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Il realismo e la concezione della Wirklichkeit come geist unabhängig

Conoscenza concettuale e realtà in Hegel Una rilettura.

3. Il realismo e la concezione della Wirklichkeit come geist unabhängig

Per ‘realismo’, nell’accezione generale impostasi a partire dal ‘700, si in- tende una prospettiva teorica che si caratterizza attraverso alcuni assunti fon- damentali. Tra questi, quello basilare riguarda un certo modo di concepire la ‘realtà’ come dimensione di esistenza originaria rispetto a qualsiasi forma di rappresentazione percettiva o astratta che se ne possa ricavare.

In linea generale si può definire il realismo come l’orientamento teorico secondo il quale

[R 1] is there a way the world is that does not depend upon what we say, think or believe about it404.

Uno degli aspetti più rilevanti di un tale orientamento è sicuramente l’uso che viene fatto, in questo contesto interpretativo, del concetto di «indipenden-

za»405. A me sembra che questo sia un punto cruciale del dibattito in corso su

Hegel. In particolare, esso ci consente di focalizzare l’attenzione sullo sposta- mento del piano della discussione operato da Hegel stesso nella considerazione del rapporto tra pensiero e realtà.

403  Per una introduzione alla ‘logica’ della Fenomenologia dello spirito rimando a F. Chiereghin, La

fenomenologia dello spirito di Hegel. Introduzione alla lettura, Carocci, Roma 2008.

404  K. Westphal, Contemporary Epistemology: Kant, Hegel, McDowell, «European Journal of

Philosophy», 14 (2006), n. 2, p. 274.

405  Su questo tema cfr. M. Willashek, Der mentale Zugang zur Welt. Realismus, Skeptizismus,

Prima di affrontare questo problema consideriamo un’ulteriore caratteriz- zazione della filosofia hegeliana. Alcuni studiosi sostengono che nella sua Fi- losofia dello spirito soggettivo Hegel elabora una «komplexe Philosophie des Mentalen», per cui essa è caratterizzabile come

[R 2] realistisch, insofern wir in unserem Erkennen Wissen über eine […] geistunabhängige Wirklichkeit erwerben können406.

Le due proposizioni [R1, R2] sono tra loro compatibili. Secondo [R1] v’è un modo di essere del mondo che è ‘indipendente’ dal nostro riferirci o meno ad esso; secondo [R2] tale modo d’essere del mondo risulta conoscibile. [R1] viene usualmente considerato come un assunto basilare del ‘realismo ontologico’, in quanto non pone esplicitamente il problema se tale ‘modo d’essere del mondo’ sia conoscibile o, per lo meno, esperibile. [R2] viene considerato invece come un assunto che definisce il ‘realismo epistemologico’, ma implica chiaramente

la validità di [R1]407.

Ora, l’utilizzo di [R1] e [R2] per definire la filosofia hegeliana solleva diverse questioni. Possiamo anzitutto chiedere: in che modo è possibile elaborare un sapere coerente di quella che viene caratterizzata come una geistunabhängige

Wirklichkeit? Ma anzitutto: come viene pensata la Wirklichkeit se essa deve

risultare geistunabhängig? Il problema riguarda anzitutto la questione: com’è possibile delineare una sfera di esistenza che risulti ‘indipendente’ non solo da me in quanto individuo, che vive qui e ora, ma che risulti addirittura

geistunabhängig in generale?

Nell’affrontare tali questioni dobbiamo fare attenzione ad una importante distinzione lessicale. Nel dibattito contemporaneo sul realismo in Hegel si tende a far coincidere le espressioni: geistunabhängig e mind-independent. Ma questo è possibile solo se si opera una modificazione dell’estensione semantica dei due termini: [a] il concetto di mind viene per così dire ‘esteso’ a quello di Geist, op- pure [b] il concetto di Geist viene ‘ridotto’ a quello di mind.

[a] Nel primo caso veniamo a trovarci in una prospettiva molto vicina a quella di Hegel, per il quale la dimensione del pensiero non è riducibile all’atti- vità sviluppata da un individuo entro la sua testa. La psiche e il pensiero sono per Hegel ‘spirito soggettivo’, che però risultano un’astrazione se non vengono considerati nel loro sviluppo culturale oggettivo entro contesti di vita istitu- zionali, sociali, storici, e al tempo stesso proiettati in una dimensione di libertà

406  L. Siep, C. Halbig, M. Quante, Direkter Realismus. Bemerkungen zur Aufhebung des alltäglichen

Realismus bei Hegel, in: R. Schumacher, Idealismus als Theorie der Repräsentation?, Mentis Verlag, Paderborn 2001, pp. 147-163, qui p. 156. Cfr. in proposito anche C. Halbig, Objektives Denken. Erkenntnistheorie und Philosophy of Mind in Hegels System, Frommann-Holzboog, Stuttgart – Bad Cannstatt 2002.

incondizionata, come attestano i veri processi di creazione artistica, l’autentica esperienza religiosa e soprattutto l’attività scientifica.

Può sembrare allora che, in un tale contesto, il termine geistunabhängig sia riferibile sensatamente solo all’’esistenza’ di ‘oggetti naturali’ o ‘oggetti fisici’. Si deve tener presente, tuttavia, che per Hegel nemmeno la natura è comprensibile come propriamente geistunabhängig. La natura può essere certo rappresentata come un ‘altro’ da noi e come una dimensione d’essere contrapposta allo spiri- tuale, ma può essere compresa razionalmente solo se pensata, al tempo stesso, sia come precondizione, sia come strumento, sia come oggetto della vita spiri- tuale.

[b] L’altra possibilità, vale a dire la prospettiva che presuppone una ridu- zione dello spirituale al mentale, è la posizione più diffusa nell’ambito delle pro- spettive realistiche. Ma la filosofia di Hegel non è affatto compatibile con essa. Egli identifica questa posizione con la tendenza fondamentale della cultura e della filosofia moderna: la pretesa di individuare oggetti (un ente o una regione di enti, o delle proprietà, o degli stati di cose o eventi) che risultino geistunabhängig. Ebbene, una tale eventualità risulta pensabile solo se si presuppone la possibilità che si diano più ordini o sfere di esistenza tra loro indipendenti: da un lato lo spirituale e, dall’altro, la realtà, che noi possiamo indicare e conoscere come ciò che si dà indipendentemente dai modi in cui lo spirituale ha accesso ad essa. Con questo, tuttavia, la dimensione dello spirituale viene circoscritta all’attività mentale, a sua volta ridotta a prodotto soggettivo, colto nella sua contingenza.

In questo modo, secondo Hegel, nella cultura moderna si è sclerotizzata una sorta di reificazione dei due lati costitutivi dell’esperienza conoscitiva:

- il lato della coscienza o dell’osservatore (inteso come soggetto individuale o come entità collettiva degli osservatori possibili), consapevole di sé come sog- getto dell’esperienza;

- il lato del mondo esterno, che il soggetto trova dapprima di fronte a sé come

una realtà data, indipendente da sé408.

408  Intorno a questo problema, com’è noto, si è sviluppata negli ultimi decenni un’ampia

discussione, anche in relazione alla peculiare interpretazione offerta da Wilfrid Sellars in un intervento alla University of London, dal titolo The Myth of the Given: Three Lectures on Empiricism and the Philosophy of Mind (1956), pubblicato con il titolo Empiricism and the Philosophy of Mind, in Minnesota Studies in the Philosophy of Science, Volume I: The Foundations of Science and the Concepts of Psychology and Psychoanalysis, ed. by H. Feigl and M. Scriven, University of Minnesota Press, Minneapolis 1956, pp. 253-329. Cfr. in proposito i contributi e le discussioni raccolte in L. Ruggiu e I. Testa (a cura di), Hegel contemporaneo. La ricezione americana di Hegel a confronto con la tradizione europea, Guerini e Associati, Milano 2003; J. McDowell, Mind and World, with a new Introduction by the Author, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) and London 2003, 1ª ed. 1994 (Mente e mondo, Einaudi, Torino 1999) e Id., Having the World in View: Essays on Kant, Hegel and Sellars, H.U.P., Cambridge – London 2009. Per una introduzione generale al tema cfr. L. Corti, Ritratti hegeliani. Un capitolo della filosofia americana contemporanea, Carocci, Roma 2014.

Solo dall’interno di questa concezione ‘finita’ del conoscere è possibile pen- sare al mondo come ad una realtà esterna e indipendente rispetto all’io, vale a dire come una realtà che si costituisce secondo strutture, proprietà e processi indipendenti da quella pluralità di atti conoscitivi particolari con cui il soggetto osservatore fa esperienza conoscitiva del mondo. Tale concezione della può es- sere sintetizzata in questo modo:

[W1] Il mondo esterno è effettivamente-reale (wirklich) in quanto indipendente dal punto di vista contingente di un osservatore individuale, altrettanto reale.

Questa è la cornice teorica che secondo Hegel fa da base al Realismus-

Idealismus-Streit. In questo senso, già nelle stesure jenesi di Filosofia dello

spirito, egli afferma che una tale disputa è «irrazionale (unvernünftig)», perché si produce del tutto all’interno del «punto di vista dell’opposizione» (dem

Standpunkte des Gegensatzes)409, vale a dire della considerazione del rapporto

soggetto-oggetto come rapporto tra entità originariamente indipendenti (W1). Questa posizione coincide con «il punto di vista della coscienza comune (der

Standpunkt des gemeinen Bewußtseins)»410. Entro questa prospettiva, ciò che

appare assume le sembianze di un ente effettivamente-reale: reale è il soggetto che osserva, altrettanto reale l’oggetto, che ha una sua consistenza anche al di là del suo rapporto con l’osservatore, abgesehen von der Existenz des Subjekts.

Hegel non pone il problema se la ‘coscienza ordinaria’ o ‘coscienza naturale’ (assimilabile in parte a ciò che viene indicato come ‘senso comune’) sia compatibile con una visione realistica o idealistica. Piuttosto egli pone il problema di come elaborare un sapere che non sia limitato entro tale punto di vista difettivo, che genera teorie contraddittorie. Per questo pone come compito primario della filosofia quello di indagare (fenomenologicamente) la genesi dell’opposizione stessa, cioè esaminare la genesi della rappresentazione stessa di una geistunabhängige Wirklichkeit.

Ebbene, attraverso l’esame fenomenologico, Hegel mostra che la considera- zione della realtà come Außenwelt (inteso come unità di misura della verità del sapere e indipendente da esso) presuppone l’esistenza reale di coscienze dotate di una Innenwelt, in grado di produrre conoscenza della realtà stessa.

In altri termini: l’atto di delimitare la realtà come Außenwelt, di contro ad una coscienza altrettanto reale, presuppone un più ampio contesto originario, entro il quale si ponga tale distinzione. Se anche tale contesto viene incluso nella considerazione filosofica, allora muta considerevolmente anche la conce- zione della Wirklichkeit. Possiamo concepire questo nuovo piano di indagine nel modo seguente:

409  JS I, Fragment 20, pp. 291-292. 410  Ivi, p. 291.

[W2] ciò che propriamente è wirklich è il tutto, entro il quale si danno coscienze che fanno esperienza del mondo.

Sulla scia di Schelling, Hegel interpreta lo sviluppo della cultura moderna come interna alla concezione W1. Con questa si intende che i due lati dell’oppo- sizione (Außenwelt ↔ Subjekt) vengono assolutizzati, come se entrambi potes- sero vantare di quell’autonomia e stabilità, cioè di quell’assolutezza che in W2 viene attribuita solo al tutto. Certo, W2 non risolve definitivamente il problema, ma ne apre uno nuovo: come deve essere compresa la realtà del tutto perché in essa siano pensabili coscienze reali che non solo fanno esperienza del mondo, ma che pure si interrogano sul senso del loro osservare e sulla consistenza di ciò che osservano?

Per ora, ciò che risulta chiaro è che W1 e W2 non sono tra loro compatibili. In altri termini, la concezione della Wirklichkeit come un tutto confligge con l’affermazione che i due lati dell’esperienza conoscitiva ‒ il lato del soggetto e quello dell’esistenza degli oggetti nel mondo esterno ‒ sono entrambi effettiva- mente-reali (wirklich), l’uno indipendentemente dall’altro.