del 5 ottobre 2007, considerato che essa afferiva prevalentemente alle strutture dello stabilimento, nessuna delle indicazioni fornite avrebbe inciso sullo sviluppo
10.5. Il quinto motivo attiene alla prevedibilità dell'incendio
Si lamenta che erroneamente il ricorrente viene enfaticamente descritto come una eminenza grigia con un ruolo determinante nelle decisioni assunte dall'amministratore delegato. In realtà si è trascurato che egli era responsabile dell'area tecnica al cui interno era istituito un distinto servizio di antincendio affidato ad un responsabile. Il M. dunque si affidava a collaboratori specializzati nelle diverse attribuzioni della sua area. Ciò smentisce la tesi sostenuta dalla Corte di assise di appello, che egli fosse in prima persona esperto
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di impianti antincendio, essendo invece l'incarico affidato ad un suo subordinato.
Su tali premesse si considera che erroneamente si è ritenuto che l'imputato fosse nella condizione di prevedere in concreto l'eccezionale sequenza causale verificatasi; trascurando appunto l'abnormità degli accadimenti. È invece dimostrato che egli aveva una circoscritta e ridotta conoscenza della linea APL5 La prevedibilità era tanto più esclusa in considerazione del fatto che l'evento si verificò non per carenze strutturali bensì a causa di ritenute carenze organizzative di carattere contingente di cui il ricorrente non era informato. I precedenti incendi verificatisi nel I ormssis tion crearono danni agli operai ed ebbero cause completamente diverse. Più in generale non si riscontrano eventi assimilabili a quello concretamente verificatosi. Tale tesi è già stata prospettata in appello ma è rimasta priva di adeguata confutazione.
10.6. Il sesto motivo censura l'esclusione del concorso formale fra l'omicidio colposo ed il reato di cui all'articolo 437, comma secondo, cod. pen. In realtà nella stessa rappresentazione del fatto contenuta nel capo d'imputazione, la consumazione dell'illecito omissivo si perfeziona con la verificazione dell'evento, costituito dalla morte degli operai. La tesi sostenuta dal ricorrente, si assume, trova sostegno nella giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione da cui sia derivata la morte del sequestrato. I principi affermati in quel contesto possono essere ribaditi nell'ambito qui considerato.
10.7. Il settimo motivo censura la motivazione per ciò che attiene alla dosimetria della pena. Erroneamente si è ravvisata ed esaltata l'enormità della colpa ascritta agli imputati; ed altrettanto erroneamente al M. è stata irrogata una pena severa, giustificata dal particolare ruolo svolto quale tecnico di fiducia ed ispiratore di tutte le decisioni assunte dall'amministratore delegato.
Si è trascurato che l'unica misura realmente adeguata sarebbe stata quella della chiusura della linea con le inevitabili ricadute occupazionali. È chiaro che una soluzione di tale genere avrebbe potuto essere assunta solo dagli organi di vertice dell'azienda. Potrà ben ipotizzarsi un errore di valutazione ma non è consentito ritenere che si sia in presenza di decisioni assunte per scopi biecamente economici. Tale valutazione non tiene neppure conto del ruolo di mero consulente già evidenziato.
10.8. Oggetto di censura è pure il giudizio di comparazione tra le concesse attenuanti e le aggravanti contestate: la richiesta di prevalenza delle diminuenti non è stata ritenuta meritevole del benché minimo vaglio, avendo la Corte preferito esaltare oltre il limite la gravità della colpa, senza tener conto del comportamento processuale, dell'incensuratezza, della condotta successiva al
R. e
I
G.11
, dopoG.
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fatto, tutta tesa alla scrupolosa adozione delle misure di prevenzione antincendio ed alla elisione delle conseguenze dannose dei reati.
10.9. Ha fatto seguito la presentazione di motivi aggiunti con i quali sono state ribadite ed ulteriormente argomentate le doglianze inerenti alla mancata traduzione di atti redatti in lingua diversa da quella del processo.
11. Il ricorso di C.
11.1. Col primo motivo si deduce nullità ai sensi dell'art. 178 cod. proc. pen.
dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e di tutti gli atti ad esso successivi, in quanto al momento della sua notifica numerosi atti processuali non erano stati tradotti nella lingua italiana. Si tratta di nullità a regime intermedio ritualmente eccepita, ai sensi dell'art. 178 cod. proc. pen.
11.2. Col secondo motivo si lamenta inosservanza degli artt. 207, 191, 188, 198, 210, 499, 500, 526, 533 cod. proc. pen., nonché degli artt. 24 e 111 Cost., e conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di ritrattazione, a seguito di notifica di informazione di garanzia, dai testimoni indagati del reato di falsa testimonianza - omessa motivazione sul punto. Si fa riferimento alle spontanee ritrattazioni di quattro testi (
che erano stati raggiunti da avvisi di garanzia per falsa testimonianza in relazione a dichiarazioni dibattimentali. Tali dichiarazioni sono state utilizzate sia per dimostrare la carenza di manutenzione e vigilanza nello stabilimento, sia per giustificare la mancata concessione delle attenuanti generiche.
L'iniziativa del P.M. viene ritenuta illegittima. L'art. 207 cod. proc. pen, demanda al giudice, con la decisione che definisce la fase processuale, l'eventuale trasmissione al P.M. di atti in presenza di indizi del reato di cui all'art.
372 cod. pen. La precoce iscrizione della notitia criminis è contraria alla legge, che è intesa a proteggere il testimone da ogni possibile fonte di condizionamento e ad assicurare la genuinità delle risposte. Essa vulnera la parità delle parti e la libertà di autodeterminazione del teste. Tale interpretazione della disciplina legale trova sostegno nell'art. 371-bis, comma 2, cod. proc. pen.
che in caso di false informazioni al P.M. prevede che il procedimento a carico del dichiarante resti sospeso fino alla definizione del primo grado di giudizio.
11.3. Il terzo motivo prospetta contraddittorietà tra i capi di imputazione e le premesse da essi tratte dai giudici d'appello.
La Corte di assise di appello assume che l'imputazione attribuisca al C.
la veste di dirigente di fatto. Tale enunciazione travisa il testo ed il senso del capo d'imputazione, e tenta di porre rimedio all'errore commesso nell'imputazione medesima quando al ricorrente è stata attribuita erroneamente la veste di dirigente. Tale veste, invece, non è riportata nell'atto d'accusa ed è in
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contrasto con la realtà. L'errore ha rilevanti ricadute sul piano delle ragioni dell'affermazione di responsabilità.
11.4. Il quarto motivo denunzia erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 40, comma secondo, cod. pen. Il nesso casuale è stato rapportato non all'omesso impedimento dell'evento, ma alla mancata segnalazione di quanto dovuto a chi aveva potere di decidere. Ma l'obbligo impeditivo si accompagna inscindibilmente al potere impeditivo. La mancanza del secondo rende evidente l'inesistenza del primo.
Inoltre, la Corte ha attribuito a diversi imputati che rivestivano ruoli altamente differenziati la violazione dell'obbligo di segnalazione. Si tratta di soggetti muniti di ben differenti poteri con diverse ricadute sugli effetti della condotta alternativa doverosa. Questo modo indifferenziato di procedere trascura la portata delle diverse funzioni e l'accertato iato nei flussi informativi tra la base ed il vertice aziendale: C. non si interfacciava con l'AD ma con S. ed al massimo con M.
11.5. Il quinto motivo lamenta inosservanza dell'art. 521 cod. proc. pen. e conseguente nullità della sentenza nella parte in cui attribuisce a C. la responsabilità della manutenzione e dell'emergenza. Gli si attribuisce una omissione di organizzazione direttamente rilevante rispetto alla produzione degli eventi, che esula dalla omessa segnalazione imputatagli al capo D. Vi è quindi violazione dell'art. 522 cod. proc. pen. essendosi ritagliata dal fatto storico una porzione ulteriore e determinante ai fini dell'addebito finale. Tali profili di responsabilità non sono mai stati discussi, né esaminati nella prima sentenza. Si tratta dunque di un profilo del tutto nuovo per la prima volta enucleato dalla sentenza d'appello. Non vi è quindi correlazione tra accusa e sentenza.
11.6. Il sesto motivo si sofferma sui requisiti normativi della qualifica soggettiva di dirigente; e deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativamente ad elementi di prova facenti parte del corredo probatorio processuale in ordine alla esatta individuazione della qualifica soggettiva.
Si rammenta che l'imputato ricopriva la veste di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nonché quella di responsabile della ben circoscritta
"Area Ecologia, Ambiente e Sicurezza". Nessuna qualifica dirigenziale gli è mai stata attribuita. Si rammentano pure le caratteristiche della figura dirigenziale alla luce dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2008. E si assume che la Corte non motiva e si contraddice in ordine ai requisiti di tale figura. E' la stessa sentenza a riconoscere l'assenza di autonomia di spesa e decisionale: il ricorrente non interagiva con il datore di lavoro, aveva una preparazione antincendio limitatissima. Non ogni episodico fattuale esercizio di funzioni inerenti ad una
qualifica comporta l'assunzione della carica. C. non esercitava in modo continuativo e specifico i poteri propri della qualifica dirigenziale.
L'attribuzione di responsabilità nei settori della manutenzione e dell'emergenza è frutto di travisamento della prova. Vengono trascritti alcuni costituti probatori a sostegno di tale assunto. Tra l'altro erroneamente si trae argomento dalle dichiarazioni dibattimentali dello stesso ricorrente. Si trascrivono alcuni brani per dimostrare che l'imputato si limitò a comunicare ai lavoratori interessati determinazioni assunte dal direttore S. in tema di attribuzione ai capi turno di produzione pure della responsabilità dell'emergenza.
Inoltre la delega di funzioni nei suoi confronti riguardava documentalmente solo l'area ecologica mentre i settori della manutenzione e dell'emergenza erano attribuiti al dipendente C.
11.7. Il settimo motivo prospetta l'inosservanza o erronea applicazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 626 del 1994 in relazione alla qualifica di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Lo stabilimento di omissis non rappresenta una autonoma unità produttiva. La disciplina legale di cui all'art. 8 del d.lgs. n.
626 del 1994 e l'art. 31 del T.U. prevedono la figura del RSPP all'interno dell'intera azienda o di un'unità produttiva. Responsabile del SPP per la sede di 'affissisi e quindi per l'intera azienda, compreso lo stabilimento torinese, era il
dipendente CA.
11.8. L'ottavo motivo denunzia la omessa o contraddittoria valutazione in ordine agli addebiti relativi al documento di valutazione dei rischi ed al Piano di emergenza.
Erroneamente si è ritenuto che il DVR incendi riguardasse solo la zona forni e non quella degli aspi svolgitori; e che il rischio legato all'esposizione dei lavoratori sia stato dissimulato. Tale tesi è stata confutata dai consulenti della difesa con argomenti che vengono trascritti, senza che la Corte se ne sia fatto carico. Quanto ai rischi per i lavoratori, si è trascurato che mai in precedenza alcun incendio aveva provocato danni alle persone.
A proposito degli addebiti relativi al piano di emergenza, si travisa il contenuto dell'atto che poneva il dovere di intervento per lo spegnimento solo nei confronti dei lavoratori "istruiti al servizio antincendi" e non, come erroneamente enunciato in sentenza, nei confronti di tutti i presenti. Le prassi di segno contrario non possono essere addebitate al C. D'altra parte, l'intervento diretto sulle fiamme è prescritto da diversi documenti didattici elaborati dai comandi dei vigili del fuoco, ma la Corte non ne ha tenuto conto.
Per ciò che attiene al divieto di usare il pulsante d'emergenza, la sentenza è illogica poiché diverse testimonianze hanno dato atto che la possibilità di usare tale apparato era ben nota a tutti. La Corte di merito attinge alla deposizione del
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teste CAM. travisandone il contenuto giacché questi ha riferito che un'esplicita istruzione in senso negativo non era mai stata formulata.
11.9. Il nono motivo censura la motivazione in ordine alla asserita volontarietà dell'omissione da parte del ricorrente dell'indicazione del rischio di incendi relativo alla linea APL5 nel documento di valutazione dei rischi. La pronunzia trae argomento da atti che avevano segnalato il rischio, prossimi temporalmente al documento; nonché dalle dimissioni dell'ing L. nel mese di aprile, che si assumono legate alla decisione dissimulatoria assunta dal C.
Si trascura che il documento fu iniziato a fine 2006 e terminato nel maggio 2007; e comunque nulla prova la volontarietà dell'omissione.
Quanto alle dimissioni di L. la Corte la enfatizza trascurando il contenuto della deposizione dell'interessato (che viene parzialmente trascritta) e che attribuisce tale decisione a valutazioni personali e di carriera.
11.10. Il decimo motivo assume la mancanza di motivazione in punto di
"movente" della condotta fraudolentemente omissiva addebitata. La motivazione è sul punto mancante, nonostante le sollecitazioni contenute nell'appello.
11.11. L'undicesimo motivo prospetta erronea applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen.: erroneamente si assume che la prova del nesso causale possa conseguirsi alla stregua di significativa, apprezzabile probabilità di evitare il danno adottando le condotte omesse. Tale enunciazione viola i principi espressi dalle Sezioni Unite, Franzese. La Corte di assise di appello confonde causalità materiale e causalità della colpa.
11.12. Il dodicesimo motivo tratta ancora il tema della causalità.
Si è attribuita assoluta preponderanza causale all'omessa installazione dell'impianto di rivelazione e spegnimento automatico, da solo in grado di evitare ogni sviluppo di incendio e quindi di impedire la verificazione degli eventi, così rendendo irrilevanti gli altri fattori causali. La sentenza, tuttavia, presenta massima debolezza nella parte motivazionale relativa alla dimostrazione della causalità individuale. Si richiamano le precedenti argomentazioni a proposito della inesistenza di una posizione di garanzia e si argomenta intorno alla responsabilità derivante dal ruolo di RSPP. La giurisprudenza richiamata dalla Corte di merito è inconferente giacché riguarda un soggetto che era contestualmente delegato con compiti di vigilanza sull'efficienza e sicurezza degli impianti. Una responsabilità di tale figura del sistema prevenzionistico può configurarsi solo nel caso in cui non siano state fornite al datore di lavoro informazioni tecniche ed organizzative indispensabili per operare scelte conformi alla massima protezione dei lavoratori. Non a caso il sistema prevede compiti ma non impone obblighi né sanzioni per il mancato o non corretto svolgimento dei
compiti istituzionali. Per questo tale figura non risponde direttamente delle altrui decisioni.
Si osserva che l'art. 113 cod. pen. non è mai stato contestato in questo processo. Ove la responsabilità fosse fatta dipendere da tale disciplina, vi sarebbe violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza e si riscontrerebbe inoltre violazione dell'art. 104 cod. pen. trattandosi di posizione assolutamente marginale e quindi di minima partecipazione. Occorre in ogni caso che il suggerimento sbagliato o omesso abbia indotto il titolare originario della posizione di garanzia all'omissione del presidio salvifico. Tale dimostrazione è completamente mancata. La questione è stata liquidata dalla Corte in poche righe. Si è trascurato da un lato che il datore di lavoro era molto più attrezzato del responsabile del servizio di prevenzione e comunque coadiuvato da consulenti estremamente preparati; e dall'altro che nelle dinamiche aziendali si inseriva un elemento patologico costituito dalla programmata chiusura dello stabilimento di Torino accompagnata dalla ferma intenzione del datore di lavoro di non spendere alcuna somma per lo stabilimento in procinto di essere abbandonato. Tale considerazione è ampiamente argomentata dalla Corte di merito che insiste sulla preponderanza rilevante delle determinazioni assunte dalla dirigenza in omissis Illuminante nel senso dell'irrilevanza di qualsiasi segnalazione proveniente da I omissis lè il passaggio della sentenza in cui, esaminando la posizione di S. si afferma che costui fino al 2006 aveva sollecitato la realizzazione delle opere prevenzionali chieste dai vigili del fuoco ma con scarsi ed incompleti risultati. Alla stregua delle sue stesse affermazioni il Collegio avrebbe dovuto, in ossequio ai canoni di certezza, verificare resistenza in concreto del nesso causale. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente cassato pronunzie che, al pari di quella in esame, hanno omesso di svolgere con la dovuta accuratezza e concretezza l'analisi della relazione causale controfattuale. In breve, si assume che costituisce una notevole forzatura affermare che in capo all'imputato sussistesse l'obbligo di segnalare all'amministratore delegato ciò che questi ben conosceva ed aveva anzi deciso.
Apoditticamente il giudice di merito, pur in presenza di plurimi indizi di segno contrario, ha ritenuto che una segnalazione dei rischi nel documento valutativo avrebbe ostacolato la politica di risparmio del datore di lavoro. D'altra parte, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ha un ruolo meramente propositivo, giacché vero dominus del documento è il datore di lavoro. La pronunzia trascura pure che nella situazione di degrado dalla stessa descritta l'unico strumento per evitare l'evento sarebbe stato la chiusura dello stabilimento, decisione rispetto alla quale il ricorrente era privo di qualunque potere.
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11.13. Il tredicesimo motivo prospetta vizio motivazionale rispetto ad alcune fondamentali prove a discarico.
Si cita la modifica della data di fine lavori dal dicembre 2006 al dicembre 2007, ovvero l'inevitabile non esecuzione dei lavori, nella comunicazione al comando dei Vigili del fuoco inviata nelle gennaio 2006, ben spiegabile con il fatto che in tale data soltanto una cerchia ristretta di dirigenti in era al corrente della decisione di abbandonare la piazza torinese. La Corte di merito manca di trarne le necessarie inferenze quanto alla sterilità di richieste e segnalazioni provenienti da OMISSIS
La Corte trascura pure la comunicazione organizzativa del 30 luglio 2007 afferente alla nomina di una squadra di ingegneri esperti con la missione di monitorare il problema della prevenzione antincendio.
La pronunzia non considera neppure il carteggio dirigenziale nel periodo settembre, ottobre, novembre 2007, sempre afferente all'individuazione degli standard di protezione antincendio di ogni singolo impianto.
Si è pure omesso di considerare che l'informazione fatta circolare dall'imputato era una semplice comunicazione interna emanata da S.
Conclusivamente, si assume, non si può pervenire ad una equa conclusione del processo senza avere spiegato come il ricorrente, semplice perito industriale tagliato fuori da ogni flusso informativo ed ovviamente non invitato a far parte del gruppo che si occupava di prevenzione antincendio, avrebbe potuto imporre le proprie segnalazioni.
11.14. Con il quattordicesimo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in tema di prevedibilità dell'evento flash fire.
Mentre la verificazione di piccoli incidenti era un fatto noto e ricorrente e dunque prevedibile, non lo era invece il fenomeno del flash fire. In proposito la Corte si contraddice giacché a pagina 253 parla di ripetuti episodi di tale genere mentre in precedenza, alle pagine 91 e 92, parla di un solo episodio verificatosi nel oiviissis Tale episodio peraltro si riferisce ad un caso nel quale il cedimento del flessibile era avvenuto per proprie cause strutturali, e non per via di un focolaio di incendio, peraltro con conseguenze neppure paragonabili a quelle riscontrate nei fatti in esame. Dunque, apoditticamente si afferma che un focolaio di incendio potesse prevedibilmente attingere indisturbato per una decina di minuti il flessibile fino a farlo sfilare dal suo serraggio.
Inoltre, il documento redatto dall'ing. L. parla genericamente di rischi connessi allo scoppio di tubi idraulici e manicotti, ma non fa riferimento ai tubi flessibili ed al loro cedimento per effetto del calore. Inoltre l'atto si riferiva alla sala centraline ed alla zona saldatura e non all'intero circuito idraulico di distribuzione; né in particolare ai flessibili della zona d'ingresso. Inoltre si evoca
un carico idraulico limitato sicché è chiaro che ci si riferisce solo ad una parte dell'impianto. Insomma, non si prevedevano rischi specifici sulla linea OMISSIS
11.15. Con il quindicesimo motivo si lamenta carenza della motivazione in