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ELEMENTI DI IDROGRAFIA

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Academic year: 2022

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I.I. 3181

ISTITUTO IDROGRAFICO DELLA MARINA

ELEMENTI DI IDROGRAFIA

Nicola Marco Pizzeghello

GENOVA 2019

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I.I. 3181

ISTITUTO IDROGRAFICO DELLA MARINA

ELEMENTI DI IDROGRAFIA

Nicola Marco Pizzeghello

GENOVA 2019

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© Copyright, I.I.M. Genova 2019 Istituto Idrografico della Marina

Passo Osservatorio, 4 - Tel. 010 24431 Telefax: 010 261400 PEC: maridrografico.genova@postacert.difesa.it

PEI: maridrografico.genova@marina.difesa.it Sito: www.marina.difesa.it

“Questo documento contiene dati protetti da Copyright. Qualsiasi riproduzione o adattamento in qualsiasi forma, anche parziale, ivi comprese elaborazioni numeriche o fotocopie, è vietata.

La divulgazione anche parziale e in forma originale è consentita citandone la fonte di appartenenza.”

Stampato dall’Istituto Idrografico della Marina – Agosto 2019

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Indice

La definizione di idrografia ... 7

La misura ... 11

L’errore ... 13

Dall’errore all’incertezza ... 17

Number e risoluzione ... 19

Il reference ... 20

Oltre l’incertezza e il reference ... 22

Oltre la singola misura: la combinazione di più misure... 24

4D reference frame ... 27

Il reference frame strumentale ... 28

Tra gli strumenti e i risultati: il body frame ... 29

Il reference frame planimetrico ... 30

Il reference frame verticale ... 31

Il reference temporale ... 33

Le regole ... 35

Lo standard internazionale ... 37

Gli standard nazionali ... 39

Lo standard italiano ... 40

Linee guida e raccomandazioni ... 41

Le misure idrografiche ... 43

Il positioning ... 43

L’assetto ... 45

La misura di profondità ... 46

Il singlebeam echosounder (SBES) ... 46

Il multibeam echosounder (MBES) ... 47

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Il side scan sonar (SSS) ... 52

L’airborne lidar bathymetry (ALB) ... 54

Le misure ausiliarie ... 56

La velocità del suono ... 56

Il livello del mare ... 57

Il processing dei dati idrografici ... 59

Il processing batimetrico ... 60

I raw data ... 60

Dai raw data ai sounding ... 61

Dai sounding ai nodi ... 63

Il processing del backscattering ... 66

Le correzioni geometriche ... 66

Le correzioni radiometriche ... 67

Dai pixel al mosaico ... 68

Survey strategy ... 69

La pianificazione ... 69

La conduzione ... 70

Il processing ... 71

Uno sguardo al futuro ... 72

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Prefazione

Questo compendio sull’Idrografia vuole essere un utile ausilio all’Idrografo che si accinge ad esercitare la propria attività nell’ambito della rappresentazione dell’ambiente marino in tutti i sui aspetti ed è rivolto alla comunità idrografica nazionale, ma non solo quella, che dal 2001 annovera personale specialista militare e civile, formato con i corsi di Hydrographic Surveyor Category A e B presso l’Istituto Idrografico della Marina ed impiegato in Italia e all’estero in Organismi Pubblici e Società e Agenzie Private.

Uno degli aspetti fondamentali della professione dell’Idrografo è il mantenimento del proprio aggiornamento specialistico (Continuous Professional Development - CPD) che è già una realtà certificata e riconosciuta dalla comunità idrografica internazionale in alcune aree del mondo (Australasia e Canada) e che sta muovendo i primi passi in Europa grazie alla sensibilità degli Hydrographic Offices e delle Hydrographic Societies dell’area Mediterranea e del Nord Europa.

La presente pubblicazione rappresenta prima di tutto un vademecum per l’Idrografo moderno per la standardizzazione e l’omogeneizzazione della raccolta dei dati e la loro rappresentazione nello spazio e nel tempo, quindi uno stimolo per impiegare con senso pragmatico e critico tutti gli strumenti hardware e software che vengono utilizzati dalla comunità idrografica nazionale ed internazionale (manuali, standard e pubblicazioni nazionali ed internazionali), ma soprattutto un documento messo a disposizione dall’Autore per l’Istituto Idrografico della Marina e che offre la possibilità e l’opportunità di confronto ed aggiornamento continuo tra tutti gli Idrografi, in modo da recepire qualsiasi contributo e suggerimento per migliorarne il contenuto.

Il Direttore

dell’Istituto Idrografico della Marina Contrammiraglio Luigi SINAPI

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La definizione di idrografia

Iniziare col definire un certo concetto spesso significa delimitarne troppo nettamente l’ambito di applicazione. Nel caso dell'idrografia, invece, il discorso è opposto, perché la stessa definizione ne amplia diffusione e utilizzo, in modo tale da poter essere sfruttata come elemento accomunante per diversi ambiti applicativi.

La parola idrografia si può scomporre in due parti, la prima idro1, che si riferisce all'acqua, e la seconda grafia2, che si riferisce allo scrivere. L'idrografia misura e disegna l’ambiente marino, oggi attraverso software, computer e idrografi, in passato attraverso matite, fogli e sempre idrografi. È cambiato il modo di operare nel tempo, ma le fondamenta della disciplina sono rimaste le stesse, soprattutto per l'attenzione alla misura idrografica con cui si opera.

Chiarito che l’idrografia ha un ambito quantitativo più che descrittivo-qualitativo, l'International Hydrographic Organization3 (IHO) la definisce così:

“Hydrography is the branch of applied sciences which deals with the measurement and description of the physical features of oceans, seas, coastal areas, lakes and rivers, as well as with the prediction of their change over time, for the primary purpose of safety of navigation and in support of all other marine activities, including economic development, security and defence, scientific research, and environmental protection”.4

La stessa definizione è ripresa dall’enciclopedia libera Wikipedia, espressione del carattere di condivisione che la stessa definizione ha ormai raggiunto.

L’International Federation of Hydrographic Societies (IFHS) definisce invece l’idrografia nel seguente modo:

“Hydrography is the measurement of various physical characteristics of the oceans (or other waters) such as bottom depth, currents and waves. Although hydrographic surveys were traditionally carried out in order to produce navigation charts, nowadays such surveys are

1 Dal greco ὕδωρ “acqua”.

2 Dal greco γραϕία, derivato di γράϕω “scrivere”.

3 Dal sito web dell’IHO si legge “The International Hydrographic Organization is an intergovernmental consultative and technical organization that was established in 1921 to support safety of navigation and the protection of the marine environment”.

4 Dalla pubblicazione dell’IHO S-32 “Hydrographic Dictionary”, WIKI Edition.

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used in many applications from the oil and gas industry, to leisure activities and the fishing industry.”5

I contenuti della definizione dell’IHO e dell’IFHS sono nella sostanza analoghi.

L'idrografia è una branca delle scienze applicate, un modo sicuramente molto elegante per esprimere l'idea che la disciplina non ha un suo ambito indipendente ed esclusivo, piuttosto si pone come ponte tra le scienze pure (siano esse matematiche, fisiche, informatiche) e quelle applicate (siano esse geofisiche, oceanografiche). Per capire e trattare di idrografia serve la conoscenza di altre discipline, le cui basi necessarie all’idrografo sono sistematizzate nei documenti che il FIG/IHO/ICA International Board On Standards Of Competence for Hydrographic Surveyors And Nautical Cartographers mantiene aggiornati6. L'idrografia riguarda un valore misurato, inteso come unione indissolubile tra un numero e il riferimento fisico a cui si riferisce, e la sua descrizione, intesa come analisi legata a forma e natura della conformazione fisica di tutti gli ambienti in cui è presente l'acqua, siano essi marini, lacustri, fluviali, costieri, comprendenti quindi anche la parte emersa a ridosso dell'ambiente acqueo. Lo studio è mirato alla fisica dell’ambiente marino e non alle cause che l’hanno determinata. La ricerca non è orientata alle cause bensì alla conformazione in sé analizzata da un punto di vista diacronico: mantenere le banche dati delle misure raccolte nel passato, focalizzare il presente fornendo elementi per il monitoraggio, stimare cosa potrebbe accadere in futuro. Si integra, nel tradizionale approccio della misura tridimensionale nello spazio, la coordinata tempo studiando l’ambiente in quattro dimensioni.

L’ultima parte della definizione delinea, in maniera probabilmente non esaustiva, gli ambiti entro cui l’idrografia potrebbe operare e appare quella più ampliabile per quanto accennato all’inizio del paragrafo. L’idrografia si concentra sulla misura e non più su cosa con la misura di può fare. Si dà un’iniziale enfasi alla sicurezza della navigazione, il tradizionale compito entro cui gli Istituti Idrografici hanno operato nella loro storia. In tale ambito l’obiettivo è evidentemente sempre stato quello di individuare il minimo fondale e di rappresentarlo sulle carte nautiche, trascurando invece la descrizione del fondale al meglio delle possibilità raggiungibili con la strumentazione utilizzata. Tale bias nella metodologia di lavoro è oggi

5 Tratto dal sito web dell’IFHS https://www.hydrographicsociety.org.

6 In particolare gli standard di riferimento sono contenuti nella pubblicazione IHO S-5 “Standard of Competence for Hydrographic Surveyors”, Edizione 2018.

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molto affievolito, grazie soprattutto alla diffusione di ecoscandagli multibeam in grado di ricetrasmettere lobi acustici da molteplici direzioni insonorizzando in maniera continua, a una certa risoluzione, il fondo marino.

I restanti obiettivi dell’Idrografia sono diventati concorrenti alla sicurezza della navigazione, non dando più a quest’ultima uno scopo prioritario. Nella definizione si fa accenno alle altre marine activities7, con un elenco che sicuramente non è esaustivo soprattutto rispetto a ciò che in futuro si potrebbe collegare ai dati idrografici.

La definizione di idrografia separa quindi l’ambito idrografico dalla rappresentazione dei dati, spostando l’attenzione dai prodotti, tradizionalmente le carte nautiche, alla descrizione fisica dell’ambiente marino. Siamo nell’ambito della cosiddetta physical geography, oggi almeno accademicamente disgiunta ma non indipendente dalla human geography, descrizioni dell’ambiente rispettivamente senza e con la presenza umana e le relative influenze.

Al fine di capire meglio l’ambiente marino, un’altra virtuosa tendenza in atto è di centralizzare i dati nei processi di analisi, dati che hanno pressoché tutti una connotazione geografica e che quindi hanno una loro posizione eventualmente definita anche come aree e linee e non solo come punti. La conseguenza di questa centralizzazione, che avviene in database digitali, è quella che i dati sono gestiti attraverso la stessa architettura informatica o comunque con architetture diverse in grado di comunicare. Tale condivisione permette di studiare l’ambiente attraverso diversi tipi di dati (siano essi, per esempio, batimetrici, sulla natura del fondo, topografici della linea di costa), favorendo un approccio integrato che produce informazioni più solide e coordinate8.

L’attenzione è orientata alla qualità intrinseca dei dati e al tentativo di raccoglierli nella maniera migliore possibile, con i limiti di risoluzione e incertezza che saranno descritti in modo più approfondito in seguito. L’estrazione dei prodotti dai dati raccolti che meglio rappresentano i pericoli per la navigazione avviene eventualmente in un secondo tempo.

L’obiettivo è la creazione di una banca dati digitale corredata di regole per inserimento ed estrazione delle informazioni, oggi comunemente definita Marine Spatial Data Infrastructure (MSDI). I dati così strutturati entreranno a far parte dei cosiddetti foundation data, cioè quegli

7 Da sottolineare la differenza tra marine, aggettivo connesso a tutte le attività connesse al mare, e maritime, più legato alle attività connesse alle azioni dell’uomo.

8 Riguardo tale ambito si veda the Data-Information-Knowledge triangle dalla pubblicazione IHO C-17

“Spatial Data Infrastructures: The Marine Dimension - Guidance for Hydrographic Offices”, Edizione 2017.

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elementi geografici che stanno alla base delle attività umane e che servono per supportare le decisioni. Questo tipo di approccio permette più facilmente lo scambio dei dati e l’utilizzo degli stessi dati per diverse applicazioni, elemento essenziale considerata la scarsità di dati di alta qualità in mare e il loro costo. L’approccio data-centrico, accompagnato dalla necessità di migliorare le capacità tecniche degli idrografi, tutto rapportato al necessario confronto con tutti coloro che studiano il mare, appaiono gli obiettivi principali per chi si occupa di idrografia.

Per concludere, se non sappiamo abbastanza su come è fatto l’ambiente marino non possiamo realmente capire come il mare si comporti e reagisca ad agenti perturbativi.

Conoscere per capire, l’idrografia aiuta il conoscere.

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La misura

L’idrografia si prefigge di misurare alcuni aspetti fisici dell’ambiente marino; dalle misure si passa a descrivere lo stesso ambiente in maniera sempre più olistica, anche grazie alla diffusione dei sistemi informatici e dei relativi database.

Che cos’è quindi una misura? E a cosa è riferita?

È necessario partire più a monte della misura in sé, in particolare da ciò che è stato definito

“aspetto dell’ambiente”. Più in particolare, nel campo delle scienze applicate cui l’idrografia afferisce, tale aspetto è definito quantità, proprio perché risulta misurabile. Il Bureau International des Poids et Mesures9 (BIPM) dà la seguente definizione di quantity:

“property of a phenomenon, body, or substance, where the property has a magnitude that can be expressed as a number and a reference”.10

La quantità è quindi un aspetto che può essere espresso attraverso un numero, e questo è abbastanza comune e non è una novità nel campo scientifico, mentre più intrigante è l’aspetto relativo al reference.

La quantità è inoltre qualcosa che viene descritto da number e reference ma che esiste prima della sua espressione e ne è in qualche modo disgiunta. Senza inoltrarsi in discorsi che probabilmente coinvolgono anche la filosofia, è utile riflettere su come descrivere la realtà attraverso numeri possa essere talvolta riduttivo. I numeri non sono che un nostro limitato tentativo di carpire aspetti della realtà che riteniamo essenziali e che forse non bastano per interpretarla appieno. In definitiva, le sole misure non possono compiutamente descrivere la realtà.

Tornando alla definizione di quantity, è utile e opportuno collegarla alla definizione di quantity value, anch’essa contenuta nel VIM:

“number and reference together expressing magnitude of a quantity”.

9 Dal sito web del BIPM si legge “BIPM is the intergovernmental organization through which Member States act together on matters related to measurement science and measurement standards”.

10 Dalla pubblicazione del BIPM VIM “International Vocabulary of Metrology”, Edizione 2008.

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Come si evince dalla definizione data da BIPM, quantity value è un’entità più legata a ciò che siamo normalmente abituati a trattare, cioè non afferisce direttamente alla proprietà intrinseca del fenomeno studiato.

Definiti quantity e quantity value, l’operazione di misura è ciò che li lega. In particolare si riporta la definizione contenuta nel VIM di measurement:

“process of experimentally obtaining one or more quantity values that can reasonably be attributed to a quantity”.

Nelle note e annotazioni del VIM a quest’ultima definizione è esplicitato cosa si intende per experimentally, sottolineando che la misura non è solo il numero, ma è anche e soprattutto comprensiva del modo in cui la si rileva. Da questo punto di vista quanto accennato nel primo capitolo riguardo le skill degli idrografi appare quanto mai rilevante.

Di estremo interesse è infine l’annotazione 3 alla definizione di measurement riportata nel VIM:

“This Note is intended to explain what is needed in order to carry out a measurement. It is first necessary to choose a target measurement uncertainty, and then choose an appropriate procedure and measuring system for performing the measurement in order not to exceed the target uncertainty”.

L’uncertainty viene collegata alla misurazione, che come si è accennato in precedenza dà come risultato due elementi indissolubili, un number e reference. E la stessa uncertainty da un lato precede l’operazione di misura in quanto determina come poi nella pratica sia opportuno misurare. Dall’altro, la segue, in quanto terminata la misurazione è necessario fornire una stima della rappresentatività della misura attraverso l’incertezza.

Un certo valore misurato, rappresentativo di una quantità, è in definitiva costituto da un numero, il suo riferimento, da una stima dell’incertezza che lo accompagna a partire dalla scelta del sistema di misurazione fino alla conclusione e restituzione del risultato della misura.

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L’errore

Secondo quanto descritto in precedenza, la quantità da misurare (quantity) e la misura (quantity value) differiscono di un certo valore. Peraltro, dalla definizione di misurazione, più misure si possono riferire alla stessa quantità.

Per sottolineare la differenza tra valore misurato (quantity value, noto dopo la misura) e valore vero (quantity, sempre incognito anche dopo la misura) si ricorre al concetto di errore.

Errore è la differenza tra il valore misurato e quello vero, correzione il suo opposto.

La differenza dei due valori è legata alla presenza dell’errore, che non permette alla misura di esprimere nel migliore dei modi la quantità a cui si riferisce.

Gli errori sono modellizzabili in tre diverse tipologie.

Gli errori sistematici sono quelli che hanno valore e segno costante e che quindi mantengono il valore misurato diverso da quello vero di una quantità sempre uguale. Con un’interpretazione più estensiva, sono quelli che si possono considerare almeno in teoria predicibili. Gli errori sistematici hanno una forte connotazione deterministica, nel senso che derivano da cause legate ad un particolare aspetto della misura, purtroppo non sempre nella pratica determinabile a priori. Si pensi, ad esempio, ad un cronometro che eccede sempre le misure di tempo di un secondo. Non è detto che il cronometrista se ne accorga e corregga il tempo misurato togliendo un secondo!

Gli errori sistematici sono insidiosi, in quanto ripetere le medesime misurazioni non porta ad evidenti miglioramenti nei risultati, dato che gli stessi sono affetti tutti dal medesimo valore, chiamato anche bias.

Sono rintracciabili utilizzando diversi strumenti per misurare la medesima quantità oppure calibrando periodicamente gli strumenti. Da evidenziare come l’operazione di calibrazione altro non sia che il confronto delle misure di due strumenti che operano sulla stessa quantità, in cui quello che viene usato per controllare ha una qualità estremamente migliore dell’altro ed è stato a sua volta controllato con uno strumento migliore.

Gli sbagli, seconda casistica di errori, sono dovuti all’operatore che utilizza lo strumento o a comportamenti del tutto anomali dello strumento stesso. Si pensi ad un errore di lettura oppure ad un valore al di fuori del range atteso della misura. Solitamente gli sbagli hanno valori molto diversi dai valori attesi e possono essere eliminati attraverso opportuni filtri

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passa banda. Rimane ovviamente centrale per eliminarli la strategia che si utilizza per misurare, che comporta che l’operatore sia addestrato a misurare (per esempio, avendo seguito specifica formazione e addestramento) e lo strumento sia affidabile (per esempio operando all’interno delle temperature previste per il suo utilizzo)

Gli errori accidentali (o casuali) sono i residuali. Non hanno una loro propria definizione, ma si può affermare che siano dovuti a svariate cause aventi distribuzioni statistiche diverse.

La somma dei loro effetti sulla misura è come sempre una differenza tra il valore misurato e quello reale; tuttavia il valore di tale differenza è diverso per ogni misura della stessa quantity. Rappresentano la soglia limite di qualità delle misure di un certo strumento opportunamente calibrato e utilizzato in condizioni standard (in cui risultano quindi minimizzati sbagli e errori sistematici).

A differenza delle precedenti tipologie, gli errori casuali si possono modellizzare. Da indagini statistiche (che analizzano le misure una volta che siano noti i valori misurati) è stato provato, dopo aver operato misure di una stessa quantità in uguali condizioni, che questi errori hanno valori più frequentemente piccoli in modulo e simmetrici rispetto al valore vero.

Ribaltando il punto di vista, e quindi modellizzando a priori la distribuzione degli errori accidentali, è possibile dimostrare che la distribuzione degli errori casuali segue una certa legge matematica, chiamata distribuzione di Gauss. Siamo in questo caso nel campo del calcolo delle probabilità: prima di effettuare l’operazione di misura è possibile stimare come avverranno i fenomeni al contorno che influenzeranno la misura stessa.

La distribuzione di Gauss è rappresentabile su un sistema di assi cartesiani avente come ascissa il valore delle misure e ordinata il valore della funzione di Gauss stessa; tale curva modellizza il diminuire della probabilità di errori di valore più alto attraverso un grafico:

 che assomiglia ad una campana ed ha valore massimo in corrispondenza del valore vero o atteso11;

 avente come asintoto l’asse delle ascisse;

 simmetrico rispetto alla retta verticale passante per il valore vero.

La sua formula matematica della funzione di Gauss dipende da due parametri, il valore vero (o atteso) e la varianza.

11 Si ipotizza in questo caso l’assenza di errori sistematici e di sbagli.

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La funzione di Gauss fissa la probabilità a priori che la futura misura sia compresa entro certi intervalli rispetto al valore vero. In particolare la probabilità che il valore sia compreso entro un intervallo distante dal valore vero meno della radice quadrata della varianza (scarto quadratico medio) è di circa il 68%, meno di due volte circa il 95.5%, meno di tre volte circa il 99.7%.

Come si può quindi collegare una serie di valori misurati con la variabile gaussiana?

Innanzitutto vanno stimati il valore vero e la varianza.

Si dimostra che la media delle misure è una stima migliore del valore vero rispetto ad ogni singola misura, considerando che nell’ipotesi di soli errori casuali aventi le caratteristiche sopra descritte, l’errore della media è uguale alla media degli errori e quindi gli errori positivi compensano quelli negativi.

Quindi, non avendo alternative, la migliore stima del valore vero, in assenza di altre informazioni sulla qualità di ogni singola misura che “pesa” uguale secondo la definizione di errore accidentale, è la media delle misure.

La varianza della funzione di Gauss viene stimata attraverso la varianza calcolata rispetto alla media delle misure.

In questo modo si collega una variabile casuale, nota a priori e costruita proprio sulla base dell’evidenza sperimentale, ad una variabile statistica nota solo dopo le misure. Ovviamente questa modellizzazione funziona solo in presenza dei soli errori accidentali e riparandosi il più possibile da fluttuazioni statistiche, che sono tanto più piccole tanto maggiore è il numero di misure.

In situazione miste, ed in presenza anche di errori sistematici, il modello va adattato.

Questo adattamento porta a considerare che una buona stima degli errori accidentali sia sempre rappresentata dallo scarto quadratico medio delle misure, in quanto gli errori sistematici fanno aumentare o diminuire le misure di uno stesso valore che non ha influenza sul calcolo dello scarto (in altre parole, trasla la curva degli errori lungo l’asse delle ascisse senza modificarne la forma); la differenza tra il valore medio e quello vero è invece rappresentativo degli errori sistematici, dovuto alla stessa traslazione accennata in precedenza.

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Quanto fin qui delineato vale rigorosamente per le grandezze ad una dimensione, quindi per la maggior parte delle misure in idrografia. Esistono misure in più di una dimensione, ed in idrografia la principale grandezza avente dimensioni maggiore di uno è la posizione, oggi determinata nella stragrande maggioranza delle applicazioni dai Global Navigation Satellite System (GNSS).

Per semplificare la trattazione della grandezza “posizione” è opportuno scomporre il risultato nelle singole misure fisiche effettuate dallo strumento, facendo riferimento alle osservabili, cioè quei fenomeni rilevabili attraverso la misura. Si pensi, per la posizione, a misure di fase sul segnale portante dell’onda elettromagnetica o differenze di tempi attraverso codici modulati sulla portante del segnale GNSS. La singola misura di fase o codice obbedisce alle regole già descritte, la loro combinazione utilizzata per ottenere la posizione evidentemente no. Si può però affermare che ogni misura fisica su un satellite GNSS determina un luogo di posizione (line of position, LOP), luogo di tutti e soli i punti su cui giace l’antenna del ricevitore a meno ovviamente dell’errore di misura.

Esiste un parametro indipendente dalla qualità della singola misura che influenza i risultati.

Tale parametro è rappresentato da come le misure interagiscono tra loro, in particolare dalla distribuzione geometrica nel cielo dei satelliti e dalla loro distanza angolare. Più i luoghi di posizione si intersecano con angoli prossimi a 90°, più la regione di spazio entro cui la posizione reale e attesa è piccola: tende a diventare, nel caso bidimensionale, un cerchio di errore in alternativa al caso generale rappresentato da un’ellisse.

Da un punto di vista operativo, affinché la geometria tra misure del ricevitore si ripercuota quanto meno possibile sul dato in uscita della posizione, è necessario mettersi al riparo da intersezioni di luoghi di posizione con angoli piccoli. Siccome non si possono materialmente modificare le posizioni dei satelliti in cielo, le strategie devono essere diverse:

- siccome le posizioni dei satelliti e del ricevitore possono essere stimate, si può scegliere il momento della giornata in cui ci sarà una configurazione geometrica della costellazione migliore;

- dotarsi di ricevitore in grado di misurare osservabili da tutti i satelliti presenti, seppur appartenenti a diverse costellazioni (siano essi, ad esempio, GPS, GALILEO, BEIDOU, GLONASS);

- operare più misure, misurando più fasi sulle differenti portanti dei vari sistemi GNSS;

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- evitare di perdere la ricezione di alcuni satelliti, per esempio per la presenza di ostacoli fisici (in particolare, essendo i satelliti alle nostre latitudini più concentrati verso l’emisfero meridionale, aggirare eventuali ostacoli lasciandoseli verso nord).

È possibile operare il monitoraggio real time durante le misure della bontà geometrica della costellazione attraverso i parametri diluition of precision (DOP) che i ricevitori GNSS stimano durante il loro funzionamento. Un basso valore corrisponde ad una buona geometria.

Tale basso valore garantisce che i LOP abbiano intersezioni che generano un’ellisse di errore prossima alla forma di un cerchio, e che in definitiva la misura di posizione sia fortemente correlata alla qualità delle misure delle osservabili (controllabile, con un certo limite, dall’utente) e meno alla geometria (non controllabile dall’utente).

Sotto tale condizione, e solo sotto tale condizione, è possibile semplificare la gestione degli errori casuali, e si può semplicemente moltiplicare lo scarto quadratico medio delle misure lungo una certa direzione (per esempio lungo il Nord) per il valore del raggio di un cerchio legato alla probabilità, come già fatto per il caso monodimensionale. In particolare, negli standard idrografici la misura dello scarto lungo una qualsiasi direzione deve essere moltiplicato per 2.45 per ottenere un cerchio di errore con probabilità del 95%.

Dall’errore all’incertezza

L’errore è la differenza tra il valore vero e quello misurato. Essendo il valore vero sempre incognito (e, per quanto espresso relativamente al concetto di quantity, nemmeno misurabile) l’errore non appare uno strumento direttamente utilizzabile.

Tornando a quanto espresso nel VIM, l’operazione di misura è invece connessa al concetto di incertezza, che da un punto di vista operativo aggira le problematiche definitorie degli errori mantenendone le fondamenta teoriche, soprattutto relativamente alla distribuzione degli errori accidentali.

Al pari delle precedenti definizioni, nel VIM viene definita anche l’uncertainty:

“non-negative parameter characterizing the dispersion of the quantity values being attributed to a measurand, based on the information used”.

Considerando measurand sinonimo di quantity, la definizione assegna all’incertezza la funzione di descrivere come i valori misurati si disperdano attorno alla quantità da misurare.

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Leggendo soprattutto le note alla definizione si capisce come l’incertezza non separi gli errori sistematici da quelli accidentali, e stimi entrambi facendo riferimento alla sola dispersione di ciò che è il risultato della misura.

Da un punto di vista operativo, rimangono valide le raccomandazioni sottolineate nel precedente paragrafo riguardo la gestione degli errori sistematici e accidentali.

Il concetto di incertezza è ripreso in ambito idrografico con la seguente definizione:

“The interval (about a given value) that will contain the true value of the measurement at a specific confidence level”.12

In questo caso l’approccio è per certi versi opposto (si parte dal valore misurato), ma ovviamente ci si riferisce allo stesso contesto. Il given value non può che essere la misura, unica conosciuta e conoscibile. È un intervallo attorno alla misura che contiene il valore vero (quantity nel linguaggio del BIPM) ad un certo confidence level (CL). In questo caso la dispersione è quantizzata attraverso un certo livello probabilistico, collegato alla probabilità di trovare il valore vero nell’intervallo di incertezza e alla connessa modellizzazione statistica della dispersione stessa. La definizione continua nel seguente modo:

“…omissis…Confidence level of the interval and the assumed statistical distribution of errors must also be quoted. In the context of this standard the terms uncertainty and confidence interval are equivalent”.

L’intervallo è quindi centrato sul valore misurato e stimato scegliendo che tipo di distribuzione probabilistica seguono gli errori per valutare la posizione del valore vero rispetto a quello misurato. Appare da subito evidente che non si può stimare l’intervallo al 100% di CL in quanto tenderebbe ad essere infinitamente grande: non si può essere completamente sicuri che il valore vero appartenga ad un dato CL. Si può essere (o forse si deve essere) ragionevolmente sicuri che lo sia ad un certo confidence level. Infatti il CL è definito:

“The probability that the true value of a measurement will lie within the specified uncertainty from the measured value”.

Il CL è espresso in termini percentuali.

La definizione di incertezza è ripresa in ambito nazionale:

12 Dalla pubblicazione IHO S-44 “IHO Standards for Hydrographic Surveys”, Edizione 2008.

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“per incertezza di un determinato valore di misura si intende una stima in senso statistico, con un determinato livello di confidenza, dell’errore di una misura inteso come differenza tra la misura e il valore reale (mai conoscibile) della grandezza misurata.

La stima dell'incertezza tiene conto degli errori accidentali e dei residui degli errori sistematici dopo la loro individuazione e correzione. Al fine di individuare e correggere questi ultimi e rendere quindi i relativi residui assimilabili a errori casuali, devono essere messe in atto attente procedure di calibrazione, taratura e controllo (dettagliate nell'Annesso 1).

L’attenta applicazione di tali procedure di calibrazione, taratura e controllo garantisce piena significatività al parametro di incertezza prima definito perché elimina la parte maggiore dell’errore sistematico e lo rende di fatto una stima realistica dell’errore vero.”13

Questa definizione media tra le due precedenti visioni, e raccomanda, come già accennato in precedenza, di porre in atto accurate operazioni di calibrazione per mettersi al riparo dagli errori sistematici. Sotto tale condizione la distribuzione degli errori è quella relativa a quelli casuali, unica modellizzabile a livello matematico.

L’incertezza, così operativamente definita, accompagna tutte le misure, ed in campo idrografico è utilizzata in tutti gli standard di riferimento, diventando un parametro che necessariamente va stimato quando si opera. Se non si stima la qualità delle misure attraverso l’incertezza, le misure non sono nemmeno definibili tali.

Number e risoluzione

I risultati della misura sono prima di tutto numeri. L’affermazione appare quasi banale, anche se nasconde alcune considerazioni che è opportuno sottolineare.

Innanzitutto, considerato che si utilizzano strumenti quasi esclusivamente digitali, la misura è un numero decimale finito, cioè con un numero di cifre decimali fisso o fissabile. Tale numero esprime il rapporto tra la misura e la corrispondente unità di misura.

Il numero può essere frutto di una misura diretta oppure frutto di elaborazioni successive alla misura. Per esempio, un ecoscandaglio misura differenze di tempo o di fase, e le distanze sono stimate attraverso la conoscenza della velocità del suono in acqua. Essendo la velocità stimata, il risultato conterrà errori della misura in sé e sulla stima della velocità.

13 Dalla pubblicazione dell’Istituto Idrografico della Marina II 3176 “Disciplinare tecnico per la standardizzazione dei rilievi idrografici”, Edizione 2016.

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Le misure fisiche o quantomeno i dati più vicini alle misure fisiche (chiamati in idrografia raw data) andrebbero sempre registrati e preservati in archivi digitali, in quanto rappresentano quanto di più vicino alla quantità da misurare. La conservazione dei raw data permette inoltre alla misura di essere tracciabile, ed eventualmente in futuro di essere utilizzabile per scopi diversi da quello iniziale (si connetta questo concetto a quanto espresso relativamente alle MSDI nel primo capitolo). Una buona strategia è misurare nella maniera migliore possibile in relazione alle risorse a disposizione (strumentazione, tempo e strategia di misura incluse le capacità degli operatori) e poi scalarla in funzione degli immediati utilizzi, lasciando ai raw data il compito di trasportare nel futuro l’informazione aggiuntiva.

Tornando al numero decimale finito, bisogna stabilire a che cifra fermarsi. In altre parole, decidere la risoluzione del sistema di misura e operare quindi il relativo troncamento. La scelta non è arbitraria, ma legata alla rappresentatività delle cifre. Se uno strumento ha una certa incertezza di misura, per esempio un centimetro, sicuramente la risoluzione dovrà essere minore di un centimetro, altrimenti si perdono cifre significative non rappresentando il fenomeno al limite delle potenzialità a disposizione. Appare però inutile, e spesso anche fuorviante, aggiungere cifre non rappresentative, che ad occhi poco esperti sembrano aumentare la qualità delle misure. In realtà aggiungono solo “spazi bianchi”. La risoluzione va quindi sempre mantenuta minore dell’incertezza di misura stimata, con un rapporto che anche in relazione alle potenzialità dei moderni calcolatori può essere mantenuto tra 1/5 e 1/10.

Il reference

La misura si completa, insieme al numero e alla stima dell’incertezza, con il suo riferimento.

Le note alla definizione del VIM riportano gli aspetti operativi più essenziali. I concetti di measurement unit e measurement procedure sono coincidenti con le comuni accortezze, e esprimono la necessità di definire l’unità di misura e confrontarla con il valore misurato. Il reference material è invece più sostanziale per le misure idrografiche e merita un approfondimento.

Viene così definito:

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“material, sufficiently homogeneous and stable with reference to specified properties, which has been established to be fit for its intended use in measurement or in examination of nominal properties”

Rappresenta la veste concreta del riferimento, che va oltre la sua definizione fisica. Ogni misura ne ha uno proprio, che ovviamente bisogna tenere quanto più possibile simile al campione, in quanto con la sua differente metrica cambia il valore (numero) della misura.

Si pensi alla definizione di metro o secondo. Dalla brochure del sistema internazionale di misura si legge:

“The metre is the length of the path travelled by light in vacuum during a time interval of 1/299 792 458 of a second;”

“The second is the duration of 9 192 631 770 periods of the radiation corresponding to the transition between the two hyperfine levels of the ground state of the caesium 133 atom.”

Ogni strumento che misuri lunghezze oppure tempi risale alla definizione originaria riportata sopra attraverso una catena più o meno lunga di campioni di misura, cui i singoli strumenti si riferiscono. Ovviamente ogni singola misura, sempre affetta da incertezza, ha diversa metrica e porta di fatto ad un numero diverso. Ecco perché una misura senza la relativa metrica (cioè il reference) non è rappresentativa.

In particolare, in idrografia le misure riguardano lo spazio quadridimensionale (tre dimensioni spaziali ed una temporale) ed hanno sempre una connessione fisica diretta o indiretta al territorio. La materializzazione del reference non può che avvenire attraverso punti fisicamente determinati.

Tali punti sono dapprima scelti attraverso un set di regole teorico che determina la geometria del sistema, senza però definirne la realizzazione fisica. Si pensi, ad esempio, al set di regole del sistema di riferimento delle posizioni stabilito dallo International Earth Rotation and Reference Systems Service (IERS) definito International Terrestrial Reference System (ITRS), nell’ambito del quale sono fissate le dimensioni dell’ellissoide di riferimento e il suo posizionamento teorico. Oppure al centro teorico del trasduttore, solitamente indicato nel manuale operativo, a cui le misure sono riferite.

Il set di regole teorico viene poi fisicamente realizzato costituendo parte di quel reference material sopra definito.

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Si pensi, per lo stesso esempio riportato in precedenza, alla realizzazione fisica dell’ITRS attraverso un set di punti materialmente definiti nel mondo che costituiscono il frame fisico del set di regole. Tali punti sono l’International Terrestrial Reference Frame. Essendo i punti in movimento per la tettonica delle placche, non vengono riportate solo le coordinate ma anche la stima del loro cambiamento nel tempo. Essendo inoltre le misure e le stime delle loro variazioni affette da incertezze, i punti possono essere aggiornati (e ricalcolati) periodicamente attraverso una nuova realizzazione del frame. Nel caso del trasduttore, le misure saranno riferite ad un punto fisico presente materialmente del trasduttore, che potrebbe essere diverso da quello teorico e cambiare nel tempo.

Il frame è quindi necessario per ogni misura, e può cambiare nel tempo. Nel caso delle misure idrografiche il frame ha una connotazione spaziale, e materialmente va definito per ogni singola misura. Una deriva del frame, che solitamente ha spostamenti lenti, può causare errori sistematici nella misura.

Un accenno merita il riferimento temporale, che realizza il reference rispetto alla quarta dimensione caratterizzante delle misure idrografiche. Al pari dello spazio, tutte le misure idrografiche hanno un reference temporale. Anch’esso ha una realizzazione materiale nel mondo attraverso un set di orologi atomici che mantengono il Coordinated Universal Time (UTC), a cui le misure dovrebbero riferirsi. L’orario UTC è direttamente misurabile dai moderni ricevitori satellitari GNSS e disponibile in uscita dallo strumento al pari della posizione.

Oltre l’incertezza e il reference

Il capitolo ha affrontato la misura partendo dalle definizioni generali date dal BIPM e applicando tali concetti al mondo idrografico e alle sue peculiarità. Un ultimo accenno meritano le connessioni che l’incertezza ha con il riferimento scelto per le misure.

Gli strumenti di misura sono caratterizzati da una loro qualità intrinseca, che si esprime nella loro capacità di misurare una certa quantità con risultati vicini tra loro e, se opportunamente calibrati, anche vicini al valore vero della quantità da misurare.

Si delineano di seguito due parametri utilizzati nell’ambito idrografico che valutano quantitativamente il comportamento di un certo strumento.

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 Precisione: capacità dello strumento di fornire risultati concentrati tra loro nella misura della stessa quantità. Tale caratteristica viene solitamente valutata attraverso misure di dispersione statistica, per esempio la varianza o lo scarto quadratico medio. I loro valori sono forniti, di massima, come dati di targa dello strumento. Più bassi valori dello scarto quadratico medio corrispondono a strumenti più costosi perché più precisi e capaci di ottenere misure ripetibili. Da considerare che un utilizzo non corretto dello strumento, dovuto ad esempio a procedure errate, ne allontana le prestazioni da quelle di targa;

inoltre, la precisione delle misure non garantisce necessariamente che le stesse siano coerenti con il valore vero della quantità da misurare.

 Accuratezza: caratteristica dello strumento di fornire risultati coerenti con la quantità da misurare (valore vero). L’accuratezza è valutata con stime della deriva nel tempo della misura. Affinché uno strumento sia accurato deve essere calibrato nel tempo.

Per valutare praticamente l’accuratezza di uno strumento ci sono due possibili procedure. La prima, più efficace, presuppone la conoscenza del valore vero della grandezza da misurare (circostanza che avviene, per esempio, in un poligono di calibrazione); raccogliendo sufficienti misure della stessa quantità e facendone la media, si elidono gli errori accidentali; la differenza residua tra valore medio e quello vero stima accuratezza strumentale.

La seconda, meno efficace ma comunque valida, sfrutta la misura ripetuta della stessa quantità con strumenti diversi e precisioni comparabili; mediando le misure di ogni strumento si elidono gli errori casuali; le differenze residue tra i valori medi stimano il comportamento relativo di due strumenti che hanno misurato la stessa grandezza in maniera indipendente, e sono legate ad una possibile scarsa accuratezza di almeno uno degli strumenti utilizzati.

Oltre alle valutazioni quantitative, sono utilizzati anche concetti di carattere più qualitativo che collegano il reference frame dello strumento (internal) a quello assoluto della quantità da misurare (external).

 Ripetibilità: capacità di uno strumento di ripetere i risultati di una certa misura coerentemente con il proprio reference frame; è talvolta anche definita relative accuracy.

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 Prevedibilità: capacità di uno strumento di fornire risultati coerenti con il reference frame esterno, assoluto; per esempio per misure di posizione quello geografico. È talvolta definita anche absolute accuracy.

La differenza tra i concetti di ripetibilità e prevedibilità è essenziale per valutare dove siano nascoste le principali fonti di incertezza. Se la misura non è prevedibile è intrinsecamente instabile e quindi i correttivi vanno ricercati nel tipo di strumento, nel suo corretto utilizzo, nella strategia di misura. Se la misura è ripetibile ma non prevedibile, le fonti di incertezza vanno ricercate nei disallineamenti tra internal ed external reference frame, i quali possono essere dovuti a bias dello strumento, errata materializzazione del datum, errato inserimento di dati al contorno alla misura. Si pensi, ad esempio, ad una misura di tempo che stima una distanza attraverso la conoscenza della velocità; se la velocità è errata la distanza viene sistematicamente distorta.

Oltre la singola misura: la combinazione di più misure

Tutto ciò che si è delineato nel presente capitolo vale quando si raccoglie una misura e la stessa è l’unica utile ai fini del risultato. Qualora più misure si combinino tra loro ai fini di ottenere un certo risultato, ovviamente anche le incertezze vanno opportunamente combinate al pari delle misure stesse.

Per esempio, un sistema di tipo acustico che misura la profondità combina l’incertezza dello strumento che misura il tempo che ha impiegato il raggio acustico nel raggiungere il fondo marino e tornare indietro con la necessità di trasformare il tempo in distanza attraverso la misura della velocità dell’onda acustica in acqua. Siamo di fronte a due misure, una di tempo e una di velocità che si combinano per ottenere una misura di distanza.

Se le incertezze sono espresse con unità di misura diverse non sono evidentemente combinabili. Se invece concorrono alla formulazione degli stessi risultati è necessario operare le dovute trasformazioni affinché il risultato sia accompagnato da una stima della sua incertezza.

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Senza entrare in una trattazione matematica completa14, è necessario considerare che le incertezze sulla misura raccolta (di tempo, per esempio) si ripercuotono sul risultato attraverso le formule che legano i risultati a misure, e tali formule di trasformazione da una grandezza all’altra non sempre sono lineari.

Tenuto conto delle dipendenze, quindi, una volta trasformate le incertezze in unità di misura omogenee a quelle dei risultati (per esempio, da incertezze sul tempo in secondi si passa ad incertezze sulla distanza in metri) è opportuno tenere in considerazione che quando si combinano incertezze provenienti da diverse misure utilizzate per ottenere un unico risultato, le stesse non si sommano semplicemente algebricamente.

Nel caso in cui le stesse misure siano indipendenti (caso spesso applicabile in idrografia) le relative incertezze si combinano come radice quadrata della somma dei loro quadrati. Se le misure hanno diverse incertezze, il risultato sarà molto più condizionato da quella più grande all’aumentare delle differenze tra le incertezze stesse.

Torniamo all’esempio sulla profondità. Supponiamo che per una certa misura di profondità si utilizzi un ecoscandaglio la cui misura di tempo si ripercuote sulla stima della profondità con un’incertezza (con un CL che si suppone al 95%) di 5 cm; viene misurata con uno strumento diverso, un profilatore acustico, la velocità del suono in acqua e la sua incertezza si ripercuote sempre sulla profondità con un’incertezza di 1 cm. L’incertezza risultante, non risulterà 6 cm, somma dei valori, bensì 5,1 cm, radice quadrata della somma dei quadrati dei valori, valore molto vicino al contributore più grande.

Lasciando ad altri contesti la trattazione matematica, il concetto da tenere in forte considerazione durante le operazioni di misura è che le incertezze di valore maggiore pilotano la qualità delle misure, influenzandola pesantemente. Valori di incertezza simili portano il sistema ad essere più resiliente e sostenibile. Si consideri, infatti, che al netto delle calibrazioni, le incertezze sulle misure dipendono dalla qualità degli strumenti, ed indirettamente dai loro costi. È inutile avere uno strumento di altissima qualità e un altro di bassissima qualità. Inoltre, ribaltando il punto di vista, un solo strumento scadente oppure mal calibrato rischia di far degradare pesantemente le misure raccolte con procedure corrette.

14 Per un approfondimento si veda Hare, R., Godin, A. and L.A. Mayer (1995). Accuracy estimation of Canadian swath (multibeam) and sweep (multitransducer) sounding systems. Technical report, Canadian Hydrographic Service.

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Bisogna soppesare le incertezze di tutti gli strumenti utilizzati, mantenerli calibrati per evitare bias che, come si è visto, concorrono nella stima dell’incertezza, ed usarli secondo procedure consolidate in modo da avvicinarsi al massimo alle loro migliori performance.

Allontanarsi da questo punto di equilibrio porta, in ogni caso, allo spreco di risorse, siano esse economiche, di tempo o umane, e a risultati che potrebbero non essere in linea con le specifiche del rilievo.

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4D reference frame

Come si è già accennato nel capitolo relativo alla misura, la stessa non può essere definita tale se non è rappresentata dal connubio indissolubile tra un numero, che compara la quantità da misurare con l'unità di misura, e il riferimento, rappresentato dai punti fisici rispetto ai quali la misura è determinata.

Si è inoltre accennato come ogni strumento che operi una misura abbia un suo sistema di riferimento e come attraverso calcoli e combinazioni di più misure si arrivi nel campo idrografico a risultati di misura il cui reference frame ha valenza generale ed è valido per tutti perché stabilito convenzionalmente attraverso accordi.

Il mondo dell'idrografia si muove in uno spazio quadridimensionale, in cui la coordinata tempo è ormai necessaria per collocare le misure nel loro giusto ambito e stimarne la variazione. Raccoglie quindi dati in quattro dimensioni (4D) attraverso strumenti che hanno un loro sistema di riferimento e li combina e trasforma in un sistema di riferimento condiviso per renderli fruibili a diversi utilizzatori attraverso lo sfruttamento di banche dati.

Ogni sistema di riferimento è, nella pratica, una terna di assi cartesiani o coordinate polari nello spazio accompagnata dalla conoscenza del tempo. Val la pena sottolineare che il reference system, secondo il suo significato di set teorico di regole, definisce gli assi nello spazio della geometria euclidea, dove gli stessi assi sono orientati lungo una direzione fissata e ortogonali tra loro e i punti di origine non hanno dimensioni. Il tempo è fissato da definizione di transizione atomica.

Ogni riferimento spaziale (chiamato datum in Italia, reference frame nella prassi in ambito internazionale) non è però solo un set di regole, è anche la sua realizzazione fisica e concreta. Ognuna di tali realizzazioni, però, presuppone l'esecuzione di misure, che di per sé sono incerte15. E che quindi definiscono un reference frame che nella realtà non è fatto da assi perfettamente ortogonali e punti privi di dimensioni, ma da assi che possono essere distorti e punti che in realtà sono piccole porzioni di spazio. La stessa metrica del sistema di riferimento (l'unità di misura) può essere distorta portando a variazioni di scala da un

15 Si pensi al fatto che lo strumento più in uso nel posizionamento, il GNSS, misura coordinate che tutti usano, ma che sono di fatto sono riferite ad un ellissoide teoricamente definito ma che nella pratica nessuno ha mai visto! O meglio nella pratica è materializzato da una serie di punti di coordinate note che realizzano appunto il frame.

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sistema di riferimento all'altro. La materializzazione dell’unità di misura negli strumenti che misurano lunghezza, non ha fisicamente la lunghezza di un metro, affermazione che prima di introdurre i precedenti concetti sarebbe potuta sembrare paradossale ma che ora appare normale, anzi forse ci si sarebbe stupiti del contrario.

Di seguito si analizzeranno le principali tipologie di reference frame dell'idrografia, considerato che, a meno delle variazioni di scala cui si è già accennato, ognuno di essi può essere modellizzato (reference system) come terna di assi cartesiani coordinati nello spazio e che, fissando il tempo, per passare da uno all'altro è necessario un modello a sei parametri, in cui i sistemi di riferimento rigidamente vincolati tra loro nel caso più generale hanno diversa origine (tre coordinate diverse dell'origine che determinano tre traslazioni) e diverso orientamento degli assi (tre angoli nello spazio che determinano tre rotazioni).

Il reference frame strumentale

Ogni strumento, per misurare, ha bisogno di un suo reference frame. È opportuno quindi, quando si utilizzino strumenti per fare misure, conoscere e sapere come sia posizionato il frame al fine di capire il corretto contenuto informativo dei dati raccolti.

Gli strumenti principali sono di tre tipi, affiancati da due strumenti ausiliari. Sono strumenti per il positioning, per la profondità, per l’assetto nello spazio e quelli ausiliari per la misura dello stato del mezzo di propagazione (velocità del suono) e il livello verticale.

A premessa di tutto, essendo il campo di misura quadridimensionale, ogni misura deve contenere il necessario riferimento temporale. In seguito si analizzerà come viene reso disponibile tale riferimento. In funzione delle incertezze di misura richieste, lo strumento può avere un proprio orologio da rifasare manualmente con il riferimento standard oppure un’interfaccia automatica verso un sistema più accurato che determina il tempo, che oggi è rappresentato dal GNSS.

Gli strumenti per il positioning sono oggi rappresentati principalmente da GNSS, ricevitori in grado di misurare codici e fasi multi-frequenza delle costellazioni satellitari disponibili. Il reference frame dello strumento è rappresentato dal centro di fase dell’antenna ricevente.

Non ha assetto angolare misurando le coordinate di un punto. I GNSS misurano anche il tempo, e quelli idrografici rendono disponibile in uscita il segnale di sincronizzazione che

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può essere inviato agli altri strumenti (solitamente la combinazione di un segnale su stringa seriale e un impulso elettrico denominato Pulse Per Second, PPS).

Gli strumenti per l’assetto sono combinazioni di più antenne GNSS e piattaforme inerziali costituite da giroscopi e accelerometri. Generalmente le piattaforme inerziali sono calibrate presso la ditta costruttrice e il reference frame è un punto fisico presente e marcato sulla piattaforma di misura associato ad una terna di assi cartesiani nello spazio avente come origine il punto stesso. Se una certa direzione (per esempio la prora dell’imbarcazione) è misurata attraverso due ricevitori GNSS, la direzione è individuata dal vettore congiungente i centri di fase delle rispettive antenne.

Gli strumenti per la misura della profondità utilizzano trasduttori per convertire l’energia elettrica in acustica in trasmissione e l’opposto in ricezione. Il centro di fase del trasduttore ed i rispettivi assi (individuati sul trasduttore stesso) materializzano il reference frame dello strumento rispetto al quale determinare le trasformazioni delle misure.

Gli strumenti ausiliari hanno anche loro un reference frame. Per quelli che determinano le caratteristiche fisiche del mezzo (per esempio, la temperatura dell’acqua utile alla determinazione della velocità del suono in acqua) il sensore di temperatura va associato alla sua posizione nello spazio, ovvero una coppia di coordinate planimetriche e l’altezza rispetto ad un certo riferimento, se ci si riferisce al pelo libero dell’acqua la profondità.

Per la misura del livello dell’acqua, il problema è sostanzialmente analogo, ricordando che quello che serve è la distanza tra il pelo libero dell’acqua ed un certo riferimento fisico presente nell’ambiente di misura, per esempio il profilo della banchina (si pensi di misurare il livello del mare rispetto allo zero strumentale di un certo mareografo; smontando lo strumento si perde anche la connessione dei dati ad un riferimento fisico; il profilo della banchina, invece, rimane materializzato permanentemente sul territorio e può essere riutilizzato).

Tra gli strumenti e i risultati: il body frame

Nonostante ogni strumento registri i dati rispetto ad un proprio frame e l’obiettivo finale sia quello di trasformare i dati nel frame standard in modo da renderli interscambiabili e rappresentativi per tutti, sovente si passa per un frame fittizio, che non è direttamente collegato né alla misura né ai risultati ma serve da ponte per combinare al meglio le misure.

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Tale frame è solidale con il mezzo su cui sono installati gli strumenti e prende il nome di body frame. Nel caso di un’imbarcazione idrografica è solidale a allo scafo e viene solitamente chiamato vessel reference frame.

Gli assi del sistema sono solidali al mezzo e teoricamente orientati lungo l’asse longitudinale, quello trasversale e quello verticale. Nella realtà tale reference system viene materializzato attraverso punti noti sull’imbarcazione. Ovviamente la perpendicolarità e l’incontro degli assi nel centro dell’imbarcazione, che solitamente è rappresentato dal suo centro di gravità, non possono essere perfettamente rispettati nella realizzazione del frame.

Il reference frame planimetrico

Ogni misura idrografica è direttamente o indirettamente connessa al territorio, e per capire dove è necessario assegnarle una posizione. Come si è premesso, la coordinata tempo completa il pacchetto minimo di informazioni ausiliarie relative a tutte le misure. La posizione è tradizionalmente espressa rispetto ad un reference frame ellissoidico, sul quale sono definite le coordinate di latitudine e longitudine.

Sebbene praticamente tutti i sistemi di riferimento utili in idrografia facciano uso dell’ellissoide come figura geometrica definita per misurare le coordinate planimetriche, le misure dell’ellissoide (reference system) e soprattutto la sua materializzazione (reference frame) sono state storicamente diverse e anche oggi lo sono in qualche caso.

Nella storia dei sistemi di riferimento ellissoidici si è assistito a tre tendenze principali.

La prima, centripeta, ha visto materializzazioni locali utili per contesti nazionali o tutt’al più regionali. Rientra in questa casistica il Roma 40. La realizzazione fisica dell’ellissoide parte dalla rigida imposizione delle coordinate di un punto di coordinate note (per esempio, per via astronomica), la coincidenza di verticale locale e normale all’ellissoide, della quota ellissoidica uguale a quella fisica, oltre ad un azimut di orientamento (per il Roma 40 quello tra Monte Mario ed il Monte Soratte). Tale realizzazione viene poi completata con misure di azimut e distanza dal punto di emanazione verso la periferia. Il problema sostanziale di tale approccio è il fatto che i sistemi erano prevalentemente nazionali, e quindi tra nazioni diverse, non utilizzando lo stesso frame, nelle zone di confine si avevano diversi valori di coordinate.

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Il passo successivo, centrifugo e per certi versi opposto, è stato storicamente legato alla necessità di fornire un riferimento globale ad un sistema di posizionamento, il GPS, che nasceva con l’obiettivo militare di posizionarsi ovunque nel globo. Si sono creati quindi sistemi di riferimento geodetici con orientamento medio globale con misure e punti sparsi nel globo. Questo approccio si è oggi evoluto dal WGS 84, sistema di riferimento del GPS, all’ITRS, riferimento indipendente dai sistemi che possono utilizzarlo.

La tendenza intermedia, che media le due, vede la realizzazione di sistemi di riferimento regionali che anche in questo caso per opposte tendenze hanno preso forma sia dall’approccio locale che da quello globale. Per esempio, da quello locale nacque in Europa durante la guerra fredda l’European Datum 50, per scopi militari. Con tendenza opposta, invece, partendo dal frame globale si è avvertita l’esigenza di creare sistemi di riferimento macro regionali, che mediassero le esigenze mondiali con quelle locali. In questa casistica rientrano l’ETRS europeo ed il NAD nordamericano.

A prescindere dalle diverse realizzazioni, il passaggio da un sistema di riferimento ad un altro presuppone un modello che puntualmente si può approssimare a sette parametri (tre traslazioni, tre rotazioni ed una variazione di scala per la diversa metrica); attraverso tali parametri che variano da punto a punto, si realizza un cambio di datum con incertezza sub- metrica.

Oggi, in idrografia le coordinate vanno rese nei sistemi di riferimento moderni, siano essi globali o macro regionali, e le coordinate nei vecchi orientamenti locali vanno trasformate utilizzando opportunamente il modello a sette parametri sopra descritto.

Il reference frame verticale

Definite le coordinate planimetriche della misura, per gran parte delle misure idrografiche, a partire da quelle di profondità, è necessario fissare anche un riferimento verticale.

Trattandosi di misure in mare, tradizionalmente sono state collegate alla posizione fisica del pelo libero dell’acqua. Essendo tale profilo in continuo movimento (si pensi, ad esempio, a maree e onde), ne va fissata una posizione particolare per utilizzarla come livello di riferimento. Il riferimento più immediato è quello del livello medio del mare (LMM o in inglese mean sea level, MSL). Tale riferimento viene fissato misurando in un dato luogo il livello del mare e mediandolo per un periodo sufficientemente lungo tale da filtrare le oscillazioni di

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breve periodo. Al contempo, siccome nel lungo periodo il livello medio tende ad aumentare, bisognerà mantenere l’intervallo non eccessivamente lungo. L’IHO, attraverso la risoluzione 3/191916 e successive modificazioni ha individuato, almeno per le maree oceaniche, un anno come bilancio tra le opposte esigenze.

La posizione fisica del MSL in un dato luogo determina la superficie equipotenziale del campo della gravità usata come riferimento. Il vantaggio sostanziale di utilizzare tale superficie è quello che è fortemente legata alla posizione dell’acqua in quel periodo, essendo rappresentativa per tutte le attività che dipendono dalla posizione dell’acqua (si pensi, ad esempio, alla navigazione per l’underkeel clearance oppure al port management).

Ha lo svantaggio di variare nel tempo e quindi ha la necessità di essere continuamente monitorata.

Dalla posizione del MSL derivano tutti i datum di marea, cioè i livelli che invece di riferirsi alla posizione media dell’acqua si riferiscono ad una posizione di alta o bassa marea astronomica o più alte o più basse maree sempre di tipo astronomico. Va ricordato che tali datum, che tradizionalmente si utilizzano nelle carte nautiche, fanno riferimento alla sola marea astronomica, trascurando gli effetti che particolari condizioni meteorologiche possono avere sul livello del mare.

Questi riferimenti fisici sono oggi connessi al datum ellissoidico. Come si è visto nel paragrafo precedente, il datum ellissoidico è la base per la misura delle posizioni, inclusa l’altezza. Va considerato che l’ellissoide ha natura geometrica, mentre il MSL ha natura fisica, quindi il raccordo tra i due non può che essere effettuato da misure doppie e contemporanee. Tale differenza è rappresentativa solo localmente, in quanto la diversa natura dei livelli non permette una loro differenza costante. La comodità di utilizzare il datum ellissoidico è legata al fatto che i GNSS possono materializzare l’ellissoide attraverso la misura e quindi riferire la misura di profondità direttamente al datum. Nota poi la differenza locale tra ellissoide e MSL si possono riferire le misure al più pratico riferimento fisico. Da considerare che quando gli utenti della misura, per esempio le navi che navigano su una carta nautica, saranno in grado di misurare la quota ellissoidica con accuratezza sufficiente, la stessa potrà essere utile per capire direttamente la propria posizione rispetto al fondo. In

16 Dalla pubblicazione IHO M-3 – Resolutions of the International Hydrographic Organization updated to June 2017.

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pratica si potranno riferire le profondità delle carte nautiche all’ellissoide “svuotando”

virtualmente il mare di acqua.

Rimane al margine il riferimento fisico utilizzato per le operazioni a terra, il geoide. Nella pratica, come abbiamo accennato, l’idrografia crea il suo geoide localmente attraverso il MSL. Il collegamento alla superficie di riferimento utilizzata a terra per le quote appare utile solo marginalmente, oltre a non essere direttamente considerato necessario nelle raccomandazioni dell’IHO. Tale asserzione è altresì valida per il fatto che il MSL non è ovunque sulla stessa superficie equipotenziale del campo della gravità. Ciò accade per svariate ragioni, tra cui sicuramente quelle legate alla geometria locale del bacino che non permette all’acqua di disporsi su un livello equipotenziale.

Il reference temporale

Un accenno finale nel capitolo merita il reference frame temporale, che come si è già sottolineato caratterizza tutte le misure idrografiche.

Il tempo è tradizionalmente legato ai movimenti della Terra, di per sé però non sufficientemente stabili per poter rappresentare un riferimento adeguato per tutte le operazioni idrografiche.

Per ovviare a tale inconveniente, il tempo che si utilizza è legato a transizioni atomiche, più stabili e realizzabili attraverso orologi atomici. Un network di orologi sparsi per il mondo, gestito dal BIPM; materializzano il tempo atomico internazionale (TAI, temps atomique international). Al fine di allineare il tempo atomico a quello della Terra, fino a due volte l’anno lo IERS può emanare un bollettino che avvisa gli utenti di far saltare al TAI un secondo intero (leap second). Questo tempo atomico corretto di un numero di secondi interi per venire incontro ai movimenti della Terra è denominato UTC, ed oggi appare essere il tempo più solido da utilizzare per le misure idrografiche17.

L’UTC è misurato e disponibile in uscita dai GNSS utilizzati per scopi idrografici; il segnale di clock (chiamato PPS) sincronizza gli orologi dei vari strumenti a UTC. Le considerazioni fatte nel precedente capitolo riguardo gli errori sulla posizione determinata da sistemi

17 La risoluzione numero 7/2009 contenuta nella pubblicazione M-3 dell’IHO prescrive di usarlo in tutte le pubblicazioni nautiche.

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satellitari sono valide anche per la misura di tempo. In particolare, un degrado dell’incertezza sulla posizione si estende anche alla misura di tempo, rendendola più incerta.

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