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Immaginare il mondo Alla ricerca dei modelli illustrativi tra influenze antiche e suggestioni moderne

ILLUSTRAREPERIMMAGINI

Non stupisce il fenomeno tutto veneziano di una produzione di atlanti decorati con miniatu- re, i cui temi illustrativi trovano continuità di tradizione dai primi anni del Trecento fino alla metà del Quattrocento. Ma se gli atlanti miniati sembrano potersi ravvisare come una preroga- tiva della Serenissima, trovandosi esempi esclusivamente veneziani fatta eccezione per l'unico atlante catalano del 1375, le carte nautiche illustrate interessano, nel periodo più antico, altri centri di produzione oltre lo scalo veneto.

In base allo studio degli esemplari superstiti si tende a conferire a Genova la sede più antica di produzione di mappe nautiche decorate con la rosa dei venti. Al contrario, secondo gli stu- diosi, a Venezia fu inizialmente un'arte importata grazie al trasferimento del cartografo geno- vese Pietro Vesconte agli inizi del secondo decennio del Trecento, solo successivamente è at- testato l'operato di autori locali. Maiorca era il terzo polo di irradiazione di opere cartografi- che e, a partire dal terzo decennio del Trecento, si contendeva con le altre due città portuali il monopolio del mercato mediterraneo.

Se non è possibile conoscere l'anno esatto di introduzione delle mappe con la rosa dei venti nella navigazione marittima, gli storici sono concordi nel ritenere che al tempo della più anti- ca carta nautica di data certa, quella del 1311 firmata da Pietro Vesconte (Firenze, AS, CN1), il processo di evoluzione poteva considerarsi perfezionato. A quanto è possibile sapere dalla scarna documentazione in nostro possesso, i primi autori sono tutti di origine genovese come i due Vesconte, Pietro e Perrino, il presbitero Giovanni da Carignano e il cartografo Angelino Dalorto173. Il trasferimento dei Vesconte a Venezia e quello probabile di Dalorto a Maiorca,

dove assunse il nome di Dulceto, potrebbero aver dato una spinta decisiva al fiorire di botte- ghe specializzate, nelle quali cartografi e miniatori si dedicarono alla fabbricazione di un nuo- 173Di Angelino Dalorto/Dulceto/Dulcert si sa che fu un cartografo operante a Maiorca nel 1339, grazie alla sot- toscrizione apposta su una carta nautica conservata a Parigi (Bibliotèque Nationale, Res. Ge. B 696). Alcuni studiosi ipotizzano possa essere stato un genovese trasferitosi in un secondo momento nella città catalana. Cfr: A. Magnaghi, Angellinus de Dalorto, cartografo italiano della prima metà del secolo XIV, in Rivista

geografica italiana, Firenze 1897, pp. 282-294, 361-369; Idem, La carta nautica costruita nel 1325 da Ange- lino Dalorto, in Atti del III Congresso Geografico Italiano, Firenze 1898, p. 507; Idem, Sulle origini del Por- tolano normale nel Medioevo e della cartografia dell'Europa occidentale, in Memorie geografiche, Firenze

1909, pp. 115-187; A. Hinks, The Portolan chart of Angelino Dalorto, London 1929; Catalogue des cartes

nautiques sur vélin conservées au département des Cartes et Plans, a cura di M. Foncin, M. Destombes, M.

vo prodotto di lusso: la mappa decorata.

Terminati il reticolo dei venti, i profili costieri e l'inserimento dei toponimi, la carta nautica poteva, se espressamente richiesto dal committente, essere abbellita con illustrazioni. Questo, secondo la critica, sarebbe un punto importante per definire la nascita di una espressione arti- stica nella pratica cartografica e il divario che viene naturalmente a crearsi tra l'austerità italia- na e l'ostentazione catalana174. Gli studiosi, infatti, tendono ad individuare alcune differenze

costanti: le mappe create a Genova e a Venezia presenterebbero l'interno delle terre general- mente vuoto, eliminando tutto ciò che non ha necessità funzionale per la navigazione; al con- trario fiumi, montagne, ed altre caratteristiche ornamentali che saturano l'interno delle terre sarebbero tipiche delle carte catalane175.

In realtà uno studio accurato dei primi esemplari italiani permette di contraddire questa ana- lisi. Già nella riproduzione fotografica in bianco e nero della mappa firmata da Giovanni da Carignano, antecedente al 1330 e distrutta come si è detto nel 1943, si possono notare la ric- chezza di iscrizioni e decorazioni interne alle terre, in particolare stemmi entro clipei, e l'ag- giunta di dettagli naturali come fiumi e catene montuose che si diramano sulla pergamena in lunghi intrecci di colore scuro. Nel 1330 Angelino Dalorto firmò una carta che mostra alcune caratteristiche tipiche della scuola genovese, come la cornice a scomparti rossi, verdi e in ri- sparmiato che si ritrova in Giovanni da Carignano e nelle opere dei Vesconte, unitamente a iscrizioni e decorazioni miniate quali bandiere, città, montagne, fiumi e alcune figurazioni in Africa come un moro con cammello e un elefante sormontato da una torre con due mori. A Venezia nel 1327 Perrino Vesconte compose una carta nautica (scheda 6) con bandiere, fortifi- cazioni a simbolo di città e raffigurazioni di otto venti nell'atto di soffiare. Il primo esemplare conosciuto e attribuito alla cosiddetta “scuola di Maiorca” è del 1339 e risale al Dalorto/Dul- ceto ormai trasferitosi nell'importante centro di produzione delle Baleari; in esso si riconosco- no le numerose iscrizioni e i consueti elementi naturali (montagne, fiumi, laghi) e antropologi- ci del paesaggio (bandiere, città) con l'aggiunta del colore cremisi per il Mar Rosso e di alcu- ne nuove figurazioni in Africa: oltre all'uomo con il cammello e all'elefante con la sella turrita, anche un indigeno con uno struzzo a guinzaglio e due sovrani seduti in trono, rispettivamente 174T. Campbell, Portolan Charts..., in The History of Cartography..., 1987, pp. 392-395.

175La cartografia Mallorquina, a cura di J.R. Pastor, E. Garcia Camarero, Madrid 1960; G. Caraci, Segni e co-

lori degli spazi medievali. Italiani e catalani nella primitiva cartografia nautica medievale, Reggio Emilia,

1993, pp. 46-58. Per una precisa ed accurata descrizione di una carta-portolano catalana si veda: T. Campbell,

Portolan Charts..., in The History of Cartography..., 1987, p. 393. Si veda inoltre: V.M. Rosselló, La cartes portolanes mallorquines, in 10è curs. La cartografia catalana, Barcelona, 2000, pp. 19-115; S. Sáenz-López, El portulano, arte y oficio, in Cartografía medieval hispánica, Madrid, 2009, pp. 111-134; V.M. Rosselló, La carta de navegar. Un instrumento mediterraneo de amplia difusion, in “Medievalismo”, 21 (2011), pp.

un re saraceno e la regina di Saba. Quasi tre decenni intercorrono tra questa carta di Dulceto e quella eseguita dai fratelli Pizzigano a Venezia nel 1367 (scheda 8); anche quest'ultima è ben lontana dalla supposta austerità italiana, con tutti gli elementi sopra descritti compreso l'ele- fante turrito, la regina di Saba seduta entro una tenda, il Mar Rosso e l'aggiunta di medaglioni figurati per gli otto venti principali. Come è stato giustamente osservato l'individuazione di scuole distinte per località di provenienza è una catalogazione artificiosa e di comodo che non tiene conto delle evidenti identità tecniche e costruttive176.

E' pur vero che le carte nautiche genovesi e veneziane non raggiungeranno mai lo sfarzo del- la miniatura catalana, come si può vedere negli esemplari prodotti dalla bottega dei Cresques o dei Viladesters, ma ciò non toglie che esistano molti modelli italiani illustrati con le medesi- me iconografie di Mariorca, fatto che va ad incrinare una suddivisione netta tra centri di pro- duzione cartografica. Bisogna inoltre tenere a mente che, nella maggior parte dei casi, non fu- rono i cartografi a pianificare l'apparato decorativo delle carte, ma il committente stesso che, in base ad un repertorio di proposte predefinite, sceglieva quali soggetti ammettere all'interno della raffigurazione.

Un esempio delle modalità di commissione viene fornita da un carteggio di Luca del Biondo, intermediario della compagnia Datini di stanza a Bruges, il quale così scrive a Maiorca nel 1398:

«Io are' bisogno una bella carta da navichare, per uno amicho, della regione della vostra, salvo la vorei più chonpiuta: prima, vorei fosse tutta carta, e più vorei vi fosse dentro qualche terre del Ciertano, cioè di Saraini, delle parti di Allesandra, e così delle parti di Romania […]»177.

Luca del Biondo si informava in nome di un signore di cui non ci è dato sapere il nome. La richiesta è precisa: si vuole ottenere una carta intera, con tutte le terre da ovest ad est, ma con in più una maggiore attenzione dedicata alla costa d'Africa nei pressi di Alessandria d'Egitto e alla Romania, che allora comprendeva un più vasto territorio.

Il 20 agosto del 1399 Simone d'Andrea, mercante di Prato, scriveva da Saragozza un'accorata lettera per sollecitare il lavoro di due mappamondi ordinati dal re di Navarra, entrambi in ope- ra nella bottega del cartografo genovese Francesco Beccari:

«Co mastro Francesco sono rimaso di questo accordo, che tulli presti al presente fiorini VIII tan- to ara conpiuto il primo mappamondo che dice a mezzo ottobre, e poi mei fa' dare, e bene fascia- to (arrotolato) me lo poni in buono luogo c'el Re né altra persona noi vegha; e se per ninno ti 176I portolani. Carte nautiche dal XIII al XVII secolo..., 1992, p. 16.

177F. Melis, Documenti per la storia economica dei secoli XIII-XVI, Firenze 1972, p. 125 nt 2; R. Pujades, Les

fose domandato a vedere, dì che me 1'ài mandato otto dì, c'ài per comessione da me di non mo- strallo a persona s'io non ci sono. E come arà conpiuto il detto mappamondo cominci il secondo, e da quelli in avanti gli dà fiorini VI per mese in fino arà conpiuto tutto il lavoro dee fare, non faccendo ninno altro lavoro. E oltre a ciò, paga quello costerà l'oro e l'azurro e ogn'altro colore vi metterà, e simile s'egli togliesse niuno dipintore per lo detto lavoro, paga quello gli costasse, e ogni volta quello pagherai farai scrivere di sua mano a suo conto co gl'altri»178.

Dal documento sopra riportato si evincono molte preziose informazioni. Prima di tutto si co- nosce il committente, re di Navarra, che incaricò il mercante pratense di procurargli due opere cartografiche di manifattura genovese. I carteggi tra Simone d'Andrea e il suo intermediario a Genova mostrano tutta l'ansia per la scadenza imminente dei tempi contrattuali e la necessità di velocizzare e sollecitare l'operato del maestro Beccari che, evidentemente, era ingaggiato in altri progetti. Tra i dati più importanti che vengono forniti è tuttavia l'utilizzo di due costosi materiali, quali l'oro e l'azzurro, oltre ad altri possibili colori, ad opera di un dipintore alle di- pendenze del cartografo o chiamato all'occorrenza e da lui pagato. Il contratto non andò a buon fine; secondo ulteriori documenti, nel marzo 1400, Francesco Beccario ebbe a protestare per il mancato adempimento dei termini; probabilmente non gli venne consegnato tutto il de- naro prestabilito, per un lavoro che egli giudicò compiuto e terminato secondo accordi179.

Altri documenti assai utili sono una serie di missive scritte nel febbraio 1408 da tre interme- diari della Compagnia dei Datini, due a Maiorca, Francesco e Cristofano, e uno a Barcellona, Francesco di Marco180:

«Abiàm chonprato una charta da navichare ed è buona, ma nonn'è se non per marinieri. Chosta reali quatro. Altra volta s'arebe auto per 3, ma non c'è chi lle facci se non el Bizaro usato, ch'è fantasticho. Quella che chonprai quando c'era Christofano ne vorebe X fiorini; manda(i)la a Betto per la nave d'in Grazia: folla perduta e sì lo sparviere achomandamo al Sanese. Questa vi manderemo per lo primo pasago, che questo padrone non chonosc(i)amo ed è più dì partì la bar- cha dal molo. Per altra l'arete (4 febbraio 1408). La charta di navichare vi manderemo per lo Boraccino, che partirà in fra pochi dì (14 febbraio 1408). Per detto Boraccino vi mandiamo la charta da navichare rivolta inn uno incerato: fatelavi dare. Reali quatro ne ponete a nostro conto a piè del saldo: soleansi avere per 3 reali. Dice el Bizaro che chi ne vorà gli chosteran di simili reali 5, che altro maestro non c'è che lui. Ellè perfetta da navichare, ma non è dipinta l'arme del- le tere chome voresti, che reali 8 ne vorebe. Se chostui morà non si potrà più navichare! Dio il ghuardi» (18 febbraio 1408).

Nel carteggio è ben leggibile la nota di lamentela di Francesco e Cristofano che sono costret- ti a ricorrere ad un cartografo maiorchino troppo caro per assolvere alla richiesta di una carta 178G. Livi, Dall'Archivio di Francesco Datini, mercante pratese, Firenze 1910, pp. 50-51; Riportato in R. Puja- des i Bataller, Les carte portolanes..., 2007, p. 86 n. 27; A. Orlandi, Mercaderies i diners: la correspondència

datiniana entre València i Mallorca (1395-1398), Universitat de València, 2008.

179R. Pujades i Bataller, Les carte portolanes..., 2007, pp. 86-88 n. 27.

180F. Melis, Documenti per la storia economica..., 1972, p. 125 nt 3; R. Pujades i Bataller, Les carte portola-

nautica da inviare, per il tramite di una qualsiasi nave in partenza, al loro emissario a Barcel- lona. Quest'ultimo deve aver richiesto una carta miniata con bandiere raffiguranti gli stemmi dei vari regni, ma la somma esosa, ben il doppio rispetto a quella dovuta per una carta priva di decorazioni, portarono a rivedere e modificare l'ordinazione. Il risultato fu una carta perfetta da navichare, cioè completa dal punto di vista dei toponimi e accurata nel disegno delle linee

di costa, ma non illustrata. E' curioso non vi siano altri cartografi a cui rivolgersi oltre il Biza-

ro di cui si scrive, maestro che approfittò della mancata concorrenza per incrementare i propri

affari.

Per concludere questa breve parentesi documentale si è visto come le richieste indirizzate al cartografo fossero precise e determinate da contratto scritto, il quale poteva essere impugnato in caso di inosservanza. Lo stile, o meglio, i soggetti richiesti non sono né catalani né italiani, ma fanno parte di un ampio repertorio sovranazionale, al quale attingono entrambe i centri di produzione a seconda della “comanda”. Bisogna inoltre differenziare il lavoro del cartografo da quello del miniatore, dal momento che le mansioni, almeno a partire dal Trecento, sono ben distinte e l'uno non ha competenza e giudizio nel lavoro dell'altro. Entrambi sono semplici esecutori al servizio del mercato. Abolendo dunque le due maniere, italiana e catalana, si può notare come carte di autori maiorchini si presentino prive di illustrazioni e, al contrario, come carte di autori italiani siano ricche di miniature. La differenza non sta nel luogo in cui si ope- ra, ma nelle possibilità economiche e nelle richieste del committente.

Nel periodo in cui si diffusero i primi esemplari miniati, tra il secondo e il terzo decennio del Trecento, si consumarono notevoli cambiamenti nell'impiego stesso di questi prodotti: si allar- garono infatti le categorie di persone che fino ad allora avevano potuto usufruire delle carte, non più appannaggio esclusivo di mercanti e marinai, ma oggetto di interesse di una commit- tenza più ampia e non per forza dedita alla navigazione. La carta nautica, non più riservato re- taggio dell'ambiente marinaresco, venne commissionata per essere utilizzata come oggetto personale di studio o, al contrario, da esibire nelle sale di rappresentanza di una dimora signo- rile.

Se i cenobi monastici e conventuali continuarono a privilegiare planisferi e mappamondi, con il loro significato simbolico di una natura assoggettata al potere divino, il settore geografi- co delle biblioteche private fu soggetto ad un aggiornamento rispetto al canone consolidato. Nuovo interesse viene dato alle mappe con l'intersecarsi dei venti, il disegno verosimile dei li- torali, la lunga lista di toponimi realmente indicanti luoghi fisici e raggiungibili. Nobili e fa- coltosi committenti, ma anche umanisti del calibro di Petrarca e Boccaccio, come già accen- nato, non disdegnarono di possedere un carta da navigar sulla quale attingere le informazioni

necessarie per speculazioni letterarie e geografiche. E' risaputo infatti come le carte, offrendo importanti elementi informativi per la conoscenza geografica del mondo, abbiano avuto note- voli influenze sulla produzione letteraria del XIV secolo, contribuendo ad alimentare prose e poesie di elementi naturali, esotici e fantastici. Il ricco mercante poteva osservare visivamente il tragitto delle sue merci e sfoggiare con orgoglio, nelle camere della sua dimora, pitture di terre vicine e lontane.

La ricca committenza aveva la possibilità economica per possedere esemplari più sontuosi e diversificati rispetto a quelli di uso comune. La presenza di colori e l'uso dell'oro era natural- mente un piacere per l'occhio e un rafforzativo in grado di mettere in evidenza i particolari importanti o di esplicare visivamente i contenuti delle iscrizioni. Le carte nautiche vennero decorate attenendosi ad un principio di ordine che, contrariamente a quanto si possa pensare, vigeva fin dall'inizio. La carta, come l'atlante, divenne un oggetto ad uso personale, la cui uti- lità rispondeva ad esigenze del singolo committente. Il proprietario poteva far inserire nell'o- pera uno stemma che ne evidenziasse le nobili origini, o un santo di cui aveva particolare de- vozione, o ancora far trasparire il suo interesse geografico per uno specchio di mare specifico del quale veniva richiesta una riproduzione accurata. In questo senso le carte nautiche non sono oggetti muti e sempre uguali, ma documenti unici e personalizzati di una società in mo- vimento.

Un così nuovo rapporto con la cartografia, fattosi più adatto allo studio e alla meditazione, non poteva non influenzare l'apparato decorativo e illustrativo. E' forse questo il momento di riflettere su quali soggetti compaiano nei primi esemplari, ripercorrendone la storia e l'evolu- zione. A questo proposito appare funzionale una divisione in nuclei di illustrazione, a seconda della fonte dalla quale si attinge. Bisogna infatti sottolineare come gli elementi illustrativi non siano originali dell'epoca medievale, ma derivino da una tradizione ben più antica, la cui tra- smissione non ha mai avuto fine.

L'EREDITÀDELMONDOANTICO

Come si è visto le miniature compaiono sia in lavori di autori catalani sia in lavori di autori italiani, con soggetti simili che si mantengono sempre uguali e con poche varianti. Questi non fanno capo ad una nazione in particolare, non sono cioè un'ideazione nata dalla mente di un singolo autore originario della Spagna o dell'Italia, ma fanno parte di un'eredità comune dalla quale entrambe le “scuole” attingono.

Molte sono le soluzioni illustrative elaborate e consolidate prima del sorgere dell'età medie- vale; le iconografie che contraddistinguono le carte nautiche affondano infatti le loro radici in

tempi remoti, dimostrando una continuità di tradizione nel sistema di narrazione geografica e una mescolanza di stimoli diversi provenienti dal passato classico, dal mondo bizantino e dal- la cultura araba. Le carte nautiche, in particolare, ereditarono dall'antichità una serie di model- li precostituiti, i quali migrarono a ornare i nuovi supporti grazie alla mediazione delle più an- tiche mappae mundi. Dall'ampio serbatoio artistico di epoca romana derivarono molte delle iconografie relative agli elementi morfologici e idrografici, informativi ed esornativi, nati con uno scopo ben preciso e divenuti in seguito, in epoca medievale, semplici abbellimenti deco- rativi181.

La rappresentazione del paesaggio nel mondo romano aveva un significato ben preciso poi- ché i vari elementi naturali giocavano un ruolo determinante nella strutturazione dello spazio. Le montagne, figurate come lunghi filamenti di rocce accorpate o, in alcuni casi, in forma co- nica, erano delle barriere di fondamentale protezione per la costruzione dei centri abitati182; il

mare e i laghi, rappresentati simbolicamente come dei bacini chiusi ad ellisse, erano dei mezzi di attraversamento; i corsi d'acqua, dipinti in un lungo tratto sinuoso e ondulato, erano fonti di nutrimento ricche di pesci; le foreste, simboleggiate da piccoli alberelli stilizzati, di cacciagio- ne e di legna. Nelle mappe, accostati ad un'iscrizione, tutti questi elementi naturali contribui- vano ad individuare facilmente una località. Le montagne, i fiumi, i mari erano inoltre dei confini naturali che scandivano i vari territori secondo frontiere delimitate e precise. All'inter- no del paesaggio romano l'uomo manifestava il suo operato attraverso l'edificazione di città, simbolicamente rappresentate in monumenti cinti da mura turrite viste a volo di uccello, e con la costruzione di nuove vie di comunicazione che si articolavano nel territorio come una vasta ragnatela dall'enorme potenziale militare e strategico.

Unica testimonianza fondamentale per ricostruire la visione mappale del tardo impero roma- no è la cosiddetta tabula peutingeriana, conservata a Vienna (Österreichische Nationalbiblio- thek, Cod. 324), carta straordinaria per il formato inconsueto e per l'integrità dello stato con- servativo183. La Tabula austriaca è considerata come la copia duecentesca di un esemplare ri-

181G. Fabre, Organisation des espaces antiques: entre nature et histoire. Table ronde (Pau), Biarritz 2000. 182D. Dumas-Acolat, Les Romains et la montagne, image connaissance et rôle du relief dans le monde impérial