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MEDITERRANEO. MARENOSTRUM, MAREDI DIO

Le immagini religiose che spesso decorano carte e atlanti sono comprensibili se contestualiz- zate nella dimensione del viaggio attraverso il Mediterraneo, in quello spazio che è stato de- scritto «come un limite, una barriera che si estende fino all'orizzonte, come un'immensità os- sessiva, onnipresente, meravigliosa, enigmatica»208.

Il mare interno, come area di rapido spostamento, favoriva scambi e dialoghi tra culture lon- tane, collegando l'Europa con l'Asia e l'Africa, ma allo stesso tempo rappresentava una super- ficie rischiosa da attraversare, carica di insidie e pericoli inaspettati. Numerose sono le testi- monianze che raccontano di violente tempeste, alberi spezzati, sartie allentate, equipaggi in balia di onde minacciose e terribili che portavano alla perdita della rotta, se non della vita stessa in caso di naufragio. Durante la navigazione marinai, mercanti, pellegrini, cavalieri, ec- clesiastici e sovrani erano tutti accomunati dalla medesima sorte.

Le lettere indirizzate tra il 1336 e il 1350 al mercante Nicolò detto Pignol Zucchello, pisano di nascita ma veneziano di adozione, rappresentano una testimonianza tangibile dei traffici che Venezia intratteneva nel Mediterraneo209. A lui scrivono vari mercanti dalle città di Tana,

Candia, Alessandria, che non celano, nei loro scritti, un certo timore per le lunghe traversate e trasmettono un senso di inquietudine costante per una sorte, ad ogni viaggio, incerta. Il nome di Dio è sempre presente, a ricordare che, nel caso di un cambiamento repentino del tempo, a nulla sarebbero serviti l'esperienza del pilota, gli strumenti di bordo, le prestazioni della nave su cui si viaggiava210. Di fronte agli agenti atmosferici, incontrollabili e imprevedibili, nessun

calcolo nautico sarebbe venuto in aiuto del marinaio. Solo il mondo celeste rappresentava l'u- nico approdo sicuro contro i pericoli dell'ignoto.

Ogni lettera iniziava dando informazioni personali - sapi ch'io sono sano e salvo - e termina- 208F. Braudel, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Milano 1994, p. 31.

209Pignol Zucchello era originario di Pisa. Nel 1328 da Candia si trasferì a Venezia, prima a San Canziano e poi a San Giacomo dall'Orio, con il fratello Giannino e la moglie Caterina. Mercante sotto la stazon dei panni a Rialto, intrattenne ricchi commerci nel Mediterraneo come dimostrano le numerose lettere fortunatamente conservatesi. Lettere di mercanti a Pignol Zucchello (1336-1350), a cura di R. Morozzo della Rocca, Venezia 1957.

210Naturalmente la qualità dell'imbarcazione era un prerequisito fondamentale. Lionardo di Niccolò Frescobaldi racconta come la cocca veneziana su cui viaggiava, per la solidità della sua costruzione, resistesse meglio alle tempeste: «Navigando con soavi venti per lo golfo di Vinegia per insino presso al Sucino, quivi avemo un poco di fortuna. Ma perché la Cocca era nuova e grande, parea si facesse beffe del mare. Ma una galeazza di- sarmata, carica di pellegrini, che venivano dal Sepolcro, perché era vecchia aperse, ed affogarono circa a du- gento, tutta povera gente, e per pagare poco nolo si missono in sì cattivo legno, come avviene il più delle vol- te, che le male derrate sono de' poveri uomini». Cfr: Nel nome di Dio facemmo vela: viaggio in Oriente di un

va con un augurio: Idio sie sempre vostra guarda de l'anima e del corpo. La felice conclusio- ne di un viaggio portava alla manifestazione di atti devoti, come la richiesta dello stesso Pi- gnol di far celebrare in Candia una festa all'altare di san Nicolò211 o la donazione nel 1341 da

parte del pellicciaio veneziano Nicoletto Gata a Santa Maria della Valverde in Venezia. Nel 1345 il mercante Francesco Bartolomei fece sapere di aver acquistato una chiesetta dedicata a san Giovanni Battista e ordinò per questa un calice di peltro che sia bello e un'icona212.

I mercanti lontani dalla patria non scrivevano solamente per informare Pignol Zucchello di prezzi e mercanzie, ma divagavano anche su avvenimenti politici e per raccontare momenti di difficoltà; è questo il caso di Nicoletto Gata, il quale, trovandosi prigioniero a Caffa, chiese disperatamente a Zucchello la somma necessaria per il suo riscatto così da non morire a modo

de chan213. Negli anni Trenta del Quattrocento la lontananza dei mercati e l'impossibilità di

conoscere le sorti delle merci e delle persone incaricate a trasportarle portò un altro mercante veneziano, Andrea Barbarigo, ad essere molto preciso e puntuale nella descrizione degli ordi- ni, senza per questo tralasciare di augurare al destinatario che Dio lo porti a salvamento e lo conduca sano e salvo in bon porto214. In generale si nota un certo fatalismo e una quieta rasse-

gnazione nel progettare un viaggio che andrà a buon fine solo se a Dio piace. VITADIBORDOEPRATICHEDEVOZIONALINELLENAVIVENEZIANE

La salvezza poteva arrivare dopo un'accorata invocazione, a seguito di un voto, grazie ad una reliquia o ad un rituale ai quali venivano conferiti poteri miracolosi215. In quest'ottica, la navi-

gazione stessa assunse, nel suo esercizio quotidiano, un'aura di sacralità che la distingue e la 211Francesco Bartolomei così scrive al Pignol da Candia: «Di questo vostro altare del beato Niccola di Tolentina io sì ò fatto e fin a qui ciò che bisognia, e però ne scrivete per inazi che modo a voi piacie che se ne tengha e scrivetene se vi piacie che la festa si faccia quando el tenpo sarà». E ancora: «E scrivetene che modo voi vo- lete che io tengha di questo vostro altare del beato Niccholò di Tolentina […]. E scrivetene se a la suo festa voi volete che sie fatto la piatanza a frati sichondo usanza». Cfr: Lettere di mercanti a Pignol Zucchello..., 1957, pp. 22, 37.

212«Sicome […] ò conprato qua di fuore forse miglio I dilongha' da la terra uno mio lughiciuolo asà bello al quale si è una chisiciuola che si chiama San Gianni Batista e però vi pregho che voi mi mandiate II chalici di peltro […]». Cfr: Lettere di mercanti a Pignol Zucchello..., 1957, p. 37.

213La lettera del 12 aprile 1348 così riporta: «In Gaffa io son vivo, fu' venduto in Sarà e fu' duto in Gaffa […] Che Dio ebia misirichordia de mi. Se io podese vegnir intro lo mio tu faravi gran marçé, ch'io no' morese a modo de chan». Cfr: Lettere di mercanti a Pignol Zucchello..., 1957, p. 118.

214«Pregando nostro Signor ne porti a salvamento e conservi in sanità e donavi onor, contento e profito e spro- sperivi e poi vi conduchi in bon ponto a caxa vostra e che se reveziamo come dexira i nostri chuori». La cor- rispondenza risale al 1431-1434 ed è conservata presso l'Archivio di Stato di Venezia. Cfr: S. Sassi, Lettere di

commercio di Andrea Barbarigo mercante veneziano del '400, Napoli 1951, p. 3; F.C. Lane, I mercanti di Ve- nezia, Torino 1996, pp. 3-121.

215Nel già citato atlante Corner è descritta una formula magica da pronunciare per scongiurare una tromba mari- na; per questo bisognava incidere sul ponte della nave con un coltello una croce inscritta in un cerchio e pro- nunciare la seguente formula propiziatoria: «cips chips anis ganis. Como tu vedi uno nenbo over siom si tu te trovi in mar va su la banda de la nave et fa questo segno qui de soto con la ponta del coltello, et subito quello nenbo over siom sì se desferà et non farave dano nisum et de provado». Cfr: P. Falchetta, marinai, mercan-

connota come una realtà complessa, da analizzare e comprendere nelle sue mille sfaccettature. Molte delle esperienze di crociati e pellegrini che attraversarono il mar Mediterraneo verso le terre d'Oltremare sono note grazie alla stesura in forma scritta del loro itinerario. Questi re- soconti di viaggio sono perlopiù delle opere letterarie che seguono un modello precostituito e non sono estranee a temi ricorrenti, come quello della tempesta sedata e dell'evento miracolo- so, enfatizzati per rendere ancora più spettacolare la propria vicenda. Al di là di alcuni topoi letterari, le testimonianze sono comunque ricche di dettagli genuini sulla vita di bordo delle navi veneziane che, salpando dal porto di San Nicolò di Lido, percorrevano la rotta per la Ter- ra Santa216.

L'inizio di un viaggio era sempre scandito da invocazioni propiziatorie verso Jhesu Cristi et

beate virginis Marie et omnium sanctorum et sanctarum Dei217, o era accompagnato dal canto Veni Creator Spiritus218. L'arrivo a Jaffa era invece coronato dall'inno di riconoscimento Te Deum laudamus, intonato con gaudio, allegrezza, giocondità infinita perché corrispondente

alla fine dei disagi del mare, del mangiare e del bere […] acque putride e verminose, vini,

Dio lo sa come fatti, biscotto da marinari, mali di stomaco intollerabili219.

Durante la navigazione ogni momento veniva scandito dai bona verba220, cioè da quelle pre-

ghiere o litanie rivolte, in forma preventiva, a Cristo, alla Vergine e ai santi. I pellegrini e i marinai potevano assistere alla messa ogni qual volta toccavano terra, mentre a bordo era con- sentita la cosiddetta messa secca, cioè un ufficio liturgico privo però della parte eucaristica,

216Molte sono le opere che trattano l'argomento dei pellegrinaggi; mi limito a citarne solo alcune: E. Ashtor, Ve-

nezia e il pellegrinaggio in Terrasanta nel basso Medioevo, in “Archivio storico italiano”, 143 (1985), pp.

197-223; U. Tucci, I servizi marittimi veneziani per il pellegrinaggio in Terrasanta nel Medioevo, in “Studi Veneziani”, 9 (1985), pp. 43-66; G. Petti Balbi, Mare e pellegrini verso la Terra Santa: il reale e l'immagina-

rio, in L'uomo e il mare nella civiltà occidentale: da Ulisse a Cristoforo Colombo, atti del Convegno Interna-

zionale (Genova 1 - 4 giugno 1992), Genova 1992, pp. 97-122; Viaggiare nel Medioevo, a cura di S. Gensini, Roma 2000; F. Cardini, In Terrasanta. Pellegrini italiani tra Medioevo e prima età moderna, Bologna 2001. 217Nel 1335 Jacopo da Verona compì un pellegrinaggio in Terra Santa per conto di Mastino della Scala e redi-

gette il diario del suo viaggio nel Liber pereginationis. Così descrisse la sua partenza dal porto veneziano di San Nicolò di Lido: «hora vespere. Misit nobis Deus ventum prosperum et sic de portu recessimus. Invocato nomine Jhesu Cristi et beate virginis Marie et omnium sanctorum et sanctarum Dei». Cfr: Jacopo da Verona,

Pellegrinaggio ai luoghi santi. Liber peregrinationis, a cura di V. Castagna, Verona 1990, p. 214.

218Il cavaliere francese Robert de Clari racconta come, lasciando il porto di Venezia nel 1203, i pellegrini can - tassero il Veni Creator e tutti, grandi e piccoli, piangessero per l'emozione e la felicità. Cfr: R. de Clari, La

conquete de Constantinople, a cura di A. Pauphilet, Parigi 1952, p. 15; Le portulan sacré. La géographie re- ligieuse de la navigation au Moyen Age, atti del colloquio (Fribourg 2-4 settembre 2013), a cura di M. Bacci,

M. Rohde, Berlin-Munich-Boston 2014.

219Così si pronunciò il pellegrino Mariano da Siena redigendo il diario del suo viaggio in Terra Santa, vissuto negli ultimi decenni del Trecento. Del viaggio in Terra Santa fatto e descritto da ser Mariano da Siena, Fi- renze 1822, pp. 115, 117.

220Sono citate dallo scriba di bordo della galera di Simone Lecavela, partita da Genova nell'agosto del 1351 per una spedizione a Costantinopoli: «MCCCLI. Die marttiis in sero XXX augusti diximus bona verba». Ne scri- ve Valeria Polonio: V. Polonio, Devozioni marinare dall'osservatorio ligure (secoli XII-XVII), in Dio, il mare

vietata per l'inadeguatezza del luogo221. Si celebravano le festività in onore dei santi patroni

dei marinai come Giovanni Battista, Nicola, Cecilia, Clemente, Caterina, Andrea, Lucia; per la festa di san Giovanni Battista, la notte del solstizio d'estate, i marinai appendevano ad una lunga corda più di quaranta lucerne, in modo da illuminare cum ignem sancti Iohannis l'intero ponte della nave; tutto l'equipaggio assisteva allo spettacolo, cantando, danzando e battendo le mani al suono di trombe222, e si intonava ut queant laxis, inno in onore del santo223. Si è già

scritto di come il taccuino nautico di Michele da Rodi contenesse un lungo elenco dettagliato dei giorni dedicati ai santi, a testimonianza di quanto fosse importante per un marinaio vene- ziano onorarne la ricorrenza. Nella testimonianza di Santo Brasca compaiono molti momenti di ringraziamento e messe dedicate a san Nicola, il quale, con la sua intercessione presso Dio, proteggeva la nave da qualsiasi imprevisto.

LATEMPESTA

Uno dei pericoli più frequenti anche nel “mite Mediterraneo” era dovuto al cambiamento re- pentino delle condizioni meteorologiche. I pellegrini si dilungavano spesso nel racconto della

fortuna di mare, il quale trae ispirazione dal topos della tempesta sedata, presente nella lette-

ratura classica224 e nelle Sacre Scritture225. I disagi vissuti in prima persona erano raccontati

con enfasi, un po' per rispetto ad una convenzione ormai radicata nella letteratura di viaggio, un po' per sottolineare il rischio corso e il sollievo nell'averlo superato sani e salvi.

Durante una tempesta la pratica più comune era quella di implorare l'assistenza divina attra- verso l'intercessione della Vergine o di un santo particolare. Roberto da Sanseverino, nel testo 221Roberto da Sanseverino così la descrive: «se dixe la messa, a modo che se sole dire in mare, cioè senza alcu- na hoblatione di sacrifitio”. R. da Sanseverino, Viaggio in Terra Santa..., 1994, p. 25. Questo divieto, secondo Tangheroni, dipendeva dal luogo, moralmente inadeguato, e dall'instabilità della navigazione. M. Tangheroni,

Commercio e navigazione nel Medioevo, Roma 1996, p. 241. La messa vera e propria veniva officiata a terra,

durante le soste per i rifornimenti.

222Ne parla Felix Faber: «Vicesima tercia die, quae est vigilia sancti Iohannis Baptiste […]. Cucumque sol oc- cubuisset et iam tenebresceret, disposuierunt se marinarii nostri ad faciendum ignem sancti Iohannis in galea, et hoc modo fecerunt: acceperunt ultra XL lucernas de ligno et cornu perspicuo factas et, impositis accensis luminibus, suspenderunt eas, unam post aliam ad longam cordam vel funem; et funem cum lucenis accensis sursum ad kebam traxerunt, ita quod lucerne ardentes a keba usque ad transtra dependebant et totam galeam illustrabant. […] et inceperunt trumpete sive tubicines tubis canere, et galeote et ceteri marinarii cantare, iubi - lare, corizare, saltare et manibus plaudere». Félix Fabri, a cura di J. Meyers, Paris 2014, pp. 64, 66.

223«Et perchè era la vigilia de San Giohanne Baptista tuti li religiosi et peregrini incommenzorno invocare l'a - diutorio del ditto San Giohanne, cantando dolcemente lo immo suo Ut queant laxis». Cfr: “Itinerario”. Viag-

gio in Terrasanta di santo Brasca..., 1966, p. 59.

224La tempesta è un elemento tipico del racconto di viaggio per mare, secondo uno schema ben noto nella lette- ratura classica, poi ripreso e rielaborato in un'ottica cristiana (p. 83). La descrizione del superamento di una tempesta grazie all'aiuto divino rientra nel più tipico topos letterario.

225L'intervento divino per quietare una tempesta è contenuto negli Atti degli apostoli (27, 14-44) e avviene du- rante il viaggio in mare di Paolo per raggiungere Roma e subire il processo a cui aveva diritto in qualità di cittadino romano. Nell'Antico Testamento invece, oltre alla parabola di Giona, è menzionata una tempesta nel Salmo 107 (23-32); sembra trattarsi di un ex-voto di un marinaio ebreo che ringrazia Dio per averlo salvato dai flutti.

del suo resoconto in Terra Santa del 1458, descrive una terribile perturbazione, durata diversi giorni, che portò l'intero equipaggio a cridare misericordia et invochare chi nostro S. dio, chi

nostra donna, chi uno santo, chi un'altro tanto che per tuta la nave se sentiva altro, se non dire oratione, invocare sancti, far voti et devotione226. Il capitano della nave poteva ordinare la

preparazione di brevi o bollettini, suso li quali erano scripti li nomi di molti sancti, che poi, pescati a turno, decretavano, in maniera del tutto casuale, a quale santo fare voto227. Il ringra-

ziamento alla Vergine poteva avvenire tramite un semplice pellegrinaggio ad uno dei tanti santuari ad essa intitolati: sopraggiunto un temporale, il capitano della nave su cui viaggiava Santo Brasca fece in modo che tutti pronunciassero il voto di tornare in pellegrinaggio alla chiesa di Sancta Maria de Casoppo, presso Corfù, luogo di culto molto amato dalla gente di mare228; Roberto da Sanseverino, dopo aver descritto per alcune pagine una furiosa fortuna

durata dei giorni, scrisse del voto, pronunciato e rispettato, di un pellegrinaggio al santuario mariano di Loreto229. In molti casi si promettevano oggetti, più o meno preziosi, da far realiz-

zare tornati dal viaggio e, a questo proposito, si possono citare gli ex-voto a forma di imbarca- zione che pendono dal soffitto della chiesa di sant'Antonio di Castello, nel dipinto I diecimila

crocifissi del monte Ararat di Vittore Carpaccio conservato alle Gallerie dell'Accademia di

Venezia230.

226«Ma al fine tanto se sforzà dicta traversia et tanto se turbò il mare et vene in tanta fortuna et rabia che […] la furia del dicto vento et le unde del mare grandissime et grossissime et cossì furiose et alte, che perchotevano la nave, come con le bombarde si percotono le forteze, per forma ch'el pareva che la nave se dovesse ogni volta desfare. […] tuti li offitiali et marinari, se teniano perduti et negati; et tuti ad alta voce incominciarono ad cridare misericordia et invochare chi nostro S. dio, chi nostra donna, chi uno santo, chi un'altro, con tanta devotione afflictione sparsure di lacrime ad alta voce, quanto potevano». pp. 275-276. Il mal tempo proseguì anche nei giorni successivi tanto che «né per tuta la nave se sentiva altro, se non dire oratione, invocare sanc - ti, far voti et devotione [...]». R. da Sanseverino, Viaggio in Terra Santa..., 1994, p. 290.

227«Et perché se ingrossava (la tempesta) continuamente, non vedendo altro rimedio, lo patrono feze scrivere molti nome de sancti in brevi et ponerli un una bireta; et dixe ad alcuni peregrini [...] che ogni homo togliesse uno de dicti brevi et facesse voto al sancto che gli trovaria susa scripto, che, come fusse in terra firma, gli fa- riano dire una messa ad suo honore, et gitasseno li brevi in mare. Et cossi fu facto, et come a dio piacque, la sira cessò la piogia et lo vento, et lo mare incominciò a bonazare». R. da Sanseverino, Viaggio in Terra San- ta..., 1994, p. 40. In un'altra occasione si ricorre sempre allo stesso stratagemma: «[...] furono facti li bolletti - ni o sia scripti, suso li quali erano scripti li nomi di molti sancti, et per sorte chiaschuno de la nave tolsero quanti boletini volsero, per far dire poy, come fussero in locho apto, messe ad riverentia di quelli sancti, chi gl'erano tochati per sorte». R. da Sanseverino, Viaggio in Terra Santa..., 1994, p. 205.

228Viaggio in Terrasanta di Santo Brasca..., 1966, p. 124. La chiesa di Santa Maria in Casopoli corrisponde al- l’odierna Panagia Kassopitra, nel villaggio di Kassiopi a Corfù. Si ringrazia il prof. Bacci per la segnalazione. Sul luogo di culto si veda: M. Bacci, La moltiplicazione dei luoghi sacri lungo le vie d’acqua per Gerusa-

lemme nel tardo Medioevo, in Peregrino, ruta y meta en las peregrinationes maiores, VIII Congreso Interna-

cional de estudios jacobeos (Santiago de Compostela, 13-15 ottobre 2010), a cura di P. Caucci, von Saucken, R. Vázquez, Santiago de Compostela 2012, pp. 179-194.

229R. da Sanseverino, Viaggio in Terra Santa..., 1994, p. 298.

230Gli ex-voto a forma di imbarcazione erano molto comuni non solo in ambito veneziano. Nella Histoire de Saint Louis, Joinville ricorda un voto fatto da Margherita di Provenza, regina di Francia, durante il viaggio di ritorno dalla Terrasanta nel 1254; presso Cipro la nave rischiò di finire contro gli scogli sospinta da «si terri- blo et merveilleux vent en mer», nonostante il tentativo dei marinai di gettare ancore per frenare la sua corsa. Solo il voto di una nave d'argento a san Nicola riuscì a placare venti e onde. Nel XIV secolo un bretone testi- moniò di aver costruito una quindicina di ex-voto per marinai spagnoli di La Rochelle, di Guascogna, della

I fenomeni naturali, spesso incomprensibili alla mente del marinaio, venivano interpretati come manifestazione della volontà divina. Durante i temporali era facile l'avvistamento di luci