• Non ci sono risultati.

2.1 Considerazioni introduttive62

I Tassi Interni di Trasferimento (TIT) devono essere inquadrati nell’ambito più ampio delle tecniche metodologiche a supporto del sistema di controllo di gestione in un’azienda di credito. In tale contesto, ricoprono una grande rilevanza perché sono in grado, senza alterare i risultati economici globali, di influire sulla distribuzione dei risultati parziali e, quindi, di influire sui calcoli di convenienza economica effettuata quotidianamente da chi, in una banca, opera a contatto con la clientela e più in generale è attivo sui diversi mercati di riferimento; pertanto, è possibile affermare che l’impiego dei TIT si rivela un asse portante del sistema di controllo di gestione poiché svolge l’attività fondamentale di controllare nel breve le determinanti del successo di lungo periodo dell’azienda.

In altri termini, si può affermare che l’utilizzo dei TIT fa riferimento tradizionalmente alla valutazione e all’indirizzo degli aspetti reddituali dei singoli centri decisionali periferici e deve essere condotto in maniera da indurre comportamenti operativi che siano in grado di massimizzare l’aspetto reddituale complessivo dell’azienda tenendo conto degli altri vincoli ed obiettivi.

Riguardo l’implementazione del Sistema dei Tassi Interni di Trasferimento, è possibile osservare come, alla luce dell’obiettivo di ispirare alla periferia un modello decisionale sulle politiche di raccolta e impiego in grado di massimizzare la performance complessiva dell’azienda, assumano una grande rilevanza anche gli aspetti organizzativi e di comunicazione dei TIT: se viene utilizzato solo a consuntivo, senza che venga comunicato alla struttura, il TIT si presenta come strumento di misurazione ex-post della contribuzione dei singoli centri di responsabilità e, dunque, come un artificio contabile che, tuttavia, se scelto in modo opportuno, può garantire una rilevazione oggettiva della redditività a livello disaggregato; se invece viene comunicato alla struttura, rappresenta un parametro di riferimento per le decisioni operative, il quale, opportunamente valorizzato, induce a comportamenti reddituali ottimali per la banca nel suo complesso.

62 Per l’approfondimento di tali considerazioni introduttive si vedano: AA. VV., Pianificazione e controllo

della gestione nelle imprese bancarie, Accademia Italiana di Economia Aziendale, Bologna, 1980; ABI,

Area sistemi gestionali, Commissione tecnica pianificazione, budget e controllo di gestione, Indagine

48

Ad ogni modo, non esiste un’unica soluzione, ma un ventaglio di possibili alternative da valutare in relazione a:

 la composizione dell’insieme dei prodotti/servizi della banca;  la struttura organizzativa esistente;

 i sistemi informativi e alle fonti primarie di alimentazione disponibili;  il complesso delle altre metodologie di pianificazione e controllo adottate;  le caratteristiche dei mercati in cui la banca opera;

 la strategia aziendale complessiva.

Inoltre, è importante sottolineare come i Tassi Interni di Trasferimento possono trovare un’utile applicazione se sono accompagnati da uno sforzo preliminare della banca per capire i propri mercati, ed in modo particolare le caratteristiche di segmentazione, di elasticità e di dinamica concorrenziale di questi ultimi, per identificare le aree critiche di risultato e per scegliere un quadro strategico di lungo periodo; tale sforzo permette, da un alto, di disegnare in modo appropriato il sistema di controllo e, dall’altro, di interpretare correttamente i segnali che il sistema stesso offre.

In definitiva, è opportuno evidenziare la necessità di non attribuire ai TIT una funzione di strumenti decisionali a sé stanti, ma considerarli, piuttosto, come meccanismi operativi inseriti in un sistema di controllo direzionale dove sia dedicato ampio spazio alla pianificazione, alla fissazione degli obiettivi e alla verifica dei risultati conseguiti, il tutto nel quadro di una discreta conoscenza, interna ed esterna, della banca.

Il sistema dei Tassi Interni di Trasferimento consiste in un insieme di transazioni figurative interne alla banca che consentono di accentrare presso un’unica unità le decisioni relative alla posizione che la banca intende assumere nei confronti delle variazioni dei tassi di mercato ed in particolare gli obiettivi perseguiti sono quattro63:

1) Trasferire il rischio di interesse dalle unità della banca che lo generano a un’unità centrale che possa correttamente gestire questo rischio;

2) Valutare l’effettiva redditività della gestione del rischio di interesse nella banca; 3) Consentire alle diverse unità della banca di non doversi preoccupare dell’attività

di funding connessa ai propri crediti o dell’attività di impiego dei fondi raccolti;

63 Al riguardo si consulti: Sironi A., Resti A., Rischio e valore nelle banche. Risk management e capital

49

4) Valutare in modo preciso il contributo offerto da ogni singola unità operativa alla redditività della banca.

È possibile, pertanto, constatare che le funzioni principali del sistema dei Tassi Interni di Trasferimento si esplicano, sostanzialmente, nell’allocazione del margine di interesse tra le varie unità operative e nella successiva misurazione del contributo di ciascuna di esse alla redditività globale. Tuttavia, ogni singola filiale, vuoi per una specializzazione desiderata, vuoi per difficoltà insite nell’area di insediamento, può risultare specializzata nella raccolta o negli impieghi. Calcolando il margine di interesse solo utilizzando i dati reali della filiale, si commetterebbe un grande errore, privilegiando le filiali di impiego e danneggiando quelle di raccolta. Il sistema dei TIT risolve questo inconveniente legato ai possibili sbilanci tra le varie unità, ma non solo; la scelta del tasso interno di trasferimento, difatti, assume anche una funzione di incentivo alle singole business units: nel caso in cui il tasso interno di trasferimento si avvicini al costo medio della raccolta, viene incentivata l’attività di impiego, mentre un livello del tasso interno di trasferimento vicino al tasso medio degli impieghi sposta l’interesse del management verso lo sviluppo dell’attività di raccolta64.

2.2 Il pool di tesoreria e i prezzi interni di trasferimento

Tra le problematiche di maggiore rilievo nell’ambito del controllo di gestione nelle aziende di credito, risulta evidente quella relativa al flusso dei fondi di raccolta e di impiego. Mentre nel controllo di gestione delle imprese industriali esiste una separazione netta tra il flusso finanziario e quello dei costi e dei ricavi, nelle aziende di credito, invece, l’identità tra il flusso dei fondi e il ciclo produttivo e distributivo dà origine ad una stretta integrazione tra budget finanziario e budget economico, tra flusso di cassa e contabilità analitica; pertanto, è chiaro come la metodologia di rilevazione del flusso dei fondi nell’ambito della banca sia la chiave di tale integrazione. Nelle aziende di credito i fondi sono raccolti dalle varie aeree operative, ma solo in parte sono impiegati all’interno delle stesse aree; altri centri di responsabilità, poi, possono operare esclusivamente nell’ambito della raccolta o dell’impiego. Ne consegue che la valutazione della redditività dei centri di responsabilità di un’azienda di credito non può prescindere dalla rilevazione del flusso

64 Per approfondimenti sulla funzione incentivante del sistema dei tassi interni di trasferimento si veda in

50

dei fondi tra centri della banca stessa; infatti, se non si tenesse in considerazione il flusso dei fondi scambiati internamente alla banca nell’ambito dei singoli centri di responsabilità, si avrebbe uno squilibrio tra costi e ricavi. Al fine di evitare tale squilibrio, occorre prevedere e rilevare il flusso interno dei fondi attribuendo ad ogni centro un ricavo figurativo per i fondi ceduti ed un costo figurativo per quelli ricevuti: a tale esigenza risponde la tecnica del pool di tesoreria affiancata da opportune politiche di prezzi di trasferimento65.

La rilevazione della redditività complessiva sulla base degli schemi di contabilità tradizionale non permette di evidenziare il contributo delle differenti linee di attività al processo di generazione della ricchezza. A questa mancanza, in parte sopperiscono le moderne tecniche di controllo di gestione, le quali consentono di quantificare la contribuzione ai margini aziendali di ciascun segmento del business bancario attraverso prezzi convenzionali di remunerazione dei fondi raccolti e ceduti, i cosiddetti «prezzi interni di trasferimento», nei confronti di una unità fittizia dedicata alla gestione accentrata delle risorse, ossia il pool di tesoreria.

Nel precedente capitolo, in merito alla struttura organizzativa di un’azienda di credito, abbiamo osservato come, ad oggi, si tende ad individuare centri di responsabilità definiti business units strategiche, le quali sono caratterizzate da un’attività specializzata nell’ambito della banca e sono dotate di una relativa autonomia nel perseguimento dei propri obiettivi gestionali. In tale contesto si è specificata anche la distinzione tra unità reali e fittizie e, tra queste ultime, possiamo annoverare il pool di tesoreria. Tuttavia, è opportuno specificare che, seppur generalmente il pool costituisca una unità figurativa, alle volte viene identificata con la direzione generale o l’unità di tesoreria. Ad ogni modo la sua funzione è quella di accentrare gli effetti della trasformazione delle scadenze e del rischio di tasso di interesse, che sono in realtà scarsamente dipendenti dalle scelte dei responsabili delle singole business units che operano nei confronti del mercato. In assenza di un pool di tesoreria, la trasformazione delle scadenze e dei rischi inciderebbe sui risultati delle singole unità operative in maniera distorsiva, anche perché le operazioni di copertura e le decisioni di assunzione di questo rischio vengono effettuate a un livello diverso dalle unità che poi concretamente lo assumono in parte. In definitiva, è possibile affermare che il pool di tesoreria va a ricevere e trasmettere fondi alle business units in

65 KPMG Peat Marwick, Pianificazione e controllo direzionale negli istituti di credito, Edibank, Milano,

51

modo tale da consentire a queste ultime di bilanciare perfettamente le scadenze dell’attivo e del passivo.

Esistono due principali modalità di regolamento dei flussi tra le singole unità organizzative e il pool centrale di tesoreria: il sistema dei flussi lordi e quello dei flussi netti. Nel primo caso, al pool centrale di tesoreria confluiscono tutti i flussi raccolti dalle unità di mercato e fuoriescono quelli necessari per sostenere i loro impieghi; nel secondo caso, invece, il pool negozia con le singole business units esclusivamente il saldo tra fondi raccolti e fondi impiegati da queste ultime66.

Per quanto concerne i prezzi interni di trasferimento, in generale, è possibile definirli come parametri di valore applicati all’acquisizione e/o cessione di condizioni produttive (prodotti intermedi, servizi, fondi) all’interno di un’azienda o un gruppo di aziende e che consentono, quindi, di assegnare un valore anche agli «scambi» che si svolgono tra elementi diversi della struttura operativa; il dato di prezzo interno dovrebbe indicare alla singola unità organizzativa il «valore per l’impresa» della risorsa ceduta o acquisita e in funzione di tale valore modificare anche le configurazioni di risultato particolare cui le scelte di tale unità organizzativa danno luogo67. In particolare, il meccanismo operativo descritto, in banca, assume un peso significativo in relazione al trasferimento dei fondi tra i diversi elementi della struttura operativa: in questo caso si tratta di determinare il tasso appropriato per assegnare un valore in termini di ricavo o di costo al credito che la banca rispettivamente ottiene o concede nelle operazioni di raccolta e impiego68.

Tale tasso è noto come Fund Transfer Price o Tasso Interno di Trasferimento e, specificamente, costituisce il prezzo o costo fittizio interno che deve essere accreditato alle fonti di liquidità reperite mediante gli svariati canali di finanziamento e, viceversa, addebitato agli impieghi di fondi legati ai molteplici prodotti, funzioni e attività dell’azienda di credito. Pertanto, quando si fa riferimento ai sistemi di Fund Transfer Pricing (FTP), si può affermare che rappresentano degli insiemi articolati e complessi di

66 Le metodologie indicate saranno approfondite nel paragrafo successivo dell’elaborato.

67 “La determinazione del valore a cui riferire le transazioni interne tra le varie business unit deve, ai fini

del controllo di gestione, soddisfare una duplice esigenza: da un lato la significatività del risultato su cui fondare corrette valutazioni di convenienza economica, dall’altro l’opportunità di determinare un risultato che favorisca un comportamento dei risultati consono al fine, comune a tutta l’azienda, dell’equilibrio economico durevole ed evolutivo.” Ferraris Franceschi R., Sistemi di pianificazione e controllo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2010, pag. 240.

68 Masini M., Comana M., Previati D., Prospettive di programmazione e controllo nelle banche, Giuffrè,

52

meccanismi che prevedono il trasferimento dei costi e dei relativi rischi alla Tesoreria centrale e alle linee di business/prodotto che li generano. Sulla base di ciò, è possibile comprendere come i sistemi FTP costituiscano una leva sia competitiva che gestionale e come, per tale motivo, rivestano un ruolo cruciale nella misurazione della redditività conseguita dalle divisioni, dai prodotti finanziari e dalle controparti e, di conseguenza, nell’influenzare indirettamente l’operatività bancaria e la tolleranza al rischio69.

Per quanto appena descritto, quindi, si può affermare che si finisce per parlare di Tassi Interni di Trasferimento nel contesto della definizione di un sistema FTP in relazione all’intermediazione di mezzi liquidi tra unità organizzative in surplus e in deficit. In tale ambito, Birindelli70 constata che i Tassi Interni di Trasferimento “tentano di valorizzare per l’unità ‘cedente’ i fondi la quota parte del ricavo ad essa spettante per l’impiego delle disponibilità nell’ambito dell’unità fittizia, il cosiddetto pool di tesoreria; in tal caso il tasso prescelto dovrà risultare allineato al migliore rendimento alternativo scaturente dall’eventuale investimento sul mercato delle risorse finanziarie. Di contro, per l’unità ‘beneficiaria’ il Tit costituisce il costo di cui essa deve farsi carico nei confronti della Treasury unit, per poter utilizzare i mezzi ricevuti ai fini di ulteriore impiego. Tuttavia, il margine valutabile per le diverse linee di prodotto/servizio non dovrebbe essere minimamente esposto ad effetti di shift nei tassi di interesse di mercato; pertanto, la gestione del gap tra saggi attivi e passivi e del mismatching tra scadenze deve trovare idonea ricomposizione e copertura dell’unità finanziaria all’uopo dedicata: la Tesoreria, avente sia il compito di riprezzare in base al sistema dei Tit prescelti i fondi impiegati nell’unità di destinazione, sia la funzione di gestire lo sbilancio di scadenze tra attività e passività”71.

2.3 Il Tasso Interno di Trasferimento tradizionale

È opportuno premettere che si parla di TIT «tradizionale» per fare riferimento al Tasso Interno di Trasferimento utilizzato dalle banche fino a non molti anni fa e distinguerlo,

69 Per approfondimenti si vedano: Bianchi Martini S., Agliati M., I prezzi di trasferimento: determinanti e

metodologie di calcolo, EGEA, Milano, 2002; Conciarelli A., La Ganga P., Porretta P., Funds transfer pricing: metodologie, applicazioni e sfide nell'attuale contesto di mercato, Banca Impresa Società, n 1,

aprile 2013.

70 È doveroso osservare come Birindelli nel suo lavoro abbia fatto riferimento ad una impostazione che

vede l’accentramento di tutti i fondi raccolti nell’ambito del pool di tesoreria, che prende il nome di sistema «a flussi lordi».

71 Birindelli G., Del Prete S., La creazione di valore nelle banche italiane: profili teorici ed evidenze

53

così, da quello che poi è stato definito come Liquidity TIT, successivamente alla pubblicazione da parte di Banca d’Italia di un aggiornamento delle “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche” (Circolare 263/2006, 4° aggiornamento del 13 dicembre 201072) con cui viene dichiarato che queste ultime nella formulazione dei prezzi interni di trasferimento devono tenere conto della componente di rischio di liquidità. Le tradizionali metodologie di determinazione del TIT, invece, tenevano conto soltanto del rischio di credito e del rischio di interesse.

Le prime indagini relativamente allo sviluppo dei sistemi di pianificazione e controllo all’interno delle realtà bancarie, condotte tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, hanno evidenziato in merito al TIT come l’obiettivo prevalente del suo impiego consistesse nel consentire la misurazione del rendimento dei centri di profitto e solo sporadicamente per orientare i comportamenti dei responsabili verso politiche di raccolta e/o impiego o per entrambi gli scopi descritti. A partire dagli anni ‘90, la diminuzione della redditività media delle banche ha fatto emergere la necessità di porre l’attenzione, in particolare, su tre aspetti: la razionalizzazione dei processi produttivi e la riduzione dei costi; la gestione attenta e consapevole dei rischi; la ricerca di un ruolo e di una caratterizzazione delle singole banche all’interno del mercato. In questo contesto, si manifesta l’esigenza di intervenire in maniera mirata sulle fonti che generano effetti sulla redditività della banca e, pertanto, diviene fondamentale lo sviluppo di un sistema di controllo di gestione che consenta di valutare le singole filiali in termini di contribuzione alla redditività complessiva dell’azienda attraverso delle analisi che non siano distorte dai criteri di misurazione. Per tali ragioni, è data sempre più rilevanza al Tasso Interno di Trasferimento, in qualità di strumento che consente la valutazione e l’indirizzo degli aspetti reddituali dei singoli centri decisionali periferici e dotato della capacità di misurare la contribuzione a livello disaggregato mantenendo inalterato il reddito complessivo della banca. La metodologia più utilizzata per la sua determinazione, sulla base di un’indagine effettuata da ABI nel corso del 1994 su un campione di banche italiane73 in relazione allo

72 La Circolare 263 del 27 dicembre 2006 relativa alla disciplina prudenziale per le banche e i gruppi

bancari, successivamente abrogata con l’emanazione della Circolare 285 del 17 dicembre 2013, recepiva le norme comunitarie sull’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio e sull’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, in attuazione degli indirizzi stabiliti con gli accordi di Basilea II.

73 Il totale del numero di sportelli delle 139 banche analizzate ammonta a circa 16.000 e rappresenta il 78%

del totale degli sportelli operanti a quel momento in Italia. Si veda al riguardo: ABI, Area sistemi gestionali, Commissione tecnica pianificazione, budget e controllo di gestione, Indagine sull’utilizzo del Tassi Interni

54

stato di adozione e di avanzamento delle metodologie del Tasso Interno di Trasferimento, è rappresentata dal metodo della contribuzione a flussi lordi.

2.3.1 Metodo della contribuzione a flussi lordi

In merito alla rilevazione della redditività, si deve tenere presente che la contabilità tradizionale, dal momento che fornisce esclusivamente un risultato economico globale, non consente di comprendere, controllare e dirigere il processo di generazione della redditività stessa. Tuttavia, l’evoluzione degli approcci al controllo di gestione ha comportato lo sviluppo di metodologie in grado di evidenziare la misura in cui singolarmente le diverse unità organizzative, i diversi prodotti e le diverse categorie di clientela, hanno contribuito alla formazione della redditività aziendale.

Il modello che permette di calcolare la contribuzione ai margini aziendali per segmento di clientela/prodotto o per centro di responsabilità prevede l’introduzione di un pool di tesoreria, in cui accentrare la gestione della liquidità, e la definizione di un tasso convenzionale di remunerazione di tutti i fondi raccolti e ceduti al pool: tutti i flussi finanziari in entrata convergono verso il pool di tesoreria che remunera le risorse finanziare ricevute e, allo stesso modo, il pool eroga i flussi in uscita e riceve un compenso per le risorse che rende disponibili.

Tale impostazione viene definita «a flussi lordi» proprio perché tutte le risorse raccolte dalle varie unità organizzative, indipendentemente dalla loro origine, vengono fatte figurativamente affluire nel pool dal quale, poi, defluiscono figurativamente verso le svariate forme di impiego; si distingue, così, dall’impostazione «a flussi netti», caratterizzata dal fatto che al pool viene trasferito esclusivamente lo sbilancio tra fondi raccolti e impiegati dalle diverse unità organizzative.

Quest’ultima, tuttavia, costituisce un metodo non molto impiegato nella realtà operativa poiché consente la rilevazione della redditività per centro di responsabilità, ma non permette valutazioni per forma tecnica e prodotto finanziario né per segmento di clientela; difatti, l’unità di analisi è costituita dal centro di responsabilità e ciò fa perdere la possibilità di analisi della contribuzione agli utili dei singoli segmenti di prodotti/clienti. Al contrario, con il sistema a flussi lordi, mediante il metodo della contribuzione, l’attività della banca viene vista in modo unitario e integrato, consentendo di analizzare

Documenti correlati