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Impossibilità sopravvenuta

IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

3.2 Impossibilità sopravvenuta

L’impossibilità sopravvenuta è causa di estinzione dell’obbligazione prevista dagli artt. 1256, 1257 e 1258 c.c.

• sopravvenuta (deve verificarsi dopo che è sorta l' obbligazione);

• oggettiva (l'adempimento deve essere divenuto impossibile per sé stesso, indipendentemente dalle condizioni personali e/o patrimoniali del debitore);

• assoluta (l'impedimento non può essere superato con nessuna intensità di sforzo);

• non imputabile (l'impedimento non deve derivare da dolo o colpa del debitore; tale requisito deve essere apprezzato rispetto all'impossibilità e non direttamente rispetto alla non attuazione del rapporto. Se l'impossibilità deriva da causa imputabile al debitore , l'obbligazione sopravvive ma il contenuto muta in una prestazione risarcitoria);

• definitiva (non idonea a cessare nel corso del tempo. Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo ma è tenuto comunque ad adempiere all' obbligazione).

L'istituto della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, per causa non imputabile al debitore, a norma dell'art. 1256 c.c., è possibile solo qualora la circostanza sopravvenuta (la quale deve rivestire i caratteri dell'assolutezza e dell'oggettività) non sia prevedibile al momento della conclusione del contratto, così da escludere qualsiasi profilo di colpa imputabile.

L'impossibilità che, ai sensi dell'art. 1256 c.c., estingue l'obbligazione è da intendere in senso assoluto ed obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce in maniera definitiva l'adempimento; il che, alla stregua del principio secondo cui genus numquam petit, può evidentemente verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto la consegna di una cosa determinata o di un genere limitato, e non già quando si tratta di una somma di denaro.

La sopravvenuta impossibilità che estingue l'obbligazione, è quella che concerne direttamente la prestazione e non quella che pregiudica le possibilità della sua utilizzazione da parte del creditore.

La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della sua prestazione può verificarsi in quanto, secondo le previsioni degli artt. 1218 e 1256 c.c., concorrano l'elemento obiettivo dell'impossibilità di eseguire la prestazione, in sé e per sé considerata, e quello subiettivo dell'assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell'evento, che ha reso impossibile la prestazione.

Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un evento verificatosi in un momento successivo.

L'impossibilità sopravvenuta della prestazione libera il debitore, purché il fatto che la determina abbia diretta e sicura incidenza causale sulla sua esecuzione.

Conseguentemente, se per l'adempimento è prefisso un termine, ovvero se esso è dilazionato nel tempo, l'eventuale causa impediente può esimere da responsabilità solo se perdura tutta la durata del termine entro il quale la prestazione deve essere eseguita.

La sopravvenuta impossibilità della prestazione, se non è imputabile al debitore, determina l'estinzione dell'obbligazione, mentre, se è imputabile, determina la conversione dell'obbligazione di adempimento in quella di risarcimento del danno e, se costituisce l'oggetto di un contratto a prestazioni corrispettive, dà luogo, altresì, all'azione di risoluzione per inadempimento.

Pertanto, ove il creditore abbia proposto domande limitate solo all'esecuzione specifica della prestazione dedotta in contratto ed al risarcimento dei danni conseguenti al mero ritardo nell'adempimento, l'accertata sopravvenuta impossibilità, totale e definitiva, di esecuzione della prestazione determina l'improponibilità delle domande stesse, entrambe presupponendo necessariamente che la prestazione sia ancora eseguibile, senza che al tal fine sia rilevante l'imputabilità o meno al debitore della sopravvenuta impossibilità di adempimento.

L'impossibilità sopravvenuta, in quanto causa di estinzione delle obbligazioni avente portata generale, esplica la sua efficacia estintiva anche in relazione alla promessa del fatto del terzo.

In tema di impossibilità temporanea della prestazione per causa non imputabile al debitore, l'art. 1256 c.c. si limita ad escludere, finché detta impossibilità perduri, la responsabilità del debitore per il ritardo nell'adempimento, ma non disciplina eventuali effetti sul rapporto contrattuale da cui, in ipotesi, l'obbligazione tragga origine, nel senso di una proroga del rapporto sinallagmatico tra le parti per un tempo corrispondente alla durata della impossibilità temporanea.

L'art. 1463 c.c. definisce l'impossibilità totale: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità (art. 1256 c.c.) della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (art. 2033 c.c.).

Mentre l'impossibilità giuridica dell'utilizzazione del bene per l'uso convenuto o per la sua trasformazione secondo le previste modalità, quando derivi da disposizioni inderogabili già vigenti alla data di conclusione del contratto, rende nullo il contratto stesso per l'impossibilità dell'oggetto, a norma degli artt. 1346 e 1418 c.c., nella diversa situazione in cui la prestazione sia divenuta impossibile per una causa non imputabile al debitore ai sensi degli artt. 1256 e 1463 c.c., l'obbligazione si estingue.

Con la conseguenza che colui che non può più rendere la prestazione divenuta, intanto, definitivamente impossibile, non può chiedere la relativa controprestazione, né può agire con l'azione di risoluzione allegando l'inadempimento della controparte. *Cass. Civ., sez. III, 20 dicembre 2004, n. 23618.

L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, ai sensi dell'art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, diritto, nei contratti a prestazioni corrispettive, se definitiva, con l'estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, a norma dell'artt. 1463 e 1256 comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività.

Tutto ciò senza che si possa parlare di inadempimento colpevole, e, se temporanea, soltanto la sospensione del contratto stesso, naturalmente non oltre i limiti dell'interesse del creditore al conseguimento della prestazione, ai sensi dell'art. 1256, comma 2, c.c., senza responsabilità del debitore per il ritardo nell'inadempimento.

A seguito della impossibilità sopravvenuta della prestazione, importante l'estinzione del vincolo obbligatorio, è la stessa legge che prevede all'art. 1463 c.c., la restituzione della cosa ricevuta, in applicazione delle norme relative alla ripetizione dell'indebito, anche se, nella fattispecie, non si tratta di una vera e propria condictio ad causam finitam. *Cass. Civ., sez. I, 19 settembre 1975, n. 3066.

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta, analogamente a tutte le ipotesi (risoluzione per inadempimento, annullamento) in cui vengono meno dopo la costituzione del rapporto lo stesso fondamento e causa dell'obbligazione, è pur sempre caratterizzata di un elemento sopravvenuto alla formazione del vincolo obbligatorio, il quale, impedendone l'attuazione ed incidendo sul sinallagma funzionale del rapporto, è riconducibile, negli effetti, alle suindicate ipotesi di sopravvenuta mancanza di causa dell'obbligazione. La domanda di risoluzione per inadempimento, che tende ad una pronuncia costitutiva e si fonda sul comportamento doloso o colpevole di una parte, ha presupposti e natura diversi dalla domanda di risoluzione per impossibilità sopravvenuta , che, è giusto precisare, tende invece ad una pronuncia di accertamento e si fonda su un fatto estraneo alla sfera di imputabilità dei contraenti.

Pertanto è violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ove, avendo le parti domandato la risoluzione del contratto per contrapposti inadempimenti, il giudice dichiari la risoluzione del contratto ex art. 1463 c.c. per sopravvenuta impossibilità della prestazione contrattuale. * Cass. civ., sez. lav., 17 aprile 1987, n. 3865; idem, sez., III, 14 gennaio 1992, n. 360.

Il problema centrale della responsabilità per inadempimento e dell'impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore consiste nel determinare il punto in cui si trova il confine che li separa.

Le regole che disciplinano questa materia hanno la caratteristica di essere piuttosto generiche e di dover essere applicate tenendo presenti con molta attenzione le varie situazioni concrete che sono chiamate a regolare; nell'applicarle, il giudice compie una valutazione comparativa degli interessi in gioco.