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3.2 Scattering Thomson

3.2.1 Il setup della diagnostica

In gura 3.5 è riportato lo schema sperimentale della diagnostica Thomson. La luce diusa viene rivelata lungo la direzione ortogonale al piano denito dal vettore di propa- gazione del laser ˆk e dal vettore campo elettrico E.

All'uscita della camera a vuoto un beam-splitter divide la linea ottica in due parti. Da una parte è stato posto un sensore CCD a bassa risoluzione (Thorlab CCD Camera) con cui, inizialmente, sono state prese delle immagini e che è stato poi utilizzato solamente per l'allineamento e la messa a punto della diagnostica. Dall'altra parte è stata messa una fotocamera commerciale Pentax K100D Super con cui sono state scattate la quasi totalità delle immagini interessanti. Davanti al sensore della fotocamera Pentax sono stati posti, di volta in volta, dei ltri neutri per attenuare il segnale ed evitare la saturazione delle immagini3.

La calibrazione spaziale della diagnostica non può essere riportata in questa sezione in quanto, durante la campagna sperimentale, è stato modicato molte volte l'ingrandimen-

3Come è ben noto a chi si diletta di fotograa un'immagine saturata riproduce molti meno dettagli di

to. D'altra parte, per ogni serie di immagini scattate con la fotocamera, è stata acquisita anche un'immagine della fenditura illuminata da una lampadina posta all'interno della camera di interazione. Queste fotograe sono state utilizzate per la calibrazione spaziale della diagnostica, in quanto sono note le dimensioni siche della fenditura (vedi capitolo 2). In generale la risoluzione è comunque molto elevata è varia da 1.5 a circa 3 µm. La diagnostica Thomson, inoltre, ha avuto un ruolo fondamentale nella procedura di alli- neamento del fuoco del laser sul bersaglio: utilizzando i motorini per la movimentazione del supporto del gas-jet e i riferimenti su un monitor presi eettuando scatti fotograci attraverso la linea E, siamo stati in grado di posizionare, in vuoto, il centro del bordo anteriore della fenditura sul fuoco del laser, a sua volta individuato attraverso l'utilizzo di un lo micrometrico incollato sul supporto motorizzato. Tale allineamento assicura una accurata determinazione della posizione relativa del fuoco del laser e del getto di gas che ci ha permesso di eettuare scan focali con precisione di poche decine di micrometri.

Capitolo

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Lo spettrometro magnetico

In questo capitolo descriverò lo spettrometro magnetico che è stato progettato ed utiliz- zato dal nostro gruppo per analizzare gli spettri dei pacchetti di elettroni accelerati tramite interazione laser-plasma. A causa della peculiarità di questi pacchetti e dei requistiti spe- rimentali che questo spettrometro doveva rispettare, è stato necessario impiegare molto tempo per il suo sviluppo. Analogamente molto spazio sarà riservato alla sua descrizione.

4.1 Introduzione

Uno spettrometro magnetico per particelle cariche è uno strumento diagnostico di gran- de ecacia in ogni esperimento di accelerazione. Nei grandi acceleratori (CERN, FERMI- LAB) esso rappresenta uno stadio molto importante della ricostruzione delle proprietà delle particelle prodotte in una determinata interazione in quanto consente di determinarne, se accoppiato ad un sistema di tracciatura, l'impulso ed il segno della carica. Questi spet- trometri sono generalmente molto grandi e complessi poiché devono avere una risoluzione in impulso molto elevata ed una grande sensibilità. Per soddisfare queste due richieste si usano sequenze di elementi magnetici (dipoli, quadrupoli, sestupoli...) per avere proprietà dispersive e di focalizzazione il più possibile esenti da aberrazioni.

Negli ultimi decenni l'uso di spettrometri magnetici si è esteso anche al settore delle in- terazioni laser-plasmi in quanto, attraverso la focalizzazione di impulsi laser ultra-corti ed ultra-intensi su bersagli di vario genere, i sici sono riusciti ad accelerare particelle cari- che ad energie di centinaia di MeV. Una volta scoperta la natura di queste particelle1 si

è posto il problema di caratterizzarne le proprietà: la spettrometria magnetica si inseri- sce in questo contesto come uno dei mezzi più ecaci per misurarne l'energia in quanto permettere di raccogliere spettri di pacchetti di elettroni con una frequenza di ripetizione molto alta e può essere implementata direttamente all'interno della camera sperimentale. Infatti, alcuni dei requisiti necessari per misure soddisfacenti in questo tipo di esperimenti sono un ingombro limitato dello spettrometro, la possibilità di posizionarlo subito dopo il bersaglio lungo l'asse di propagazione del laser e la possibilità di eettuare misure ri- petute senza dover aprire la camera a vuoto dopo ogni colpo. Questi requisiti dipendono dal fatto che, nella maggior parte dei casi, gli spettri dei pacchetti di elettroni prodotti

1La maggior parte degli esperimenti di accelerazione al plasma, oggi, ha come scopo la produzione

di elettroni di alta energia, per quanto esistono molti esperimenti in cui la focalizzazione di un impulso ultra-intenso su un bersaglio solido produce un fascio di ioni o protoni

per interazione laser-plasma sono termici o monoenergetici ma con larghezze relative che vanno da pochi percento no a circa il 50%. In questo caso, dunque, non è necessaria una risoluzione energetica molto elevata. Inoltre questi pacchetti hanno tipicamente delle divergenze molto grandi (attualmente > mrad nel migliore dei casi) e sono soggetti ad instabilità di puntamento della stessa entità. Per questo motivo, in genere, uno spettrome- tro magnetico è fornito di un collimatore per diminuirne l'accettanza angolare. Di solito esso viene posizionato lungo la direzione di propagazione dell'impulso principale, dove ci aspettiamo la produzione del maggior numero di elettroni. Qui, attraverso una fenditura (il collimatore), si seleziona una piccola porzione di fascio da disperdere con il magnete su uno schermo uorescente. La grandezza della fenditura deve essere scelta in modo da avere un compromesso accettabile tra risoluzione in energia e intensità del segnale. Infatti, più è grande l'accettanza angolare dello strumento, minore sarà la risoluzione energetica e maggiore l'intensità del segnale.

D'altra parte, negli ultimi anni, gli esperimenti di accelerazione si stanno spingendo ad energie sempre più alte [5], verso fasci sempre più monoenergetici e collimati e con proprie- tà sempre più riproducibili [72, 8]. In questo contesto, nonostante il fatto che la risoluzione in impulso stia diventando un requisito sempre più stringente, è ausipicabile poter conti- nuare ad utilizzare delle diagnostiche pratiche e compatte, adattabili e ad alta frequenza di ripetizione.

Parte del lavoro originale di questa tesi è incentrata sulla messa a punto dello spettrometro magnetico e sullo sviluppo di uno strumento (SPECMag [73]) di analisi dati, adattabile a varie possibili implementazioni di tale diagnostica, purché siano presenti un magnete deettore, uno schermo scintillante ed un sistema digitale di imaging dello scintillatore. La caratteristiche principali di questo strumento di analisi sono:

• la possibiltà di caratterizzare, mediante algoritmi di simulazione, qualsiasi spettro- metro composto da un magnete più o meno complesso, uno scintillatore ed una fotocamera per l'imaging dello scintillatore;

• l'incorporazione delle più importanti fonti di errore (risoluzione spaziale del sistema di rivelazione, divergenza del fascio, instabilità di puntamento, aberrazioni geometri- che e cromatiche dovute a non uniformità di campo) nella curva di dispersione; • ricostruzione dello spettro tramite un procedimento che tiene conto dell'errore sulla

curva di dispersione in maniera statistica.