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Il Triumphus Cupidinis all’interno della Gerusalemme liberata

Nel documento INDICE INTRODUZIONE (pagine 146-150)

VIII. PETRARCA NEL SECONDO CINQUECENTO

8.3 Il Triumphus Cupidinis all’interno della Gerusalemme liberata

Anche se, all’interno della Gerusalemme liberata, i riferimenti ai Triumphi, sono quantitativamente minori rispetto al Furioso, vale la pena rilevarli ed analizzarli per comprendere come il fenomeno del Petrarchismo, seppur affievolito, ebbe la sua ragion d’essere anche nel secondo Cinquecento.

Il primo riferimento a TC nel poema di Tasso, è presente già nel primo canto, in cui, nella stanza 52, Tasso scrive:

[...] e taccia Artù que’ suoi

Erranti, che si sogni empion le carte;364

nei versi riportati, il poeta parla chiaramente di Artù e dei suoi cavalieri della Tavola Rotonda, le cui avventure costituirono la materia di molte leggende medievali.

Il riferimento ai Triumphi, precisamente a TC III, è diretto:

Ecco quei che le carte empion di sogni, Lancillotto, Tristano, e gli altri erranti365

Petrarca aveva inserito i personaggi del ciclo bretone tra le vittime di Amore. La stanza 55 del quarto canto della Gerusalemme liberata, si apre in questo modo:

Fea l’istesso camin l’occhio e ‘l pensiero, e mal suo grado il piede inanzi giva366

364 Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, a cura di Lanfranco Caretti, Arnaldo Mondadori Editore, Milano 2006, p. 16, canto primo, stanza 52

365 Francesco Petrarca, Triumphi, a cura di Marco Ariani, Mursia Editore, Milano 1988, pp. 146-147, vv. 79-80

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tra le ottave 48 e 60, Tasso narra l’abbandono di Armida, da parte di Rinaldo; ella, invano, tenta disperatamente di inseguirlo.

Il passo ricorda quello dei Triumphi, collocato in TC IV:

quasi lunga pittura in tempo breve,

che ‘l piè va inanzi, e l’occhio torna indietro.367

Petrarca, alla fine di TC, spiegò che l’occhio tornava indietro, metaforicamente, ai personaggi già incontrati, mentre il piede spingeva per proseguire verso il cammino; l’interpretazione del passo dei due poeti è stata, quindi, la medesima.

Sempre nel IV canto, Tasso, descrive Armida in questo modo:

Armida, e sì ridente apparve fuore Ch’innamorò di sue bellezze il cielo Asciugandosi gli occhi co ‘l bel velo.368

sconsolata per l’abbandono di Rinaldo, la donna, asciugandosi le lacrime appare di una bellezza così grande, tanto da far innamorare persino il cielo.

Allo stesso modo, Petrarca, riferendosi alla sua amata, in TC III, scrisse così:

di sue bellezze mia morte facea, d’amor, di gelosia, d’invidia ardendo.369

Laura era così bella tanto da far ardere di qualunque sentimento il poeta che la cantava. Nel canto successivo, Tasso, ad un certo punto, si concentra su un’altra figura femminile della Gerusalemme liberata, Erminia:

Così tutta di ferro intorno splende, e in atto militar se stessa doma.370

367

Francesco Petrarca, cit., p. 194, vv. 165-166

368 Torquato Tasso, cit., p. 92, canto IV, stanza 84

369 Francesco Petrarca, cit., p. 150, vv. 104-105

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All’interno dell’armatura, elemento chiave ed individuante di Clorinda, Erminia, dopo aver deciso di tentare l’attacco in campo crociato al fine di incontrare Tancredi, finisce inconsapevolmente per assumere solo le forme esteriori della donna tanto amata da lui. I versi sopra citati ricordano una terzina di TC III:

Quella che ‘l suo signor con breve coma va seguitando, in Ponto fu reina: come in atto servil se stessa doma!371

Petrarca, attraverso questi versi, descrive la schiavitù di Ipsicratea, moglie di Mitridate, che si taglia i capelli come segno di sottomissione verso il marito che decide di seguire in battaglia.

Nella stanza 26 dell’ottavo canto, Tasso, riferendosi al protagonista del poema, usa questa espressione: Rimase grave e sospirò Goffredo372.

Analogamente, Petrarca, parlando di se stesso, scrive in TC II:

Poi che da gli occhi miei l’ombra si tolse, rimasi grave, e sospirando andai373

dopo il dialogo con Seleuco, Petrarca se ne va sospirando, pensieroso.

L’uso e lo scioglimento dell’aggettivo grave da parte di Petrarca, viene, quindi, ripreso fedelmente da Tasso.

Nel canto successivo, descrive la magnificenza del fido consigliere di Goffredo, Guelfo:

Quivi ei così nel suo splendor s’involve, che v’abbaglian la vista anco i più degni: d’intorno ha innumerabili immortali374

la terzina riportata, ricorda quella usata da Petrarca in TC I, per descrivere le vittime di Amore:

371

Francesco Petrarca, cit., p. 141, vv. 28-30

372 Torquato Tasso, cit., p. 194, canto VIII, stanza 56

373 Francesco Petrarca, cit., p. 126, vv. 130-131

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d’intorno innumerabili mortali, parte presi in battaglia, e parte occisi, parte feriti di pungenti strali.375

Dalla stanza 13 del sedicesimo canto della Gerusalemme liberata, inizia la descrizione del giardino d’Armida:

Vola fra gli altri un che ha le piume ha sparte Di color vari ed ha purpureo il rostro, e lingua snoda i9n guisa larga, e parte la voce sì ch’assembra il sermon nostro.376

l’inserimento del pappagallo ha un’evidente pregnanza simbolica, infatti, attraverso i suoi colori, il giardino è caratterizzato da una varietà molteplice di forme, piante ed uccelli:

par che la dura quercia e ‘l casto alloro e tutta la frondosa ampia famiglia, par che la terra e l’acqua e formi e spiri dolcissimi d’amor sensi e sospiri.377

Questi due passi, ricordano la casa di Amore, descritta da Petrarca in TC IV:

E rimbombava tutta quella valle d’acque e d’augelli, et eran le sue rive bianche, verdi, vermiglie, perse e gialle; rivi correnti di fontane vive

al caldo tempo su per l’erba fresca, e l’ombra spessa e l’aure dolci estive;378

anche l’isola di Venere, come il giardino di Armida, è rappresentata piena di colori, uccelli e corsi d’acqua.

375

Francesco Petrarca, cit., p. 86, vv. 28-30

376 Torquato Tasso, cit., p. 2357, canto XVI, stanza 13

377 Ivi, p. 358, canto XVI, stanza 16

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Un altro aspetto caratterizzante i luoghi dei due poemi è dato dal fatto che, entrambi sono sì, infinitamente vari, ma anche immobili: tutto vi si riproduce in maniera identica, fissato in forme immutabili e fuori dallo scorrere del tempo. Infatti, se la chiusura spaziale del giardino descritto nella Gerusalemme liberata consegue l’inazione di Rinaldo, segregato al suo interno, è anche vero che l’isola di Amore contiene al suo interno vaste schiere di schiavi, ormai consci del proprio destino.

L’ultimo riferimento a TC, presente nella Gerusalemme liberata è nella stanza 81 del canto XIX:

Erminia son, già di re figlia, e serva poi di Tancredi un tempo, e tua conserva.379

La descrizione di Tasso riguardo la schiavitù di Erminia, ricorda quella che Petrarca-personaggio, aveva fatto su di sé in TC IV:

io, ch’era più selvatico che i cervi, ratto domesticato fui con tutti380

la sottomissione di cui parla il poeta, è quella avvenuta in seguito all’innamoramento per Laura.

Nel documento INDICE INTRODUZIONE (pagine 146-150)