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I POTERI DEL DATORE DI LAVORO

POTERI DEL DATORE DI LAVORO E LORO DERIVAZIONE PREMESSA

1. I POTERI DEL DATORE DI LAVORO

Il diritto del lavoro è una branca del diritto particolare, caratterizzata non soltanto dall'area giuridica di riferimento, ma anche dalla sua peculiare finalità: regola le vicende giuslavoriste, cercando un riequilibrio tra la supremazia del datore di lavoro (parte “forte” del rapporto) e i lavoratori (parte “debole”), ad esempio apprestando verso questi ultimi delle tutele che bilanciano i poteri imprenditoriali. I poteri del datore di lavoro sono la manifestazione della diversità della posizione tra le parti; si esercitano in maniera discrezionale, in ragione dell'interesse dell'impresa, che in passato era visto come prevalente rispetto ai diritti dei lavoratori, persino rispetto alla loro dignità. Col passare del tempo, però, c'è stata un'evoluzione del diritto del lavoro: in particolare con la Legge 300/70 (Statuto dei lavoratori), tali poteri sono stati rimodulati e ridefiniti nei contenuti.

Nelle fasi iniziali dello sviluppo del diritto del lavoro, nell'ordinamento italiano vi era molta distanza tra le posizioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Agli inizi del Novecento, infatti, in seguito allo spostamento di grandi masse verso le città per la ricerca di un posto di lavoro nelle fabbriche, vi era una grande disponibilità di manodopera a basso costo, che non lasciava spazio alla garanzia di diritti e tutele per i prestatori di lavoro. La struttura fortemente gerarchica dell'impresa, con la sottomissione del lavoratore agli ordini del datore a fronte di un corrispettivo, rendeva i prestatori di lavoro dei normali fattori di produzione alla stregua di materie prime e capitali, avendo essi molti obblighi e doveri verso l'imprenditore e pochissimi diritti.

La giurisprudenza italiana riconosce al datore i seguenti poteri: - Il potere direttivo;

- Il potere disciplinare; - Il potere di controllo.

Sebbene l’interesse sia rivolto al potere di controllo, si farà un breve cenno anche agli altri due, dal momento che sono altamente interconnessi uno all’altro.

1.1 Il potere direttivo

Il potere direttivo in quanto tale, trova particolare fondamento nell'art. 2104, c. 2 c.c.: esso prevede l'assoggettamento, del lavoratore, alla direzione del datore di lavoro e dei suoi collaboratori, che, attraverso tale potere, specificano l'oggetto dell'obbligazione lavorativa, stabilendo modi e tempi di come questa debba essere adempiuta.

1.2 Il potere disciplinare

L'evoluzione del diritto del lavoro ha inciso in maniera più evidente sul potere disciplinare e su quello di controllo: il potere sanzionatorio, in particolare, in passato era esercitabile quasi senza limiti, permettendo così al datore di lavoro di esercitare una forma di “giustizia privata”.

Il legislatore con la previsione dell'art. 2106 c.c.11 (che permette al datore di lavoro di irrogare sanzioni disciplinari), ha fornito ai datori di lavoro uno strumento in grado di reprimere immediatamente le condotte illecite del lavoratore.

Il datore di lavoro può esercitare il potere sanzionatorio, in caso di violazione degli obblighi contrattuali o legislativi che il lavoratore è tenuto a rispettare, come la diligenza nell'adempimento della prestazione e l'obbligo di fedeltà verso l'imprenditore.

Il potere direttivo e quello sanzionatorio sono strettamente collegati, essendo la sanzione il riflesso della subordinazione in relazione all'inadempimento.

Il lavoratore, laddove non si ritenga tutelato dalle procedure sopraelencate, ha la possibilità di impugnare la sanzione disciplinare con un ricorso al giudice del lavoro: nel giudizio sulla legittimità della sanzione, il giudice dovrà principalmente costatare se il datore di lavoro ha rispettato l'iter procedimentale richiesto per il corretto esercizio del potere, mentre per quanto riguarda la tipologia delle sanzioni, se quest'ultime sono contenute all'interno del codice disciplinare (noto ai lavoratori) e contestate al lavoratore immediatamente; l'unico motivo d'impugnazione che può essere mosso, è riguardo la proporzionalità della sanzione stessa rispetto al fatto.

1.3 Il potere di controllo

Il datore di lavoro esercita nei confronti dei lavoratori anche il potere di vigilanza e controllo nell'esecuzione della prestazione lavorativa: questo potere è la naturale prosecuzione del potere direttivo, dal momento che consente di verificare il rispetto delle indicazioni date ai lavoratori nello svolgimento delle loro mansioni ed è presupposto necessario per il corretto esercizio del potere sanzionatorio, poiché solo a seguito della verifica di un'infrazione presente nel codice disciplinare il datore di lavoro può attivarsi per irrogare la sanzione. Anche in tema di potere di controllo le norme di riferimento sono state emanate con lo Statuto dei lavoratori che, nei suoi primi articoli, delinea i confini di tale potere, regolamentando ad esempio l'operato di guardie giurate, del personale di vigilanza o dei controlli a distanza.

Anche le nuove tecnologie, hanno un ruolo fondamentale nella rimodulazione dei poteri del datore di lavoro, che si trova a dover affrontare con vecchi strumenti nuove problematiche; allo stesso tempo le nuove tecnologie, hanno offerto nuovi mezzi per lo svolgimento del proprio lavoro (soltanto l'invenzione di internet ha stravolto il concetto di luogo di lavoro rendendo possibile, attraverso l'accesso alla rete, l'adempimento della prestazione lavorativa dal personal computer domestico, che si collega con la rete aziendale del datore di lavoro o con altri dispositivi prestabiliti).

Tra le nuove forme di lavoro più importanti vi è certamente il telelavoro, una forma di organizzazione e svolgimento della prestazione lavorativa, che attraverso tecnologie dell'informazione permette di svolgere l'attività, che potrebbe essere compiuta nei locali aziendali, anche al di fuori di essi.

La disciplina del telelavoro nell'ordinamento italiano non è contenuta in un atto normativo, ma in un Accordo Interconfederale, che fa rientrare questa forma di lavoro all'interno del lavoro di tipo subordinato, con la conseguenza che il datore di lavoro dovrebbe poter esercitare gli stessi suoi poteri su questi lavoratori come per quelli che svolgono la prestazione nei locali aziendali.

Naturalmente il datore di lavoro è il titolare del potere direttivo, di controllo e disciplinare, ma può anche delegarlo ad altri soggetti, essendo impossibile la sua costante presenza fisica e continua sul luogo di lavoro, soprattutto nelle grandi realtà aziendali.

L’art. 2 dello Statuto dei Lavoratori dice che il datore di lavoro si può servire di “guardie particolari giurate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale”, i quali “non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale”.

Le stesse guardie non possono accedere ai locali dove si svolge l’attività, salvo il caso appena citato.

La norma prevede anche che le guardie giurate siano identificate e riconoscibili a tutti i lavoratori; inoltre, se queste dovessero trasgredire ai loro compiti o abusare della loro “autorità”, sono anch’essi sono disciplinarmente sanzionabili.

In sostanza ai quasi illimitati diritti del datore di lavoro verso i prestatori di lavoro esercitabili attraverso i poteri giuridici sopraelencati, si è passati ad una parallela affermazione di numerosi obblighi del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori medesimi, finalizzati a riequilibrare le posizioni delle parti del rapporto di lavoro e garantire anche il rispetto dei diritti dei lavoratori come persone. Infatti ad esempio, ai risalenti obblighi di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, di tutela assicurativa e previdenziale, si è affiancato, il

nuovo diritto alla privacy del lavoratore, un diritto ancora recente nel nostro ordinamento proveniente almeno dal punto di vista della teorizzazione dagli ordinamenti anglosassoni ed introdotto in Italia da norme di recepimento di direttive comunitarie: la Direttiva 95/46 CE recepita dalla legge 31/12/1996 n. 675, oggi D.Lgs. 196/03.

Il potere di controllo del datore di lavoro risulta fortemente limitato da questo nuovo diritto, che impedisce l’intromissione nella sfera privata del lavoratore; l'affermarsi della privacy anche in azienda ha sancito l'insolubile scontro tra diritto alla riservatezza del lavoratore, e interesse del datore di lavoro, a conoscere ogni fatto e tenere sotto controllo continuamente i lavoratori, per accertarsi che adempiano correttamente e con la dovuta diligenza le loro prestazioni lavorative.