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Il ruolo dei Comuni nella pianificazione di P.C.

LA PIANIFICAZIONE DI PROTEZIONE CIVILE

3.5 Il ruolo dei Comuni nella pianificazione di P.C.

Da un punto di vista amministrativo, il ruolo dei sindaci risulta oggi essenziale nell’ambito del più complessivo assetto delle competenze istituzionali.

Il vigente ordinamento individua e specifica le funzioni proprie della figura del Sindaco, definito Autorità locale di protezione civile.

Per ciò che concerne la fase della prevenzione, essa ricade in parte significativa sull’Ente locale in quanto le attività di pianificazione e gestione del territorio sono, per gran parte, localmente rimesse alla competenza del Comune.

Riguardo alla fase dell’emergenza, lo strumento giuridico di intervento del Sindaco è costituito dalle ordinanze contingibili e urgenti, mentre lo strumento organizzativo e amministrativo di operatività, invece, è costituito dall’apposita struttura comunale di protezione civile, che deve essere obbligatoriamente organizzata in ogni Ente locale.

Ciascun Comune deve dotarsi di una propria struttura di protezione civile e la stessa Regione è tenuta a favorire, nei modi e con le forme opportune, l’organizzazione di strutture e gruppi comunali di protezione civile, da utilizzare localmente come unità operative basilari e da immettere nell’ambito dell’organizzazione e pianificazione provinciale.

Al verificarsi di un evento calamitoso di qualunque tipo il Sindaco è il primo fra i soggetti istituzionali direttamente chiamati a operare con responsabilità direzionale fino a quando, e solo se necessario, non intervengano sul territorio altri enti, organismi, soggetti o strutture.

Al Sindaco compete, prioritariamente, qualificare la natura dell’evento, sulla base dei dati immediatamente disponibili, inquadrandolo nella tipologia di fattispecie prevista dalla Legge e stabilire se esso possa essere fronteggiato con le forze e i mezzi disponibili a livello comunale e, in tal caso, ne assume il coordinamento e la direzione.

Nella pianificazione di emergenza occorre individuare e registrare i mezzi e le attrezzature esistenti in zona e stabilire efficaci contatti con i loro detentori affinché, in date circostanze, siano prontamente e utilmente messi a disposizione delle strutture operative.

38 Il ruolo coordinatore del Sindaco risulta particolarmente rilevante proprio durante le fasi dell’attività di allertamento e nell’attivazione delle misure di primo intervento.

Tra le novità significative del D. Lgs. 112/98 rispetto al sistema previgente si registra l’obbligo, e non più la semplice facoltà, per gli Enti locali di predisporre piani comunali di emergenza, che possono anche configurarsi come intercomunali, obbligo ribadito dalla più recente Legge 100 del 2012.

Piano comunale e/o intercomunale di emergenza

Il Piano comunale e/o intercomunale di emergenza è predisposto dai Comuni, sulla base degli indirizzi regionali.

Il piano di emergenza è uno strumento di prevenzione e rappresenta l’insieme delle azioni che la struttura di protezione civile realizza per fronteggiare l’approssimarsi o il verificarsi di un evento tale da determinare una situazione di emergenza.

La prima risposta all'emergenza, qualunque sia la natura dell'evento che la genera e l'estensione dei suoi effetti, deve essere garantita dalla struttura locale attraverso l'attivazione di un C.O.C. nel quale sono rappresentate le diverse componenti che operano nel contesto locale.

Il Piano di P.C., che deve essere realizzato sulla base di uno scenario definito per ogni tipologia di rischio, predispone un sistema articolato di attivazione di uomini e mezzi, organizzati secondo un quadro logico e coordinato che costituisce il modello di intervento del Metodo Augustus. Un piano di protezione civile ha i seguenti obiettivi:

- assicurare la funzionalità del sistema di allertamento e lo scambio delle informazioni; - assicura il monitoraggio ambientale;

- individuare le componenti e le strutture operative che devono essere attivate, assegnando precise responsabilità;

- fissare le procedure organizzative (modelli d’intervento) da attuarsi al verificarsi dell’evento calamitoso ed i tempi nei quali le azioni si compiono;

- identifica le risorse disponibili da utilizzare durante le operazioni di intervento;

- assicurare l’informazione pubblica sull’evoluzione dell’evento e sui comportamenti da adottare.

Le procedure previste nei piani dovranno essere comunque coerenti con quelle regionali di gestione delle allerte e delle emergenze per le varie tipologie di rischi.

Il piano comunale di Protezione Civile, così come tutti gli altri piani che seguono il modello Augustus, è strutturato in tre parti principali:

A) Parte generale:

-costituita dalle informazioni relative al territorio ed alle sue caratteristiche, finalizzate all'elaborazione dei possibili scenari di rischio dovuti agli eventi che possono interessare l’area in esame.

B) Lineamenti della pianificazione:

- si stabiliscono gli obiettivi da conseguire per organizzare un'adeguata risposta di protezione civile al verificarsi di un evento e si indicano le componenti e le strutture operative chiamate allo scopo, individuando le competenze dei vari operatori;

C) Modello di intervento:

-è l’insieme coordinato secondo procedure, degli interventi che le componenti e strutture operative di P.C. attuano al verificarsi dell’evento.

39 Il modello di intervento assegna le responsabilità decisionali ai vari livelli di comando, prevede il razionale utilizzo delle risorse, istituisce un sistema di comunicazione che consenta lo scambio costante di informazioni.

Il piano deve basarsi su un’ipotesi di scenario, ossia riferirsi ad uno o più eventi che possono verificarsi sul territorio, analizzarne gli effetti, definirne l’area di impatto e individuarne i fenomeni precursori.

Attraverso la conoscenza del valore esposto e la valutazione della sua vulnerabilità, è possibile effettuare un’analisi di rischio che è la premessa fondamentale per una buona pianificazione d’emergenza.

Una volta individuato il valore esposto (la popolazione, insediamenti produttivi e commerciali, beni e infrastrutture, animali) ed ipotizzati i possibili effetti, si può procedere a definire la strategia di intervento, che varia a seconda della tipologia dell’evento, della tempistica di accadimento e delle condizioni di vulnerabilità.

Sulla base della strategia individuata si definiscono pertanto gli interventi e se ne assegna la responsabilità alle strutture che operano in emergenza, disegnando una “catena di comando” che non lasci spazio ad equivoci.

Il piano deve inoltre tener conto delle reali risorse disponibili sul territorio, sia in termini di professionalità che in termini di materiali, tecnologie e mezzi, segnalando in particolare tutte le strutture e le infrastrutture strategiche che potrebbero rivelarsi anche non utilizzabili in emergenza e per le quali va necessariamente individuata un’alternativa.

E’ fondamentale che il piano contenga anche le indicazioni chiare sulle aree utilizzabili in caso di emergenza, a seconda che si tratti di persone o mezzi, materiali e attrezzature.

Le aree da individuarsi ed eventualmente utilizzare nelle emergenze sono le seguenti:

Aree di attesa, cioè i siti individuati dal piano come zone sicure che la popolazione può

raggiungere in caso di allarme, seguendo vie di fuga preventivamente individuate e segnalate. Presso tali aree costituite da piazze, parcheggi, strade ampie, potrà essere garantita una prima forma di assistenza e di informazione alla popolazione.

Aree di ammassamento sono i luoghi di stoccaggio delle risorse o i campi base dove si attestano

le diverse strutture operative, intervenute a portare soccorso ed assistenza, con la propria organizzazione logistica. Tali aree sono individuate a livello provinciale, ma per motivi di appoggio logistico anche il Comune può ritenere di mettere a disposizione aree idonee.

Aree di ricovero sono spazi aperti nei quali poter allestire tende e moduli abitativi per ospitare

gli eventuali senzatetto.

Per facilitare e velocizzare le operazioni in emergenza è utile che tali aree risultino già urbanizzate, ossia dispongano già degli allacci alle reti dei servizi essenziali e di una sistemazione adeguata.

Anche il piano di un piccolo comune deve necessariamente contenere indicazioni sulle aree di attesa che rappresentano per i cittadini il primo elemento di sicurezza su un territorio soggetto a rischio.

Per quanto riguarda invece le aree di ammassamento e di ricovero, necessarie nei comuni con centri urbani di grandi dimensioni, le medesime potranno essere utilizzate da più comuni con ridotte realtà territoriali, previo accordo.

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