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Il ruolo del consumatore tra informazione e percezione

Nel documento La dimensione giuridica del Terroir (pagine 152-155)

CAPITOLO 2. IL TERROIR NEL DIRITTO DELLA PROPRIETÀ

3.2. Il ruolo del consumatore tra informazione e percezione

È giunto il momento di analizzare la figura del consumatore ed il suo ruolo fondamentale. Dopo una breve contestualizzazione si cercherà di valorizzare il potere di cui esso è titolare e di collegarlo al tema del terroir e della sostenibilità oggetto di analisi.

In primo luogo bisogna puntualizzare che non ci occupiamo di un consumatore qualsiasi, ossia di quel soggetto che è stato oggetto di numerose norme, direttive, regolamenti che hanno cercato vari modi per aumentarne la protezione e la tutela. Ci riferiamo ad una tipologia particolare: al consumatore di alimenti. Esso “gode” di attenzione privilegiata da parte del legislatore, in quanto, da un lato, l'oggetto, “il bene” di acquisto attiene ad un bisogno fisiologico e culturale fondamentale dell'uomo, come ampiamente argomentato, dall'altro, è mutato il paradigma di informazione e sovranità alimentare al punto da rendere ogni singolo consumatore al centro di un vorticoso e complicato sistema di comunicazione: salute e sicurezza, confusione e confondibilità, ingannevolezza e pubblicità comparativa sono solo alcuni dei temi “caldi” e delle informazioni rilevanti per il consumatore.

I due poli che stabiliscono i principi di diritto alimentare rivolti alla figura del consumatore “finale” di alimenti sono il regolamento 178/2002 e il regolamento 1169/2011.457 È utile citare il primo articolo di quest'ultimo per rendersi conto della peculiare attenzione ad esso rivolta: “il presente regolamento stabilisce le basi che garantiscono un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazione

457 Rispettivamente, “regolamento che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione

alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare” e “regolamento relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”.

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sugli alimenti, tenendo conto delle differenza di percezione dei consumatori e delle loro esigenze in materia di informazione, garantendo al tempo stesso il buon funzionamento del mercato interno”. Come si diceva, la peculiare, delicata posizione del consumatore necessitava di un intervento importante che garantisse un soggetto “debole”, posto a valle di una filiera che negli ultimi 50 anni ha rivoluzionato il modo di produrre e comunicare il cibo.

È utile richiamare anche l'articolo 9 del regolamento 178/2002 ove, all'interno dei principi di trasparenza, si parla di consumatori utilizzando il termine di “cittadini”, imponendo una loro consultazione aperta e trasparente nel momento in cui il legislatore ritenga di dover elaborare normative in campo alimentare.

Un sistema attento e garantista che, negli ultimi anni, pare elevare il ruolo di consumatore a figura che gode sicuramente di diritti, ma al tempo stesso di doveri. In altre parole, dopo gli anni di “pars destruens”, in cui il consumatore di alimenti vede trasformare ed accrescere i propri diritti, interviene una “pars costruens” volto a responsabilizzarlo. In questa fase, piuttosto attuale, tale consumatore diventa un attore fondamentale della filiera, non più il mero soggetto da proteggere di fronte alle esposizioni imponenti che provengono dall'esterno.

Qui, l'informazione assume quindi un ruolo ancor più fondamentale e rappresenta, a ben vedere, medaglia a due lati per il consumatore nella misura in cui, potendo disporre di comunicazioni, pubblicità, etichette imposte secondo determinati principi a sua tutela, diventa responsabile della propria scelta.

Il problema che si pone a questo punto è se il consumatore, inteso come società, abbia le “armi”, intese come cultura, per poter codificare in modo corretto le informazioni che riceve. Se il primo punto pare logica espressione del principio giuridico per cui “a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità”, la riflessione più delicata pare riguardare il secondo tipo.

Il titolo del paragrafo vuole proprio mettere in luce il dualismo che avvolge il consumatore attuale e chiedersi quale sia il bilanciamento più opportuno. Ad un diritto all'informazione, come processo di verità e trasparenza, si pone una percezione soggettiva frutto di conoscenze individuali: pare esserci ancora un divario eccessivo a sfavore del secondo. Lo stesso problema posto da più parti, che vedrebbe nella “sovrainformazione” un danno maggiore rispetto al beneficio, sembra legato all'impostazione di uno scarso collegamento tra chiarezza ed esaustività e strumenti di comprensione, chiavi di lettura.

Ciò induce una riflessione, da un lato, sul ruolo del consumatore di alimenti nella società attuale, dall'altro, e contemporaneamente, circa il valore da assegnare alla cultura del cibo. Finché i laboratori non troveranno modalità di alimentazione sostenibili alternative, il terroir (inteso come terra e come uomini) sarà il paradigma dominante, con cui tutti dovranno confrontarsi.

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sono frutto di una cultura del consumo orientata ai valori della sostenibilità ambientale e sociale. Purtroppo, tuttavia, si ha spesso un'idea distorta e confusa di ciò che tali formule vogliono effettivamente significare.458

La disponibilità del consumatore a pagare un prezzo maggiore rappresenta, a ben vedere e ancor prima, un fondamentale momento di scelta. L'informazione, che dovrebbe essere chiara, completa e trasparente, se supportata da idonei strumenti conoscitivi, permette di orientare le scelte individuali del consumatore in base ad una razionalità che si distanzia sempre più da quella tipicamente definita “limitata”. Forse, la stessa razionalità limitata è frutto di un errato modo di porsi, da ambo le parti.459

In questa visione, l'attore-consumatore diventa ulteriormente attivo, in quanto la sua maggior consapevolezza è in grado di orientare le scelte politiche e produttive a monte.

Il problema che sembra porsi con maggior evidenza, lo si ripete, attiene al bilanciamento tra chiarezza, completezza dell'informazione e la percezione (intesa come cultura) del consumatore. In questo senso l'attenzione che il consumatore italiano pare rivolgere al cibo sembra di primaria importanza, seppur non supportata a dovere dalle politiche, a partire da quelle statali. Si evidenzia, ad esempio, come solo di recente e timidamente le politiche alimentari abbiano iniziato ad investire sulla cultura “dal basso”, ossia dall'istruzione primaria. La stessa iniziativa europea “più frutta nelle scuole”, potrebbe apparire utile se, come sembra, al di là di una politica economica, fosse utilizzata contestualmente ad un percorso di apprendimento, chiaramente graduale e idoneo all'età.460

Se l'informazione è lo strumento principale per l'attuazione dei diritti del singolo, e tutti i diritti comportano una scelta, l'informazione, dunque, risulta un mezzo fondamentale per l'esercizio della libertà di scelta. Questa libertà si esplica nella possibilità di decidere in base ai propri interessi economici, alle proprie credenze religiose, ai propri principi etici, in base ai piaceri momentanei, etc. In questa libertà si coglie un altro carattere che differenzia l'alimento dagli altre beni “di consumo”: il divenire parte stessa del nostro corpo, fatto che implica incidenze fisiche e morali.461 “Inoltre, a differenza di altri prodotti, le caratteristiche e le qualità degli alimenti sono scarsamente “visibili”, “osservabili” prima del consumo e ciò determina quell'asimmetria informativa che mette in consumatore in una posizione di

458 Ad esempio, pochissimi sono i consumatori che conoscono la definizione tecnica di vino, pochi

quella sostanziale, ma i consumi di vino biologico sono in costante aumento: questo significa che l'induzione del termine biologico nella mente del consumatore evoca messaggi positivi legati alla tutela dell'ambiente, a metodi di coltivazione che escludono la chimica, ad un prodotto che “fa meglio” o “fa bene” alla salute, e così via, spesso molto distanti dalla realtà.

459 Se invece riconoscessimo la razionalità limitata come modo di essere, ci si potrà riferire

all’obiettivo di ridurre i nostri limiti.

460 Questa politica educativa presente nell'OCM unica si fonda, evidentemente, sulla misura

economica della necessità di vendere il surplus produttivo.

461 Lo stesso Feuerbach nell'800 scriveva che noi “siamo quel che mangiamo”, asserendo come il

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non conoscenza rispetto al produttore”.462 Le regole sull'informazione avrebbero quindi il senso di ridurre questo divario contribuendo a far elevare la qualifica del consumatore, da consumatore ad attore di consumo.

“Facendo cadere la scelta su un prodotto piuttosto che su un altro, il consumatore accorda la sua preferenza alla qualità, alla tutela dell'ambiente, alla tutela dei valori etici, ecc.; in altre parole, il gesto dell'acquisto, nel caso dei prodotti alimentari, diventa, come già rilevato, strumento di appropriazione della propria personalità e di manifestazione di scelte esistenziali anche profonde, scelte alle quali le imprese sono tutt'altro che indifferenti”.463 E si ripete come “onori ed oneri” è principio che potrà valere quando la cultura collettiva sarà in grado di codificare correttamente le indicazioni.

Nel documento La dimensione giuridica del Terroir (pagine 152-155)