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L’impegno dell’Unione Europea nel favorire una maggiore diversità nei

Capitolo 3 L’Unione Europea e la necessità di promuovere una migliore

3.1.2 L’impegno dell’Unione Europea nel favorire una maggiore diversità nei

Come prima anticipato, il sondaggio dell’Eurobarometro sulla discriminazione ha evidenziato un dato significativo, cioè che un terzo dei cittadini europei ritiene che i media abbiano un ruolo importante nella lotta contro la discriminazione (Special Eurobarometer, 2007). A questo proposito è interessante approfondire se l’Unione Europea ha preso atto di questo dato e come si sta muovendo. Nell’ambito delle iniziative organizzate per il 2007 Anno Europeo per le Pari Opportunità per Tutti, alcuni paesi fra quelli che vi hanno partecipato, hanno identificato i media non solo come mezzi attraverso i quali trasmettere le campagne informative nazionali, ma anche come target verso i quali indirizzare messaggi antidiscriminazione, per favorire una maggior diversità sia all’interno delle redazioni che nei contenuti da questi diffusi. Per raggiungere quest’ultimo obiettivo sono state organizzate numerose iniziative in particolare dalla Commissione Europea attraverso il programma Equal, il Community Action Plan, la campagna informativa “For Diversity. Against Discrimination” e il “Journalist Award” . Sono stati realizzati anche numerosi progetti transnazionali per i media, ad esempio corsi per promuovere l’acquisizione di competenze interculturali.

Basi Legali

Anche in questo caso, come base legale principale dobbiamo fare riferimento alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali il cui articolo 10 recita. “Libertà di espressione - Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza alcuna ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera”.

Più di recente, nel Dicembre del 2000, il Consiglio d’Europa ha emanato una Dichiarazione sulla Diversità Culturale il cui Articolo 1 afferma che “La diversità culturale è espressa attraverso lo scambio e la coesistenza di pratiche culturali diverse fra loro, nell’offerta e fruizione di servizi e prodotti culturalmente differenti. La diversità culturale quindi non può essere espressa in assenza di condizioni adeguate per una libera espressione creativa, libertà di informazione che deve esistere in tutte le forme di scambio culturale e quindi anche per quel che concerne l’audiovisivo” (Concil of Europe, 2000). La Dichiarazione incoraggia gli Stati Membri ad individuare nuove strade per sostenere e promuovere le diversità culturali e linguistiche (Mc Donnel, 2006).

L’Articolo 151 del Trattavo Istitutivo dell’Unione Europea definisce le competenze della Comunità in ambito culturale e dice “La Comunità deve tenere in conto gli aspetti culturali nella sua azione in base alle disposizioni del trattato, in particolare rispettando e promuovendo la diversità delle sue culture.” La realizzazione pratica di questo impegno nell’ambito dei media è stata la creazione del programma Media (che sostiene le produzioni e le distribuzioni europee) e le disposizioni della direttiva Television Without Frontieres.

La Direttiva Comunitaria Television Without Frontieres (89/552/EEC) emanata nel 1989, è stata poi emendata nel 1997 (97/36/EC). Nel maggio del 2002 per decisione del Culture and Audiovisual Affairs Council è stato stabilito un aggiornamento della direttiva, approvata nel dicembre 2007. La nuova direttiva “Audiovisual Media Services Without Frontieres” (2007/65/EC) è entrata in vigore il 19 dicembre 2007 e deve essere ratificata entro il 19 dicembre 2009. Questa direttiva ribadisce i valori-chiave europei: una maggior protezione nei confronti dei minori, promozione delle produzioni audiovisive europee, la proibizione di contenuti che possano incitare l’odio religioso o razziale. Tra gli altri aspetti, questa direttiva ha disposto che venga migliorato l’accesso ai servizi audiovisivi per persone con disabilità visive e uditive. Vediamo alcune delle principali innovazioni introdotte dalla direttiva. Questa direttiva che sancisce una distinzione fra servizi audiovisivi lineari (televisione tradizionale) e non

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lineari (on demand), ha come obiettivo anche promuovere il pluralismo nei media, e, come già la direttiva TVWF porterà ad un evidente aumento nel numero di canali, accrescendo così la possibilità di scelta dei consumatori. Questo, però, non è garanzia di per sé di pluralismo, perché c’è il rischio che comunque questi canali appartengano a limitato gruppo (concentrazione proprietaria). Per questo motivo la nuova direttiva include l’obbligo per gli Stati Membri di garantire l’indipendenza delle autorità nazionali per la regolamentazione. Questi enti infatti hanno il potere di attribuire le licenze di trasmissione, e supervisionare la conformità dei programmi con le norme europee e nazionali. In secondo luogo grazie alla direttiva anche i broadcaster più piccoli avranno il diritto ricevere degli “short reporting” per assicurare che tutti i providers abbiano accesso agli eventi più “notiziabili” e di maggior interesse per la società. Come terzo punto la direttiva continua, come la precedente TVWF, a promuovere la produzione indipendente di audiovisivi in Europa attraverso un sistema di quote (DG INSO, 2007). La nuova direttiva sembra essere più attenta al tema del pluralismo nei media, quando invece nella TVWF si faceva riferimento ad un generico “bisogno di salvaguardare il pluralismo nell’industria dell’informazione e nei media”. Il Parlamento Europeo nel dicembre 2006, ha proposto numerosi emendamenti alla Direttiva TVWF anche riguardanti il tema del pluralismo nei media. Mentre nella prima bozza della direttiva AVMS dell’aprile 2007 quasi tutte le disposizioni proposte dal Parlamento sono state rifiutate, o adottate in versioni meno complete, il 27 maggio 2007 il Consiglio dei Ministri ha raggiunto un accordo politico sulla nuova Direttiva. La nuova bozza infatti si riferisce al Pluralismo dei media come ad un principio fondamentale dell’UE come assicurato dall’Articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, e promosso attraverso la diversità della produzione delle notizie e delle programmazioni (Nesti, 2007). La versione definitiva della Direttiva AVMS dell’11 dicembre 2007 afferma infatti al Recital 3 “I servizi di media audiovisivi sono nel contempo servizi culturali ed economici. L’importanza crescente che rivestono per le società, la democrazia — soprattutto a garanzia della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi di informazione—, dell’istruzione e della

cultura giustifica l’applicazione di norme specifiche a tali servizi”. Al Recital 8 si legge che “Il 15 dicembre 2003 la Commissione ha adottato una comunicazione sul futuro della politica europea in materia di regolamentazione audiovisiva, nella quale ha sottolineato che la politica di regolamentazione in tale settore, ora come in futuro, deve tutelare determinati interessi pubblici, quali la diversità culturale, il diritto all’informazione, il pluralismo dei media, la protezione dei minori e la tutela dei consumatori, e deve incrementare la consapevolezza e l’alfabetizzazione mediatica del pubblico”.

Possiamo osservare innanzitutto che anche l’Unione Europea ha adottato la definizione di beni cultuali come servizi sia di interesse commerciale che culturale, come già veniva affermato nella Convenzione sulla Protezione e la Promozione della Diversità delle Espressioni Culturali dell’Unesco. Per quel che riguarda il Recital 3 possiamo notare un’affermazione esplicita dell’importanza del pluralismo nei media. Mi sembra altrettanto importante sottolineare le affermazioni del Recital 8 che si riferisce esplicitamente alla necessità di salvaguardare il pluralismo nei media e la diversità culturale. Si da inoltre importanza a due fattori, a mio giudizio determinanti, come l’alfabetizzazione ai media e la consapevolezza del pubblico; sembra evidente che si sottolinei quindi la necessità di una educazione ai media, per permettere al pubblico di diventare parte attiva nella comunicazione. Non viene fatta esplicita menzione però alla tutela della diversità culturale in quanto mezzo per incoraggiare il dialogo interculturale. Non si stabilisce attraverso questa direttiva che le trasmissioni debbano prevedere contenuti interculturali, o la definizione di quote per l’inclusione di personale proveniente da diversi background culturali all’interno delle redazioni, come viene proposto da alcune organizzazioni impegnate nel settore (Ed Klute, 2004). Non si fa riferimento nemmeno ai media multiculturali, i cui rappresentanti, invece, chiedono da tempo che vengano estesi anche a loro i benefici economici e le sovvenzioni di cui godono altri mezzi di comunicazione. La diversità culturale nella nuova direttiva e nelle precedenti, insomma, viene piuttosto intesa nel senso della promozione e la tutela di film, programmi televisivi europei o provenienti da produttori

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indipendenti in modo da salvaguardare la presenza della cultura europea all’interno di palinsesti sempre più invasi da produzioni transoceaniche

Una motivata critica alla Direttiva viene dalla studiosa Mira Burri Nenova (2007) che, con il suo articolo “Television Without Cultural Diversity”, afferma che intravede in questa direttiva più “retorica” che soluzioni concrete riguardo alla tutela della diversità culturale perché il sistema delle quote per le produzioni europee e indipendenti viene applicato solo ai servizi lineari come già nella TVWF, mentre queste non vengono applicate ai servizi non lineari, e quindi non vanno a regolamentare le nuove tecnologie e la crescente frammentazione delle audience (Ibidem, 2007). In ogni caso bisogna ricordare che la regolamentazione del pluralismo dei media viene lasciata agli Stati Membri. Questa scelta viene giustificata dal fatto che la Comunità non ha competenze regolatorie esplicite nel campo, e che l’Articolo 151, non definisce in modo chiaro quali esse siano. Per questo motivo il Parlamento ha incluso nella direttiva una disposizione che prevede l’obbligo per gli Stati Membri di salvaguardare il pluralismo. AVMS Directive Articolo 23(c) (Ibidem, 2007). I poteri dell’Unione Europea in materia di pluralismo interno dei media, quindi, sono molto limitati. Questo significa che nonostante ci sia un certo interesse verso la questione, non è supportato da strumenti giuridici altrettanto efficaci e vincolanti per gli Stati Membri.

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