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Com'è possibile mantenere una simile teoria per quanto riguarda gli articoli di fede? Non hanno forse questi uno statuto speciale fra tutti gli enunciati?

In un passo del Commento al Vangelo di Giovanni Agostino – lavorando su di una suggestione paolina che si trova nella seconda lettera ai Corinzi (4:13) – ricorda che già prima dell'avvento di Cristo c'erano uomini giusti che credevano nel suo arrivo futuro. Benché rispetto ad allora i tempi siano mutati, la fede è rimasta la stessa e di conseguenza ciò a cui tutti gli uomini in ogni tempo tendono con la loro fede era, è, e sarà un solo e identico significato34.

Tramite le Sentenze di Pietro Lombardo questo problema – al pari del precedente – giunge ad Alberto, e vediamo che quanto alla conclusione egli non ha nulla da obiettare al dettato agostiniano: sia gli antiqui che i moderni hanno creduto all'incarnazione di Cristo35. Ma è subito evidente il

fatto che una simile posizione è ai ferri corti con quella sugli enunciati temporali che abbiamo discusso più sopra e che lo stesso Alberto difende 34 AUGUSTINUS, Tractatus In Iohannis Evangelium, XLV.9 (CCSL 36, pp. 392-393): «Ante aduentum Domini nostri Iesu Christi, quo humilis uenit in carne, praecesserunt iusti, sic in eum credentes uenturum, quomodo nos credimus in eum qui uenit. Tempora uariata sunt, non fides. Quia et ipsa uerba pro tempore uariantur, cum varie declinantur; alium sonum habet: uenturus est; alium sonum habet: uenit; mutatus est sonus, uenturus est, et uenit; eadem tamen fides utrosque coniungit, et eos qui uenturum esse, et eos qui eum venisse crediderunt. […] Significando enim uerba sunt; tolle significationem uerbo, strepitus inanis est. Significata ergo sunt omnia. Numquid non eadem credebant, per quos haec signa ministrabantur, per quos eadem quae credimus, prophetata praenuntiabatur?». Cfr. ID., De nuptiis et concupiscentia II.2 (PL 44, p. 450)

35 Cfr. ALBERTUS MAGNUS, Super Sent., l. 3, d. 13, a. 8, Ed. Paris., p. 244a: «Agostinus dicit, et ponitur in Littera, quod eadem est fides antiquorum et modernorum: et tempora variata sunt, sed fides immutata permansit. Ergo Christi incarnationem crediderunt illi sicut et isti, eta ita per fidem fuit eis caput in conformitate naturae. Quod concedendum est».

ripetutamente. Dal punto di vista di chi sostiene che l'oggetto di fede abbia il carattere di incomplexum si può obiettare, in effetti, che

Si esset complexus articulus, ita quod enuntiabilia essent articuli, tunc tempus esset de essentia articuli. Sit ergo Christus passus in A instanti: ergo aliud tempus faceret aliud enuntiabile: et si passus esset in B, non esset idem articulus, scilicet Christum passum esse in B36.

Le strade possibili per rispondere all'obiezione sono sostanzialmente due: si può scegliere di includere gli articoli in una classe speciale di enunciati che tuttavia non siano complexa o sostenere che gli articoli siano un qualche altro tipo di res che, pur nella sua composizione, si relaziona al tempo in maniera particolare. Alberto imbocca la seconda delle due opzioni e mette in chiaro che l'articolo è un complexum, anzitutto nel senso per cui (a) l'attività dell'anima – che apprende lo stesso articolo sempre tramite dei segni esteriori – deve per forza di cose inserire l'elemento della composizione all'interno di quello che è il contenuto invariante e di per sé privo di composizione della verità divina. In secondo luogo è complexum poiché (b) spingendo l'anima dell'uomo all'accordo con esso è una sorta di stretta fra due elementi37. Pur essendo un complexum, tuttavia, l'articolo

non lo è allo stesso modo di un enuntiabile – in cui nella cosa espressa è

36 ALBERTUS MAGNUS, Super Sent., l. 3, d. 24, a. 5, Ed. Paris., p. 452a. Sulla teoria

complexum-incomplexum da Aberlardo in avanti, cfr. P. V. SPADE, op. cit., pp. 201-203. 37 Cfr. ALBERTUS MAGNUS, Super Sent., l. 3, d. 24, a. 5, Ed. Paris., pp. 452-453: «Haec autem

determinatio veritatis divinae non potest a nobis significari nisi per compositionem, licet sine compositione media sit in se ad illa determinata […]. Dico ergo, quod unum in alio determinans, scilicet in determinato supponitur in articulo: sed nota compositionis quam apponit actus animae signantis, cuius essentialiter est certa differentia temporis, meo judicio non est de essentia articuli. […] Licet lumen simplex sit fidei, tamen quia est per modum inclinandis ad consensum, ideo exigit complexionem in articulo».

presente un elemento di temporalità – ma come una res che si relaziona ad ogni tempo38. Dal momento che questa caratterizzazione ha tutta

l'impressione di essere ad hoc, bisogna addurre delle motivazioni a sostegno di questa distinzione.

Cos', pur mantenendo (a) e (b), sembra che – agli occhi di Alberto – il tipo di consenso interiore richiesto dall'atto di fede non sia una proprietà effettiva (o – come si dice nel lessico dell'ontologia contemporanea – «monadica») della res-articolo. In effetti ogni proprietà che sia genuina deve anzitutto essere una proprietà non relazionale, mentre 'essere- creduto-da-x' è un caso evidente di proprietà relazionale che non determina un reale mutamento nella cosa pari a quello che si verifica, ad esempio, in una parete che da bianca diventa rossa39. Poiché dunque gli

enunciati inducono necessariamente a pensare una composizione del significato, Alberto – ritenendo che le verità di fede siano esenti da questo tipo di molteplicità interna – tratta gli articoli come l'espressione temporalizzata di res che sono di per sé semplici e a cui va sempre ricondotta ogni forma complessa che si presenta nel linguaggio40.

38 Ivi, p. 453: «enuntiabile meo judicio non est articulus, sed res complexa ordinata ad omne tempus».

39 In questa luce ogni proposizione che racchiude un atteggiamento proposizionale (credere, sperare, conoscere, ecc.), e dunque caratterizzata dal generare un contesto intensionale, può essere tradotta ed espressa, nella prospettiva di una semantica estensionale come quella di Alberto, in uno stato di cose formato da una res e da una proprietà Cambridge (come 'esser-creduto-da-x').

40 Cfr. ALBERTUS MAGNUS, Super Sent., l. 1, d. 46, a. 15, Ed. Paris., p. 452: «Si autem tu objicias de enuntiationibus et propositionibus: dico, quod talis compositio et complexio non est in divinis, sed in intellectu nostro componente et dividente, sicut vult Philosophus. Dicit enim in III de Anima, quod indivisibilium est intelligentia in his in quibus non est falsum, nec etiam verum positionis: ubi autem falsum et verum est, jam compositio quaedam intellectuum est: et hoc praecipue verum est in divinis. Unde tales enuntiationes per modum compositionum reducentae sunt ad res simplices».

Lo schema di ragionamento è analogo a quello utilizzato per spiegare il rapporto fra eternità intensiva ed estensiva e permette ad Alberto di ricondurre l'elemento della composizione e dell'estensione interamente al lato dell'apprensione intellettuale, rimuovendolo dall'essenza semplice della res41.