(____________________) orrendi. Dove c’è un posto? Laggiù, come miraggio
(____________________) di laghi e fontane al beduino del Sahara, un intero
lunghissimo fianco (____________________) di un maestoso
(____________________) viale si offre, completamente libero. Illusione. Pro-
prio i lunghi tratti sgombri che dovrebbero rallegrarci l’animo sono i più infidi
(____________________). Troppa grazia. Si può giurare che c'è sotto qualche
insidia (____________________). Quello difatti è spazio tabù
(____________________) perché ivi sorge il babelico
(____________________) palazzo del Ministero delle Tasse. Lasciare là la pro-
pria macchina procurerebbe denunce, sequestri, processi dispendiosi e complica-
ti, in certi casi perfino condanne a pene detentive. […]
8. Leggi il tuo testo alla classe e ascolta che cosa gli altri hanno scritto. Secondo
te, il racconto è ancora efficace? Perché?
METAFORA SIMILITUDINE IPERBOLE
prigione quotidiana come un miraggio cateratte di mucchietti verdi di laghi e fontane camion
vecchi lupi al beduino barriti orrendi
del volante del Sahara macinino
9. L’autore fa un confronto tra il modo di vivere di ieri e di oggi nelle città.
Trova nel testo le parti in cui Buzzati esprime la propria visione della vita e
del mondo e sottolineale, poi parlane con un compagno.
Il problema dei posteggi
Possedere un’automobile è una bella comodità, certo. Non è però una vita facile.
Nella città dove vivo, raccontano che una volta adoperare un’automobile fosse una cosa sempli- ce. I passanti si scansavano, le biciclette procedevano ai lati, le strade erano pressoché deserte, sol- tanto qua e là i mucchietti verdi lasciati dai cavalli; e ci si poteva fermare a volontà, anche nel mezzo delle piazze, non c’era che l’imbarazzo della scelta. Così dicono i vecchi con un malinconico sorriso, carico di reminiscenze.
Sarà vero? O non sono che leggende, le fantastiche fole che l'uomo costruisce quando sulla ca- sa sua la mestizia scende ed è bello immaginare che non sempre Ia vita sia stata spinosa come oggi, ma ci fosse requie e sere limpide? [...]
Oggi invece, o amici, è una battaglia. La città è fatta di cemento e di ferro, tutta a spigoli duri che si innalzano a picco e dicono: qui no, qui no. Di ferro bisogna essere anche noi, per viverci, e nell'in- terno del corpo non avere viscere tenere e calde, bensì blocchi di calcestruzzo, una pietra scabra del peso di un chilogrammo virgola due al posto del cosiddetto cuore, ridicolo strumento démodé.
Quando venivo in ufficio a piedi o con il tram, me la potevo prendere comoda, relativamente. Og- gi no, che vengo in automobile. Perché l’automobile bisogna pur lasciarla in qualche sito e alle otto del mattino trovare un posto libero lungo i marciapiedi è quasi un’utopia.
Perciò mi sveglio alle sei e mezzo, alle sette al più tardi: lavarsi, farsi la barba, la doccia, una taz- za di tè bevuta a strangolone, poi via di gran carriera, pregando Iddio che i semafori siano tutti verdi.
Eccoci. Con la miserabile ansia degli schiavi, il mio prossimo, uomini e donne formicola già per le strade del centro, anelando a entrare il più presto possibile nella sua prigione quotidiana. (Seduti ai ta- voli e ai deschetti dattilografici, un poco curvi, ahimè, guardateli fra poco, migliaia e migliaia, coster- nante uniformità di vite che dovevano essere romanzo, azzardo, avventura, sogno, ricordate i discorsi fatti da ragazzi al parapetto dei fiumi che di sotto andavano verso gli oceani?). E le vie lunghissime e diritte hanno già da una parte e dall’altra una ininterrotta fila di automobili ferme e vuote, a perdita d’occhio.
Dove troverò un posto per mettere la mia? La macchina, comperata d’occasione, ce l'ho da pochi mesi, non sono ancora pratico abbastanza, e di posteggi esistono almeno seicentotrentaquattro cate- gorie diverse, un labirinto dove anche i vecchi lupi del volante si perdono. Ciascun muro ha i suoi car- telli indicatori, è vero, ma sono stati fatti di dimensioni piccole per non turbare la monumentalità, co- me si dice, delle antiche strade. E poi chi sa decifrare le minime variazioni nel colore e nel disegno?
Io giro, cercando, nelle straduzze laterali col mio macinino sul quale incalzano da dietro caterat- te di camion e furgoni chiedendo via libera con barriti orrendi. Dove c’è un posto? Laggiù, come mi- raggio di laghi e fontane al beduino del Sahara, un intero lunghissimo fianco di un maestoso viale si offre, completamente libero. Illusione. Proprio i lunghi tratti sgombri che dovrebbero rallegrarci l’ani- mo sono i più infidi. Troppa grazia. Si può giurare che c'è sotto qualche insidia. Quello difatti è spazio tabù perché ivi sorge il babelico palazzo del Ministero delle Tasse. Lasciare là la propria macchina pro- curerebbe denunce, sequestri, processi dispendiosi e complicati, in certi casi perfino condanne a pe- ne detentive. […] (D. Buzzati, Sessanta racconti, Milano, Mondadori, 1958).