più aggiornate», sicché è compito della Commissione rendere «pubblico lo scenario macroeconomico, compreso lo scenario di crescita, i parametri sottesi alla valutazione della sostenibilità del debito pubblico dello Stato membro interessato e l’impatto stimato delle misure aggregate di bilancio sulla crescita economica». Ma le circostanze maggiormente significative sono altre e concernono i) il sistema di valutazione del quadro macroeconomico di ciascuno stato membro e ii) il modo in cui tale valutazione incide direttamente sulla determinazione, da parte delle istituzioni europee, dell’obiettivo di medio termine di finanza pubblica assegnato agli Stati dell’Area Euro.

Senza addentrarsi inutilmente negli elementi di natura esclusivamente economica272, è qui sufficiente osservare quanto segue.

Come si è già osservato, l’equilibrio di bilancio consiste nel conseguimento dell’obiettivo di medio termine assegnato all’Italia nella già descritta interlocuzione tra lo Stato, la Commissione e il Consiglio. Si è anche già osservato che tale obiettivo «è un saldo di bilancio definito in termini strutturali, ossia al netto del ciclo

271 L’art. 2 della legge organica, relativo alle definizioni, infatti, non include i concetti di “ciclo

economico”, né le “misure temporanee” o le “misure una tantum”.

272 per le quali si rimanda a R. A

RTONI, Finanza Pubblica, Milano, 2014, ed. inf.; nonché a P.DE

economico e dei fattori temporanei, specifico per ciascun paese dell’UE»273. Il “saldo di bilancio corretto per il ciclo” è l’indicatore che esprime la situazione della finanza pubblica nazionale parametrata allo stato dell’economia nazionale, in considerazione della c.d. “componente ciclica”, nonché al netto degli “stabilizzatori automatici”, che modificano il regime delle entrate e delle spese in conseguenza alle c.d. “fluttuazioni congiunturali”274

.

L’obiettivo di finanza pubblica assegnato a ciascuno Stato membro, in altri termini, viene ridefinito in ragione di un valore che misura il divario tra il Prodotto Interno Lordo dello Stato effettivo (e, dunque, la ricchezza nazionale) il Prodotto Interno Lordo statale c.d. “potenziale”, ovverosia la ricchezza nazionale che potrebbe effettivamente essere creata se si mettessero in opera tutti i fattori produttivi dell’economia nazionale. Questo divario, definito in termini tecnici output gap, è misurato secondo una «metodologia […] sviluppata dalla Commissione Europea e concordata a livello comunitario nell’ambito del Gruppo di Lavoro sugli Output Gaps (Output Gap Working Groups - OGWG) costituito nell’ambito del Comitato di Politica Economica (Economic and Policy Committee - EPC) del Consiglio Europeo»275.

La stima dell’output gap viene effettuata attraverso una funzione econometrica nota agli specialisti come ‘funzione Cobb-Douglas’, dal nome degli economisti che la hanno teorizzata. In termini algebrici, la funzione Cobb-Douglas è definita in questo modo: Yt = Lt * Kt1-a * TFPt, «dove Y è il prodotto interno lordo in livelli espresso

in termini reali, L il lavoro, K il capitale, e  è l’elasticità del prodotto al fattore lavoro» e «il fattore TFP rappresenta il contributo del progresso tecnologico (o Produttività Totale dei Fattori, Total Factor Productivity) alla crescita economica»,

273 Cfr. M

INISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Il Calcolo del PIL potenziale e del saldo di

bilancio corretto per il ciclo, documento di analisi e programmazione economico-finanziaria del

Dipartimento del Tesoro, Roma, 2013.

274 Cfr. MEF, Il Calcolo del PIL potenziale, cit.. 275

Cfr. MEF, cit..; F.AURIA,C.DENIS,K.HAVIK,K.MCMORROW,C.PLANAS,R.RACIBOSKI,W. ROGER AND A.ROSSI, The production function methodology for calculating potential growth rates

nell’ipotesi che «il processo tecnologico si propaghi attraverso miglioramenti qualitativi di entrambi i fattori produttivi, capitale e lavoro»276.

Nel calcolo dell’output gap costituisce un elemento determinate un ulteriore fattore, conosciuto con l’acronimo NAWRU: Non-Accelerating Wage Rate of Unemployment. Tale valore esprime «il tasso di disoccupazione in coincidenza del quale nel sistema economico non si registrano spinte inflazionistiche sui salari». Nella prospettiva del diritto costituzionale, la digressione sopra illustrata suscita diversi ordini di riflessioni, che meritano di essere brevemente elencati.

i) In primo luogo, la riforma dell’art. 81 Cost., con il suo legame affatto particolare con il diritto europeo e la prassi delle Istituzioni europee, ha recepito giuridicamente alcune specifiche “dottrine economiche”, ossia alcune “leggi” economiche che vogliono esprimere delle relazioni causali che si osservano nel sistema economico. In particolare, la questione dell’output gap ha ridefinito in termini giuridici la «teoria del ciclo economico reale», che studia e pretende di descrivere «le fluttuazioni di breve periodo delle variabili economiche intorno al loro trend di lungo periodo», nella prospettiva che «le fasi espansive e recessive siano determinate da shock alla produttività aggregata»277.

Tale teoria, peraltro, assume come indicatore fondamentale quello del dato ritenuto “fisiologico” di disoccupazione, al quale corrisponde non solo l’assenza di «spinte inflazionistiche», ma anche, di fatto, un determinato «equilibrio sociale», in ragione del quale lo stesso diritto al lavoro trova un suo evidente limite strutturale.

Il recepimento di una precisa dottrina economica costituisce un evidente mutamento di paradigma rispetto all’originaria formulazione dell’art. 81 Cost. che, come si è illustrato supra, non poteva in alcun modo configurarsi come l’adesione dei Costituenti a una teoria economica.

ii) In secondo luogo, non essendo l’economia una scienza «nomotetica»,

276 Cfr. MEF, Il Calcolo del PIL potenziale, cit. 277 P. D

paragonabile alle scienze “dure” sottoponibili ai meccanismi popperiani278

di falsificazione ed essendo, invece, una disciplina «idiografica», che coglie un fattore nelle sue forme storiche279, l’adozione della funzione Cobb-Douglas è certamente opinabile, così come è opinabile la sua specifica attuazione280. La scelta assunta dalla Commissione europea e avallata dal Consiglio europeo, però, produce effetti di rilevanza assoluta sui vincoli di finanza pubblica imposti dall’Europa e, di conseguenza, sul significato del vincolo costituzionale dell’equilibrio di bilancio. Lo ha notato, da ultimo, un ex componente del Board della Banca Centrale Europea in un contributo281 del quale non si può fare a meno di citare un passaggio significativo: «prendendo il caso concreto dell’Italia, che nel 2013 ha registrato un saldo di bilancio corretto per il ciclo pari allo 0,7% del PIL, secondo le stime della Commissione europea, lo scarto rispetto al requisito del Fiscal compact è di soli 0,2, 0,3 punti percentuali. In altre parole, per essere in linea con il Fiscal compact all’Italia mancano [mancavano, nell’anno fiscale 2013] circa 5 miliardi di euro, non 50 come viene erroneamente sostenuto. Questo risultato si basa sull’ipotesi che il rallentamento economico registrato in Italia negli ultimi due anni sia di natura temporanea, e non strutturale». Per converso, «se invece la crescita tendenziale dell’Italia è strutturalmente scesa a zero, sarebbe necessario addirittura raggiungere un surplus del bilancio pubblico per far calare il debito», con la conseguenza che, «in questo scenario, l’intera sostenibilità del debito pubblico del Paese sarebbe a rischio, e non potrebbe essere più curata con misure di finanza pubblica ma con interventi finanziari straordinari». La rilevanza dell’output gap non poteva essere indicata con maggiore chiarezza.

iii) In conclusione, la definizione dei vincoli di bilancio in sede europea (che, si

278 Il riferimento è al classico studio di K.R. P

OPPER, Conjectures and Refutations, London, 1969, (trad. it. a cura di) G. Pancaldi, Congetture e confutazioni. Lo sviluppo della conoscenza scientifica, Bologna, 1972.

279 La distinzione tra discipline nomotetiche e idiografiche risale al classico studio di W.

WINDELBAND, Storia e scienza della natura, 1894, (trad. it. a cura di) P. Rossi, Torino, 1977.

280

Lo ricorda R. ARTONI, Finanza pubblica, cit.

281 L. B

INI SMAGHI, Perché è necessaria una costituzione finanziaria in Europa, in La decisione di

ribadisce, si trasforma nella definizione del vincolo costituzionale dell’equilibrio di bilancio in ambito nazionale) attraverso il meccanismo della considerazione delle fasi del ciclo economico presenta una particolare ambiguità, in quanto costituisce il frutto e l’effetto di una decisione che è tanto di natura “tecnico-economica” quanto di natura “politica”.

Che sia così lo dimostrano le affermazioni rese dal Governatore della Banca Centrale Europea rilasciate in un’intervista rivelatrice dei meccanismi politico-istituzionali di funzionamento dell’Unione economica e monetaria 282 . Mario Draghi ha in quell’occasione affermato che le determinazioni di politica monetaria del Board dell’Istituto centrale europeo di emissione corrispondono alla volontà di non rassegnarsi al «deterioramento del quadro macroeconomico» della c.d. Area Euro. Lette nella prospettiva del problema del divario tra PIL reale e PIL potenziale, tali affermazioni significano che le Istituzioni europee intendono a) mantenere invariate le considerazioni di natura econometrica concernenti le virtuali possibilità di crescita del PIL degli Stati che hanno adottato la moneta unica europea; b) di conseguenza, considerare gli obiettivi di bilancio a medio termine di ciascuno Stato membro alla luce dell’output gap, con le conseguenze in termini di minore rigidità dei vincoli di bilancio sopra descritti.

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3.3. Segue: la «nuova costituzione economica» risultante dalla l. cost. n. 1 del