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Il ruolo del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga

IL “CASO USTICA”: TEMI, SOGGETTI, FORME DEL DIBATTITO PUBBLICO (1986-1990)

2.4 Il ruolo del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga

La tematizzazione delle responsabilità politiche di coloro che al tempo del disastro di Ustica ricoprivano rilevanti incarichi di governo ebbe, nel periodo qui considerato, un rilievo potenzialmente destabilizzante, anche a causa del mancato ricambio della classe dirigente democristiana e socialista. Attenzione particolare merita il ruolo svolto dal capo del governo in carica nel giugno 1980, Francesco Cossiga, eletto nel giugno 1985 Presidente della Repubblica, sulla base di un mandato parlamentare politicamente molto ampio64

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Dopo la deposizione della perizia Blasi, nel marzo 1989, l'ipotesi che voleva il DC-9 abbattuto da un missile acquisì certezza in sede giudiziaria. Per Cossiga, l'accertamento delle cause poneva un problema politico difficilmente eludibile: era infatti evidente che sotto il governo guidato da lui, nove anni prima, era avvenuto l'abbattimento, rimasto impunito, di un aereo civile. Non solo

64 Il 24 giugno 1985 Francesco Cossiga venne eletto presidente della Repubblica al primo scrutinio con 752 voti

nessuno era stato in grado di offrire una spiegazione per la morte di 81 persone, ma era stata fatta approvare una mozione, nel 1980, che aveva addossato ingiustamente le colpe sulla compagnia Itavia, sposando strumentalmente una tesi, quella del cedimento strutturale, in realtà rivelatasi infondata già a poca distanza dal fatto. La posizione di Cossiga, nel momento in cui la vicenda riemerse dal silenzio in cui era stata avvolta negli anni successivi al 1980, era pertanto particolarmente delicata. Era infatti lui in quanto Presidente del Consiglio, nel giugno 1980, ad essere preposto al controllo politico dei servizi militari, in ottemperanza alla legge 801 – anche se aveva demandato il compito con delega per i servizi di informazione al Sottosegretario alla presidenza del Consiglio senatore Francesco Mazzola. Tra il 1989 e il 1990, il ruolo dei servizi militari di informazione nel caso Ustica fu al centro dell’inchiesta della commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi. Nel corso del 1989, le audizioni di numerosi responsabili dei servizi di informazione diedero conto di un ruolo di questi ultimi, che Gualtieri, nella sua pre-relazione trasmessa al Parlamento nel 1992, definì “ambiguo e contraddittorio”65

. Le conclusioni della commissione stragi, che individuarono nell’operato dei servizi attività di depistaggio e di ostacolo delle indagini, vennero sottoscritte e condivise nella sentenza ordinanza di rinvio a giudizio depositata dal sostituto procuratore Rosario Priore nel 199966

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Gli effetti politicamente destabilizzanti del caso Ustica, con le sue vicende di depistaggi e insabbiamenti, arrivarono quindi a coinvolgere, almeno potenzialmente, la più alta carica dello Stato. E tuttavia, fu proprio Cossiga, nel periodo compreso tra il 1986 e il 1990, ad accreditarsi presso l'opinione pubblica non solo come illustre garante istituzionale della necessaria ricerca della verità su Ustica, ma anche come uomo politico umanamente vicino ai famigliari delle vittime della strage. Egli adottò un registro di comportamento che apparve in forte contrasto con quello adottato dai governi, che preferirono sposare posizioni ispirate al garantismo e all'equilibrio richiamandosi alla doverosa attesa dei risultati delle indagini giudiziarie. Cossiga mostrò una condotta decisamente assertiva sul caso Ustica, che ebbe l'effetto di smarcarlo dall'area del sospetto e della delegittimazione che andava invece coinvolgendo coloro che nel 1980 erano ministri del suo governo – in particolare i socialisti Rino Formica e Lelio Lagorio.

Nel 1986, era stato Cossiga a sollecitare il governo Craxi a farsi carico del problema della mancata individuazione delle cause dell'esplosione del DC-9, accogliendo l'appello che il Comitato per la verità su Ustica aveva rivolto proprio al Quirinale. L'appello chiedeva al Presidente della

65 Relazione d’inchiesta condotta sulle vicende connesse al disastro aereo di Ustica approvata dalla Commissione nella

seduta del 14-15 aprile 1992, Senato della Repubblica, X Legislatura, Doc. XXIII, n. 50, Cap. VIII, p. 43

66 Sentenza ordinanza di rinvio a giudizio del procedimento penale n. 527/84 A G.I., Titolo 2, Volume 5, Cap. XIV, Il

Repubblica di farsi garante istituzionale della questione sollecitando un intervento diretto del governo, affinché fossa posta fine a un “silenzio intollerabile”67

. Cossiga accolse l'istanza, inviando al Presidente del Consiglio Craxi una lettera con la richiesta di “fare piena luce” sulla “sciagura aerea di Ustica”. Nella lettera, il cui testo integrale fu pubblicato in prima pagina dal Corriere della Sera il 13 agosto 1986, Cossiga espresse il “fermo parere” che la ricerca delle cause “dell'incidente” dovesse prevalere “su ogni eventuale remora, amministrativa o politica”. Nelle parole del capo dello Stato, la ricerca delle cause del disastro aereo era un “interesse pubblico superiore”, per il quale era auspicabile un'azione governativa “trasparente ed incisiva”68

. La comunicazione su Ustica fece coppia con un altro messaggio indirizzato da Cossiga a Craxi, riguardante i rapporti tra le diverse istituzioni dello Stato durante i momenti di crisi e le emergenze militari: un tema di carattere costituzionale sollevato dalle crisi dell'Achille Lauro e di Lampedusa69

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L'intervento di Cossiga, che sorprese gli stessi membri del Comitato per la verità per la sua tempestività70

, ebbe non solo l'effetto, voluto, di sollecitare l'intervento del governo, ma anche quello indiretto di riportare all'attenzione dell'opinione pubblica la vicenda di Ustica, che stava ormai per essere del tutto dimenticata dalle cronache. Nel periodo compreso tra il 1983 e l'agosto 1986 gli articoli sul caso Ustica pubblicati sul Corriere della Sera erano stati meno di una decina: un dato che rende la misura della pressoché nulla rilevanza politica della vicenda fino al 1986. L'autorevole intervento del Presidente della Repubblica ebbe pertanto l'effetto di tematizzare una vicenda che era di fatto pressoché dimenticata, anche a causa – lo si è dimostrato nel primo capitolo – della situazione di stallo in cui si trovavano le indagini giudiziarie. Il sesto anniversario della tragedia, nel giugno 1986, rappresenta pertanto la prima importante cesura all'interno della periodizzazione del caso Ustica: non solo perché l'intervento di Cossiga ebbe l'effetto di sbloccare una situazione di immobilità giudiziaria e politica, ma anche per quanto riguarda la tematizzazione del caso Ustica nell'ambito della sfera pubblica. Non era la prima volta che del caso veniva investito

67 Comunicato Ansa, 28 giugno 1986

68 M.A.C., Su Ustica Cossiga vuole la verità: ecco la lettera a Craxi, in «Corriere della Sera», 13 agosto 1986, p. 1 69 La lettera riguardava il funzionamento dei meccanismi militari e politici da attivare di fronte a una crisi e/o

un'emergenza militare, e il rapporto tra le diverse istituzioni dello Stato. Alle lettere indirizzate a Craxi, Cossiga volle dare ampia pubblicità. Fatto che, secondo quanto osservato da La Stampa, non sarebbe stato apprezzato da Craxi: l'invio delle due lettere fu infatti annunciato pubblicamente proprio all'indomani dell'insediamento del secondo governo guidato dal segretario socialista, oltre che alla vigilia delle ferie estive. Cfr. Sorgi, Marcello, Due

lettere di Cossiga sollecitano il governo, in «La Stampa», 9 agosto 1986, p. 1

70 Come riferirono al Corriere della Sera il senatore Pietro Scoppola e l'avvocato dei famigliari delle vittime Romeo

Ferrucci, cfr. M.A.C., Su Ustica Cossiga vuole la verità: ecco la lettera a Craxi, in «Corriere della Sera», 13 agosto 1986, p. 1

il Quirinale: nel giugno dell'anno precedente, la famigliare di una vittima aveva inviato una lettera al presidente Pertini, ripresa anche dalla stampa, nella quale veniva scritto che non era “degno di un paese civile né compatibile con la democrazia” il fatto che cinque anni fossero passati dallo “scoppio del DC-9” senza che ne fossero state “accertate le responsabilità e risarcite, soprattutto moralmente, le vittime”71

. Congiuntamente all'appello alla Presidenza della Repubblica, i legali di alcuni famigliari delle vittime avevano anche presentato una diffida al governo Craxi affinché rendesse noto, entro sessanta giorni, quanto era stato fino a quel momento accertato “sulle responsabilità della strage di Ustica”72

. Alle richieste, però, non era stata data alcuna risposta. In questo senso, l'intervento di Cossiga rappresentò una discontinuità importante con il passato. Non si trattò infatti di un intervento isolato volto a sollecitare il governo in carica in quel momento: a partire dal 1986, Cossiga volle farsi garante istituzionale del problema della mancanza di verità sulla tragedia di Ustica. Dal 1988 al 1990, egli ricevette al Quirinale, in occasione degli anniversari della strage, il Comitato per la verità su Ustica e i famigliari delle vittime, che dal 1988 si erano formalmente costituiti in Associazione, a Bologna, su impulso di Daria Bonfietti, sorella di una vittima della strage. Gli incontri al Quirinale vennero ampiamente riportati dai media e furono caratterizzati da una forte assertività di Cossiga. In occasione del nono anniversario della tragedia, ricevendo i famigliari delle vittime, il capo dello Stato sollevò in modo deciso il tema delle responsabilità politiche e della trasparenza:

“In uno stato di diritto può accadere che 81 cittadini vengano uccisi, ma non può accadere che non si sappia come, quando, per quali negligenze, per quali responsabilità. È importante che non

sussista neppure il dubbio sulla trasparenza dell'amministrazione”73.

Dichiarazioni così forti ed esplicite segnavano una netta discrepanza con l'atteggiamento mantenuto dalle istituzioni governative. Mentre il governo ispirava i suoi interventi al principio del garantismo, il Presidente della Repubblica richiamava al problema morale del caso Ustica, attribuendo autorevole importanza alla necessità che fosse fatta luce sulle responsabilità. Fatta eccezione per un editoriale di Gianni Vattimo apparso su La Stampa74

, nessuno rilevò come fosse proprio Cossiga,

71 Purgatori, Andrea, DC-9 Itavia, annunciata una diffida al governo, in «Corriere della Sera», 28 giugno 1985, p. 5 72 Purgatori, Andrea, DC-9 Itavia, annunciata una diffida al governo, in «Corriere della Sera», 28 giugno 1985, p. 5 73 Purgatori, Andrea, Cossiga: basta con i misteri di Ustica, in «Corriere della Sera», 30 giugno 1989, p. 1.

74 L'editorialista de La Stampa Gianni Vattimo ravvide nell'intervento di Cossiga un esempio di “demagogia

istituzionale” ispirata a una “dietrologia preconcetta” che aveva come unico effetto quello di scaricare le responsabilità altrove, secondo uno dei “vizi dei pubblici poteri” più diffusi nel mondo politico italiano, cfr. Vattimo, Gianni, Buio a Ustica, in «La Stampa», 1 luglio 1989, p. 1

nel giugno 1980, ad avere la responsabilità del governo, e che nel 1989, in qualità di Presidente della Repubblica, egli era anche il Capo delle Forze Armate, nel momento in cui erano i vertici delle autorità militari ad essere accusati di depistaggio e insabbiamento della vicenda di Ustica. Nonostante gli evidenti elementi che lo legavano al caso Ustica e che avrebbero potuto rappresentare la base per una campagna di delegittimazione, Cossiga riuscì ad accreditarsi presso l'opinione pubblica come garante istituzionale del caso del DC-9. L'autorevolezza dei moniti provenienti dal Quirinale riuscì a smarcare l'immagine del Presidente della Repubblica dall'area del sospetto. A ciò contribuì anche il modo di fare proprio della personalità di Cossiga, che volle mostrarsi vicino ai famigliari delle vittime, con cui si intrattenne in colloqui oltre il tempo dedicato al ricevimento formale al Quirinale, come riportato dalle cronache. Il 20 giugno 1990, decimo anniversario della strage, la presidente dell'Associazione dei parenti delle vittime Daria Bonfietti, ricevuta come di consueto al Quirinale, espresse apprezzamento per “l'impegno e la passione” che Cossiga aveva fino a quel momento dimostrato nei confronti della loro “dolorosa e sconvolgente vicenda”:

Noi ricordiamo che era il 1986 e tutto rimaneva avvolto in un colpevole silenzio quando Ella chiese al Presidente del Consiglio che si adoperasse per rimuovere gli ostacoli che ancora si frapponevano al raggiungimento della verità. Nelle sue parole abbiamo trovato un

indispensabile conforto e ci sono state di guida nel nostro comportamento75

Il pubblico riconoscimento del ruolo di garante istituzionale da parte dei famigliari delle vittime rappresentò uno degli esiti più esemplificativi dell’affrancamento di Cossiga dall’area del sospetto e della colpa. Il Quirinale fu infatti esente dalle critiche che l’Associazione e il Comitato per la verità andavano avanzando nei confronti delle altre istituzioni dello Stato. Ciononostante, attacchi politici diretti contro il capo dello Stato in conseguenza alle ondate scandalistiche del caso Ustica non mancarono. L’attivismo di Cossiga, il suo affiancamento alla causa dei famigliari delle vittime, rappresentò in quelle circostanze la base della difesa del suo operato fatta dal Presidente del Consiglio Andreotti e dalla DC.

All'indomani del clamore suscitato dalla testimonianza del maresciallo Carico, letta come prova delle bugie dei vertici dell'Aeronautica, vennero presentate decine di interrogazioni parlamentari in

75 Sovraintendenza centrale dei servizi di sicurezza della presidenza della Repubblica, Resoconto dattiloscritto,

Mercoledì 20 giugno 1990 – Il Signor Presidente della Repubblica incontra una delegazione dell'Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica – in Fondo Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, conservato presso Istituto Parri Bologna

cui si chiedeva al governo di spiegare quanto stava emergendo. Nel contesto di forte politicizzazione, si registrarono due interventi volti a sottolineare le possibili responsabilità del capo dello Stato. Il primo fu per voce del capogruppo liberale alla Camera Paolo Battistuzzi, che ricordò alla stampa come negli Stati Uniti ci fossero presidenti “mandati a casa per molto meno”76

. Il repubblicano Libero Gualtieri, invece, parlò del rischio che il caso Ustica provocasse una “grave crisi politico-istituzionale” e sottolineò la necessità di “cercare più in alto” le ragioni di nove anni di bugie e reticenze77. L'attacco più forte e diretto, ma solo in un secondo momento, venne dal PCI. In un editoriale firmato sulla prima pagina dell'organo di partito da Aldo Tortorella, ministro degli Interni del governo ombra di Occhetto, si sottolinearono le colpe del potere politico, che per nove anni aveva mentito al paese e al Parlamento: in particolare venivano chiamate in causa le responsabilità dei ministri della Difesa e dei presidenti del Consiglio succedutisi dal 1980 al 198978

. In difesa del capo dello Stato si pronunciò il presidente del Consiglio Andreotti, che rilasciò una nota in cui ricostruiva tutte le iniziative prese dal Quirinale per la ricerca della verità. Secondo alcuni commentatori politici, la difesa di Andreotti nei confronti di Cossiga avrebbe avuto l'effetto di amplificare la tensione intorno al Quirinale79

. Di fatto, però, alla vigilia dell'intervento in Senato del ministro della Difesa Martinazzoli i partiti tornarono su posizioni prudenti e il rischio di crisi istituzionale evocato da Gualtieri rientrò. L'assertività di Cossiga nei confronti della tragedia di Ustica era stata un argomento decisivo per coloro che si erano impegnati nella difesa del capo dello Stato: tra questi, la direzione del Corriere della Sera, che pubblicò in prima pagina un inequivocabile editoriale di Gianfranco Piazzesi80

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76 Nese, Marco, Ustica, il grande intrigo politico-militare, in «Corriere della Sera», 28 settembre 1989, p. 3 77 «Rischiamo una grave crisi istituzionale», in «La Repubblica», 28 settembre 1989, p. 2

78 Tortorella, Aldo, L'onore del paese, in «l'Unità», 29 settembre 1989, p. 1

79 Secondo l'analisi di Arturo Diaconale, pubblicata da Il Giornale, l'attacco a Cossiga avrebbe fatto parte di una “ben

meditata strategia” elaborata dalle forze politiche vedove dello scomparso bipolarismo demitiano, volenterose di impedire il consolidamento della ritrovata alleanza tra DC e PSI minando all'alleanza Craxi-Andreotti-Forlani che era alla base degli equilibri politici. Il tentativo sarebbe stato quello di anticipare la fine del settennato presidenziale al fine di favorire l'elezione al Quirinale di Andreotti, il quale a sua volta avrebbe passato le consegne a Palazzo Chigi a Craxi. In questo senso, la nota di Andreotti in difesa di Cossiga, in merito al caso Ustica, avrebbe avuto un effetto di amplificazione collegabile al tentativo di aprire una crisi istituzionale con due anni di anticipo sulla fine del settennato di Cossiga. Cfr. Diaconale, Arturo, Un siluro al Quirinale, in «Il Giornale», 30 settembre 1989, p. 2

80 Così Piazzesi: “A questo punto la logica più elementare fa ritenere che i generali dell’Aeronautica non si sarebbero

mai presi responsabilità così grosse senza la copertura o quanto meno il consenso del governo dell’epoca. Ma anche lo zelo con cui Cossiga si è sempre adoperato perché si facesse piena luce sulla tragedia è fuori discussione. E come mai, allora, il principale colpevole, o comunque il più credibile indiziato, ha fatto il possibile perché si trovassero prove a suo carico? E tutto questo quando, se non altro per la posizione che occupa, gli sarebbe stato molto facile

Nella fase compresa tra il marzo 1989 e il maggio 1990, caratterizzata dalla presenza di una verità comprovata sulle cause della tragedia, quanto riportato fu l'unico momento in cui venne tematizzata la responsabilità di Cossiga. Il rischio di crisi istituzionale, e quindi di anticipazione della conclusione del settennato e di rimessa in discussione degli equilibri politici, trovò concordi le forze politiche nell'arginare la polemica a poche esternazioni, espresse peraltro in modo non diretto. Ne fu una conferma il tono contenuto con cui i partiti si confrontarono al Senato il 3 ottobre 1989. Negli stessi attacchi del PCI, frequente era il riferimento all'influenza che nel 1980 esercitava la loggia P2 sui servizi di informazione: un aspetto che “scagionava” Cossiga, che in quanto Presidente del Consiglio aveva la responsabilità dei servizi. Inoltre, il tema delle responsabilità di Cossiga fu sollevato solo all'interno della dialettica politica: nessun organo di informazione realizzò inchieste sulla questione.

L’assertività del Presidente della Repubblica rispetto al caso Ustica si trasformò in attivismo vero e proprio nel momento in cui quella azione andò saldandosi con la critica cossighiana alle istituzioni giudiziarie italiane. Nel 1990, verso la fine del mese di maggio, mentre la magistratura si avviava ad archiviare il caso Ustica per l'impossibilità di definire le cause dell'esplosione del DC-9, la trasmissione tivù Samarcanda rivelò al paese l'esistenza di alcune registrazioni del sito radar di Poggio Ballone che – si sosteneva nell'inchiesta – non erano mai state prese in considerazione fino a quel momento, provocando l'intervento del Consiglio Superiore della Magistratura, che aprì un'indagine preliminare per verificare se vi fossero state disfunzioni nel corso dell'istruttoria giudiziaria. L’ennesimo scandalo colpiva la credibilità della magistratura, che venne accusata di aver sottratto alcune prove radaristiche al vaglio dei periti81.

fare il contrario, nascondendosi dietro il segreto militare. Per il momento, il teorema non quadra”. Cfr. Piazzesi, Gianfranco, Il teorema zoppo, in «Corriere della Sera», 29 settembre 1989, p. 1

81 La vicenda delle registrazioni radar del sito toscano di Poggio Ballone (Grosseto) fu in realtà ben più complessa di

come venne raccontata dai media. Essa è minuziosamente ricostruita in un capitolo della sentenza ordinanza di rinvio a giudizio del procedimento penale, depositata presso la Procura di Roma nel 1999. Sulla base delle dichiarazioni dei giornalisti del quotidiano Il Tirreno Carlo Di Rienzo e Claudio Bottinelli, la Procura di Roma aveva ordinato il sequestro dei registri di volo presso l'aeroporto militare di Grosseto nell'agosto 1988. In quella occasione, erano pervenuti all'autorità giudiziaria sia l'elenco dei militari in servizio presso il sito di Poggio Ballone sia gli avvistamenti del sito la sera della strage di Ustica. Il comandante del sito fece però notare che quella documentazione era già stata richiesta dalla Procura di Palermo nel luglio del 1980, anche se essa, pur essendo stata trasferita presso l'aeroporto di Trapani Birgi – dove erano state concentrate tutte le registrazioni radar poste sotto sequestro – non era mai pervenuta alla magistratura a causa di un'informativa trasmessa dai Carabinieri di Palermo all'Aeronautica militare, secondo cui ad essere sequestrati dovevano essere le registrazioni dei siti radar localizzati nel triangolo Latina-Ponza-Palermo. Diversamente, il sostituto procuratore di Palermo aveva ordinato il sequestro

In conseguenza, la commissione stragi decise non solo di continuare le sue audizioni, ma anche di inviare al Parlamento una pre-relazione su quanto era emerso fino a quel momento nell'ambito dell'inchiesta parlamentare. La decisione venne presa all'unanimità dall'Ufficio di presidenza, non senza che emergessero, però, attriti tra i partiti. Il PSI, in particolare, protestò per l'addossamento di