1. Abitare l’infosfera
1.4 Il sovraccarico informativo
“Too much information running to my brain, too much information driving me insane”
(The Police)
Il raffronto tra lo sviluppo della complessità delle connessioni neurali del cervello umano, che in base agli studi evoluzionistici subisce un apprezzabile cambiamento soltanto ogni tre milioni di anni, e l’insieme delle conoscenze umane che invece raddoppia quantitativamente ogni trent’anni, ci può suggerire una prima stima della difficoltà del compito intellettuale a cui siamo chiamati.256 Particolarmente suggestiva in questo senso, è anche l’affermazione secondo la quale una odierna rivista settimanale conterrebbe una quantità di informazione equivalente a quella incontrata in media da un qualsiasi europeo vivente nel corso del sedicesimo secolo, lungo tutto l’arco della propria vita.257
254 Eli PARISER, Il Filtro. Quello che internet ci nasconde, Milano, Il Saggiatore, 2012, p. 20 (edizione originale: 2011).
255 Ibidem, p. 61.
256 Rudolf HANKA, Karel FUKA, Information overload and “just-in-time” knowledge, “The Electronic Library”, 2000, vol. 18, n. 4, p. 279-285 (279-280).
Adottando un tentativo di definizione più vicino rispetto alle problematiche del soggetto S rispetto a quella indicata nel paragrafo precedente, si può affermare che il sovraccarico informativo corrisponde a quella situazione in cui la quantità di informazione contenuta in un certo ambiente supera la capacità individuale di elaborarla correttamente.258 Questo processo può essere efficacemente descritto
attraverso un grafico che presenta un andamento ad U rovesciata.259
Figura 3. Definizione di information overload (Adattato da M.J. Eppler e J. Mengis, 2004).
Secondo i risultati sperimentali provenienti da più ambiti disciplinari, infatti, la qualità delle scelte, ed in generale dei processi di pensiero di un soggetto, presentano una correlazione positiva con la quantità di informazione disponibile fino ad un determinato punto critico, oltre il quale la performance individuale declina molto rapidamente: il sovraccarico informativo rappresenta quindi l’effetto indesiderato e conseguente ad una stimolazione informativa eccedente tale punto
258 Orrin E. KLAPP, Meaning lag in the Information Society, “Journal of Communication”, 1982, vol. 32, n. 2, p. 56-66 (63).
259 Martin J. EPPLER, Jeanne MENGIS, The concept of information overload: a review of literature from organization science, accounting, marketing, MIS, and related disciplines, “The Information
critico. 260 Martin Eppler e Jeanne Mengis, sottolineano l’importanza della compartecipazione di fattori ambientali e soggettivi,261 offrendo anche un inventario di caratteristiche individuali in grado di facilitare l’emersione del fenomeno: capacità generale di processare le informazioni all’interno di un determinato ambiente, ampiezza e rilevanza della ricerca informativa per gli scopi e le azioni future del soggetto stesso, tratti personali come il livello di esperienza e di competenza nella ricerca di informazioni, età, convinzioni e credenze, ed infine livello motivazionale generale e condizioni psico-fisiologiche all’atto della ricerca.262
È utile anche ricordare che l’espressione information overload o sovraccarico informativo, pur essendo certamente la più diffusa, non è per la verità l’unica riscontrabile in letteratura per esprimere l’insieme delle problematiche legate alla sovrabbondanza di informazioni, venendo spesso affiancata da altri termini, a volte utilizzati come sinonimi dal significato totalmente sovrapponibile, oppure da ulteriori formule che ne precisano ed approfondiscono alcuni aspetti:263 è il caso rispettivamente di locuzioni dal significato più generale come information glut,264 oppure della posizione assai interessante di John Thompson che preferisce ricorrere al concetto di “sovraccarico simbolico” per indicare in modo ancor più specifico che l’esposizione alla straordinaria abbondanza, varietà e molteplicità delle fonti di informazione si gioca oggi sempre più ad un livello di messaggi mediatizzati, dal cui accesso ed utilizzo sembra dipendere sempre più l’esito del processo di autoformazione di ogni individuo.265
Un altro fattore che è stato considerato estremamente influente nel processo di sovraccarico informativo è la disponibilità di tempo accordata ad un soggetto per effettuare una ricerca; da questo punto di vista, l’information overload può essere
260 loc. cit. 261 Ibidem, p. 330. 262 Ibidem, p. 332.
263 BAWDEN, ROBINSON, The dark side of information…, op. cit., p. 182.
264 Jussi T. KOSKI, Reflections on information glut and other issues in knowledge productivity, “Futures”, 2001, vol. 33, n. 6, p. 483-495 (483-484).
espresso attraverso la formula “competenze richieste per l’elaborazione delle informazioni > capacità effettive di elaborazione delle informazioni”, dove entrambe le variabili, rappresentate dalle competenze e dalle capacità, possono essere espresse in unità di tempo: nel caso in cui un determinato soggetto riesca ad elaborare soltanto una parte delle informazioni provenienti dall’ambiente nel corso dell’intervallo temporale disponibile, la conseguenza sarà il sovraccarico informativo.266
Poiché la disponibilità individuale di tempo è sempre limitata, non è possibile la lettura e l’elaborazione di tutte le informazioni che circondano il soggetto, e quindi il sovraccarico informativo può essere anche considerato come lo scarto tra realizzazioni ideali e possibilità reali di una persona nell’interazione con l’insieme delle informazioni disponibili:267 quest’ultima e le precedenti affermazioni richiedono l’introduzione di un ulteriore concetto di fondamentale importanza nella dinamica dell’information overload, operazione che restituisce una centralità teorica ai processi cognitivi legati all’attenzione.268 Per meglio comprendere la posizione di ogni lettore di fronte all’enorme massa di informazioni, Francesco Antinucci ha introdotto il concetto di abilitazione cognitiva,269 ovvero la capacità di ciascuno nel valutare allo stesso tempo l’attendibilità e la rilevanza delle fonti circa un determinato argomento di interesse: l’aspetto più importante, secondo l’autore, è che tale abilità si dimostra funzione contemporaneamente della conoscenza preliminare sull’argomento e del numero di scelte bibliografiche possibili e voci disponibili sullo stesso, con la conseguenza che gli esperti di un determinato settore possono beneficiare ancor più dell’abbondanza di informazioni, mentre gli inesperti si ritrovano sempre più disorientati e paralizzati dall’enorme numero di opzioni,
266 EPPLER, MENGIS, The concept of information overload…, op. cit., p. 326.
267 Patrick WILSON, Some consequences of information overload and rapid conceptual change, in Information Science, from the development of the discipline to the social interaction, a cura di Johan
Olaisen, Erland Munch-Petersen e Patrick Wilson, Oslo, Scandinavian University Press, 1996, p. 21- 34 (22).
268 Michael LESK, One in a million: information vs. attention, “International Journal of Communication”, 2012, vol. 6, p. 907-919 (907).
dinamica all’origine di un divario conoscitivo sempre più consistente.270 Di qui l’importanza rivestita un tempo dall’intermediario informativo professionale, in quanto vera e propria «funzione cognitiva indispensabile a chi non aveva i livelli di abilitazione adeguati per trovare e scegliere in proprio in modo qualitativamente soddisfacente».271 Infatti, in una società sommersa dagli stimoli informativi, la
necessità di distinguere tra informazioni importanti ed informazioni irrilevanti, tra informazioni attendibili ed informazioni ingannevoli, richiede un utilizzo talmente massiccio e continuativo delle risorse attentive,272 da indurre alcuni autori all’utilizzo di terminologie assai eloquenti, quali “crollo dell’attenzione”273 o “esaurimento dell’io”.274 Poiché l’attenzione è per sua definizione limitata e selettiva,275 e l’ambiente è troppo ricco e complesso per restituirci il pieno controllo di tutte le informazioni disponibili,276 la definizione di sovraccarico informativo diviene quasi sovrapponibile a quella di stress ambientale, concetto che si riferisce sommariamente ad «ogni situazione in cui le richieste ambientali nei confronti degli individui eccedono le rispettive capacità di risposta».277 Secondo questo punto di vista il semplice contatto tra una persona ed un ambiente percepito come particolarmente complesso, è in grado di generare una valutazione del soggetto circa le proprie capacità di far fronte agli stimoli attraverso risposte efficaci o coping, accompagnata da una serie di vissuti individuali più o meno spiacevoli:278
anche nel caso del sovraccarico informativo, proprio la tipica sensazione stress- dipendente di sentirsi sopraffatti dalla quantità di richieste ambientali, con il conseguente timore di perdere il controllo sulla situazione,279 ci introduce ad
270 Ibidem, p. 74. 271 Ibidem, p. 77.
272 SCHIRRMACHER, La libertà ritrovata…, op. cit., p. 114-115. 273 PARISER, Il Filtro…, op. cit., p. 16.
274 SCHIRRMACHER, La libertà ritrovata…, op. cit., p. 114. 275 Franca STABLUM, L’attenzione, Roma, Carocci, 2002, p. 27. 276 Ibidem, p. 87.
277 Gary W. EVANS, General introduction, in Environmental stress, a cura di Gary W. Evans, Cambridge, Cambridge University Press, 1984, p. 1-11 (1) (prima edizione: 1982).
278 Erminielda MAINARDI PERON, Silvia SAPORITI, Stress ambientale. Un approccio psicologico, Roma, NIS, 1995, p. 22-26.
un’ultima componente del problema. Così, l’identificazione di una sintomatologia conseguente al sovraccarico informativo deve comprendere al suo interno principalmente due clusters di fenomeni interrelati: da un lato un insieme di esperienze soggettive quali sensazioni di confusione, ansietà, urgenza ed inconcludenza, oltre ad un generale stato di passività e di demotivazione,280
dall’altro un complessivo declino dell’efficacia cognitiva, testimoniato, ad esempio, dal ricorso a strategie di ricerca sempre meno sistematiche ed a criteri di analisi superficiali, dalla perdita delle competenze di discriminazione e di valutazione critica, ed infine dalla diminuzione della capacità di contestualizzare le informazioni.281
Per quanto riguarda il primo fattore, indipendentemente dal momento in cui si assiste ufficialmente all’introduzione del termine information overload, va osservato che una sensazione di disorientamento e di disagio di fronte alla straordinaria esuberanza produttiva del sapere non può considerarsi di certo un fenomeno di recente manifestazione. Dal biasimo dei dotti dell’antica Roma nei confronti delle biblioteche troppo ricche, fino all’aspra critica di D’Alembert diretta contro la futile ingordigia dei più fanatici bibliomani spinti ad accumulare pile di libri mai letti,282 l’eccesso di informazioni sembra non incontrare il favore di alcune
delle menti più brillanti della storia: una ragione in più per convenire con Robert Darnton sul fatto che ogni età, a proprio modo, può essere definita un’età dell’informazione.283 In una rassegna di studi espressamente dedicati ad un periodo particolarmente significativo per quanto riguarda l’incremento dei flussi informativi, ovvero quello compreso tra il sedicesimo ed il diciottesimo secolo, Daniel Rosenberg ha cercato di dedurre l’insieme delle reazioni dell’epoca di fronte all’aumento della produzione e della diffusione dei libri a stampa, alla comparsa di forme alternative di pubblicazione quali i periodici, e alla circolazione sempre più
280 EPPLER, MENGIS, The concept of information overload…, op. cit., p. 328. 281 Ibidem, p. 333.
282 Luciano CANFORA, Libro e libertà, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 31-37 (prima edizione: 1994). 283 Robert DARNTON, L’età dell’informazione. Una guida non convenzionale al Settecento, Milano, Adelphi, 2007, p. 41 (edizione originale: 2003).
massiccia di comunicazioni scientifiche frutto di nuove scoperte, sistematizzate grazie allo sviluppo di teorie scientifiche innovative.284 A questo proposito l’autore non solo preferisce trattare di un tipo di esperienza che, seppure disagevole, risulta al tempo ancora priva di una propria specifica definizione semantica, ma evidenzia pure l’inadeguatezza della terminologia corrente (in particolare della parola “informazione”) per comprendere contestualmente tali fenomeni nel corso della Prima età moderna: così gli effetti di un possibile smarrimento di fronte alla rivoluzione del sapere, devono essere ascritti all’ampliamento delle auctoritates piuttosto che al semplice incremento della circolazione dei libri, e quindi al passaggio da una lettura intensiva ad una lettura estensiva; sempre secondo Rosenberg, è questo il momento storico in cui per la prima volta viene esperita in modo pressante l’esigenza di un rapido accesso ad una quantità di informazioni che appare già sterminata, sentimento attestato dal successo di alcuni dispositivi come le enciclopedie.285 Inoltre, una volta chiarito uno dei principali contributi culturali di quel “Grande affare dei lumi” in grado di imporre un principio d’ordine nel caos prodotto dalla moltitudine delle fonti,286 molto interessante appare anche lo studio di Katherine Ellison, la quale ha analizzato alcuni capolavori della letteratura di fama internazionale, ad opera rispettivamente di John Bunyan, Aphra Behn, Jonathan Swift e Daniel Defoe, tutti composti nel periodo compreso tra il 1678 ed il 1722: dall’approfondita lettura dei testi emerge come i protagonisti delle suddette narrative appaiano già chiaramente sopraffatti da un flusso di informazioni intrusivo, esplosivo, se non addirittura distruttivo, a causa delle sue proprietà quantitative.287 I medesimi autori, inoltre, sembrano riuscire ad abbozzare anche una precoce distinzione qualitativa tra conoscenza ed informazione, dove quest’ultima, additata come la sola ed autentica causa delle vicissitudini legate al
284 Daniel ROSENBERG, Early modern information overload, “Journal of the History of Ideas”, 2003, vol. 64, n. 1, p. 1-9 (6).
285 Ibidem, p. 5-7.
286 Robert DARNTON, Il Grande Affare dei Lumi. Storia editoriale dell’Encyclopédie 1775-1800, Milano, Sylvestre Bonnard, 1998, p. 409 (edizione originale: 1979).
287 Katherine E. ELLISON, Fatal News. Reading and information overload in early Eighteenth- century literature, New York-London, Routledge, 2006, p. 13.
sovraccarico, viene descritta come un’entità caratterizzata da una maggiore fluidità e superficialità;288 infine, i quattro scrittori tentano, all’interno delle loro opere, di illustrare anche i danni derivanti da una cattiva gestione individuale dei flussi informativi veicolati ormai da una sempre più ampia tipologia di pubblicazioni.289 Per quanto riguarda quest’ultima problematica, Ann Blair, circoscrivendo nuovamente l’indagine alla prima Età moderna, ha invece analizzato alcuni tra gli espedienti escogitati privatamente dagli uomini di studio per placare la propria preoccupazione di fronte alla moltitudine dei libri:290 il perfezionamento di una lettura di consultazione anche attraverso un utilizzo sempre più massiccio degli apparati indicali, e la creazione di un sistema di annotazioni ottimizzato attraverso sigle ed abbreviazioni, sono soltanto due tra i più diffusi metodi sviluppati dagli intellettuali dell’epoca per mitigare gli effetti dell’esperienza originata dalla sovrabbondanza di informazioni.291
Tornando ora ai giorni nostri, l’autore che si è occupato in modo più eloquente dei sintomi del primo tipo connessi al sovraccarico informativo è Richard Saul Wurman, le cui osservazioni sono state condensate nel celebre volume “Ansia da informazione”: è questo il titolo scelto dall’autore per descrivere in modo complessivo la sgradevole sensazione di incertezza causata da una serie di situazioni, tra cui il non sentirsi in grado di comprendere il significato di alcune informazioni, il non sapere se determinate informazioni esistono e dove trovarle, oppure sapere esattamente dove trovarle ma non essere in grado di accedervi, e naturalmente la percezione di essere travolti da un flusso eccessivo di informazioni.292 Quest’ultimo e specifico aspetto è particolarmente presente anche in una seconda e più recente pubblicazione ad opera di Wurman, dove trovano maggiore spazio le tematiche relative all’informazione veicolata da Internet: la crescita esponenziale dei documenti favorita dalle moderne tecnologie viene
288 Ibidem, p. 12. 289 Ibidem, p. 4.
290 Ann BLAIR, Reading strategies for coping with information overload ca. 1550-1700, “Journal of the History of Ideas”, 2003, vol. 64, n. 1, p. 11-28 (11).
291 Ibidem, p. 17-28.
additato come il fattore scatenante principale dell’ansia da informazione, che viene in questo caso definita come “il buco nero” tra i dati e la vera conoscenza,293 mentre viene contemporaneamente auspicata una sempre maggiore consapevolezza del contesto complessivo in cui le persone si trovano ad interagire con le informazioni.294 Se Alberto Salarelli individua piuttosto una sensazione di noia
causata da un vero e proprio profluvio sempre meno controllabile e valutabile di stimoli informativi,295 all’estremo negativo di un ipotetico continuum di sintomi indotti dal sovraccarico informativo, troviamo la ancora meno desiderabile descrizione di una vera e propria sindrome patologica di pertinenza psichiatrica, denominata dallo psicologo britannico David Lewis Information Fatigue Syndrome.296
Molto interessante è anche una recente osservazione di Giovanni Solimine, secondo il quale la percezione di un eventuale disagio soggettivo di fronte a questa inusitata sovrabbondanza non sia da ricondurre soltanto alla quantità di informazione esistente e disponibile, ma anche «alla sua pervasività, al modo in cui ci viene proposta e a volte imposta»;297 tuttavia, la convivenza con una moltitudine di messaggi registrati disponibili in ogni istante, e mediati da tecnologie sempre più invasive e onnipresenti, può essere anche intesa alla base di quel fenomeno per cui la diade macchina informatica-utilizzatore appare oggi come un complesso simbiotico,298 nella misura in cui gli apparati tecnologici per l’accesso alle informazioni fungono da autentiche estensioni del proprio sé,299 ponendo una ridefinizione dei limiti morali dell’io300 e restituendo, in antitesi alla sensazione di disorientamento imputabile al sovraccarico, una sorta di stato di ebrezza
293 Idem, Information anxiety 2, Indianapolis, Que, 2001, p. 14. 294 Ibidem, p. 27.
295 Alberto SALARELLI, Tempo di noia, tempo di lettura. Sistemi informativi, biblioteche e la deriva del “buon lettore”, “Biblioteche Oggi”, 2005, n. 7, p. 31-40 (33-34).
296 DI GIOVINAZZO, Internet e social network…, op. cit., p. 49. 297 SOLIMINE, Senza sapere…, op. cit., p. 66.
298 John FREEMAN, La tirannia dell’e-mail, Torino, Codice, 2010, p. 11 (edizione originale: 2009). 299 Ibidem, p. 126.
300 Remedios ZAFRA, Sempre connessi. Spazi virtuali e costruzione dell’io, Firenze-Milano, Giunti, 2012, p. 30 (edizione originale: 2010).
conseguente all’illusione di poter ottenere facilmente qualsiasi informazione in qualsiasi momento.301
L’insorgenza dei sintomi del secondo tipo, è probabilmente il fattore che deve interessare maggiormente le biblioteche ed i bibliotecari, per il fatto che «l’accrescimento esponenziale della quantità di informazioni processate dal sistema-uomo influisce in maniera determinante sulla qualità di ciò che viene effettivamente utilizzato»;302 ciò che deve insomma preoccupare è la possibilità che l’eccesso quantitativo di informazione possa rivelarsi un facilitatore di quel tipo di «danno che può derivare dalla banale facilità con cui la documentazione circola e, quindi, dal rischio che venga meno un accurato lavoro di selezione, contestualizzazione, validazione e filtraggio nei diversi momenti della mediazione informativa e documentaria».303
Ancora con riferimento ai temi dell’utilizzo consapevole delle moderne tecnologie della comunicazione e dell’equità di accesso ai contenuti, un potenziale pericolo sarebbe allora rintracciabile non tanto in un’esclusione dal flusso informazionale, quanto piuttosto, a causa di un’informazione sovrabbondante e insistentemente intrusiva, in una paradossale «esclusione attraverso l’informazione, qualora sprovvisti di quella discriminante cognitiva (consumo critico), che renda capaci di distinguere le informazioni utili da quelle irrilevanti».304 La consapevolezza circa
questa particolare tipologia di problematiche ha spinto alcuni autori a formulare una serie di proposte operative finalizzate ad una gestione efficace del sovraccarico informativo: tra questi, l’antropologo britannico Paul Connerton, ha sottolineato come in una cultura da egli stesso definita “sovra-informata” e “ipermnesica”, divenga fondamentale sviluppare una buona attitudine individuale allo scarto delle informazioni irrilevanti e qualitativamente insoddisfacenti, 305 competenza
ulteriormente auspicata dal già citato Richard Wurman, secondo il quale la capacità
301 COSENZA, Introduzione alla semiotica…, op. cit., p. 154.
302 SALARELLI, Le patologie da eccesso di informazione…, op.cit., p. 48. 303 SOLIMINE, Senza sapere…, op. cit., p. 68
304 DI GIOVINAZZO, Internet e social network…, op. cit., p. 54.
305 Paul CONNERTON, Come la modernità dimentica, Torino, Einaudi, 2010, p. 168-169 (edizione originale: 2009).
di scartare le informazioni rivestirebbe oggi un ruolo persino più importante dell’abilità nel trovarle.306
Mentre i meccanismi percettivi, sempre più affaticati dal gravoso compito di selezionare e valutare stimoli all’interno di un ambiente complesso, finiscono col subire un condizionamento distanziandosi dai processi analitici per cedere il passo a modalità maggiormente superficiali e sinottiche,307 è proprio la medesima eccedenza quantitativa di stimolazioni a spingere i soggetti ad attivare strategie cognitive di elaborazione dell’informazione piuttosto semplici ed economiche, e che quindi li rende più vulnerabili ai meccanismi della persuasione;308 automatismi che in modo distorto ed inefficace tentano di ridurre la complessità dell’ambiente informativo, possono essere riscontrati anche in palesi manovre di evitamento generalizzato, oppure nella tendenza a rifugiarsi ossessivamente in un unico ambito di interesse.309 L’inusitata quantità di informazioni su ogni argomento di interesse individuale e collettivo, è anche alla base di una sensazione di impotenza che generalmente, secondo quanto affermato già dal noto pubblicitario Edward Bernays nel corso degli anni venti del secolo scorso, spinge le persone ad affidarsi ad un insieme di istituzioni o di figure professionali che esse ritengono esperte ed attendibili, demandando a queste ultime un lavoro di mediazione e di filtraggio che risulterebbe eccessivamente oneroso per il singolo cittadino.310
Ancora, secondo Patrick Wilson, l’insidia maggiore subdolamente contenuta nel processo di sovraccarico informativo, sarebbe rappresentata dal ricorso a strategie di ricerca disfunzionali ed inconsapevoli, in grado di determinare l’esclusione di una notevole quantità di informazioni qualitativamente rilevanti e pertinenti rispetto alla ricerca in corso di svolgimento.311 Se questo può essere considerato il
306 WURMAN, Information anxiety 2, op. cit., p. 9.
307 SALARELLI, Le patologie da eccesso di informazione…, op.cit., p. 49.
308 Giuliana DI BIASE, Comunicare bene. Per un’etica dell’attenzione, Milano, Vita & Pensiero, 2008, p. 96.
309 DI GIOVINAZZO, Internet e social network…, op. cit., p. 50.
310 Edward L. BERNAYS, Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia,