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Il rinvio, obbligatorio e facoltativo, dell’esecuzione della pena

Nel documento Manuale di diritto penitenziario (pagine 191-200)

E FORME DI (ULTERIORE) PREMIALITÀ

4.1. Il rinvio, obbligatorio e facoltativo, dell’esecuzione della pena

4.1.1. L’ambito di applicabilità

Il vigente codice penale sancisce che l’esecuzione della pena debba es- sere, immancabilmente, sospesa al realizzarsi dei presupposti di cui all’art. 146 (rubricato “rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena”). Analogo

rinvio, inoltre, può essere concesso, ma in tal caso all’esito di una valuta- zione discrezionale del giudice, realizzandosi le fattispecie previste dall’art. 147 (“rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena”) e dall’art. 148 (“in- fermità psichica sopravvenuta al condannato”)1.

Si viene in tal modo a verificare un ulteriore (anche se, in tal caso, po- tenzialmente transitorio) scarto tra pena minacciata, pena irrogata e pena concretamente eseguita. Tuttavia, al contrario di quanto deve ritenersi con riferimento ad analoghe previsioni legislative, la scelta dei conditores appa- re in tal caso opportuna, essendo correlata a situazioni di gravissimo peri- colo per la salute o al diritto di infanti di essere accuditi dalla propria ma- dre nella prima fase della propria esistenza2.

Le disposizioni in oggetto appaiono dunque comprensibili ai consociati, non concretandosi, tramite esse, le negative conseguenze politico-criminali che sovente accompagnano ‘dislessiche’ previsioni del legislatore che, sem- pre più, oramai da decenni, rendono l’applicazione della pena prevista per la commissione di un reato una eventualità pressoché irrealizzabile.

Con riferimento al rinvio obbligatorio3 della pena, deve sottolinearsi

come l’ambito applicativo di tale istituto sia dal legislatore configurato in termini amplissimi, essendo precluso tale rinvio solo in presenza di pene pecuniarie, come si desume, oltre che dalla lettera dell’art. 146 c.p. (l’ap- plicazione di una pena, che non sia pecuniaria …), anche dal disposto del- l’art. 148 c.p., che, nel disciplinare l’ipotesi di differimento o sospensione della pena in caso di infermità psichica sopravvenuta al condannato, si rife- risce unicamente ai casi di “pena restrittiva della libertà personale”4

.

1

Tali disposizioni sono state dal legislatore collocate nell’ambito del libro I (“dei reati in generale”), titolo V (“della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena”), capo II (“della esecuzione della pena”).

2

Per un analisi della giurisprudenza di merito inerente al tema in oggetto cfr. R. ZEMA,Il

rinvio dell’esecuzione della pena nella casistica del Tribunale di Sorveglianza di Milano, in Il foro ambrosiano, 1999, 4, pag. 524 e ss.; L. GAY-S.PERROTTI-C.A.ROMANO,Il rinvio facoltativo del-

l’esecuzione della pena nella casistica del Tribunale di Sorveglianza di Brescia, in Riv. it. med. leg., 1996, fasc. 2, pt. 2, pag. 549 e ss.

3

In tema di rinvio, obbligatorio e facoltativo, della pena cfr., in dottrina, L. FILIPPI-G.SPAN- GHER,Manuale di esecuzione penitenziaria, Milano, 2003, pag. 192 e ss. Nell’ambito della giuri- sprudenza di legittimità, con particolare riferimento al rinvio obbligatorio, cfr., tra le altre, Cor- te di Cass., sezione I penale, 24 maggio 1996, n. 2683; Corte di Cass., Sezione I penale, 30 mag- gio 1994, n. 1504.

4

Vedi, al riguardo, M. CANEPA-S.MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2004,

pag. 214, i quali precisano come dalla previsione dell’art. 146, comma 1, c.p., consegua che il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena possa essere disposto “con riferimento alle pene dell’ergastolo, della reclusione, dell’arresto, delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e del- la libertà controllata, nonché per le sanzioni originanti dalla conversione della pena pecuniaria (libertà controllata e lavoro sostitutivo, per cui esiste il richiamo di cui all’art. 107, comma 5,

Contrariamente a quanto potrebbe ritenersi, crediamo che l’inoperativi- tà del rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena in presenza di pene meramente pecuniarie, non connoti anche il rinvio facoltativo, il quale è disciplinato dall’art. 147 c.p., che si riferisce unicamente alla “pena”, senza operare distinzione alcuna.

Né, d’altronde, potrebbe invocarsi l’applicazione del procedimento ana- logico (sostenendosi che la non operatività, in presenza di pene meramente pecuniarie, dell’istituto del rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena andrebbe desunto dall’analoga disciplina contenuta nell’art. 146 c.p.): es- so, in tal caso, opererebbe in malam partem, e sarebbe dunque incompati- bile con l’espresso divieto sancito dall’art. 14 delle disp. prel. al c.c., non- ché con l’art. 25, comma 2, Cost., interpretato secondo la sua più moderna accezione5.

Nel senso della applicabilità del rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena anche in presenza di pene meramente pecuniarie, depone anche il dettato dell’art. 211-bis c.p. il quale, nel disciplinare il rinvio dell’esecuzio- ne delle misure di sicurezza, non lo limita a quelle detentive, ma lo estende a tutte le misure di sicurezza personali (art. 211-bis, comma 1 c.p.), e – dun- que – anche a quelle patrimoniali, disciplinate dagli artt. 236 ss. c.p., tra le quali figura anche la “cauzione di buona condotta” (art. 237 c.p.), costitui- ta appunto dal deposito, presso la cassa delle ammende, di una somma di danaro.

La questione dell’applicabilità del rinvio facoltativo della pena in pre- senza dell’irrogazione di una pena unicamente pecuniaria, perde, invero, molta della sua rilevanza pratica ove si osservi che essa non può porsi nel- le ipotesi di cui all’art. 147, comma 1, nn. 2 e 3, che si riferiscono unica- mente a pene restrittive della libertà personale. Residua la possibilità che – ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 1, c.p. – venga presentata domanda di grazia, in relazione ad una condanna ad una pena esclusivamente pecu- niaria. Pur apparendo improbabile una simile eventualità, tale ipotesi non può essere esclusa ai sensi della normativa disciplinante la grazia (artt. 174 c.p. e 674 c.p.p.), e deve dunque essere presa in considerazione, giungen- dosi, per le considerazioni svolte, alla conclusione di ritenere applicabile

Legge n. 689/1981)”. La norma, inoltre, precisano gli Autori “si applica anche alle pene esegui- te nelle forme alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domici- liare, ovvero nella forma della semilibertà”.

5 Al riguardo cfr., per tutti, F. B

RICOLA, Legalità e crisi: l’art. 25, commi 2° e 3° della Costitu-

zione rivisitato alla fine degli anni ’70, in Questione criminale, 1980, pag. 179 e ss.; A. PAGLIA- RO, voce Legge penale: principi generali, in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, pag. 1040 e ss.; F.

PALAZZO, voce Legge penale, in Dig. disc. pen., VII, Torino, 1993, pag. 338 e ss.; G. VASSALLI,

l’istituto di cui all’art. 147 c.p. anche in presenza dell’irrogazione di una pena pecuniaria6.

A tale ambito oggettivo di applicazione, ne corrisponde uno soggettivo altrettanto ampio: è significativa, in proposito, la pronuncia con la quale la Corte di Cassazione7 – nel sottolineare come l’accesso alle misure alterna-

tive alla detenzione fosse precluso ai condannati per i reati di cui alla prima parte dell’art. 4-bis ord. pen. – ha tuttavia precisato che tale limitazione soggettiva non sussiste in relazione alle misure “della sospensione obbliga- toria o facoltativa della pena giustificate dalle condizioni di salute, ai con- dannati per reati gravi”.

4.1.2. Dettato e ratio della normativa in tema di rinvio dell’esecuzione della

pena (e delle misure di sicurezza). Il rinvio, obbligatorio e facoltativo, dell’esecuzione della pena

In virtù del dettato degli articoli 146, 147, 148, 211-bis c.p., è dunque possibile che alla pena irrogata dall’autorità giudiziaria non segua (o, quan- tomeno, non segua immediatamente) l’esecuzione della stessa.

La ratio di tale statuizione, oltre che nella salvaguardia della salute, fon- damentale diritto dell’individuo ai sensi dell’art. 32 Cost., riteniamo debba essere individuata, più che nella tutela della famiglia (art. 31, comma 1, Cost.), come suole ritenersi in dottrina8, nella tutela della maternità, dell’infanzia

e della gioventù, espressamente sancita dall’art. 31, comma 2 Cost.9 .

Pur non potendosi disconoscere la rilevanza attribuita dalla Costituzio- ne alla famiglia, quale formazione sociale indispensabile ai fini della forma- zione della personalità dell’individuo10, non può tuttavia ritenersi che nella

tutela della stessa possa rinvenirsi la ratio della scelta legislativa di consen- tire, sussistendo talune condizioni, il rinvio obbligatorio dell’esecuzione del- la pena.

6

In linea con la tesi qui sostenuta, del resto, figura anche l’espresso pronunciamento del Ministero di Grazia e Giustizia: Parere M.G.G., 9 aprile 1996 (“Sospensione dell’esecuzione della pena e campione penale”).

7

Corte di Cass., Sezione I penale, sentenza del 26 giugno 2003, n. 27721.

8

In tal senso cfr., per tutti, M. CANEPA-S.MERLO, op. cit., pag. 211.

9

Per una pronuncia assai significativa con riferimento al significato di tale disposizione, si veda la sentenza del 28 aprile 1994, n. 168, della Corte Costituzionale, la quale, nel dichiarare illegittimo il combinato disposto degli articoli 17 e 22 c.p. nella parte in cui rendevano appli- cabile la pena dell’ergastolo ai minori, si è ampiamente soffermata sul significato dei termini utilizzati dall’art. 31, comma 2, Cost.

10

Difatti, l’art. 29 della Cost., al comma 1, con una disposizione solenne- mente collocata in apertura della Parte I (“diritti e doveri dei cittadini”), titolo II (“rapporti economico sociali”), espressamente sancisce che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

Ebbene, l’art. 146 c.p.(riferendosi a “donna incinta” ed a “madre”) pre- scinde, ai fini della concessione del rinvio obbligatorio dell’esecuzione del- la pena, dall’esistenza di un matrimonio, e, dunque, di una famiglia così come intesa dalla Carta Costituzionale.

È, dunque, a tutela della maternità, dell’infanzia e della gioventù che l’art. 14611, sancisce al primo comma l’obbligatorio differimento della pe-

na, ove essa debba aver luogo nei confronti di donna incinta (art. 146, comma 1, n. 1) oppure di madre di infante di età inferiore ad anni uno (art. 146, comma 1, n. 2). Tale ultima fattispecie, al fine di garantire una maggior tutela ad infanzia e maternità, è stata modificata in senso ampliati- vo dalla Legge n. 40/2001: prima della sua entrata in vigore, difatti, la previsione del comma 1, n. 2, era limitata alle madri con prole di età infe- riore ai mesi sei.

Nelle ipotesi appena descritte, tuttavia, cause ostative all’ottenimento del beneficio (o, ove intervengano successivamente alla concessione dello stesso, fondanti la sua revoca) sono dal comma 2 dell’art. 146 c.p. indivi- duate nell’interruzione della gravidanza; nella dichiarazione di decadenza della madre dalla potestà sul figlio ai sensi dell’articolo 330 del codice civi- le; nella morte del figlio, nel suo abbandono o affidamento ad altri, sem- preché, nel caso dell’interruzione di gravidanza o del parto, essi siano av- venuti da oltre due mesi12.

L’art. 146, comma 1, n. 3, c. p., disciplina invece fattispecie la cui previ- sione non genera alcun dubbio in merito all’interesse tutelato, rinvenibile nel diritto alla salute: oggetto dell’attenzione legislativa, tuttavia, non è esclu- sivamente la salute del singolo individuo. Difatti, nell’individuazione del- l’interesse oggetto di tutela della norma, assume un’importanza non mino- re la necessità di tutelare, ove si sia in presenza di malattie contagiose, la salute degli altri detenuti, evitando il rischio che essi vengano contagiati. Tale disposizione, introdotta nella sua attuale formulazione dalla Legge 12 luglio 1999, n. 231, sancisce, a tal fine, l’obbligatorietà del rinvio dell’ese-

11

Disposizione, questa, la cui attuale formulazione è quella risultante dalla sua sostituzione, operata dalla Legge 8 marzo 2001, n. 40 (“Misure alternative alla detenzione, a tutela del rap- porto tra detenute e figli minori”).

12

Ritengono che si pongano problemi di coordinamento tra il combinato disposto degli ar- ticoli 146, comma 2 c.p. e 6, Legge 8 marzo 2001, n. 40, da un lato, e l’art. 7 della stessa Legge n. 40/2001, dall’altro, M. CANEPA-S.MERLO, op. cit., pag. 216.

cuzione della pena a favore del condannato affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, c.p.p., ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trovi in una fase della malattia così avan- zata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative13.

Con riferimento ad AIDS conclamata ed a grave deficienza immunita- ria, va rilevato che la loro definizione viene rinviata dall’art. 286-bis, com- ma 2, c.p.p., a decreto del Ministro della Sanità, da adottarsi di concerto con il Ministro di Grazia e Giustizia: con colpevole ritardo, tale decreto è stato emanato solo il 21 ottobre 199914. Esso, in attuazione dell’art. 286- bis, comma 2, c.p.p., ha anche stabilito le procedure diagnostiche e medico

legali per l’accertamento dello stato patologico: deve ritenersi che il sogget- to richiedente la sospensione abbia un vero e proprio diritto all’espleta- mento di una perizia medico legale volta ad accertare le proprie condizioni di salute, soprattutto nei casi relativi ad AIDS conclamata od a grave defi- cienza immunitaria15.

A tal riguardo va rilevato come, opportunamente, il C.S.M.16 abbia

precisato che “la competenza del Tribunale di sorveglianza in tema di rin- vio dell’esecuzione, ribadita ed ampliata dall’art. 684 del codice di proce- dura penale, rende quanto mai utile la presenza di almeno un medico fra gli esperti, atteso che i problemi nascenti in materia di rinvio dell’esecu- zione sono per lo più collegati alle condizioni di salute del richiedente”. Ciò, si legge inoltre nella circolare del C.S.M., in quanto “il rimando ope-

13

In dottrina, invero, non sono mancate autorevoli critiche, seppur mosse da diverso angolo visuale, alla disposizione in commento: al riguardo, per tutti, cfr. G. LOCATELLI,Il trattamento

sanzionatorio dei soggetti tossicodipendenti o affetti da HIV: evoluzione della normativa fino alla l. 12 luglio 1999, n. 231, in Cass. pen., 2000, fasc. 2, pagg. 550-553; F. NUZZO,Il regime di cu-

stodia cautelare in carcere e la tutela della salute in base alla disciplina della legge 12 luglio 1999, n. 231, in Cass. pen., 2000, fasc. 3, pag. 773 e ss.; P. CANEVELLI,Tutela dei soggetti affetti da

AIDS o da altre malattie gravi e misure alternative al carcere. Aspetti giuridici. Commento alla l. 12 luglio 1999, n. 231, in Dir. pen. e proc., 1999, fasc. 10, pag. 1224 e ss.; B. MAGLIONA,Tutela

dei soggetti affetti da AIDS o da altre malattie gravi e misure alternative al carcere. Aspetti medi- co-legali. Commento alla l. 12 luglio 1999, n. 231, in Dir. pen. proc., 1999, fasc. 10, pag. 1231e ss.; G. CONSO,La “libertà per AIDS” tra illusioni, sfasature ed equivoci, in Dir. pen. proc., 1995,

fasc. 9, pag. 1029 e ss.

14 D.M. Sanità, 21 ottobre 1999 (in G.U., 22 dicembre 1999, n. 299). 15

Cfr. P. CANEVELLI-B.MAGLIONA, Tutela dei soggetti affetti da AIDS o da altre malattie

gravi e misure alternative al carcere, in Dir. pen. proc., 1999, pag. 1223 e ss.

16

Circ. C.S.M. 11 marzo 2001, recante “Criteri per la nomina e conferma degli esperti dei Tribunali di Sorveglianza”.

rato dall’art. 70, comma 3, O.P., alle categorie di esperti previsti dall’art. 80, comma 4, stessa legge, a proposito delle attività di osservazione e di trattamento, è stato effettuato quando il rinvio dell’esecuzione non rientra- va fra le competenze del Tribunale di sorveglianza. Appare quindi giustifi- cato che si proceda alla nomina di uno o più laureati in medicina e chirur- gia”.

L’art. 146, comma 1, n. 3, c.p., rappresenta il frutto di un complesso percorso giurisprudenziale e legislativo. Tale disposizione, difatti, dappri- ma fu modificata dal D.L. 14 maggio 1993, n. 139 (convertito nella Legge 14 luglio 1993, n. 222), il cui articolo 2 aggiunse al primo comma dell’art. 146 del codice penale il n. 3, che delineava l’obbligo del rinvio dell’ese- cuzione della pena, ove la stessa dovesse aver luogo “nei confronti di per- sona affetta da infezione da HIV nei casi di incompatibilità con lo stato di detenzione ai sensi dell’art. 286-bis, comma 1, c.p.p.”17

.

E, due anni più tardi, su di essa produsse significativi effetti la pronun- cia18 con la quale la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzio-

nale dell’art. 286-bis, comma 1, c.p.p. “nella parte in cui stabili[va] il divie- to di custodia cautelare in carcere nei confronti delle persone ivi indicate, anche quando sussist[essero] le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza di cui all’art. 275, comma 4, del medesimo codice, e l’applicazione della misura po[tesse] avvenire senza pregiudizio per la salute del soggetto e di quella degli altri detenuti”. La Consulta, in altri termini, sanciva la man- canza di ragionevolezza della previsione di un divieto assoluto di custodia cautelare in carcere stabilito per i soli ammalati di AIDS, in contrasto con la regola generale che consente, anche nel caso di malattie altrettanto gravi, l’adozione della misura carceraria. Sulla base di tale considerazione, la Corte – sostanzialmente – riservava al giudice di merito il compito di veri- ficare caso per caso, se – tenuto conto anche delle strutture disponibili – la custodia in carcere potesse essere disposta senza pregiudizio per la salute del soggetto e degli altri detenuti19.

Le stesse ragioni che avevano indotto la Consulta a sanzionare con una declaratoria di incostituzionalità la disposizione che determinava una (im- plicita) disparità di trattamento ai fini dell’applicazione della custodia cau- telare in carcere, indussero il legislatore – a distanza di pochi anni – a mo-

17

Cfr. M. VAUDANO, La terapia per le persone colpite da HIV è incompatibile con la pena de- tentiva, in Guida al Diritto, 31 luglio 1999, n. 30, pag. 29 e ss.

18

Corte Cost., sentenza del 18 ottobre 1995, n. 439, in Giur. it., 1996, I, pag. 116.

19

In merito alla disparità di trattamento, anche di situazioni analoghe, in base ai più o meno restrittivi orientamenti giurisprudenziali, cfr. M. VAUDANO, op. loc. ult. cit., il quale parla di “ampia – e dolorosa – discrezionalità in capo al giudice di sorveglianza … nella necessaria valu- tazione ‘caso per caso’”.

dificare (con la Legge 12 luglio 1999, n. 231) l’art. 146, comma 1, n. 3, c.p., estendendo alle persone affette da “grave deficienza immunitaria” il diritto – già previsto per i malati di AIDS – di ottenere il rinvio dell’esecu- zione della pena.

La scelta di politica-criminale sottesa alla previsione di cui all’art. 146 c.p., che sancisce, al verificarsi delle situazioni ivi descritte, l’obbligatorio rinvio dell’esecuzione della pena, appare del tutto incompatibile con un si- stema di diritto penale assiologicamente orientato ai principi di politica criminale e, in particolare, con le funzioni che la vigente Costituzione asse- gna alle conseguenze sanzionatorie20

.

In particolare, dal punto di vista special-preventivo (inteso, ovviamente, in senso positivo, quale sinonimo di tendenza alla rieducazione), non pare che la scelta di assicurare sempre e comunque il rinvio dell’esecuzione della pena abbia una positiva incidenza sulla personalità del condannato.

Tale considerazione appare ancor più fondata ove si consideri che il giudice competente non ha la possibilità di disporre un beneficio di diver- so contenuto (ad esempio, l’affidamento in prova al servizio sociale o la de- tenzione domiciliare) il quale, pur tutelando la salute del condannato, me- glio si adegui alla fattispecie concreta, tenendo conto anche degli interessi della collettività. Questi ultimi – seriamente minacciati dalla potenziale rei- terazione di reati da parte di soggetti che, anche a cagione della propria malattia, potrebbero considerare la possibilità di delinquere impuniti – ap- paiono scarsamente tutelati dalla previsione in oggetto, con le indubbie conseguenze negative dal punto di vista general-preventivo, nel suo aspetto positivo (scelte politico-criminali di tal fatta non sembrano in grado di ac- crescere il consenso dei destinatari del precetto nei confronti delle scelte del legislatore e, dunque, di orientare culturalmente gli stessi) e negativo (il sistema penale perde la propria capacità intimidatoria nei confronti di ul- teriori, potenziali autori dei reati, a maggior ragione nel contesto ordina- mentale vigente, che prevede numerosissime deroghe al principio della corrispondenza tra pena minacciata, irrogata ed eseguita)21.

20

Riguardo alla imprescindibile esigenza che il sistema di diritto penale sia assiologicamente orientato ai principi di politica criminale, con amplissimi riferimenti alle funzioni che la vigente Costituzione assegna alle conseguenze sanzionatorie cfr. S. MOCCIA,Il diritto penale tra essere e

valore, Napoli, 1992, passim; V. MAIELLO, Brevi note metodologico-sistematiche in tema di fun- zioni della pena e principi costituzionali, in Quaderni di scienze penalistiche, Napoli, 2005, in cor- so di pubblicazione; ID., Il contraddittorio nella Costituzione: una riforma tra politica, diritto pe- nale e processo, in Crit. dir., 1999, nn. 2-3, pag. 197 e ss.

21

Cfr. S. MOCCIA, op. cit., passim; V. MAIELLO, Diritto penale e processo: la necessità di un

approccio integrato, in Crit. dir., 1998, fasc. 3-4, pag. 286 e ss.; F. STELLA, Recenti dispute dottri- nali e riflessi pratici sulle funzioni della pena, in L’indice penale, 2000, fasc. 3, pag. 1117 e ss.; G. DE VERO, L’incerto percorso e le approdo dell’idea di prevenzione generale positiva, Intervento

La validità di tali osservazioni è, a nostro avviso, rafforzata dalla impos- sibilità, ove il condannato che abbia beneficiato del rinvio obbligatorio del- l’esecuzione della pena commetta ulteriori delitti, di revocare o sospendere il provvedimento di rinvio: nulla dispone al riguardo l’ordinamento peni- tenziario, mentre simile previsione è contenuta unicamente nell’art. 146, comma 2, c.p., per le ipotesi di donna incinta, nonché di madre di infante di età inferiore ad anni uno ovvero nei casi di interruzione della gravidan- za, di morte, abbandono o affidamento ad altri del figlio, o di decadenza

Nel documento Manuale di diritto penitenziario (pagine 191-200)