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2.2 Caratteristiche dell’induzione spontanea di immunità antitumorale 39

2.2.1 Checkpoint immunologici 42

2.2.1.1 Immunoterapia: farmaci anti-PD-1 54

Più recentemente, sono stati introdotti in clinica anticorpi diretti contro il checkpoint inibitorio PD-1, nivolumab e pembrolizumab, che nel corso del 2016 hanno ottenuto la rimborsabilità dell’AIFA nel trattamento del melanoma avanzato (stadio III o IV non resecabile). Questi anticorpi immunomodulanti sono risultati essere superiori, in termini di efficacia e tollerabilità, all’ipilimumab (Melanoma-Linee guida AIOM) ed hanno generato risposte cliniche in circa il 30-40% dei pazienti con melanoma in stadio avanzato (Figura 26) (Vilain et al. 2017).

Farmaco Bersaglio del

farmaco Patologia

Ipilimumab CTLA-4 Melanoma avanzato Pembrolizumab PD-1 Melanoma avanzato

Nivolumab PD-1

Melanoma avanzato

Tumore del polmone ad istologia squamosa pretrattato con chemioterapia

Figura 26: Farmaci immunoterapici approvati in Italia nel maggio 2016 con alcune indicazioni terapeutiche.

Nivolumab e pembrolizumab sono anticorpi monoclonali (il primo completamente umano mentre il secondo un IgG4 umanizzato) che potenziano la risposta immunitaria bloccando l’interazione tra il recettore PD-1 e il suo ligando PD-L1, sopprimendo il segnale negativo che causa inibizione linfocitaria (Figura 27).

Figura 27: Interazione tra Linfocita T e cellula tumorale: a) molecole co- stimolatorie permettono al linfocita T di uccidere la cellula tumorale; b) molecole co-inibitorie come il PD-1 che si lega a PDL-1 e PDL-2 bloccano l’attivazione del linfocita; c) farmaci diretti contro PD-1 evitano il legame inibitorio e permettono al linfocita T di uccidere la cellula tumorale. MHC: complesso maggiore di istocompatibilità; TCR: recettore della cellula T.

Hanno volume di distribuzione nei fluidi corporei corrispondente ai liquidi plasmatici a causa del loro elevato peso molecolare (Feng et al. 2013) e, sempre per via delle loro dimensioni molecolari, gli anticorpi non passano la barriera emato-encefalica, lasciando ai linfociti T attivati il compito di raggiungere la sede metastatica (Anon 2010).

Inoltre, gli anticorpi monoclonali raggiungono lo stato stazionario dopo 3-4 dosi (Feng et al. 2013), vengono metabolizzati per proteolisi, hanno un emivita di 2-3 settimane ed una clearance sistemica (in parte dipendente dal peso corporeo) che rappresenta il 10% di quella della creatinina (Anon 2010).

L’effetto di nivolumab e pembrolizumab è proporzionale al grado di occupazione recettoriale (RO). Ad esempio, come constatato in alcuni studi, (MacKie et al. 2009) (Brahmer et al. 2010) nivolumab prevedeva al picco (dopo 4-24 ore), un’occupazione media dell’85% mentre al plateau (dopo 57 giorni) del 72%, valori coerenti con l’elevata affinità in vitro di nivolumab. Inoltre l’occupazione recettoriale è risultata indipendente della dose per l’intervallo testato (0,3-10mg/kg), riflettendo nuovamente l’elevata affinità dell’anticorpo.

Per quanto riguarda il pembrolizumab, l’occupazione recettoriale è stata calcolata indirettamente, usando la stimolazione IL-2 ex vivo, non fornendo così valori comparabili. Tuttavia, la saturazione di RO è stata raggiunta anche dopo 1 mg/kg, similmente a quanto già dimostrato per il nivolumab (Patnaik et al. 2015).

Diversi studi pubblicati, hanno dimostrato che (Larkin et al. 2015; Robert et al. 2015; Weber et al. 2015):

1. la superiorità di nivolumab su dacarbazina (in pazienti con melanoma avanzato in prima linea e BRAF non mutati).

2. la superiorità di nivolumab su ipilimumab in prima linea (nei pazienti con melanoma avanzato).

3. la superiorità di nivolumab o pembrolizumab (Ribas et al. 2015) sul trattamento chemioterapico (nei pazienti con melanoma avanzato in progressione dopo precedente trattamento con ipilimumab e, nel caso di mutazione BRAF, anche di BRAF-inibitore).

4. la superiorità di pembrolizumab su ipilimumab (nei pazienti con melanoma avanzato che non hanno ricevuto più di un trattamento, tranne che per i pazienti con mutazione dei BRAF e malattia aggressiva che hanno ricevuto un trattamento con BRAF-inibitore).

I farmaci anti-PD-1 presentano quindi un profilo di tollerabilità accettabile migliore ad ipilimumab e nettamente diverso dal trattamento chemioterapico.

Infatti, alcuni studi ancora in corso, stanno valutando la combinazione di nivolumab o pembrolizumab con ipilimumab. Attualmente, (Larkin et al. 2015; Postow et al. 2015) il rapporto rischio/beneficio dato dalla combinazione di nivolumab e ipilimumab appare favorevole rispetto a quello di ipilimumab sigle agent. Questi studi però non permettono di stabilire un confronto statistico tra la combinazione e il sigle agent di nivolumab (Melanoma-Linee guida AIOM).

Considerato il beneficio in sopravvivenza e il profilo di tollerabilità, il bilancio rischio/beneficio del trattamento con anti-PD-1 rispetto a ipilimumab o chemioterapia, è favorevole (Melanoma-Linee guida AIOM).

2.2.1.1.1 Indicazioni Terapeutiche per il melanoma

Le indicazioni registrate dall’ Agenzia Europea dei medicinali (EMA) e dall’ Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), riportano che:

• ipilimumab è indicato per il trattamento del melanoma avanzato (non resecabile o metastatico) negli adulti.

Posologia: 3 mh/Kg somministrati per via endovenosa per un periodo di 90 minuti ogni 3 settimane, per un totale di 4 dosi.

• nivolumab è indicato in monoterapia per il trattamento del melanoma avanzato ( non resecabile o metastatico) negli adulti. Posologia: 3 mg/Kg somministrati per via endovenosa in un periodo di 60 minuti ogni 2 settimane.

melanoma avanzato (non resecabile o metastatico) nei pazienti adulti.

Posologia: 2mg/Kg somministrati per via endovenosa nell’arco di 30 minuti ogni 3 settimane.

L’utilizzo di ipilimumab ha permesso di osservare risposte non convenzionali all’utilizzo di immunoterapici (Wolchok et al. 2009). Infatti, il melanoma tende ad essere refrattario a varie immunoterapie a causa dell’immunosoppressione indotta dal tumore (Hino et al. 2010). E’ stato pertanto osservato un aumento iniziale del carico tumorale con eventuali lesioni, seguito poi da una risposta tardiva e duratura. Ciò ha indotto i ricercatori a formulare dei criteri di risposta specifici per gli agenti immunoterapici (Wolchok et al. 2009).

Questi criteri per la valutazione della risposta, sviluppati principalmente negli studi con ipilimumab, andrebbero applicati anche ai trattamenti con anti-PD-1, seppure il tasso di risposte non convenzionali siano osservate con minor frequenza. Qualora alla prima rivalutazione strumentale della malattia, si sospettasse una pseudo-progressione, la progressione dovrebbe essere confermata dopo circa 4 settimane (Melanoma – Linee guida Aiom).

2.3 Biomarcatori per la valutazione della risposta clinica

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