IL “CASO USTICA”: TEMI, SOGGETTI, FORME DEL DIBATTITO PUBBLICO (1986-1990)
2.6 La richiesta di verità: l'Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica
Al profilarsi della tragedia di Ustica come “strage”, all'emergere, cioè, di responsabilità sia per l'accaduto che per la mancanza di verità e giustizia, corrispose l'affermazione nella sfera pubblica di un nuovo soggetto destinato a svolgere un ruolo di crescente importanza nella storia del caso: l'Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica. Significativamente, essa nacque solo nel febbraio 1988, cioè ben otto anni dopo la tragedia aerea. I contatti tra alcuni famigliari di vittime e tentativi di aggregazione in movimento collettivo erano cominciati nel 1986, quando Giannina Giau e Daria Bonfietti, rispettivamente vedova e sorella del giornalista di Lotta Continua Alberto Bonfietti, vittima della strage, iniziarono a intraprendere iniziative pubbliche finalizzate alla ricerca della verità. La prima e più significativa azione fu la creazione del “Comitato per la verità su Ustica”, che raggruppava sette personalità politiche di rilievo nella richiesta rivolta al Capo dello Stato, nel sesto anniversario della strage, perché si facesse luce sulle responsabilità del disastro. L'appello del Comitato al Quirinale era riuscito nell'intento di attivare le istituzioni politiche ad interessarsi, per la prima volta, del caso di Ustica, oramai pressoché caduto nell'oblio. La creazione del Comitato era avvenuta su richiesta di Daria Bonfietti, che nel luglio 1986 si rivolse per la prima volta ai parenti delle altre 80 vittime del DC-9 Itavia, spiegando che, poiché aveva constatato che l'azione del giudice era illegalmente ostacolata dal segreto di stato, tramite il suo legale, Romeo Ferrucci, aveva “chiesto a un gruppo di personalità di mettere in moto, a livello istituzionale, un congegno operativo in grado di sbloccare questo assurdo stato di cose”108
. Alla fine del mese di settembre dello stesso anno, il Comitato aveva raccolto già numerose adesioni, sia di altri famigliari di vittime, sia di personalità politiche. Fu l'inizio di un'azione collettiva che portò, nel febbraio 1988, all'iscrizione formale dell'Associazione e, nel maggio successivo, alla prima assemblea di costituzione a Bologna, occasione nella quale i famigliari si conobbero tra loro per la prima volta, dando inizio a forme di collaborazione collettiva di tipo politico-pubblico.
La sociologa Gabriella Turnaturi ha dedicato un capitolo del suo volume Associati per amore109 all'Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica, mettendo in rilievo, in particolare attraverso le testimonianze dirette raccolte da lei stessa, i meccanismi che hanno portato persone a lungo isolate le une dalle altre a unire le loro soggettività in un'unica azione collettiva per il
108
Cfr. Fondo Daria Bonfietti, Corrispondenze, Busta 1, Conservato presso Istituto Storico Parri, Bologna
109 Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991,
raggiungimento di un obiettivo concreto.
Ma perché l'Associazione dei famigliari delle vittime della strage di Ustica tarda tanto a formarsi ufficialmente a e far sentire la sua voce? Cosa era avvenuto ai famigliari delle vittime durante quei sei anni? Perché prima sembrava aver vinto la rassegnazione e poi, all'improvviso,
è invece scoppiata incontenibile la voce di quei famigliari?110
Turnaturi osserva come, passati i primi anni necessari all'elaborazione del lutto e a una ricostruzione di sé indispensabile per agire collettivamente, i segreti e i misteri che avvolgevano la vicenda di Ustica avessero segnato per i famigliari “una sfida alla propria identità individuale e alla propria identità sociale”. Spiega Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione:
“I primi anni sono stati terribili, non riuscivo neanche a parlare della morte di mio fratello, poi l'accettazione non mi è bastata più, mi è divenuta intollerabile. Io e mia cognata sentivamo che il nostro silenzio poteva essere vissuto come complicità con coloro che avevano interesse a
mantenere il segreto su questa vicenda”111
Se il “silenzio” poteva essere visto come “complicità”, era perché nel 1988 il contesto era profondamente cambiato da quello dei primi anni successivi alla tragedia. Nelle parole di Bonfietti e Giau si legge la consapevolezza del mutato scenario: ora che la misteriosa tragedia andava profilandosi come una “strage”, con l'emergere attraverso i media di responsabilità in seno allo stato per la mancanza di verità e giustizia, coloro che erano stati personalmente toccati da quella vicenda erano chiamati a prendere parola. Il ruolo svolto dalle due donne fondatrici dell'Associazione è stato determinante per l'articolazione dell'azione collettiva per la verità112
; ma le loro testimonianze mostrano anche come il mutato contesto, un contesto nel quale l'accettazione dello stato delle cose era oramai divenuto “intollerabile”, abbia rappresentato un fondamentale fattore di attivazione. Non è pertanto un caso che l'Associazione sia nata soltanto nel 1988: è stato proprio in quell'anno
110 Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991,
p. 27
111 Testimonianza raccolta dall'autrice, cit. in Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle
relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991, p. 28
112 Turnaturi spiega che Giau e Bonfietti avevano alle spalle “una tradizione di impegno sociale e politico”, a differenza
degli altri famigliari delle vittime, che erano invece “estranei a forme di militanza o d'impegno personale in movimenti collettivi”. Cfr. Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni
che i sospetti circa le responsabilità dello stato per il mancato accertamento delle cause della tragedia iniziarono ad essere tematizzati ben più che in passato – nell'arco del 1988, significativamente, andarono in onda le già citate trasmissioni tivù Telefono giallo e TG 1 Sette. Né è un caso che i membri dell'Associazione abbiano scelto di definirsi parenti delle vittime della “strage di Ustica”113
. Nei suoi primi anni di vita, infatti, l'Associazione coniugò la sua azione politica alle istanze portate avanti dalle associazioni che riunivano i famigliari delle vittime delle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia, Italicus e stazione di Bologna. I primi ad essersi costituiti in associazione erano stati i famigliari delle vittime dell'ultima strage avvenuta, quella bolognese del 2 agosto 1980. Ciò avvenne nel maggio 1981, sull'onda delle reazioni suscitate dall'emissione a Catanzaro della sentenza di assoluzione per tutti gli imputati della strage di piazza Fontana (20 marzo 1981). Secondo Turnaturi “quella sentenza fu per i famigliari delle vittime della stazione di Bologna come un segnale per capire che stava vincendo la cultura dell'oblio, che la verità sulla morte dei propri congiunti sarebbe stata allontanata ed occultata e che bisognava impegnarsi direttamente”114
. Fu pertanto per “effetto di imitazione, d'incoraggiamento e di stimolo”115
che anche i famigliari delle stragi di Milano, Brescia e Italicus decisero di unirsi sotto uno statuto associativo: per tutti, l'esempio da ricalcare fu rappresentato dallo statuto dell'associazione bolognese, cui si ispirò anche l'Associazione di Ustica, che all'articolo 3 si prefiggeva lo scopo di “accertare la verità e quindi le responsabilità civili e penali della strage di Ustica, con tutte le iniziative possibili”.
Nell'aprile 1983, le associazioni delle suddette stragi si erano riunite a formare l'“Unione delle Associazioni dei famigliari delle vittime delle stragi”, con sede a Milano – nel 1984 si aggiunsero anche i famigliari delle vittime della strage del rapido 904. L'Unione si prefiggeva di “combattere contro il silenzio e l'oblio che minaccia giorno dopo giorno la ricerca della verità e delle responsabilità di tutte le stragi”. La prima iniziativa dell'Unione fu una proposta di legge di iniziativa popolare per l'abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e di terrorismo, che fu presentata in Senato, con oltre 90mila firme, nel luglio 1984 – per l'approvazione si dovette tuttavia attendere il 1990. Nelle parole di Turnaturi, la consociazione dei famigliari delle vittime delle stragi “dava vita per la prima volta a una mobilitazione di cittadini intorno a un problema particolare,
113 L'articolo 2 dello Statuto cita: «È stato stabilito di assumere la seguente denominazione: "Associazione parenti delle
vittime della strage di Ustica"»
114 Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991,
p. 3
115 Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991,
concreto, ma che nello stesso tempo metteva sotto accusa il governo e alcuni apparati dello Stato”116
. La denuncia verso quegli apparati dello stato che, invece di collaborare alla ricerca della verità, avevano deviato indagini e occultato prove, caratterizzava anche l'azione dell'Associazione di Ustica: tuttavia, essa non prese parte organica all'Unione. Ciò non impedì che in alcuni momenti e che su alcune questioni specifiche le azioni dei famigliari di Ustica si coniugassero con quelli delle altre associazioni di famigliari di vittime delle stragi. Ciò avvenne nel dicembre 1989, in occasione del ventennale della strage di piazza Fontana, quando Daria Bonfietti, nel ruolo di rappresentante dei famigliari delle vittime di Ustica, partecipò attivamente all'incontro svoltosi nella sede dell’amministrazione provinciale milanese, in presenza di tutti i partiti dell’arco costituzionale e i dirigenti delle diverse associazioni dei congiunti delle stragi:
«Tanti muri sono stati abbattuti in questo 1989 in molte parti d’Europa, ma, nel nostro paese, non siamo ancora riusciti a demolire il muro dell’omertà. Parliamo, dunque, del muro di Berlino, che, grazie al cielo, non esiste più. Ma parliamo anche dei nostri muri che continuano a resistere, eccome»117.
L'agosto precedente, in occasione del nono anniversario della strage della stazione di Bologna, l'Associazione presieduta da Daria Bonfietti aveva partecipato alla consueta manifestazione cittadina, presenziando sul palco allestito nella piazza del capoluogo emiliano e prendendo parola nel consiglio comunale. La partecipazione dei famigliari delle vittime della strage di Ustica alla commemorazione del 2 agosto rappresentò una novità che il sindaco di Bologna, Renzo Imbeni, volle sottolineare, motivandone la presenza in funzione della “medesima esigenza di una richiesta di verità”118
. Intervistato sul significato di quel gesto dall’organo del suo partito, l’Unità, Imbeni rispose che ad unire i due tragici eventi era “la stessa richiesta, non di vendetta, ma di giustizia”119
. La modalità di azione dell'Associazione di Ustica contribuì anch'essa, dunque, al processo di rappresentazione del caso Ustica come strage di stato. La richiesta di “verità” veniva fatta dipendere dall'accertamento delle “responsabilità civili e penali della strage”, obiettivo che doveva essere perseguito “con tutte le iniziative possibili”. L'Associazione insistette sul perseguimento delle
116 Turnaturi, Gabriella, Associati per amore. L'etica degli affetti e delle relazioni quotidiane, Feltrinelli, Milano, 1991,
pp. 5-6
117 Passaggio dell'intervento di Daria Bonfietti, cfr. Paolucci, Ibio, «Restano le ferite e l’offesa», in «l’Unità», 12
dicembre 1989, p. 12
118 Paolucci, Ibio, Insieme per chiedere la verità, in «l’Unità», 3 agosto 1989, p. 6
responsabilità non solo penali ma anche, e soprattutto, istituzionali. Ciò che veniva richiesto era l'applicazione degli strumenti offerti dallo stato di diritto non solo per fare luce sulle cause della tragedia, ma anche e soprattutto per “difendere i valori di democrazia sostanziale e non solo formale”120
. Un impegno innanzitutto civile, portato avanti da un'Associazione che ha fin da subito declinato il suo discorso e la sua azione in senso democratico, facendo coincidere l'interesse privato dei famigliari delle vittime della tragedia col diritto di tutti “di sapere, di essere informati”121
. Una verità che doveva essere messa a disposizione della collettività intera, e di cui i parenti delle vittime si facevano in qualche modo promotori. “La verità ha un prezzo che vogliamo pagare” fu lo slogan con cui nell'ottobre 1989, a Palermo, venne lanciata la campagna di raccolta fondi per poter finanziare le attività legali dell'Associazione: ci si rivolgeva cioè ai cittadini italiani, chiedendogli di “contribuire alla ricerca della verità”, poiché questo “enorme impegno” non poteva e non doveva “riguardare solo coloro che dalla strage erano stati colpiti”122
.
Ma se ricercare la verità significava, come appariva evidente dalla cronaca, perseguire responsabilità anche politiche, ecco allora che il compito dell'Associazione diventava quello di accusare implacabilmente le istituzioni per la loro incapacità di rispettare i valori fondanti della società. Fu questo l'aspetto sottolineato da Daria Bonfietti sin dai suoi primi interventi pubblici. Nell'ottobre 1989, l'Associazione chiese al ministro della Difesa Martinazzoli “di non mostrare ulteriori indugi per la sua scelta di campo”, costituendosi parte civile anch'esso nei confronti di coloro che all'interno dell'amministrazione pubblica avevano avuto “responsabilità precise rispetto a questa triste vicenda”123
. Le richieste e gli appelli non riguardavano solo il governo, ma in misura diversa tutte le istituzioni democratiche. Alla magistratura veniva incessantemente chiesto di perseverare negli accertamenti senza lasciarsi intimidire dai tentativi di condizionamento delle indagini. Al Parlamento veniva ricordato il mandato ricevuto dagli elettori, esprimendo la legittima
120 Dall'intervento di Daria Bonfietti all'incontro-dibattito su “Stragi e poteri” svoltosi a Bologna il 1° agosto 1989, Cfr.
Fondo Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Anniversari ed eventi, Busta 1, Fascicolo 2, Conservato presso Istituto Parri di Bologna
121 Dall'intervento di Daria Bonfietti all'incontro-dibattito su “Stragi e poteri” svoltosi a Bologna il 1° agosto 1989, Cfr.
Fondo Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Anniversari ed eventi, Busta 1, Fascicolo 2, Conservato presso Istituto Parri di Bologna
122 Dal volantino della campagna raccolta fondi, in Fondo Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica,
Anniversari ed eventi, Busta 1, Fascicolo 3, Conservato presso Istituto Parri di Bologna
123 Dall'intervento di Daria Bonfietti alla manifestazione presso il comune di Palermo del 23 ottobre 1989, Cfr. Fondo
Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Anniversari ed eventi, Busta 1, Fascicolo 3, Conservato presso Istituto Parri di Bologna
pretesa di “impegno e posizioni politiche più forti e più precise”124 .
Come ha osservato Turnaturi, la ricerca delle responsabilità ha legittimato l'Associazione come soggetto collettivo presente nell'arena pubblica, attribuendole un “ruolo di stimolo ad attivare tutte le forme della democrazia”125
. Il discorso pubblico portato avanti dall’Associazione, segmento della società civile, si contrappose a quello banalizzante e ideologicamente connotato che caratterizzò, invece, come si è visto, le narrazioni dei media e di altri segmenti della società civile. La domanda di verità dei famigliari delle vittime non nasceva infatti dallo scandalismo anti-politico registrato presso altri settori dell’opinione pubblica, bensì da una richiesta, forte e costruttiva, di trasparenza delle istituzioni.