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IL TRASFERIMENTO DI OSSIGENO DALL’ARIA ALL’ACQUA

2. IL PROCESSO DI RIOSSIGENAZIONE NELLE CORRENT

2.2. IL TRASFERIMENTO DI OSSIGENO DALL’ARIA ALL’ACQUA

ALL’ACQUA

La vita delle specie animali all’interno dei corsi d’acqua dipende, in maniera determinante, dal contenuto di ossigeno disciolto contenuta al suo interno.

L’ossigeno è scarsamente solubile in acqua ed esiste una concentrazione tipica, nota come concentrazione a saturazione, che dipende principalmente da tre parametri: temperatura, pressione atmosferica e concentrazione di solidi sospesi. Per definizione la concentrazione di ossigeno si definisce di saturazione quando il flusso entrante è in equilibrio con il flusso uscente dal volume liquido. A 1 atm di pressione, la solubilità dell’ossigeno in acqua assume dei valori contenuti in un range che va da 14,6 mg/l a 0°C fino a 6,4 mg/l a 40°C. Una concentrazione dei solidi disciolti con una salinità del 36% riduce la concentrazione a saturazione a 11,4 mg/l a 0°C e 5,3 mg/l a 40°C.

La bassa solubilità dell’ossigeno in acqua è un fattore primario che rende necessario il trattamento delle acque di scarico prima che esse siano recapitate nel fiume.

La relazione che permette di determinare la condizione di equilibrio all’interfaccia liquida tra le molecole di ossigeno che entrano in soluzione e quelle disciolte che, invece, tendono a passare allo stato gassoso è nota come legge di Henry, che si esprime come segue:

l g e c p H = (33)

con cl concentrazione del gas nel mezzo liquido [mole/L3], pg pressione parziale dei gas [ML-1T-2] e He costante di Henry [MT-2L2/mole].

La legge di Henry stabilisce che, all’equilibrio, la concentrazione del gas nel liquido assume un valore costante, noto come concentrazione a saturazione, che dipende dalla temperatura del mezzo, dalla temperatura esterna e dalla salinità.

) 7 . 2140 754 . 10 017674 . 0 ( 10 * 621949 . 8 10 * 243800 . 1 10 * 642308 . 6 10 * 575701 . 1 34411 . 139 ln 2 4 11 3 10 2 7 5 a a a a a a sat T T Sal T T T T C + + − + − + − + − = (34)

in cui Csat è espresso in mg/l, Ta è la temperatura assoluta espressa in gradi kelvin (K) e Sal è la salinità, direttamente proporzionale ai cloruri o alla concentrazione di cloro, espressa in parti per mille.

Questa legge è di validità generale per tutti i mezzi e, in particolare, vale quando ci si trova in condizioni di acqua ferma. Nel caso di acqua in movimento le condizioni di saturazione cambiano, a causa, in particolare, delle fluttuazioni turbolente delle particelle d’acqua che variano le condizioni al contorno del fenomeno.

La presenza dell’ossigeno disciolto determina le condizioni per cui i processi di degradazione si sviluppano in condizioni aerobiche (con ossigeno) o anaerobiche (senza ossigeno). Nei processi aerobici l’ossigeno viene usato per ossidare la sostanza organica e produrre altri composti relativamente innocui ai fini ambientali. Nei processi anaerobici la sostanza viene degradata senza ossigeno attraverso processi più lenti, sviluppando prodotti a volte sgradevoli come solfuro di idrogeno e metano.

Le condizioni critiche per il deficit d’ossigeno disciolto hanno luogo tipicamente negli ultimi mesi estivi, quando la temperatura è molto alta, la concentrazione a saturazione è bassa, i processi biologici si intensificano e il moto del fiume può avvenire in corrente lenta.

I processi che influenzano la quantità di ossigeno, sia in termini di produzione sia in termini di rimozione dello stesso dall’acqua, sono riportati nella seguente Tabella 1.

Produzione di ossigeno

Riossigenazione attraverso la superficie di interscambio area-acqua Fotosintesi operata dalle piante

Rimozione di ossigeno

BOD (O2 necessario ai batteri per ossidare biologicamente la sostanza organica)

NOD (O2 necessario ai batteri per ossidare la sostanza azotata in nitriti e nitrati)

Respirazione delle piante e degli animali Consumo di O2 nei sedimenti

Se la domanda di ossigeno eccede rispetto alla quantità prodotta, si instaurano all’interno del corso d’acqua condizioni anaerobiche che possono causare la moria dei pesci e sviluppare la produzione di metano e altri gas nocivi. Se la domanda di ossigeno è nulla, l’acqua tende naturalmente alla condizione di saturazione attraverso gli scambi con l’atmosfera. Quando i contributi di produzione e rimozione dell’ossigeno si equivalgono, si raggiungono condizioni di equilibrio con valori più bassi di quelli di saturazione.

Il meccanismo fisico di ingresso di ossigeno nell’acqua può essere schematizzato come segue.

Si consideri una molecola d’ossigeno al di sopra dell’interfaccia aria-acqua; nel momento in cui essa entra in contatto con la superficie libera dovrà vincere una resistenza dovuta alla presenza dei legami molecolari che determinano uno stato di tensione sulla superficie medesima (tensione superficiale); una volta vinta questa resistenza le molecole di gas dovranno vincere i legami intermolecolari che si manifestano fra le molecole del fluido e ne limitano la deformazione (viscosità), le forze di attrazione deboli fra le molecole di gas e di acqua che ne limitano la diffusione e, infine, la densità stessa del fluido.

Entrando nel dettaglio della descrizione, un approccio semplice è dovuto a Lewis e Whitman (Chapra, 1997) che nel 1924 elaborarono la teoria del doppio film, valida a rigore per acque ferme. Facendo riferimento alla Figura 13 il trasferimento di ossigeno all’acqua avviene in una ristretta zona nell’intorno della superficie di contatto o di interfaccia.

La zona d’interfaccia è caratterizzata dalla presenza di quattro regioni, due per l’ossigeno e due per l’acqua.

− Regione a moto turbolento, all’interno del volume gassoso.

− Regione a moto laminare, all’interno del volume gassoso di spessore δg. − Regione a moto laminare, all’interno del volume liquido di spessore δl. − Regione a moto turbolento, all’interno del volume liquido.

Le regioni caratterizzate dal moto laminare, in realtà, sono caratterizzate anche dalla coesistenza delle due fasi, in percentuali diverse, per cui la superficie di interfaccia, in realtà, è un’ulteriore schematizzazione utile per una migliore comprensione del fenomeno. Le concentrazioni di ossigeno nelle due fasi sono correlate a mezzo delle leggi di equilibrio termodinamico e la resistenza al trasferimento concentrata all’interno delle regioni a moto laminare.

Nel caso di gas, come l’ossigeno, poco solubili in acqua, la resistenza alla diffusione è concentrata, in modo particolare, all’interno del film liquido.

In generale, con riferimento alla Figura 14, si può ritenere che i flussi di materia che attraversano la zona di interfaccia siano funzione di:

kg [MT-1]: coefficiente di trasferimento di materia relativo alla fase gassosa;

− PO [ML-1T-2]: pressione parziale dell’ossigeno all’interno del volume gassoso;

− POi [ML-1T-2]: pressione parziale dell’ossigeno nella regione a moto laminare all’interno del volume gassoso;

k [MTl -1]: coefficiente di trasferimento di materia relativo alla fase liquida; − CO [ML-3]: concentrazione di ossigeno all’interno del volume liquido;

− COi [ML-3]: concentrazione di ossigeno nella regione a moto laminare all’interno

del volume liquido.

Le equazioni che esprimono il flusso di materia nelle due zone sono scritte come segue:

) (

,g g O Oi

O k P P

J = ⋅ − (35)

per la fase gassosa;

) (

,l l Oi O

O k C C

J = ⋅ − (36)

per la fase liquida.

In condizioni stazionarie i due flussi si equivalgono, per cui JO,g=JO,l , ovvero:

) (

( O o.i) l O,i O

g P P k C C

Figura 14: Andamento delle concentrazioni di ossigeno nella zona d'interfaccia

Tenendo conto, in questa fase, della grande differenza di resistenza che l’atmosfera e l’acqua offrono al flusso di ossigeno, si può assumere che esso dipenda unicamente dalla fase liquida, ovvero:

) (

,l l Oi O

O k C C

J = ⋅ − (38)

Se, inoltre, si considera l’intero flusso di massa che avviene in un corpo idrico di lunghezza L [L], larghezza della superficie libera B [L] e tirante h [L] (Figura 15), tenendo presente, inoltre, che COi corrisponde alla concentrazione di ossigeno a saturazione, CSAT, e CO alla concentrazione di ossigeno attuale, C, nel corpo idrico, il flusso netto totale si può scrivere:

) (

2 A K C C

JO = ⋅ L SAT

dove A=B*L [L2] è l’area dell’interfaccia aria-acqua e KL [LT-1] è il coefficiente di trasferimento di ossigeno dall’aria all’acqua.

Applicando la Legge di Henry al caso della diluizione dell’ossigeno atmosferico in acqua, il flusso di ossigeno J02 nel volume V di liquido interessato alla riossigenazione è pari alla variazione nel tempo delle concentrazione dello stesso ossigeno in acqua,

dt dC . Si può pertanto, scrivere: 2 dt dC V JO =

) (C C K V A dt dC SAT L − ⋅ = Il raggruppamento V A

KL⋅ è comunemente denominato coefficiente di riossigenazione Kr

[T-1] che indica l’attitudine del volume liquido a recuperare il suo contenuto di ossigeno.

Figura 15: Schema del corpo idrico

Il fenomeno, all’interfaccia, quando si consideri acqua in movimento con la turbolenza all’interno del corpo idrico pienamente sviluppata, cambia; non si possono più considerare costanti gli spessori delle varie sottozone. In particolare, l’esistenza della turbolenza comporta una sorta di erosione dello strato a regime laminare (altrimenti detto boundary layer), riducendo di fatto lo spessore δle, siccome le concentrazioni di ossigeno, C, nel volume liquido e all’interfaccia, CSAT, sono indipendenti da δl, si otterràl’effetto di aumentare il gradiente di concentrazione, incrementando, quindi, il flusso rispetto al caso di acqua stagnante. Il secondo effetto è che la turbolenza nel volume liquido causa movimento all’interno del boundary layer producendo, come risultato, un incremento della diffusività effettiva. La turbolenza, quindi, fa si che lo spessore dello strato δl non possa essere considerato costante e che il tasso di trasferimento risulti limitato sia da condizioni chimiche sia da condizioni idrodinamiche (Socolofsky&Jirka, 2005). Tuttavia, la diffusività molecolare non può essere trascurata, visto che la turbolenza non può agire direttamente in superficie e, dunque, la diffusività molecolare rimane il primo agente del

processo di “cattura” dell’ossigeno.

Lo schema del doppio strato, comunque, non riesce a interpretare bene i fenomeni dovuti al movimento delle particelle liquide; è necessario, a tal fine, considerare un secondo approccio che tenga conto anche dei fenomeni turbolenti.

Il secondo approccio, detto modello di penetrazione, fu proposto da Higbie nel 1935 (Chapra, 1997). Esso fa riferimento a condizioni dinamiche dell’interfaccia aria-acqua in cui la turbolenza, attraverso i meccanismi di scambio descritti nel precedente paragrafo 2.1, tende a spostare particelle di liquido verso la superficie per un limitato periodo di tempo per poi farle ritornare nella massa fluida. In queste condizioni, la superficie dell’interfaccia è continuamente rigenerata. Nel modello di penetrazione l’intervallo di tempo tc, detto tempo di contatto, durante il quale una qualsiasi particella d’acqua rimane a contatto con l’atmosfera, è lo stesso per tutte le particelle.

Lo schema di Higbie, però, prevede che il tempo di contatto sia costante per tutte le particelle e questo rappresenta un’ipotesi di lavoro molto limitativa nella descrizione della fenomenologia. L’ipotesi di costanza del tempo di contatto è superata dal modello della superficie rinnovata, proposto da Danckwerts nel 1951 (Chapra, 1997), che introduce l'ipotesi che il tempo di contatto tc non sia eguale per tutte le particelle, ma vari con una certa frequenza, detta di rinnovo, che rappresenta la frequenza con cui le particelle a contatto con l’atmosfera vengono rigenerate attraverso un ricircolo che le sostituisce con nuovi elementi di volumi fluidi (Thibodeaux, 1996, in Gualtieri et al., 2004). Il ritmo con il quale si alternano le particelle in superficie è caratterizzato da una funzione di

distribuzione della frequenza di rinnovo, r [T-1], chiamata funzione di distribuzione

surface-age, che rappresenta la probabilità che una particella rimanga in contatto con l’atmosfera per un tempo t.

2.2.1.

Le grandezze fisiche del fenomeno

Da quanto in precedenza descritto risulta possibile introdurre sin da adesso le principali grandezze che caratterizzano il fenomeno di riaerazione della massa liquida.

L’analisi del meccanismo di trasferimento, infatti, permette di considerare due diverse famiglie di grandezze:

− proprietà fisiche dei fluidi; − grandezze idrauliche.

Alle prime appartengono la temperatura dell’acqua e le proprietà da essa direttamente dipendenti quali la viscosità, la densità dell’acqua, la diffusione molecolare dell’ossigeno in acqua, la tensione superficiale.

Alla seconda categoria appartengono la velocità e il volume specifico di acqua coinvolto nel processo, la larghezza della superficie d’interfaccia, gli effetti della turbolenza.

Le proprietà fisiche principali si possono esprimere tramite i corrispondenti parametri caratteristici:

1. Viscosità cinematica ν [L2T-1]; 2. Densità ρ [ML-3];

3. Diffusione molecolare Dm [L2T-1]; 4. Tensione superficiale σ [MT-2]

Allo stesso modo è possibile esprimere le principali grandezze idrauliche: 1. Velocità media U [LT-1];

2. Portata Q [L3T-1]; 3. Tirante idrico h [L];

4. Scabrezza del contorno bagnato equivalente in sabbia ε [L]; 5. Pendenza della linea dell’energia jE [-];

6. Pendenza del fondo i [-];

7. Larghezza dell’interfaccia aria-acqua B [L];