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Il ‘Progetto traguardo’ All’elenco di ragioni che spiegano

la necessità del Progetto traguardo se ne potrebbero aggiungere altre, ma forse quelle riportate nel capitolo precedente bastano a spiegare perché la definizione di un ‘progetto traguardo’ – livello superiore di quello di razionalizzazione già descritto – faccia fare un notevole salto di qualità all’operazione intrapresa

dall’Amministrazione comunale. Si può aggiungere che non ci sono contrasti tra il Progetto di

razionalizzazione e il Progetto traguardo

e che tutto quanto è previsto dal primo viene assunto dal secondo solo operando minimi aggiustamenti che rafforzano la coerenza del sistema complessivo.

I due terminali del ‘fuso strutturale

longitudinale’:

l’albergo e l’inceneritore a est l’albergo

Il Progetto traguardo è illustrato graficamente in modo sintetico (né, considerata l’eventuale durata temporale della sua attuazione, risulterebbe ragionevole essere più specifici); basterà aggiungere dunque alcune precisazioni verbali.

Il vero e proprio territorio de Le Piagge sarà delimitato a ovest da un albergo di alta categoria – come già descritto nel Progetto di

razionalizzazione – che sarà accessibile

dalla viabilità maggiore attraverso un raccordo con il ponte dell’Indiano; ma naturalmente anche attraverso i percorsi del sistema interno di circolazione automobilistica, ciclabile e pedonale del fuso strutturale

longitudinale connesso con la nuova

arteria adiacente al parco delle Cascine, come prevista dal Piano strutturale. Il grande parco che isola l’albergo dai rumori e dai gasi di scarico deborderà al di là dei suoi confini, migliorando le condizioni ambientali dell’intera zona.

È stata condotta una rapida inchiesta interpellando alcuni operatori alberghieri fiorentini ed è risultato che si tratta di una destinazione non solo possibile ma desiderabile, data la sua vicinanza al centro storico e al nuovo insediamento di Novoli. La

condizione è che si distingua dalle piccole strutture ricettive che sono nei dintorni e che sia di alto livello; inoltre che sia dotato di una cornice naturalistica rigogliosa e fortemente protettiva.

Dovrebbe trattarsi di un albergo con una capacità presumibilmente di 120-180 stanze, circondato da campi da gioco, garage, parcheggi, ristoranti, auditorium, sale per riunioni e convegni. L’altezza del corpo di fabbrica non dovrebbe essere maggiore di 5 piani.

Diciamo ora dell’altro terminale del

fuso strutturale longitudinale, che si

trova all’estremo opposto ovest ed è l’inceneritore.

Alcune questioni generali sul problema dell’inceneritore

Guardando le immagini di questa grande, e tutto sommato interessante, costruzione e raccogliendo le svariate osservazioni che le commentano, si ha l’impressione che l’inceneritore sia per l’Amministrazione comunale di Firenze un imbarazzante ‘scheletro nell’armadio’. E non potrebbe essere diversamente, dal momento che questa struttura è stata costruita e non usata, che è costata molto, che ha una dimensione assai notevole, che la sua demolizione comporterebbe costi molto rilevanti, ecc. … ecc. …; tanto più che stiamo attraversando un periodo in cui tutti demonizzano gli inceneritori e condannano chi li realizza o li ha già realizzati, come fossero causa e non effetto di un grave problema territoriale che bisogna pure affrontare.

Il punto per uscire dalla reticenza e dalla crisi è di rovesciare la questione e

per esempio che a Parigi, a La Villette, era stato costruito un macello colossale che doveva servire tutta la città e invece, all’ultimo momento, essendo cambiato spontaneamente tutto il sistema di distribuzione, è stato deciso di non usarlo e di trasformarlo invece nella Città della scienza. Questo è avvenuto, e il successo è stato clamoroso non solo perché la nuova struttura è una delle più avanzate, aggiornate e sollecitanti al mondo, ma anche perché la sua presenza ha rivitalizzato tutto il quartiere inducendolo a un profondo rinnovamento delle sue strutture residenziali e di servizio.

Quello che si propone è dunque di trasformare l’inceneritore in una struttura dedicata a un insieme di attività di ricerca ambientale avanzata, a raggio di azione internazionale, possibilmente unica nell’area europea. La definizione del suo sistema organizzativo, e quindi anche il suo titolo, è compito del Progetto

traguardo che ci arriverà attraverso

informazioni più precise su quanto si sta muovendo in questo senso entro i grandi programmi di ricerca patrocinati dall’Onu, l’Unesco, la Banca mondiale, i grandi Istituti di credito, le Fondazioni internazionali. Ma per dare subito un indirizzo da cominciare a esplorare, si può dire che il suo titolo potrebbe essere, per esempio, ‘Centro internazionale per la ricerca, il risanamento e la riqualificazione dell’ambiente fisico’ (il che comprende tutto, dall’agricoltura alle microbiologie).

In realtà dovrebbe trattarsi di un coacervo di centri di ricerca differenziati e coordinati tra loro,

che trovano al lavoro nel grande complesso edificato alcuni nuclei di attività permanente nonché una pluralità di satelliti che vi risiedono per periodi di diversa durata e per affrontare problemi estremi, le cui soluzioni convergeranno e integreranno le attività dei nuclei stabili.

Oltre le varie attività di ricerca permanenti e temporanee il complesso dovrebbe ospitare laboratori a alta attrezzatura, auditorium, aule, biblioteche, foresterie, spazi per il tempo libero, per lo sport e per la cura del corpo, eventualmente residenze per gli ospiti temporanei italiani e stranieri.

Inutile aggiungere che la realizzazione dell’iniziativa implica notevole impegno organizzativo e economico per l’Amministrazione e che questo risulterebbe insostenibile senza un sostanziale appoggio di risorse provenienti dalle agenzie internazionali delle grandi Istituzioni nazionali e europee.

Lo spazio aperto che sta intorno al complesso edificato è grande abbastanza da accogliere comodamente i raccordi con l’autostrada, i parcheggi, i percorsi della viabilità interna, un’ampia zona a parco molto caratterizzata in termini ambientali.

A occidente la grande area umida e parzialmente inquinata

A ridosso dell’ex inceneritore, verso ovest, si estende una grande area che attualmente è inutilizzabile perché in gran parte inquinata. Si pone quindi prima di tutto il problema del suo disinquinamento, che implica notevoli costi e probabilmente medi

e lunghi tempi di attuazione. Ma una volta compiuto il disinquinamento, con risorse prevalentemente esterne ai bilanci comunali, l’area (che può estendersi anche attorno all’inceneritore e svilupparsi ulteriormente nel parco in riva destra) apparirà adatta ad accogliere una struttura per il tempo libero che serva l’intera città e parte del suo circondario.

Un campo da golf bene attrezzato e facilmente accessibile potrebbe essere una soluzione attendibile e positiva, tenendo conto che Firenze è sprovvista di un servizio sportivo analogo essendo il campo da golf più vicino alla città, di dimensioni piuttosto modeste, localizzato a Scarperia. L’impianto comincerebbe con un campo di prova che si estenderebbe nel tempo, man mano che procede il disinquinamento dell’area. Il punto sarebbe di non farlo diventare un luogo aristocratico e esclusivo, ma invece un evento paesistico popolare che si snoda nell’area con percorsi, dislivelli, vallette, corsi d’acqua, laghetti, campi piani o in rilevato o anche in trincea, gallerie brevi, piste sopraelevate, spogliatoi, punti di ristoro, ecc. … a servizio dell’intera città e del suo circondario. Un eventuale prolungamento futuro dell’impianto verso est potrebbe passare anche attraverso alcune gallerie scavate nel rilevato dell’autostrada. Nel parco sono inseriti due centri per attività sportive di dimensioni notevoli. Il primo, collocato in prossimità della via Campania sulla

prima asta descritta nel Progetto di razionalizzazione, potrebbe contenere

palestre per le varie attività e una piscina. Il secondo, collocato tra la

sesta e la settima asta, completa alcune

attività già esistenti. Infatti esiste già ora (sebbene non utilizzata) una struttura leggera che copre un campo da pallacanestro, non lontano un campo di calcio aziendale e un altro piccolo maneggio. Anche in questo caso la ristrutturazione e la presenza del parco potrebbe incentivare la trasformazione e l’inserimento di altre attività, coerenti con la trasformazione complessiva dell’area del parco e le disponibilità dei proprietari delle aree o dell’intervento pubblico.

Sul fronte est, in prossimità del ponte dell’Indiano, si propone di ampliare il vivaio esistente, in modo che costituisca la conclusione di una passeggiata di orti giardino. Nel

Progetto traguardo si dovrà decidere

delle aree attualmente occupate dallo scalo ferroviario, della loro necessità e della loro eventuale riconversione.

L’Oleificio abbandonato

L’insieme dei servizi sociali e

assistenziali della quarta asta trasversale formerà una cospicua aggregazione che assume notevole importanza non solo per Le Piagge ma anche per tutto il territorio circostante, includendo parte del centro storico e i grandi parchi dell’Argingrosso e della riva destra dei Renai. Questo ha indotto l’Amministrazione a pensare di acquisire l’Oleificio abbandonato che, connesso con una notevole area libera, si trova a nord della via Pistoiese. Dovrebbe, secondo le sue prime intenzioni, essere trasformato per farlo diventare un centro destinato non solo all’insediamento di nuove residenze

e iniziative commerciali ma anche di un insieme di attività destinate allo sviluppo culturale e sociale dei giovani: teatro sperimentale, laboratorio informatico, palestra, biblioteca, auditorium, attività artigianali e artistiche, ecc… In questo luogo la possibilità di agire sui due fronti costituisce una delle occasioni più significative di interazione tra i due ambiti urbani che fronteggiano la via Pistoiese. Le soluzioni progettuali che verranno messe a punto potranno anche risolvere il problema con un semplice sovrappasso – architettonicamente significativo – che connetta

direttamente gli spazi pubblici previsti sulle due parti.

Ci vorrà del tempo per la sua realizzazione e soprattutto molto lavoro da parte dell’Amministrazione per arrivare a precisare con chiarezza il programma, mettere d’accordo le varie componenti che vi parteciperanno, trovare le risorse necessarie alla realizzazione, identificare le forme e le modalità di una partecipazione reale che porti il Centro a essere gestito realmente dal basso, col minimo di frizioni burocratiche.

Il ritorno sull’Arno

E veniamo alla questione dell’argine del viadotto ferroviario e del fiume; che attualmente è sbarrato, inaccessibile e invisibile.

La situazione è in tutta evidenza insostenibile; quindi va rovesciata. Non si tratta infatti di come affacciarsi al fiume, ma di poter andare sul fiume e utilizzarlo in più punti con amene attrezzature per lo svago e per il tempo

libero di tutti i fiorentini.

Bisogna tener conto che l’Arno non straripa tutti i giorni e che il viadotto ferroviario ha un’altezza pari a quella di sicurezza nel caso di piena. Allora, quando non c’é la piena e non si prevede che arrivi, si possono aprire ampi varchi nei punti più interessanti lungo il corso del fiume. Quando invece arriva la piena, o si sa che sta per arrivare, si chiudono i varchi ermeticamente; e non ne mancano i mezzi: paratie scorrevoli, porte vinciane, saracinesche a scomparsa elettrocomandate, ecc…

È probabile che realizzino operazioni come il Mose a Venezia o il ponte di Messina in Sicilia; figurarsi se non si possono costruire sistemi più semplici di sbarramento, che non saranno l’unica soluzione e non ne escluderanno altre.

Gli argini potrebbero rimanere quasi come sono ora o migliorati e non è escluso che in alcuni punti si possa salire con strutture metalliche al di sopra del viadotto per guardare dall’alto l’altra sponda e collocare nel paesaggio qualche segno architettonico di riferimento significativo.

L’operazione nel suo insieme è indubbiamente complessa e costosa e forse anche lenta per ragioni burocratiche. Comunque si può prevedere che andrà al di là delle più dirette capacità comunali: economiche, politiche e amministrative. Sarà necessario quindi reperire risorse e energie da programmi nazionali e internazionali e di convogliare sul problema il

contributo di esperti molto qualificati, a partire da quelli per le opere marittime, ferroviarie, idrauliche; per la storia dell’uso del fiume, per le possibilità di navigarlo in modo efficiente e confortevole, ecc... In questa prospettiva è stato già chiesto al Comune di prevedere le collaborazioni necessarie ai progettisti e anche ai suoi stessi tecnici e amministratori in coincidenza con l’avvio del Progetto traguardo.

Ancora sui fini del ‘Progetto

traguardo’

È stato già detto che il Progetto

traguardo sarà l’espressione di quello

che la città, il suo circondario, il suo territorio, dovrebbe diventare secondo le aspettative e le determinazioni dell’Amministrazione comunale, che governa la città. Indirizza e poi osserva criticamente lo sviluppo dei due progetti ‘di razionalizzazione’ e del ‘parco fluviale’ (e altri che dovessero rivelarsi urgenti), condiziona i loro assunti e ne è condizionato inducendo le messe a punto necessarie.

Ma il suo impegno è più ampio e a lungo termine perché deve approfondire i problemi, identificare e studiare e scegliere le soluzioni più appropriate e deve soprattutto identificare le fonti economiche che possano consentirgli di affrontare, per la realizzazione delle opere, i costi alti che esorbitano le possibilità dei bilanci comunali. Questo richiede la concentrazione di rappresentanti di tutti gli Assessorati e la consulenza permanente di qualche Agenzia italiana o straniera che conosce tutti i meccanismi per il finanziamento di programmi ambientali, sociali

e culturali di carattere nazionale, internazionale e soprattutto europeo ed è pronta ad agire con competenza e autorevolezza.

In questo modo i catalani hanno trovato i mezzi economici per rifare Barcellona; non ci sono ragioni perché Firenze non riesca sulla stessa via a risolvere alcuni tra i più urgenti problemi della città, del suo circondario, del suo territorio (de Le Piagge).

La partecipazione

Tra gli aspetti importanti del programma delineato bisogna aggiungere con enfasi particolare la questione della partecipazione degli abitanti de Le Piagge.

La partecipazione non deve essere un’intenzione vaga e demagogica. Deve invece diventare esperienza reale e attiva e costante, dalle scelte alle decisioni, alle verifiche, all’assunzione di responsabilità dirette dei cittadini nella manutenzione delle opere che si eseguono.

Questo implica un grande e lungo impegno da parte dell’Amministrazione e per certi aspetti la messa a punto di alcuni suoi metodi.

Ci sono forze vive nel quartiere e il fatto che qualche volta siano irrequiete o critiche o perfino ostili va preso come segno positivo. L’Amministrazione deve avere un piccolo gruppo (non di paternalisti ma di ‘politici’ realisti e competenti) che accettano di formarsi (disalienarsi reciprocamente da vizi burocratici e autoritari) insieme agli esponenti di quelle forze vive, attraverso un confronto continuo. La partecipazione è sempre diversa perché diversi

sono i luoghi e le circostanze in cui viene proposta; perciò va ogni volta inventata, con immaginazione, coraggio e fantasia. Va aggiunto che con la chiusura di questa fase e l’apertura di quelle successive si apre di fatto il vero spazio perché questa esperienza cominci a dare i suoi frutti nella più precisa definizione degli interventi proposti.

4. Conclusioni

La scissione del processo di pianificazione in due parti

corrispondenti e complementari offre vantaggi e opportunità finora inediti e di grande rilievo.

Prima di tutto, che la prima e più immediata delle due parti (quella chiamata Progetto di

razionalizzazione), essendo svincolata

dall’altra (chiamata Progetto

traguardo) negli scopi, procedure

e tempi, può venire intrapresa con prontezza e agilità, in modo da definire rapidamente gli interventi di integrazione, risarcimento, recupero, ristrutturazione, ecc… necessari, che nascono e si concludono in situazioni reali e concrete, sotto gli occhi di tutti e quindi facilmente valutabili e giudicabili. D’altra parte il ‘controllo’ che gli interventi proposti e realizzati siano coerenti tra loro e con gli scopi generali dell’operazione complessiva viene dal confronto continuo con la seconda parte (il Progetto traguardo) che definisce con precisione i caratteri della configurazione urbana e territoriale che ci si propone di raggiungere.

C’è da dire però che non si tratta di un controllo perentorio e univoco. Al contrario: il tempo che scorre con

ritmi diversi tra i due, lascia spazio a un continuo esame critico dei risultati che si traduce nel rendere sempre possibile introdurre in ciascuna delle due parti gli aggiustamenti, le modifiche, le messe a punto, che si dimostrassero necessarie, continuando dunque a perfezionare l’operazione pianificatoria.

C’è da aggiungere ancora, a proposito del Progetto traguardo che il suo scopo non è solo di allargare l’orizzonte dell’operazione fino ad assumere il massimo (spesso inimmaginabile) di quello che può dare, ma anche di affrontare i grandi problemi tecnici, funzionali e morfologici che occorre risolvere per poter procedere: per esempio, il disinquinamento, i raccordi con la viabilità maggiore, i grandi varchi nel viadotto e la riforma degli argini del fiume, la navigabilità dell’Arno da Marina di Pisa fino almeno, per ora, alle chiuse delle Cascine.

L’Amministrazione nel suo complesso, mobilitando i suoi vari settori tecnici, giuridici ed economici potrà affrontare questi problemi con la tranquillità che le assicura la consapevolezza che il processo di pianificazione procede sulla linea della razionalizzazione. Parallelamente mobiliterà i suoi servizi sociali e culturali per promuovere l’autentica partecipazione dei cittadini su tutto l’arco che va dal momento delle scelte e delle decisioni a quello della manutenzione diretta delle opere compiute.

Firenze è una città di eccezionale spessore storico e culturale;

l’occasione de Le Piagge, se condotta con sensibilità, intelligenza e determinazione, può farla ridiventare

– come è accaduto in altri tempi – un modello di chiaroveggenza e innovazione urbanistica e architettonica per tutta l’Europa.

Appendice: anticipazioni sul progetto del parco de Le Piagge

La qualità dell’ambiente è senza dubbio una questione di fondo che ha riflessi immediati e diretti sul benessere funzionale e sociale di un territorio. Il territorio è infatti il luogo dove nascono e si sviluppano tutti i pensieri e fatti degli esseri umani, connessi tra loro da una svariata congerie di eventi spaziali, fisici e naturalistici (strutture urbanistiche, sistemi vegetali, edifici, strade, piazze, ponti, giardini, corsi d’acqua, ecc…) che, secondo la loro reciproca collocazione, conferiscono appropriatezza e carattere ai luoghi e li rendono unici, ricchi di moti significativi e perfino memorabili: nel senso che li si ricorda e li si racconta. L’azione della memoria dipende in modo fondamentale dal rapporto che si stabilisce tra spazio naturale (caratteri e qualità del luogo) e lo spazio artificiale (i caratteri e le qualità di quello che si costruisce per i bisogni umani). Perché questo rapporto sia positivo bisogna che i caratteri e le qualità delle due parti collaborino pur restando diverse; altrimenti una parte distrugge l’altra soffocandola nella congestione.

Tenendo conto dell’importanza e dell’urgenza della questione, è stato proposto all’Amministrazione di dare corso subito all’elaborazione di un progetto preliminare del parco che metta le basi per la definizione di proposte risolutive, concentrandosi in

particolare su tre argomenti: – il disinquinamento del suolo; – gli impianti vegetali: loro collocazione, scelta, trattamento, riuso delle aree incolte e abbandonate a discarica; – il rapporto del territorio col fiume Arno.

Il paesaggio de Le Piagge presenta vari aspetti di degrado che il Progetto affronterà con i seguenti mezzi: bonifica del suolo; recupero naturalistico delle aree abbandonate ed incolte; incremento degli impianti vegetali; inserimento di nuove attività per il territorio in alcuni degli spazi non edificati; estensione degli spazi destinati allo sport ricreativo e loro aggregazione per raggiungere dimensioni e qualità tali da essere usate dall’intera città.

Per ottenere questa completezza di obiettivi si dovrà procedere in modo che tutti gli elementi del parco: acqua, vegetazione, movimenti di terra contribuiscano, in diversa misura e per le differenti caratteristiche dell’inquinamento, alla bonifica del suolo.

Quale paesaggio si propone di realizzare? Molti secoli fa prima della costruzione della ferrovia e prima che cominciasse lo scavo industriale degli inerti, questo territorio subiva molto più intensamente le variazioni del tracciato del fiume. Si può dire con certezza che era il letto del fiume Arno, che come tutti i fiumi un tempo avevano un alveo molto più esteso. Il paesaggio di allora era composto di macchie di vegetazione fluviale, piccoli rii e corsi d’acqua minori, distese di sabbia e ciotoli, coltivazioni agricole al margine.

circa settanta ettari, e le problematiche gestionali, non consentono di pensare ad una lunghissima sequenza di giardini. Si può quindi immaginare che la struttura del parco sia delineata da un margine di vegetazione molto fitta. Questo ‘cuore’ naturale si estenderà con uno sviluppo lineare su tutte le aree disponibili, dalla ferrovia ai nuclei abitati entrando in quelle aree che attualmente sono libere. Tra il nucleo di vegetazione fitta e gli edifici residenziali si manterrà una fascia di mediazione in cui si potranno insediare le attività del parco.

Questo programma corrisponde alla necessità di progettare un parco di natura urbana con la garanzia che

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