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Il Project financing fotovoltaico

1. Panoramica sulle fonti rinnovabili

4.1 Il rapporto banca-cliente

4.2.3.1 Il Project financing fotovoltaico

Il project financing sta acquisendo un ruolo sempre più rilevante nell’ottica di trovare nuove strategie per finanziare la costruzione di impianti di medie e grandi dimensioni che abbiano di conseguenza un impatto rilevante sulla produzione di energia pulita.

Una soluzione che è applicabile anche al settore industriale, agro-alimentare e privato con i medesimi meccanismi e i medesimi vantaggi (convegno: “Le fonti rinnovabili e l’agricoltura: nuove opportunità di business”, tenutosi in occasione di Vegetalia lo scorso 22 febbraio). In realtà proprio il mondo agricolo potrebbe ampiamente beneficiare dell’apporto di questo sistema considerando che la legge finanziaria del 2006 ha previsto agevolazioni fiscali per lo sviluppo delle rinnovabili in agricoltura che equiparano la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche alle attività di generazione di reddito agrario. Una novità decisamente importante che consentirà agli agricoltori di ottenere una ulteriore fonte di reddito in modo facile e veloce, grazie al project financing, una procedura con la quale l’imprenditore agricolo semplicemente affitta il terreno sul quale verrà installato l’impianto.

Il PF ha richieste sempre maggiori richieste con un aumento superiore al 100% delle richieste (come taglia media dell’impianto) rispetto all’anno scorso. Si prevede che con il nuovo conto energia, che offre un quadro definito per i prossimi 3 anni, molti player possano creare piani industriali robusti basati su previsioni basate su un riferimento concreto.

Il Pf è una modalità di finanziamento utilizzata in presenza di progetti molto onerosi dell’ordine di almeno 15 milioni di euro che richiede tempi che vanno da 3 mesi a sei mesi per la delibera e l’erogazione. Questo perché le verifiche da fare sono molteplici: si va dall’analisi del business plan al controllo finanziario dello sponsor tramite la collaborazioni con alcuni advisor (esterni o interni alla banca a seconda delle necessità) e non sempre il documenti forniti dal beneficiario (BP, DIA ecc) sono precisi e completi. Successivamente si passa all’erogazione che dipende dagli accordi presi inizialmente: può essere al 100% del valore del progetto con erogazione per intero all’inizio del progetto(nel caso di piccoli progetti e di totale sicurezza dello sponsor) oppure un’erogazione fatta a step, man mano che avanzano i lavori (formula conveniente sia per la banca che può seguire l’avanzamento dei lavori, ma anche per il cliente che si ritroverebbe a pagare un quantitativo inferiore di interessi) con un anticipo iniziale di circa il 30% seguito solitamente da un paio di rate successive.

Per quanto riguarda i clienti, sono principalmente di due tipi: gli EPC contractor ed i fondi di investimento. Gli EPC contractor, a discrezione della banca, possono essere inseriti in una lista degli EPC “di livello”, per quanto riguarda i produttori di moduli o gli installatori, in modo tale da avere un riferimento valido in ogni progetto che si va ad implementare. Per decidere se bancare o meno un progetto, in caso non si utilizzi una lista degli EPC di livello, la banca si basa sulle due diligence fatte da società di advisoring esterne o interne di progetto in progetto. Queste società permettono di comprendere se il general contractor è adeguato, cioè se i moduli che realizza sono adeguati come capacità tecnica, dopodiché la banca analizza il merito creditizio del cliente tramite le procedure standard utilizzate con ogni azienda che richiede un finanziamento.

I fondi, di provenienza quasi totalmente estera(soprattutto Germania), costituiscono circa il 30-40% (contro i 60-70% industriali) dei clienti totali. Questa tipologia di clienti viene trattata in modo particolare: innanzitutto ci si assicura che siano fondi che i fondi non siano semplicemente speculatori arrivati sul mercato italiano per approfittare degli incentivi, ma che siano specializzati in determinati settori e preferibilmente operino già in ambito fotovoltaico. In campo PF i principali competitors in territorio italiano sono quasi tutti i players medio- piccoli, ma principalmente troviamo MPS, INTESA e UBI (che compete sui grandi progetti ma opera prevalentemente sui progetti di fascia media 1MW con il leasing). La competizione non è molto forte dato che da un punto di vista della struttura del finanziamento le banche citate sono pressoché allineate: le operazioni standard hanno una leva di circa il 70-80% finanziando tutti i costi di progetto con una durata di 15 anni con un 2,5% di commissione ed organizzazione del progetto ed un ulteriore 2,5-2,75% di spread. Per riuscire ad accaparrarsi un’operazione ci si può spingere fino all’85% con un durata di 18 anni per clienti particolarmente interessanti. Tuttavia si può giocare su alcuni fattori che permettono di adattarsi alle esigenze del cliente. Si parla fondamentalmente di completezza del servizio: ovviamente dipende tutto dalle dimensioni del progetto; per progetti piccoli si compete sul servizio per quelli di grandi dimensioni invece si può anche cercare di lavorare sui tassi di interesse offerti piuttosto che sulla percentuale finanziata. Si può cercare di eccellere cercando di snellire i processi deliberativi e renderli meno strutturati, eliminando ad esempio la parte di due diligence tecnica per abbreviare i tempi di erogazione ed effettuando le fasi di verifica tecnica solo in un momento successivo.

In questo modo si potrebbero ottenere dei tempi di delibero migliori anche alla luce del fatto che fra il gran numero di operazioni proposte alle banche, ci sono molti progetti incompleti

che deficitano di documenti fondamentali come ad esempio la DIA, e questo rallenta molto le procedure di approvazione di quei progetti che invece meritano attenzione.

Il prezzo può diventare un fattore competitivo se il cliente è un industriale con ricorso, ovvero per quei clienti industriali che hanno altre attività oltre il fotovoltaico e quindi altri flussi su cui rivalersi in caso di “fallimento” del progetto; se invece si dovesse finanziare una SPV, si dovrebbe svolgere un grande lavoro di analisi sul BP del progetto dato che i flussi della SPV sarebbero l’unica garanzia. Il prezzo in generale può essere abbassato se si riduce la leva o se aumenta il dfcr ma attualmente, visti i costi di provvigione delle banche e la complessità delle operazioni, è quasi impossibile. In realtà per le operazioni principali, quelle più importanti in termini di capitale messo in gioco, vengono create delle collaborazioni fra banche utilizzando advisor specializzati in consulenza sul business plan come Kpmg, price water house, che creano il modello e rispondono loro della bontà dello stesso. Questo perché solitamente si preferisce avere un soggetto esterno imparziale a valutare il progetto..

4.2.3.1.1 Le fasi del PF

1. Si parte con la verifica dell’autorizzazione unica(non DIA) che deve essere il più completa possibile e sufficiente per far partire la due diligence tecnica;

2. Si analizza il bp assicurandosi che dimostri chiaramente la mancanza di criticità cioè con un dfcr almeno di 105-110 (analisi preliminare);

3. Analisi dello sponsor: se è attivo nel settore, se è competente o meno e taglia dell’impianto; se no è competente(quindi non c’è l’opportunità di future operazioni) o la taglia dell’impianto non è sufficientemente grande, difficilmente troverà banche disposte ad offrire una struttura dedicata che segua la fase di due diligence, di stipula dei contratti e quant’altro per poi non avere un ritorno paragonabile a quello che si potrebbe avere dedicando lo stesso tempo e le stesse risorse a progetti più strutturati dato che il lavoro necessario per un progetto da 1 MW o da 10MW è lo stesso;

4. Si va a vedere chi è il produttore dei moduli (si verifica ce abbia un track record) e se altri istituti hanno già finanziato altri impianti nei quali sono stati adoperati quei moduli per capire se i moduli possono avere delle buone performances nel tempo e non abbiano decadimenti troppo elevati (che non abbia un decadimento superiore allo 0,5% annuo) tramite degli advisor tecnici;

5. Si verifica che i CAPEX non siano eccessivamente elevati: in funzione degli euro al megawatt previsti dall’impianto da finanziare, la banca decide che percentuale del costo

erogare. Ad esempio se il progetto richiede un costo di 4 milioni/MW, la banca ne può finanziare allocando 3 milioni/MW, se i progetto ne richiedesse 6, la banca allocherebbe il 50% e non più il 75%;

6. Si presenta al cliente una sintesi della struttura del finanziamento (time-sheet)e, se viene accettata, si procede con le due diligence;

7. Si da in carico il time-sheet agli advisor legali, tecnici ed assicurativi (spesso questi ultimi due coincidono) e si fornisce loro uno scope of work della due diligence che devono fare, praticamente un summary di tutti gli aspetti che dovranno essere analizzati. Spesso queste due diligence non sono quelle definitive;

8. Appena si riceve una versione preliminare di entrambe le due diligence si va in delibera dove si propone agli organi deliberanti la struttura del time-sheet e si fa una descrizione dell’operazione sulla base delle due diligence. L’approvazione arriverà solamente se si è sicuri che poi verranno svolte le ultime fasi previste per la due diligence;

9. Si redigono le due diligence definitive (si svolge l’ultima parte delle attività di controllo previste. Se sono positive si può procedere con il finanziamento della SPV creata ad hoc per il progetto.

Le garanzie richieste, oltre alla due diligence, comprendono necessariamente tutte le garanzie standard:

• Ipoteca sui terreni

• Ipoteca sui diritti di superficie quando i terreni non di proprietà del beneficiario • Privilegio speciale sugli impianti (proprietà)

• Pegno sui conti correnti di progetto

• Obbligo a canalizzare tutti i flussi di progetto sul conto corrente a pegno in modo da poter avere il controllo assoluto sulla cassa

• Impegno a cedere il contributo GSE alla banca e canalizzare i relativi flussi • Impegno a cedere e a canalizzare i flussi della vendita dell’energia