Sulla base delle osservazioni fino ora svolte, a parere di chi scrive è quindi
legittimo l’intervento normativo statale che individui strumenti e modalità di
raccolta dai dati sanitari (prestazioni sanitarie erogate dalla strutture ospedaliere
sia ai pazienti in regime di ricovero sia ambulatorialmente, prescrizioni e
erogazione di farmaci, prescrizione e erogazione di servizi diagnostici),
riconducendo tale provvedimento nell’ambito del coordinamento statistico ed informatico e quindi in un settore materiale di competenza assegnato in via
esclusiva allo Stato.
Nonostante ciò, è evidente che l’omogeneizzazione e interscambiabilità dei
dati – che giustificano il rinvio al predetto criterio di competenza - sono
finalisticamente orientate al perseguimento di ulteriori finalità e, nello specifico,
nell’ottica della presente trattazione assume indubbiamente rilievo la necessità di aggregare i dati per poter così predisporre la base informativa necessaria al
controllo delle dinamiche reali della finanza pubblica (costi di erogazione del
servizio) e quindi a una più efficiente gestione delle risorse assegnate al sistema
sanitario, aspetto che si può – sempre nel rispetto dei limiti già indicati –
ricondurre alla competenza concorrente del coordinamento della finanza pubblica.
La compresenza di interessi e finalità differenti, che si riflette nella
molteplicità di materie (e quindi di titoli di competenza) differenti, impone quindi
di valutare l’opportunità di prevedere degli strumenti di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo coinvolti, nell’ottica della salvaguardia dell’autonomia
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ormai riconosciuta alle Regioni, specialmente nel settore sanitario, anche
all’indomani della riforma sul federalismo fiscale.
Anche nel caso oggetto di studio possono essere applicati analogicamente i
principi affermati dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n°31/200599, nella
quale la Corte, dopo aver affermato la riconducibilità dell’oggetto trattato alla
competenza del coordinamento statistico ed informatico ha ritenuto che “Le
norme in questione sono suscettibili, però, di trovare applicazione anche nei confronti delle Regioni e degli enti locali, come risulta, tra l'altro, da quanto statuito nel terzo comma dello stesso art. 26, il quale prevede espressamente che i progetti – «di cui ai commi 1 e 2» – possono riguardare «l'organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali», e dispone che, in tal caso, è necessario sentire la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Sotto tale aspetto, dunque, tali norme possono avere una diretta incidenza sulla «organizzazione amministrativa regionale e degli enti locali», ma ciò non determina alcuna violazione – nei limiti in cui siano garantite adeguate procedure collaborative – delle competenze della ricorrente.”
99 Corte Costituzionale Sentenza n°31/2005. La Corte Costituzionale chiamata a
pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 26 della legge n. 289 del 2002, commi 1 e 2, i quali rispettivamente istituivano un Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese e assegnava al Ministro per l'innovazione e le tecnologie una serie di poteri riconducibili alle finalità di assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica sostenuta dalle pubbliche amministrazioni, di generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso, nonché di indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia, ne ha affermato la legittimità costituzionale.
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Il riferimento alla garanzia di “adeguate procedure collaborative”, pare
dunque suggerire la necessità per lo Stato di ricorrere agli strumenti della leale
collaborazione, qualora nell’esercizio del proprio potere esclusivo possa poi incidere su ambiti di autonomia propri degli altri livelli di governo.
Sempre nella medesima pronuncia la Corte ha ritenuto infatti che, qualora
l’esercizio del potere legislativo dello Stato in un ambito di competenza esclusiva incida sull'esercizio concreto delle funzioni proprie delle Regioni o degli Enti
locali è necessario “garantire un più incisivo coinvolgimento di tali enti nella fase
di attuazione delle disposizioni censurate mediante lo strumento dell'intesa”.
Tale argomentazione è indubbiamente valida anche qualora l’intervento statale interferisca con ambiti rimessi alla competenza legislativa concorrente,
quali quello del coordinamento della finanza pubblica e finanche della tutela del
diritto della salute.
Ad avviso di chi scrive, quindi, pur riconducendo all’ambito della lett. r) dell’art. 117, III comma della Costituzione, la disciplina atta a regolamentare l’uso dell’ICT nel settore della sanità, proprio in ragione della molteplicità degli interessi coinvolti, lo Stato dovrebbe comunque operare, facendo ricorso allo
strumento delle intese, in ossequio al principio di leale collaborazione100.
100 A conferma di quanto sostenuto è possibile citare la sentenza n°232/2009 nella quale la
Corte Costituzionale ha affermato che “Lo Stato è abilitato a dettare norme in materia di «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale» [art. 117, secondo comma, lettera r), Cost.]. L'art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 mira appunto alla creazione di un sistema informativo avente ad oggetto la raccolta e l'elaborazione (secondo criteri e metodi diretti ad assicurare l'omogeneità necessaria per la loro proficua elaborazione ed utilizzazione) dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo.
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Tale ricostruzione risulta inoltre perfettamente aderente all’attuale realtà
normativa101, in cui gran parte delle decisioni inerenti l’applicazione degli strumenti dell’ICT alla sanità sono oggetto di apposita delibazione in sede di Intesa Stato Regioni, divenute così la sede principale di determinazione,
elaborazione e ricostruzione della nuova governance sanitaria.
Trattandosi di norma appartenente ad un ambito materiale riservato alla competenza esclusiva dello Stato e considerata la natura eminentemente tecnica della disciplina di coordinamento statale, va escluso che il principio di leale collaborazione imponga nella fattispecie una forma di coinvolgimento delle Regioni.” Seppur la decisione della Corte sembra muoversi in una direzione diametralmente opposta a quanto sostenuto dalla scrivente, si ritiene che nella fattispecie oggetto del presente scritto la necessità di ricorrere allo strumento dell’intesa, per garantire la leale collaborazione e quindi evitare una lesione dell’autonomia riconosciuta alle Regioni tragga ragion d’essere nella compresenza nel settore di materie riconducibili a diversi regimi competenziali, che rendono quindi necessario un adeguato coinvolgimento dei diversi livelli di governo.
101 L’assetto istituzionale del settore sanitario che prevede il coinvolgimento di due diversi
livelli di governo giustifica pertanto il ricorso alle inteste. Tale conclusione è confermata anche dalla Ragioneria Generale dello Stato – MEF, nella relazione 2015 Monitoraggio della spesa sanitaria, nella quale si legge: “Nell’ambito di tale strumentazione normativa assumono un’importanza preminente: le Intese Stato-Regioni in materia sanitaria, il sistema di monitoraggio delle performance regionali e dei conti nazionali, i Piani di rientro, il Sistema Tessera Sanitaria (TS), le disposizioni concernenti la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi.”
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3 SANITA’ DIGITALE: L’INNOVAZIONE COME
STRUMENTO DI RIORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO
SANITARIO
3.1 L’aziendalizzazione della sanità: l’equilibrio economico come