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PROFILI SOSTANZIAL

Nel documento Manuale di diritto penitenziario (pagine 69-119)

C

APITOLO

1

LA FUNZIONE DELLA PENA

SOMMARIO: 1.1. La pena: introduzione. – 1.2. La natura della sanzione penale. – 1.3. Le

diverse teorie della pena. – 1.3.1. Le teorie assolute della pena. – 1.3.1.1. La pena come retribuzione morale. – 1.3.1.2. La pena come retribuzione giuridica. – 1.3.1.3. I limiti della teoria retributiva. – 1.3.2. Le teorie relative della pena. – 1.3.2.1. La pena come prevenzione generale. – 1.3.2.2. – La pena come prevenzione speciale. – 1.3.2.3. Le teo- rie e i limiti della prevenzione nel pensiero penalistico italiano. – 1.3.2.4. I pregi della prevenzione generale. – 1.3.2.5. I pregi della prevenzione speciale. – 1.3.2.6. La preven- zione speciale come risocializzazione. – 1.4.1. L’evoluzione costituzionale della teoria della pena. – 1.4.2. Il concetto costituzionale di rieducazione. – 1.5.1. La personalizza- zione della sanzione penale nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. – 1.5.2. Gli effetti della giurisprudenza costituzionale. – 1.6. I percorsi legislativi di politica penale in Italia.

1.1. La pena: introduzione

Il diritto penale può definirsi come il settore dell’ordinamento giuridico che disciplina i fatti illeciti dai quali risulta come conseguenza giuridica l’applicazione di una pena1.

La pena concettualmente è una risposta a un fatto che è già accaduto ed è tradizionalmente considerata come sinonimo di castigo, in quanto indica il dolore o la sofferenza che deve essere inflitta a colui che ha violato un comando2.

Occorre porre immediatamente l’accento sul carattere afflittivo della sanzione penale dal momento che la stessa va distinta dalle altre tipologie di sanzioni pubbliche3.

1

M. GALLO, Appunti di diritto penale, vol. I, Giappichelli, Torino, 1999.

2

G. VASSALLI, La potestà punitiva, Giuffrè, Milano, 1942; E. DOLCINI, La commisurazione

della pena, Cedam, Padova, 1979; F. CAVALLA, La pena come problema, Giuffrè, Milano, 1980;

P. NUVOLONE, Pena, in Enc. del dir., vol. XXXII, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 787 e ss.; M.

RONCO, Il problema della pena. Alcuni profili relativi allo sviluppo della riflessione sulla pena,

Giappichelli, Torino, 1996; A. CADOPPI-P.VENEZIANI, Elementi di diritto penale, Parte generale,

Cedam, Padova, 2002, pag. 409 e ss.; L. EUSEBI, La pena “in crisi”, Morcelliana, Brescia, 1989.

3

Nel diritto civile, all’accertamento di atti o fatti illeciti consegue l’appli- cazione di rimedi che hanno la funzione di ripristinare lo status quo ante, rimuovendo dall’ordinamento l’antigiuridicità realizzata o ponendo a cari- co del responsabile la reintegrazione della sfera patrimoniale del danneg- giato. In questo modo si impedisce anche il consolidarsi degli effetti van- taggiosi derivanti dalla condotta illecita.

In proposito occorre precisare che la distinzione tra la pena pecuniaria e la sanzione civile del risarcimento del danno in forma generica va vista in relazione all’effetto che il legislatore intende conseguire nell’uno e nell’al- tro caso. In particolare, mentre la pena pecuniaria ha quale obiettivo l’in- flizione all’autore della sofferenza o del disagio conseguente all’esborso di danaro; il risarcimento del danno derivante da illecito, consiste nel paga- mento di una somma di denaro che è funzionale alla reintegrazione, sia pu- re per equivalente, dell’assetto degli interessi patrimonialmente rilevanti pregiudicato dal verificarsi del fatto illecito, sia esso di tipo contrattuale che extracontrattuale. Sotto tale peculiare aspetto esiste ancora la tradizio- nale distinzione secondo la quale risarcimento del danno e pena pecuniaria costituiscono i prototipi di due distinte tipologie sanzionatorie. Si parla di sanzione omogenea, nel caso di risarcimento del danno, in quanto si incide, in senso riparatorio, sulla stessa specie di interessi che avrebbero dovuto es- sere salvaguardati attraverso il comportamento dovuto; nell’ipotesi della san- zione pecuniaria si parla, invece, di sanzione eterogenea4, in quanto vengono

sacrificati beni assolutamente privi di qualsiasi destinazione riparatoria nei confronti degli interessi pregiudicati in capo alla persona offesa5.

Più complessa si presenta la distinzione rispetto alle sanzioni ammini-

strative, categoria che, con l’entrata in vigore della Legge 24 novembre 1981,

n. 689, ha ricevuto un’autonoma rilevanza, anche se sotto la specie dell’ille- cito penale depenalizzato6.

Opere giuridiche, Roma, 1933, III, pag. 433 e ss.; F. GRISPIGNI, Diritto penale italiano, vol. I,

pag. 134 e ss.

4

Sulla distinzione tra sanzione omogenea e sanzione eterogenea, si veda: P. NUVOLONE, Pe-

na (dir. pen.), in Enc. del dir., vol. XXXII, Giuffrè, Milano, 1982, pag. 787; F. MANTOVANI, Di-

ritto penale, Parte generale, Cedam, Padova, 2001. Nello stesso senso distinguono la “sanzione esecutiva” da quella “punitiva”: M. GALLO, Appunti di diritto penale, vol. I, Giappichelli, Torino,

1999, pag. 3; S. VINCIGUERRA, Diritto penale italiano, vol. I, Cedam, Padova, 1999, pag. 33 e ss.

5

M. ROMANO, Risarcimento del danno da reato – diritto civile – diritto penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1993, pag. 865 e ss.; M. MOSCATI, Pena (dir. priv.), in Enc. del dir., XXXII, Giuffrè,

Milano, 1982, pag. 770 e ss.; G. CONTENTO, Corso di diritto penale, vol. I, Laterza, Bari, 1996;

E. MUSCO, Le imprese a scuola di responsabilità tra pene pecuniarie e misure interdittive, in Dir. e

giust., n. 23/2001, parte II; A. PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte generale, Giuffrè, Mi-

lano, 2000, pag. 10.

6

La sanzione amministrativa è irrogata da una pubblica amministrazione nell’esercizio di un potere amministrativo che è finalizzato al perseguimen- to dell’interesse pubblico protetto dalla norma violata. Relativamente alla loro applicazione, le sanzioni amministrative, diversamente da quelle pena- li, sono inflitte con un provvedimento amministrativo esecutivo e legittimo, sicché la tutela giurisdizionale del soggetto passivo è successiva all’irroga- zione del provvedimento medesimo.

La qualificazione di una sanzione, come amministrativa o penale, assu- me quindi un particolare rilievo attesa la diversità del regime giuridico ap- plicabile.

Nella prassi i maggiori problemi di inquadramento giuridico si sono po- sti in relazione alle misure di sicurezza, alle sanzioni comminate per gli il-

leciti depenalizzati, nonché di recente anche per le sanzioni derivanti dagli illeciti amministrativi dipendenti dai reati commessi dalle persone giuri- diche, in relazione al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Le misure di sicurezza, coerentemente ad una logica del cosiddetto “doppio binario”, che originariamente tendeva a sottrarre dalla sfera del di- ritto penale le misure finalizzate alla prevenzione speciale e calibrate sulla personalità del reo, nonché sulla sua pericolosità sociale, erano considerate delle “misure amministrative”. Tuttavia, oggi, il riconoscimento della fun- zione di prevenzione speciale come sottostante alla pena criminale, ha condotto ad assimilare dette misure alle pene vere e proprie, facendone emergere anche la loro afflittività, derivante dalla loro idoneità ad incidere sulla libertà personale dei condannati7.

Gli illeciti depenalizzati hanno, invece, una natura intermedia tra quella

penale ed amministrativa. Gli stessi, infatti, pur essendo inflitti con un provvedimento amministrativo e per un fatto che non costituisce più reato,

ria tributaria, Giuffrè, Milano, 1979, pag. 134 e ss.; F. BRICOLA, La depenalizzazione nella legge 24 novembre 1981, n. 689: una svolta “reale” nella politica criminale?, in Pol. del dir., 1982, pag. 364; G. AMARELLI-M.D’ALESSANDRO-A.DE VITA, Il nuovo sistema sanzionatorio del diritto pe- nale dell’economia: decriminalizzazione e problemi di effettività, a cura di A.DE VITA, Jovene,

Napoli, 2002, pag. 17 e ss.; T. PADOVANI, La distribuzione di sanzioni penali e di sanzioni ammi- nistrative secondo l’esperienza italiana, in Riv. dir. e proc. pen., 1984, pag. 952; F.C. PALAZZO, I

criteri di riparto tra sanzioni penali e amministrative, in Leg. pen., 1986, pag. 35 e ss.; C.E. PA-

LIERO, Il diritto penale-amministrativo: profili comparatistici, in Riv. trim. dir. pen., 1980, pag.

1254 e ss.; ID., Depenalizzazione, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, pag. 425 e ss.; P. ROSSI-A. VANNINI, Illecito depenalizzato-amministrativo. Ambito di applicazione, Giuffrè, Milano, 1990;

V. VINCIGUERRA, La riforma del sistema punitivo nella L. 24.11.1981 n. 689. Infrazione ammini- strativa e reato, Cedam, Padova, 1983; G. ZANOBINI, Le sanzioni amministrative, Torino, 1924;

A. TESAURO, Le sanzioni amministrative punitive, Jovene, Napoli, 1925.

7

Va rilevato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 157/1972, ha ammesso una mag- giore elasticità nella descrizione legislativa dei presupposti di applicazione delle misure di sicu- rezza, attesa l’intrinseca fluidità del concetto di pericolosità sociale.

non possono essere strettamente ricondotti alla categoria delle sanzioni amministrative, essendo privi di un interesse di settore affidato alla cura della pubblica amministrazione. Nonostante ciò questi ultimi hanno la funzione di deterrenza tipica delle pene criminali8.

Infine le sanzioni contemplate dal D.Lgs. n. 231/2001 per la responsa- bilità delle persone giuridiche e degli enti anche privi di personalità giuri- dica, da una parte della dottrina, sono considerate sanzioni amministrati- ve9. La rubrica del decreto legislativo si riferisce, infatti, ad una responsa-

bilità amministrativa dell’ente. Il nomen iuris attribuito a dette sanzioni di- scende probabilmente dall’ostacolo che tradizionalmente si rinviene nel- l’art. 27 Cost. alla configurazione di una vera e propria responsabilità pe- nale delle persone giuridiche10. In ogni caso non va sottaciuto che, in alcu-

ni casi, tali sanzioni, presentano una spiccata afflittività, potendo giungere finanche alla comminatoria dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’at- tività.

Alcuni Autori hanno, quindi, ritenuto che tali sanzioni non possono a- vere natura amministrativa in quanto i comportamenti degli enti, seppure formalmente qualificati illeciti amministrativi, hanno un contenuto penale chiaro, sfociando in una sanzione punitiva con contenuto di evidente pena- lità, omologo a quello di una sanzione penale11

.

8

A. PAGLIARO, Sanzione penale, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1992.

9

G. DE SIMONE, I profili sostanziali della responsabilità amministrativa degli enti: la parte

generale e la parte speciale del d.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, in AA.VV., Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di G. GARUTI, Cedam, Padova,

2002, pag. 73 e ss.; D. PULITANÒ, La responsabilità da “reato” degli enti: i criteri d’imputazio- ne, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2002, pag. 41; ID., Responsabilità amministrativa per i reati del-

le persone giuridiche, in Enc. del dir. agg., vol. VI, Giuffrè, Milano, 2002, pag. 953; M. RO-

MANO, La responsabilità amministrativa degli enti, società o associazioni: profili generali, in

Riv. soc., 2002, pag. 393.

10

F. LONGHI, La persona giuridica come soggetto di responsabilità penale, in Riv. pen., 1906, pag. 401; G. MESTICA, La responsabilità penale delle persone giuridiche, Roma, 1933, pag. 12 e

ss.; F. D’URSO, Persona giuridica e responsabilità penale. Note storico-giuridiche a proposito di recenti riforme, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, n. 29, Milano 2000, pag. 511 e ss.; K. TIEDEMANN, La responsabilità penale delle persone giuridiche nel diritto comparato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995, pag. 615.

11

Sul carattere penale delle sanzioni contemplate dal D.Lgs. n. 231/2001 si veda: E. MUSCO,

Le imprese a scuola di responsabilità, cit.;G.AMARELLI-M.D’ALESSANDRO-A.DE VITA, Il nuovo sistema sanzionatorio, cit., pag. 157 e ss.; G. AMARELLI, Mito giuridico ed evoluzione della realtà:

1.2. La natura della sanzione penale

La pena si differenzia dalle altre sanzioni in quanto è connotata da un carattere di maggiore afflittività. Infatti, quando è detentiva, per la sua ese- cuzione occorre che il soggetto venga privato della libertà personale dispo- sta direttamente dall’autorità giudiziaria nell’ambito dell’amministrazione della giustizia penale12

.

L’inflizione di una sofferenza all’autore di un fatto illecito non indica in modo chiaro ed univoco quale sia l’obiettivo che il legislatore e l’ordina- mento giuridico nel suo complesso intendono raggiungere. Sotto questo profilo la pena è oggetto di riflessione etico-giuridica nel tentativo di stabi- lirne con precisione gli ambiti funzionali e concettuali.

La pena è da sempre stata una necessità costante della vita sociale. Non va sottaciuto, tuttavia, che vi sono stati anche pensatori che ne hanno con- testato il fondamento, ritenendola inutile e persino dannosa. Questi ultimi partendo da una concezione ottimistica della vita umana, hanno sostenuto che un’opera di prevenzione, esercitata accuratamente, può rendere inutile la repressione dei delitti13.

Tali teorie sono destinate a naufragare in quanto il criterio giustificativo del precetto penale è dato proprio dal fatto che, nelle attuali condizioni so- ciali, lo Stato non può conseguire il fine superiore del mantenimento dell’ordine giuridico senza imporre limiti alla libertà individuale. Si tratta, quindi, di un “criterio di necessità”, nel senso che lo Stato deve poter stabi- lire pene idonee e sufficienti tali da indurre i singoli all’osservanza del co- mando o del divieto. La pena è giustificata dalla necessità di determinare i soggetti all’obbedienza del precetto e di rassicurare la collettività circa l’attività dello Stato diretta al mantenimento ed alla reintegrazione dell’or- dine giuridico generale, in altre parole la pena ha una funzione essenzial- mente pubblica. Questo carattere le proviene non già dall’essere preveduta dalla legge, inflitta dal giudice, fissata nella sentenza o nel decreto di con- danna ed eseguita da organi pubblici, bensì dal fatto che la potestà di esi- gere la pena spetta sempre e soltanto allo Stato, il quale è l’unico titolare della potestà di punire. La pena ha, quindi, il fine di orientare attraverso il

12

G. BETTIOL, Diritto penale, Cedam, Padova, 1982; A. PAGLIARO, Principi di diritto penale, Giuffrè, Milano, 2000; F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte generale, Giuffrè, Milano,

1990; C. FIORE, Diritto penale, vol. II, Utet, 1995; F. RAMACCI, Corso di diritto penale, vol. II, Giappichelli, Torino, 1993; M. SPASARI, Diritto penale e costituzione, Giuffrè, Milano, 1966; G.

MARINUCCI-E. DOLCINI, Codice penale commentato, Giuffrè, Milano, 1999; G. CONTENTO, Corso di diritto penale, cit.; R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale, Parte generale, 2003.

13

G. CONTURSI LISI, I negatori del diritto di punire, in Sc. pos., 1931, I, 227; N. CHRISTIE

meccanismo psicologico della sua preventiva rappresentazione la condotta di uno o più soggetti.

Lo scopo della pena è preventivo e repressivo, sociale ed individuale in- sieme. Infatti, se la pena non esistesse gli uomini che presentano una mag- giore propensione al delitto delinquerebbero maggiormente, mentre oggi si astengono, trattenuti per lo più, da un calcolo di convenienza. D’altra par- te, se la pena comminata non venisse applicata a chi ha violato un precetto penale, i singoli non potrebbero avere fiducia nella tutela dello Stato e da ciò scaturirebbero ulteriori dannose conseguenze.

La pena deve quindi essere scelta dal legislatore. Infatti, nel livello di ci- viltà al quale siamo pervenuti, la scelta della pena è inevitabilmente affidata alla legge e l’irrogazione concreta viene devoluta all’attività del giudice. Anche questo è un punto di arrivo di un lento processo evolutivo. È stato osservato che uno Stato potrebbe fare a meno del legislatore e dell’ammi- nistratore, ma mai del giudice, senza compromettere la stessa giuridicità del proprio ordinamento. Di conseguenza la soluzione che va sotto la de- nominazione della tripartizione dei poteri, è il risultato di progressive conquiste del cittadino che vuole certezze non solo in ordine ai comporta- menti ammessi e a quelli vietati, ma anche in ordine alle sanzioni collegate, alla violazione delle norme prescrittive. È perciò del tutto consequenziale che nei moderni ordinamenti la delimitazione dei “delitti e delle pene” spetti al legislatore, mentre l’irrogazione delle sanzioni sia compito del giudice e non di altri14.

Il sistema delle pene nel nostro ordinamento non comprende solo quel- le, immediatamente o eventualmente, privative della libertà personale. Es- so oggi si offre come un sistema complesso nel quale coesiste un insieme di tipologie punitive assolutamente eterogenee tra loro e pertanto non ricon- ducibili ad un modello sistemico.

La soluzione adottata dal legislatore del 1930, definita del doppio bina- rio, ebbe ad accostare al regime delle pene quello delle misure di sicurezza.

Le prime (ergastolo, reclusione e multa per i delitti e, arresto e ammenda, per le contravvenzioni) comminate perché giuste e riservate al reo ritenuto responsabile; mentre le seconde (di natura personale: la colonia agricola, la

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G. MANNOZZI, Razionalità e “Giustizia” nella commisurazione della pena: il just desert model e la riforma del sentencing nordamericano, Cedam, Padova, 1996; M. RONCO, Il problema

della pena, cit.;AA.VV., L’effettività della sanzione penale, Giuffrè, Milano, 1998. Va inoltre precisato che nei sistemi a legalità sostanziale, quali ad esempio quelli di Common Law (inglese o statunitense), alla nozione materiale di fatto costituente illecito penale, di esclusiva compe- tenza legislativa, si affianca la più ampia discrezionalità del giudice in materia di sanzioni; que- st’ultimo, infatti, è titolare esclusivo del potere d’individuare non solo il tipo di sanzione da ap- plicare al caso concreto ma anche la misura della stessa. Potere inconcepibile in capo al giudice italiano in quanto soggetto giuridico incardinato in un sistema di legalità formale e sostanziale.

casa di lavoro, l’ospedale psichiatrico giudiziario, il riformatorio giudizia- rio, la libertà vigilata, l’espulsione dello straniero dallo Stato; di natura pa-

trimoniale: la cauzione di buona condotta e la confisca) sono inflitte al

soggetto considerato pericoloso in quanto ritenute utili al perseguimento di una finalità specialpreventiva15

.

L’accostamento della misura di sicurezza alla pena, realizzato dal co- dice penale del 1930, è stato interpretato come compromesso culturale tra la scuola classica e la scuola positiva del diritto penale16. Da un lato, si

è sostenuto, che il legislatore ha inteso continuare a punire chi, capace d’intendere e di volere, e quindi libero di scegliere, viola la legge penale commettendo un reato; dall’altro lato, ha recepito la necessità di valutare la personalità del delinquente e di applicare ai soggetti socialmente peri- colosi una misura specificamente diretta a rimuovere le cause di tale pa- tologia. Chiaramente la misura è sganciata dalla gravità del reato com- messo e collegata alla permanenza della condizione soggettiva dell’asocia- lità17.

Il legislatore del 1930 ha, inoltre, imposto al giudice l’obbligo di moti- vare i provvedimenti relativi alla commisurazione della pena, al fine di fare emergere e, conseguenzialmente, di potere controllare le ragioni che hanno portato alla individuazione della pena in quella determinata misura (art. 132 c.p.)18. La concessione al giudice di un esteso potere discrezionale ap-

15

Sulle critiche al sistema del doppio binario, si veda: P. NUVOLONE, Il rispetto della perso-

na umana nell’esecuzione della pena, in Iustitia, 1956, ora in Trent’anni di diritto e procedura pe- nale, vol. I, Cedam, Padova, 1969, pag. 296; A. DE MARSICO, Diritto penale, Parte generale,

Napoli, 1935, pag. 478; G. DELITALA, Criteri direttivi del nuovo codice penale, in Riv. it. dir.

pen., 1935, pag. 595.

16

Gli aderenti alla Scuola classica difendevano la concezione retributiva della pena, sul pre- supposto dell’esistenza del libero arbitrio, si veda F. CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale,

trad. it., Malta, 1847; P. ROSSI, Trattato di diritto penale, trad. it., Utet, Torino, 1859; F. CARRA- RA, Programmi del corso di diritto criminale, Lucca, 1877-1883; E. PESSINA, Elementi di diritto

penale, Napoli, 1883.

17

G. DELITALA, Sul progetto preliminare del primo libro del codice penale, in Riv. it. dir. pen.,

1950, pag. 160; F. GRISPIGNI, Lè problème de l’unification des peines et des mesures dè securitè. Rapport gènéral au VI Congrès de l’Association international de droit pènal, in Sc. pos., 1953, pag. 440; G. VASSALLI, Sul trattamento penale e penitenziario del delinquente semi-infermo di mente e

sulla necessità di una riforma del codice vigente, in Giust. pen., 1950, I, pag. 140; L. FORNARI,

Misure di sicurezza e doppio binario: un declino inarrestabile?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1993, pag. 569 e ss.

18

Tuttavia la Corte di Cassazione reputa assolto l’obbligo di motivazione anche nei casi di cd. “motivazione implicita”, ossia, quando sia assente una parte della sentenza espressamente dedicata alle ragioni giustificative del quantum di pena irrogato nel caso concreto, ma le stesse siano desumibili dalla motivazione, complessivamente intesa. Si parla di “formulette pigre” (Cass., 16 aprile 1993, in CED 182789).

pare evidente, soprattutto ove si consideri che il legislatore del 1930, nel- l’intento di valorizzare l’istanza generalpreventiva, ha optato per l’indivi- duazione giudiziale della pena, cercando di improntare la risposta punitiva alle singole esigenze dell’autore del reato. Di conseguenza risultano ecce- zionali le ipotesi in cui la risposta sanzionatoria è prefissata inderogabil- mente dal legislatore (c.d. pene fisse)19, rappresentando, al contrario, la re-

gola l’utilizzazione di comminatorie in cui si riconosce al giudice il potere di scegliere, entro la cornice edittale, l’entità della pena ritenuta più ade- guata, o anche il tipo di pena se si tratta di comminatorie alternative. Se- condo l’art. 133 c.p. la gravità del reato deve essere desunta da indici fat- tuali capaci di valutare il fatto sia sotto il profilo dell’elemento oggettivo che soggettivo, ossia da un lato il giudice deve apprezzare il disvalore della condotta e dell’evento e dall’altro deve valutare la natura e la gravità della colpevolezza20.

Nel documento Manuale di diritto penitenziario (pagine 69-119)