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Il processing batimetrico

Nel documento ELEMENTI DI IDROGRAFIA (pagine 62-68)

I raw data

Le misure necessarie al processing batimetrico, tutte temporiferite, sono:

- profondità, misurata dal singlebeam (tempo di ricetrasmissione nel transducer reference frame) oppure dal multibeam (coppie di angoli e travel time nel transducer reference frame);

- assetto, comprendente heave, roll, pitch e heading (gyro) nell’attitude reference frame;

- posizione, comprendente latitudine, longitudine e quota ellissoidica proveniente dal GNSS, riferite al geodetic reference frame;

- velocità del suono, costituita da profili verticali georiferiti di coppie profondità-velocità del suono;

- livello, ad eventuale integrazione della quota ellissoidica del GNSS, costituito da valori georiferiti di distanza tra il pelo libero dell’acqua e il vertical reference frame.

A corredo delle misure vanno rilevate nel vessel reference frame le posizioni angolari (roll, pitch e heading) e lineari (x, y, z), del:

- transducer reference frame, a cui sono riferite le misure di profondità;

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- attitude reference frame, a cui sono riferite le misure di assetto;

- centro di fase dell’antenna GNSS (solo parametri x, y e z).

Al fine di procedere a sviluppare calcoli relativi all’incertezza delle misure, dovrà essere conosciuta l’uncertainty a priori dei vari strumenti utilizzati oltre ad alcuni parametri caratteristici del multibeam (frequenza, beam width e altre caratteristiche fisico-acustiche).

Giova ricordare che l’uncertainty da mettere a calcolo non è quella di targa bensì la migliore stima delle prestazioni effettive dello strumento durante il rilievo.

Dai raw data ai sounding

Le posizioni dell’antenna GNSS vanno riportate al trasduttore. Essendo tali posizioni espresse in coordinate geografiche, per calcolare le coordinate geografiche del trasduttore a partire da quelle dell’antenna è necessario conoscere, oltre agli offset x, y, z di antenna e trasduttore nel vessel reference frame, la prora (heading) dell’imbarcazione, dato disponibile dal sistema di assetto. Le posizioni GNSS non acquisite nello stesso istante di quelle di profondità vanno poi interpolate per l’istante di misura della profondità. Da aggiungere che alcuni software correggono la posizione planimetrica per i movimenti dell’imbarcazione, opzione valida quando le variazioni diventano rilevanti in rapporto all’incertezza del posizionamento. Per la componente verticale, invece, la correzione avviene sempre grazie al calcolo dell’heave. Combinare con opportuni filtri movimenti lenti e veloci dell’imbarcazione con GNSS height e heave appare un aspetto da gestire con estrema attenzione. Tutti gli errori si ripercuotono direttamente sulla misura di profondità.

I dati di assetto vanno anch’essi riportati alla posizione del trasduttore. Senza entrare nei calcoli, peraltro disponibili in letteratura, da considerare che più il sistema di assetto è lontano dal trasduttore più la stima dell’assetto sarà incerta per gli inevitabili errori di propagazione. Una buona strategia è quella di tenere vicini i due sensori, oggi spesso integrati solidalmente con offset lineari e angolari determinati direttamente dalla casa costruttrice. Dall’attitude reference frame si passa al transducer reference frame attraverso il vessel reference frame. In pratica, sia trasduttore sia sistema di assetto hanno individuate tre coordinate lineari e tre coordinate angolari nel vessel reference frame per poterne collegare i rispettivi frame. Per ottenere tali parametri, in ogni caso da misurare con vettore fermo e fuori dall’acqua, oggi il sistema più valido è quello di creare un modello tridimensionale dell’imbarcazione completa di sensori attraverso misure tridimensionali da

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laser scanner. I residui in roll, pitch, heading vengono stimati con la procedura di patch test.

I dati di assetto non acquisiti nello stesso istante di quelli di profondità vanno poi interpolati per l’istante di misura della profondità.

Riportate le misure ausiliarie al trasduttore è possibile operare sulle misure di profondità.

Noto l’assetto del trasduttore per ogni misura, e la sua posizione verticale lungo la colonna d’acqua, si procede a ricostruire la traiettoria di ogni raggio acustico in acqua attraverso il ray tracing, noto il profilo di velocità del suono in acqua. Attraverso tale ricostruzione ogni coppia di misura angolo-tempo viene trasformata in distanze dal centro del trasduttore along-across-observed depth.

Tali misure vengono poi trattate per la loro componente planimetrica (along-across) e verticale (depth).

Sul piano orizzontale, nota la posizione del trasduttore, si procede a calcolare la posizione di ogni singolo sounding trasformando le coppie along-across in latitudine-longitudine nota la prora del vettore.

Sul piano verticale alla observed depth si aggiunge l’heave, dopodiché si opera differentemente se si applica la GNSS tide oppure la tide tradizionale.

Nel primo caso, nota l’altezza ellissoidica e l’offset verticale antenna GNSS-trasduttore si procede a riportare la depth all’ellissoide. Successivamente si potrà riportare la profondità ad un riferimento fisico (per esempio il MSL) nota la separazione nel punto di misura tra ellissoide e MSL.

Nel secondo caso, la tide tradizionale, si procede ad aggiungere l’immersione del trasduttore, incluso il dynamic draft, e applicare la tide, cioè la differenza tra il livello dell’acqua nell’istante di misura e quello di riferimento.

Il risultato è una nube di punti (point cloud) geo e temporiferiti, ognuno frutto di una singola misura di fondale.

Per ogni punto, inoltre, va calcolata l’incertezza. La stessa viene estratta dalle incertezze disponibili dei singoli strumenti e propagata nella combinazione delle misure. Tale uncertainty viene anch’essa scomposta in due componenti, quella orizzontale (THU), considerata isotropa praticamente in tutte le applicazioni, e quella verticale (TVU). Gli offset tra gli strumenti vengono utilizzati anche nel calcolo della propagazione dell’incertezza. Più

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gli offset sono rilevanti, più il valore finale dell’incertezza aumenterà a parità di performance dei singoli sensori. Conta, una volta di più, non solo quale strumento si usa ma anche come lo si usa durante il rilievo.

Dai sounding ai nodi

I sounding così processati sono potenzialmente in grado di rappresentare direttamente il fondale. Hanno però dei limiti intrinseci dovuti a diversi aspetti. Il principale vantaggio dei sounding raccolti dal multibeam è di essere ridondanti. Avendone in numero ridondante, quindi, si può procedere o a selezionarli (come avviene con i dati singlebeam) oppure a mediarli (come avviene per i dati multibeam). Un altro motivo per diminuire i dati da selezionare col processing è che il point cloud dei sounding è intrinsecamente rumoroso (ogni errore sulla singola misura influisce sulla nuvola di dati), oltre ad avere dimensioni enormi di molto complicata gestione informatica.

Si mediano quindi un certo numero di sounding presenti nell’intorno di un punto, chiamato nodo, raggruppandoli. Essendo ogni nodo il risultato di un’operazione geo-statistica, la sua rappresentatività sarà maggiore e la sua incertezza minore rispetto ai sounding. Affinché il processo sia statisticamente robusto, ad ogni nodo devono contribuire un certo numero di sounding. A parità di incertezza dei sounding, più sono i sounding meglio il nodo sarà rappresentativo rispetto ai singoli sounding.

Il primo punto da fissare è l’area che il nodo rappresenta, e se si suppone che il modello di elevazione del fondale sia continuo, la distanza tra un nodo ed un altro. Per vantaggi legati all’aggiornamento, semplicità di processing e rappresentatività, i nodi vengono distribuiti su una maglia regolare detta grid. La risoluzione della superficie del fondale, caratterizzata da nodi equidistanti e formanti una maglia quadrata, diventa il parametro più importante del processing. Diventa necessario mediare tra l’esigenza di ravvicinare i nodi per poter rappresentare tramite il modello forme più piccole e quella di distanziarli per raggruppare più sounding in un nodo e quindi migliorare l’incertezza del nodo. La scelta va fatta in funzione delle specifiche del rilievo e della qualità e quantità (distanza media in particolare) dei dati disponibili. Stabilita la risoluzione più piccola raggiungibile in funzione di dati e specifiche, esiste poi la possibilità di allargare la maglia tra i nodi semplicemente perché una risoluzione più spinta non serve, per esempio perché si è in presenza di un’area con morfologia relativamente regolare. Da accennare che i software idrografici stanno

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sviluppando algoritmi che, tenendo in considerazione i parametri accennati in precedenza, calcolano nelle varie aree del rilievo la risoluzione ottimale. Sono algoritmi di autoresolution (il software indica il valore della risoluzione ottimale) e multiresolution (il software elabora in diverse aree del rilievo grid a diversa risoluzione).

Stabilita la risoluzione e quindi la posizione planimetrica dei nodi, vanno selezionati i sounding che contribuiranno alla stima della profondità del nodo. Si utilizza un filtro basato su formule empiriche che calcolano la distanza massima attorno al sounding o al nodo in cui far ricadere il calcolo del nodo. Attorno al nodo si individueranno i sounding da considerare per quel nodo, attorno al sounding i nodi per i quali utilizzare quel sounding. In base al calcolo lo stesso sounding può essere potenzialmente utilizzato per nessun, uno o più nodi.

I modus operandi per la selezione sono classificabili in due principali categorie, una che tiene conto dell’uncertainty e l’altra che non ne tiene conto. Premesso che non tenere conto dell’uncertainty non porta ad evidenti vantaggi, gli algoritmi che non la utilizzano sono residuali e vengono applicati semplicemente dove l’uncertainty non è disponibile. La S-44 peraltro riporta:

“omissis…. Displaying and codifying these uncertainty surfaces is one method of determining whether the entire survey area has met the required specifications….”.

Utilizzare algoritmi che utilizzano l’uncertainty è il modo sistematico per stabilire se il rilievo rispetta lo standard.

Gli algoritmi di selezione puramente geometrici, per esempio, tengono conto del footprint del beam dello scandaglio, mentre quelli di tipo uncertainty rapportano l’uncertainty del sounding con quella massima prevista dalle specifiche del rilievo. I sounding che non rientrano nelle specifiche vengono filtrati all’origine del calcolo e non utilizzati mentre per i rimanenti l'uncertainty migliore porta ad una maggiore propagazione.

Attribuiti i sounding ad ogni nodo, si procede al calcolo della profondità del nodo attraverso una media pesata delle profondità dei sounding. In tutti gli algoritmi si tiene conto della distanza planimetrica dal sounding al nodo, più il sounding è lontano meno pesa nel calcolo della profondità del nodo.

Negli algoritmi geometrici si tiene conto anche della posizione del sounding nello swath del multibeam. Dati più laterali, maggiormente influenzati da rifrazione e correzioni per l’assetto,

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specialmente il roll, pesano meno nel calcolo del nodo. Da considerare che questo approccio, valido per i sistemi beamforming, ha evidenti limiti per sistemi interferometrici.

Negli algoritmi uncertainty viene tenuta in considerazione l’incertezza, nelle sue componenti planimetrica (THU) e verticale (TVU). Più alta è l’uncertainty più basso sarà il peso assegnato al sounding.

L’algoritmo uncertainty oggi più evoluto, chiamato Combined Uncertainty and Bathymetry Estimator (CUBE), aggiunge un filtro statistico preliminare al calcolo della profondità del nodo35. Per varie cause, sia di propagazione sia di funzionamento del multibeam, alcuni sounding, chiamati blunder o outlier o spike, sono verticalmente molto distanti dal fondale vero e la stima della loro incertezza non risulta veritiera. Se utilizzati nel calcolo porterebbero a stime della profondità del nodo poco attendibili. Il CUBE agisce prima del calcolo della profondità del nodo, raggruppa i sounding che sono stati selezionati per un certo nodo in diverse ipotesi di profondità utilizzando l’inferenza bayesiana. È disponibile anche un algoritmo che seleziona l’ipotesi potenzialmente migliore, considerando che la selezione manuale è sempre possibile. Un sounding può contribuire ad una sola ipotesi di un certo nodo; ne consegue che i sounding nelle ipotesi scartate non contribuiscono al calcolo della profondità del nodo.

Il CUBE, quindi, crea per ogni nodo una o più ipotesi in funzione della rilevanza statistica delle differenze di profondità dei sounding. A meno di parametri personalizzabili nell'algoritmo, in primis l’ordine S-44 del rilievo, il numero di ipotesi, layer presente nel modello, è indice di un’area con dati rumorosi, per la presenza di outliers oppure per morfologia particolarmente variabile. Il CUBE è quindi un tipo di modello che non serve solo per filtrare i dati e calcolare la profondità, ma anche per esplorare le caratteristiche sia dei dati sia del fondo, utilizzabile per concentrare l’attenzione su aree particolari. Il processing manuale, costoso e complesso oltre che soggettivo, viene orientato solo dove necessario e dove ha un feedback positivo.

35 Per una trattazione del CUBE vedasi Calder, B., Wells, D. (2007). “CUBE User Manual Version 1.13”.

Center for Coastal and Ocean Mapping and NOAA/UNH Joint Hydrographic Center. University of New Hampshire.

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