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La sostenibilità ambientale nel regolamento (CE) n 834/2007

Nel documento La dimensione giuridica del Terroir (pagine 149-152)

CAPITOLO 2. IL TERROIR NEL DIRITTO DELLA PROPRIETÀ

3.1. Il caso prosecco tra denominazione e sostenibilità

3.1.3. La sostenibilità ambientale nel regolamento (CE) n 834/2007

Un esempio normativo che può riassumere quanto esposto è tratto dal regolamento (CE) n. 834/2007 “relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici”. Un regolamento differente per natura, strumenti e scopi rispetto al 1151/2012, ma che pone anch'esso il “problema territoriale” in posizione centrale.

Rappresenta uno strumento di raffronto interessante perché, qui, il territorio si affranca da una visione di “mezzo” per concentrarsi su quella di “fine”: lo scopo è una gestione dell'ambiente più consapevole ed orientata alla sua preservazione, conservazione e tutela.

Va precisato che il regolamento in questione non ha un obiettivo di natura ambientale come unico fine, fatto che emerge chiaramente già dal primo considerando: “il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall'altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell'ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale”.

447 Ciò non vuole essere una critica, ma un incentivo ad equilibrare i differenti, potenziali obiettivi. 448 D. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 3-quater, “Norme in materia ambientale”.

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Già da questo primo assunto si comprende come i motivi che hanno indotto il legislatore a normare un “campo biologico” siano molteplici e riguardino interessi distanti tra loro. In primo luogo un obiettivo economico-produttivo: “garantire la concorrenza leale e l'efficace funzionamento del mercato interno dei prodotti biologici”,449 promuovere lo sviluppo di un mercato di nicchia che venga incontro alle domande dei consumatori e permetta la differenziazione della produzione da parte dei produttori. In secondo luogo un obiettivo di tutela e protezione del consumatore, attraverso un sistema di informazioni sufficientemente chiare “in modo da favorire la trasparenza, la fiducia e una percezione armonizzata del concetto di produzione biologica”.450 Infine, l'obiettivo ambientale: “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull'interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l'applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali”.451

È da notare come per la prima volta una regolamentazione europea accosti la produzione biologica alle esigenze della qualità alimentare.452 Ma c'è di più, perché, basandosi sugli orientamenti di mercato che deducono un aumento della richiesta di prodotti di questo tipo si prevede che la produzione biologica possa mirare, diventare sinonimo di all'alta qualità.453 Assumendo il biologico come nuova forma di vertice della qualità, il sistema si arricchisce di un altro strumento di certificazione che attesta al consumatore questo nuovo tipo di qualità. Non più associata alla peculiarità ambientale che genera distintività di prodotto, ma qualità di un sistema globale di gestione connotato da un fine sostenibile dal punto di vista ambientale, della produzione, del territorio, del prodotto.

In questo senso, significativamente, lo strumento rientra da un punto di vista concettuale nelle regolamentazioni delle produzioni di qualità previste in sede europea (con DOP, IGP e STG) e ciò induce ad interrogarsi sulla natura del “bio”: segno distintivo, marchio collettivo o altro? La forma giuridica costituita dal logo “Agricoltura biologica” apposta sul prodotto è rappresentata da un segno distintivo pubblico a caratterizzazione collettiva, connotato da un disciplinare di produzione a cui adeguarsi al fine del suo ottenimento, senza necessità di essere fisicamente insediato all'interno di un determinato territorio; oppure da un marchio europeo regolamentato (di provenienza pubblica) che certifica, sulla base di una richiesta volontaria del privato, che la sua attività di produzione è coerente con gli standards richiesti dal regolamento (CE) 834/2007? Germanò scrive di una

449 Terzo considerando del regolamento.

450 Quinto considerando. Sul ruolo che il consumatore potrebbe avere nel meccanismo di

regolazione in campo alimentare si tornerà più avanti nel dettaglio.

451 Primo considerando.

452 Da sottolineare che solo con il reg. (UE) N. 203/2012, di esecuzione al reg. 834/2007, viene

previsto il “vino biologico”, mentre in precedenza era possibile indicare solo il vino “da uve da agricoltura biologica”, in quanto mancava un disciplinare sulla vinificazione.

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certificazione di qualità, di attestazione, di un “privilegio” ottenibile dietro controllo di un organismo terzo ed indipendente, che permette al produttore si servirsi di una sorta di denominazione merceologica legale spendibile sul mercato. Ma il “marchio” biologico di cui comunemente si parla, non è un marchio.454 Lo stesso raffronto dei regolamenti 1151/2012 e 834/2007 sembra corroborare questa conclusione laddove solo il primo menziona (tra l’altro, ripetutamente) la proprietà intellettuale, evidenziandone la natura di segno distintivo. L’assenza totale della locuzione “proprietà intellettuale” nel secondo, può spingere a considerare il logo in esame come un’informazione regolamentata in etichetta di una certificazione di prodotto.

Quel che è certo è che il logo “bio” è appannaggio, potenzialmente, di qualunque prodotto, anche a denominazione.455 Da questo punto di vista, essendo i due strumenti, cumulativi, non sembra razionale proporre, in una prospettiva de jure condendo, l'estensione delle regole sulla produzione biologica al sistema delle DOP e IGP. L'effetto non sarebbe probabilmente migliorativo in quanto comporterebbe una sovrapposizione di prescrizioni e quindi di strumenti, contribuendo in ultima analisi ad aumentare la confusione del consumatore.

Ciò non toglie, tuttavia, che una riflessione vada operata sull'integrazione nel sistema delle DOP/IGP, di regole orientate ad una prospettiva maggiormente responsabile ed “ecologicamente” orientata.

Nel merito, l'approccio valorizzato dalle norme del regolamento 834/2007 è quello di filiera, che dal campo alla tavola possa garantire un prodotto finale non “contaminato” da elementi non biologici. Qui, più che mai, si esprime il concetto di tracciabilità per gli operatori.456

In qualsiasi fase, che sia di produzione, trasformazione o distribuzione la disciplina della produzione biologica è finalizzata al raggiungimento di tre macro-obiettivi espressi dall'articolo 3.

Il primo vuole stabilire un sistema di gestione sostenibile per l'agricoltura che “rispetti i sistemi e i cicli naturali e mantenga e migliori la salute dei suoli, delle acque, delle piante e

454 A. Germanò, Manuale di diritto agrario, Torino, Giappichelli, 2016, 236-237.

455 Negli ultimi anni si registra un trend di crescita esponenziale per i prodotti a certificazione

biologica, anche su prodotti DOP/IGP.

456 L'art. 27 co. 13 del reg. 834/2007 richiama l'art. 18 del reg. 178/2002 che, seppur tradotto con

“rintracciabilità” getta le basi per un'applicazione orizzontale di un sistema di ricostruzione di tutta la vita del prodotto: “È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime”, riporta il comma 1. Va sottolineato come la massima espressione della tracciabilità, purtroppo solo verticale, sia oggetto di un regolamento specifico (reg. (CE) n. 820/1997) emanato in seguito alla BSE (encefalopatia spongiforme bovina). Le prescrizioni ivi contenute hanno un effetto molto positivo, a valle, sull'etichettatura del prodotto e quindi sull'informazione del consumatore che può agevolmente riconoscere la filiera del taglio di bovino che va ad acquistare.

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degli animali e l'equilibrio tra di essi; contribuisca a un alto livello di diversità biologica; assicuri un impiego responsabile dell'energia e delle risorse naturali come l'acqua, il suolo, la materia organica e l'aria; rispetti criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e soddisfi, in particolare, le specifiche esigenze comportamentali degli animali secondo la specie”. Il secondo mira ad ottenere prodotti di alta qualità. Il terzo, infine, riprendendo uno dei fini del regolamento, mira a produrre un'ampia varietà di alimenti e prodotti agricoli che rispondano alla domanda dei consumatori di prodotti ottenuti con procedimenti che non danneggino l'ambiente, la salute umana, la salute dei vegetali o la salute e il benessere animale.

Dalle prime indicazioni sul regolamento 834/2007 appare una struttura ibrida, spuria, in cui ad un'innegabile natura economica si affianca una visione del territorio come qualcosa da preservare. La sostenibilità viene quindi ricomposta nella sua dimensione piena, tutelando entrambe le ragioni socio-economiche e ambientali.

Nel documento La dimensione giuridica del Terroir (pagine 149-152)