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Il valore dell’esperienza dell’autore in Micronesia

Il soggiorno di Nakajima in Micronesia sembra quindi non essere stato né piacevole né benefico, eppure sarebbe stato importante per la sua crescita personale e professionale.46 Hamakawa ricerca i meriti principali acquisiti da Nakajima nei Mari del

40 NAZ 2, cit., p. 489.

41 Ochner sottolinea che l’atteggiamento di Nakajima nei confronti della guerra sembra apolitico e

ambivalente: “He seems to have been pulled between his natural allegiance to his country and his apprehension for the terrible cost of the war”. Cfr. OCHNER, “A Japanese Writer in Micronesia…”, cit., p. 41.

42 NAZ 2, cit., p. 496. Si tratta di una lettera di Nakajima alla moglie scritta il 14 dicembre 1941. 43 OCHNER, Nakajima Atsushi: His Life…, cit., pp. 184-185.

44 NAZ 2, cit., pp. 504-505.

45 OCHNER, Nakajima Atsushi: His Life…, cit., p 191. 46 Ibid., p. 192.

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Sud analizzando innanzi tutto due opere dell’autore composte l’una prima della partenza per la Micronesia - Rōshitsuki - e l’altra dopo il suo ritorno in Giappone - Gojō shusse. Lo studioso evidenzia come in Rōshitsuki l’autore si interroghi sul significato del mondo e degli uomini scrivendo che è “osservando intensamente i dettagli e ricorrendo attivamente ad essi [che] il mondo di allarga all’infinito”,47 mentre in Gojō shusse

(composto dopo essere tornato in Giappone) queste parole sono riprese e modificate così dal Buddha:

Il tempo è l’azione dell’essere umano. Il mondo appare privo di significato se visto nell’insieme, ma se ricorriamo ai suoi dettagli esso assume per la prima volta infiniti significati. Wujing, stabilisciti in un luogo appropriato e dedicati a un lavoro che ti si addice. Abbandona completamente i ‘perché’, a cui non puoi rispondere. Se non lo farai, per te non ci sarà salvezza”.48 Hamakawa commenta, riguardo alla differenza percepita in questi due brani, che “il cambiamento e lo sviluppo della natura concettuale e astratta del primo [passaggio] nei principi guida di vita concreti del secondo sono uno dei meriti acquisiti da Nakajima andando nei Mari del Sud”.49 Lo studioso continua analizzando poi le espressioni piene

di affetto nei confronti della moglie e dei figli che emergono in numerose lettere scritte da Nakajima quando si trovava in Micronesia, e afferma che:

La vita familiare che si ripete giorno dopo giorno, ossia uno dei “dettagli” [saibu] della vita dell’uomo, viene vista come ovvia, ma quando si prova ad allontanarvisi si capisce quanto essa sia preziosa. La scoperta di questo grande valore è uno dei meriti acquisiti [da Nakajima] recandosi nei Mari del Sud. Nelle sue opere prima di andare nei Mari del Sud, al contrario delle parole di

Rōshitsuki, è raro che venga colto il valore dei “dettagli” della vita dell’uomo e che essi vengano

riconosciuti come preziosi; piuttosto, invece, sono molte quelle [opere] in cui [l’autore] guarda fissamente il mondo opposto alla quotidianità, all’ordinarietà, quello della “follia” e della “morte”. Questa scoperta, questa conferma del valore dei ‘dettagli’ ha rimodellato minuziosamente dall’interno la visione dell’uomo e della storia che egli già aveva.50

Lo studioso cita quindi la lettera del 20 settembre 1941 di Nakajima alla moglie: “Voglio soltanto - soltanto godermi tranquillamente la quieta vita con voi”.51

47 HAMAKAWA, Nakajima Atsushi…, cit., pp. 189-190.

48 Ibid., p. 190. Cfr. NAZ 2, cit., pp. 144-145. Passo già citato nel primo capitolo. 49 HAMAKAWA, Nakajima Atsushi…, cit., p. 190.

50 Ibid.

51 Ibid., p. 191. Cfr. NAZ 2, cit., p. 423. Hamakawa scrive che la lettera è datata al 15 settembre 1941;

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Hamakawa sostiene che l’apprezzamento dell’autore per i dettagli sia stato il primo passo per allontanarsi dai dubbi metafisici da cui non riusciva a liberarsi, conferendo a essi un’impronta di realismo.52 Lo studioso individua infatti come la propensione di

Nakajima all’astrazione e la sua attenzione ai dettagli si sarebbero legate andando a influire sulla sua percezione del destino:

La visione dell’uomo e della storia dagli intensi colori astratti è diventata abbondantemente solenne [jūkō] grazie all’elemento di induzione della realtà dai suoi dettagli, e l’acutezza che egli

aveva già da prima si è affinata progressivamente in combinazione con questo fenomeno. C’è anche un altro dei maggiori frutti acquisiti nei Mari del Sud. Si tratta, semplicemente, dell’acuta percezione di una forza che supera la microscopica esistenza dell’uomo, di una forza che si può anche definire la volontà della storia: il destino [unmei].53

Hamakawa sottolinea come questa forza del destino fosse già presente anche nelle opere precedenti di Nakajima come Kakochō e Kozoku, specialmente in espressioni come “la

ristrettezza (oppure l’assenza) dei campi in cui può agire la libera volontà dell’uomo” (Rōshitsuki) e “la severa malevolenza del mondo” (Gyūjin), ma che è in Micronesia che

si è trovato di fronte a una forza del destino ancora più profonda e violenta.54 Infatti, è

raro che nella vita di tutti i giorni si rifletta profondamente sul destino come ha fatto invece Nakajima nei Mari del Sud: “Proprio perché era un uomo temerario che nonostante la malattia ha smesso all’improvviso il lavoro alla scuola femminile dopo otto anni e senza nemmeno risparmi, il destino gli si è mostrato con una forza più violenta rispetto a come viene visto dalle persone ordinarie”.55 Ciò emerge anche nella lettera alla moglie

del 20 settembre 1941, già citata, in cui si lamentava di non essere andato nei Mari del Sud di sua volontà.56 Hamakawa riflette che

[…] questa forza del destino, da un qualcosa di eccessivamente vago come ‘destino’ assume una forma storica, determinata, come ‘stato delle cose’ o ‘tempi’, e quindi ancora più potente. Nakajima ha compreso bene che questa forza potente, sebbene protegga costantemente le attività degli uomini, quando vuole li schiaccia crudelmente senza esitazione.57

52 HAMAKAWA, Nakajima Atsushi…, cit., p. 194. 53 Ibid.

54 Ibid. Cfr. NAZ 2, cit., pp. 434, 192.

55 KATSUMATA, Nakajima Atsushi henreki, cit., p. 98. 56 NAZ 2, cit., pp. 422-427

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Quando in Micronesia scoppiò la Guerra del Pacifico, inoltre, Nakajima scrisse al padre che in quella situazione non voleva fare previsioni per il futuro; sebbene la guerra fosse una condizione quasi normale dello stato giapponese, in conflitto con la Cina dal 1937, lo scoppio della guerra del Pacifico “seemed to have deepened his vision of the world and man’s fate in it”.58 Infatti, “war came to be for Nakajima the embodiment of the irrational

force which he called fate. This tragic sense of man’s precarious existence in the face of fate suffuses many of Nakajima’s later works, such as Deshi and Ri Ryō […]”.59 Alla

moglie, poi, in una lettera scritta il 9 novembre, dette indicazioni su cosa fare dei suoi scritti nel caso in cui lui fosse morto, dicendo di darli ai figli se interessati, e altrimenti di bruciarli nel caso in cui nessuno di loro volesse leggerli, rassegnandosi così al volere del destino.60 Infatti, sembra impossibile resistere al volere del destino:

L’uomo, per quanto possa lottare, non può opporsi al destino. […] L’uomo vive e muore seguendo questa forza potente […]. È chiaro che questo stato d’animo, questa visione del destino che si è fatta più profonda con il recarsi [di Nakajima] nei Mari del Sud, si manifesti con tinte più cupe nelle opere della fase finale della sua vita, Deshi e Riryō.61

Il valore dell’esperienza di Nakajima in Micronesia si rifletterebbe quindi nello sviluppo del pensiero dell’autore che emerge nelle opere scritte dopo il suo soggiorno nei Mari del Sud. Sebbene in Micronesia Nakajima abbia soprattutto sofferto, sia a livello fisico che psicologico, egli sembra essere riuscito comunque a trasformare questa esperienza in qualcosa di valore. Infatti, è proprio grazie al suo soggiorno nei Mari del Sud che si è sviluppata la sua poetica che emerge nelle opere tra le più apprezzate come Deshi e Riryō,

soprattutto nelle sue considerazioni sul significato dell’esistenza umana e sulla forza del destino. Come emerge anche nell’analisi di Hamakawa, il soggiorno di Nakajima in Micronesia sembra quindi essere stato determinante nello sviluppo del pensiero dell’autore.